PORPORA, Nicola Antonio
Musicista. Nacque a Napoli nel 1686, vi morì nel 1768. Studiò con G. Greco nel Conservatorio dei poveri di G. C., esordì nel 1709 con Basilio imperatore d'Oriente. Roma e Napoli applaudirono altre sue opere, fino al 1725, mentre egli attendeva all'insegnamento nel Conservatorio di S. Onofrio a Napoli, dal 1715 al 1722. Maestro di canto famoso, ebbe la ventura di formare cantanti come l'Uberti (Porporino), il Majorano (Caffarelli), C. Broschi (Farinelli) e, anche l'Appiani e il Salimbeni, sopranisti, e più tardi la Mingotti, la Molteni, la Gabrielli e il basso Montagnana, sui quali esercitò un ascendente affettuoso, protettivo, rigoroso. Tenore, soleva dar saggio della sua arte specialmente nelle chiese. Colto di poesia e di letteratura, leggeva il latino, parlava il tedesco, l'inglese, il francese. Tecnico formidabile, esauriva tutte le possibilità meccaniche della voce umana, e in più mirava a nobilitare l'espressione, sia nel canto spianato, sia nel recitativo. Sembra che mirasse a commuovere più che a meravigliare. Chiamato a Vienna, vi si recò nel 1725, ma, non avendo ottenuto il favore desiderato, rimpatriò, e, fermatosi a Venezia, vi presentò parecchie opere, Siface, Imeneo in Atene, Meride a Selinunte, Arianna e Teseo. Altre ne inviò da Dresda, dove era stato invitato nel 1728. Accolto onorevolmente dall'elettore, divenne maestro di canto e di composizione della principessa Maria Antonia. A Dresda fece rappresentare Tamerlano, Alessandro nelle Indie, a Venezia, Annibale e Mitridate, fino al 1733, quando fu chiamato a Londra. Colà gli oppositori di G. F. Händel, non potendo più contare su G. B. Bononcini, caduto in discredito, lo incaricarono di dirigere la compagnia e di comporre opere. Avrebbe avuto accanto J. A. Hasse, anche per la composizione, Rolli, per i libretti, e i virtuosi Senesino, Montagnana, Farinelli e le cantanti Segatti, Bertolli e Cuzzoni. Per il teatro del P., in Haymarket, parteggiava il principe di Galles insieme con parecchi aristocratici, mentre i sovrani restavano fedeli händeliani, al Covent Garden. P. esordì nel novembre 1733 con l'Arianna in Nasso, replicata venti volte. Due anni dopo, continuando la fortuna della sua impresa, presentò Polifemo, che ebbe una dozzina di repliche, e l'oratorio David e Bersabea, poiché voleva lottare con Händel anche nell'oratorio da concerto. Il pregio dei virtuosi interessava assai più di quello delle musiche, e la presenza o l'assenza dei più famosi fra quelli determinava il favore del pubblico. Anche per Haymarket venne l'ora della crisi, nel 1737, essendone partiti il Senesino e il Farinelli. P. abbandonò Londra nel 1736. Stabilitosi a Venezia, vi fece rappresentare Rosdale, Lucio Papirio, e vi assunse, sembra, la direzione della scuola di musica di uno degli ospedaletti. Ritornò a Napoli, insegnò dal 1739 al 1741 nel Conservatorio di S. Maria di Loreto. Nel 1745 andò a Vienna, al seguito dell'ambasciatore veneziano Correr. Non si occupò, sembra, di teatro, ma di composizioni strumentali e di canto. Diede alle stampe le 12 sonate per violino e cembalo (1754), in quattro movimenti, bipartite, con larghi sviluppi. Precedentemente aveva composto le Sinfonie da camera a tre strumenti, anch'esse in quattro movimenti, facili nella tematica, con gavotte recanti melodie popolari. Alcune sonate per violino raggiunsero unità di stile in una scrittura quasi concertante. A Vienna accolse il giovinetto Haydn e gl'insegnò canto e declamazione italiana. Napoli lo rivide dopo il 1755. Dal 1758 al 1761 insegnò al Conservatorio di Loreto, dal 1760 al 1761 al Conservatori0 di S. Onofrio, e nel 1758 successe a Gerolamo Abos come maestro di cappella della cattedrale. Morì in povertà.
Dalle composizioni per strumenti e per il teatro non si distinguono nella sostanza gli oratorî Gedeon, David e Bersabea, Santa Eugenia, San Giovanni Nepomuceno. La parte vocale, interamente destinata ai virtuosi, trascura la determinazione e il rilievo dei personaggi, s'accontenta di motivi facili, debolmente rispondenti al momento drammatico. Quella strumentale, che ambisce a sonorità brillanti e colorite, è soprattutto pletorica, usa abbondantemente dello stile concertante con violini, trombe, corni. Nel citato David, composto nel 1734 a Londra, i cori hanno parte ampia, sono felicemente elaborati, con qualche attenzione alla situazione. In quanto compositore di una quarantina, forse, di opere, dotato d'una vena melodica facile, elegante, d'una sensibilità pronta alle strofette del Rolli e di altri arcadi, non mirò ai problemi del dramma. Dedicò ogni cura alle arie, nelle quali il patetico iniziale si spegneva sovente nell'accademico; la cantilena procedeva, fluente, con larghi periodi, sostenuta da un'armonia orchestrale corretta (né preziosa, né sciatta) che talvolta sottolineava qualche più commosso sentimento. Non trascurò il recitativo, che lo interessava quale studio di accento, di dizione, pur nelle usate modulazioni. Le arie di P., che Farinelli preferiva e che il Haböck ha pubblicate, mostrano un'abbondanza d'ornamentazione tale da stemperare spunti non banali e accorti rilievi delle parole; risultavano perciò impetuose e ingegnose più che calde e commosse.
Bibl.: F. Florimo, La scuola musicale di Napoli, ecc., II, Napoli 1882, pp. 310-19; S. di Giacomo, I quattro antichi Conservatorî di Musica di Napoli, Palermo 1925; S. Fassini, Il melodramma it. a Londra, Torino 1914.