STIGLIOLA (Stelliola), Nicola Antonio
STIGLIOLA (Stelliola), Nicola Antonio (Colantonio). – Nacque a Nola nel Regno di Napoli, nel 1546, da Federico e da Giustina, primogenito di sei figli.
Laureato alla scuola medica di Salerno, nel 1577 pubblicò a Napoli il Theriace, et mithridatia libellus, apologia del maestro Bartolomeo Maranta dalle accuse di tre dottori di Padova. Dalla dedica a Orazio Severino, anche questi suo docente, si ricava che avesse concluso gli studi medici sei anni prima. Quasi non seguì la professione, ma piuttosto l’applicazione alla farmacopea, oltre a coltivare gli studi di lettere greche, architettura, filosofia e matematica; in questa fu forse allievo di Giovanni Paolo Vernalione.
Dal 1580 a Napoli Stigliola fu al servizio di Giulio Cesare di Capua, principe di Conca, come insegnante del figlio Matteo, e tenne affollata scuola privata di matematica per altri giovani aristocratici, religiosi e residenti stranieri. È probabile che fosse tra i primi a trattare a Napoli di Niccolò Copernico. Nel 1581-82 divisò di pubblicare uno scritto de motu coelesti, che sarebbe dovuto uscire a Basilea. Del breve arresto di Stigliola nel 1591, per iniziativa del nunzio Germanico Malaspina, vi è solo notizia.
Nel 1592 portò a compimento per il governo, con il fratello Modestino, una carta del Regno, incisa da Mario Cartaro, superstite in pochi esemplari (per es., Napoli, Biblioteca nazionale, ms. XII.D.100). Nello stesso anno fondò la typographia Stelliolae, ad Portam Regalem, con vari emblemi; per la raffinatezza delle edizioni, spesso illustrate, anche musicali, conquistò «incontrastata supremazia» in città (Manzi, 1968, p. XIV).
Il catalogo di circa ottanta titoli annoverò illustri letterati e naturalisti ed esponenti del clero e della burocrazia, fra i quali Mario Bolognini, Giulio Cesare Capaccio, Scipione Capece, Giulio Cortese, Giovan Battista Della Porta, Carlo Gesualdo, Ferrante e Francesco Imperato, Luca Pinelli, Carlo Tapia; Torquato Tasso vi pubblicò il Dialogo dell’imprese e la seconda edizione dei Discorsi dell’arte poetica (con il titolo Discorsi del poema heroico).
Nel 1593 Stigliola fu nominato ingegnere della città di Napoli e del tribunale delle Fortificazioni. Nel 1595 fu però denunciato per ‘irreligione’, dal gesuita Claudio Migliaresi, al vescovo Carlo Baldino, commissario del S. Uffizio nel Regno. Migliaresi lo accusò de relato – citando a testi Matteo di Capua, Scipione Spinelli duca di Seminara e Cesare Miroballo marchese di Bracigliano – di ritenersi equidistante tra cattolici e riformati, di non osservare i precetti, di temere l’Inquisizione, criticare il governo e avversare i gesuiti e i divieti di Giovanni Boccaccio e Niccolò Machiavelli da loro ispirati, di commentare liberamente le Scritture ai familiari, di essere tenuto per eretico, e di ammirare l’ex calvinista Enrico di Navarra, re di Francia, nemico di Spagna, la cui conversione al cattolicesimo era sotto giudizio presso la Curia papale. Stigliola fu arrestato e tradotto a Roma nelle carceri del S. Uffizio, dove erano reclusi il conterraneo Giordano Bruno, di cui apprese probabilmente allora il pensiero, e Tommaso Campanella, forse riprendendo con quest’ultimo discussioni filosofiche già intraprese a Napoli.
Negli esami testimoniali condotti dall’Inquisizione napoletana tra il 26 luglio e il 27 agosto 1595, nei quali fu compresa la moglie di Stigliola, Giulia Jovene, emersero relative e parziali ammissioni circa la denuncia di Migliaresi, contestata da Jovene. L’8 dicembre 1595 Giulio Antonio Santori, viceprefetto del S. Uffizio, trasmise al commissario Baldino gli articoli sui quali condurre le repetitiones dei testi (Amabile, 1892, II, pp. 57 s.). Il principe di Conca negò allora di aver udito Stigliola pronunciarsi «chiaramente» contro le dottrine della Chiesa, né che si fosse dichiarato «fermamente» intorno a quelle degli eretici; ammise però che l’imputato aveva il capo pieno di «suffisticarie», tanto da comporre un libro, che egli però non aveva voluto leggere, intorno al moto della Terra (p. 59). Il canonico Alessandro Pera, che aveva conosciuto Stigliola nel 1590 in casa di Matteo di Capua, depose invece a suo discarico. Miroballo dichiarò che non poteva «testificare fermamente» che egli tenesse per la Riforma, ma confermò il suo malanimo verso gli spagnoli. Il duca di Seminara attribuì al principe di Conca la maggior parte delle informazioni relative a Stigliola, ma ribadì di averlo ritenuto sospetto di eresia (pp. 61-63). Il 1° aprile 1596 l’imputato fu condotto al cospetto del S. Uffizio, che ordinò «quod visis repetitionibus, dictus Colantonius habilitetur a dictis carceribus si sic videbitur Reverendissimis dominis officialibus S. officij» (Catholic Church..., 2009, pp. 2405 s.).
Alcuni motivi del sospetto verso Stigliola erano però intanto sfumati: nel settembre del 1595 Enrico di Navarra era stato perdonato da Clemente VIII e riammesso alla Chiesa. Quanto alla ‘irreligione’, i testi non si erano dichiarati assolutamente certi, e il canonico Pera aveva scagionato Stigliola. Non risultano esami di scritti dell’imputato; quanto alla teoria del moto della Terra, non era stata ancora condannata dal S. Uffizio. Il 17 aprile 1596 questo tribunale decise che Stigliola fosse rilasciato a Roma loco carceris, e il 19 giugno che fosse liberato su cauzione e impegno di ripresentazione, «sub poena quingentorum scudorum», con il monito di non osare «quovis modo loqui de huiusmodi eius causa nec de meritis illius» (p. 2406). La liberazione dovrebbe essere avvenuta dopo il 10 ottobre (Stigliola compare nella relatio sui carcerati e i processi), e prima del 16 dicembre 1596, sotto la cui data non è più rubricato fra i detenuti (Roma, Archivio della Congregazione per la dottrina della fede, S.O., Decreta, 1596, cc. 279v, 312r-315v).
Benché Stigliola fosse tornato in libertà, il suo primogenito Felice continuò a occuparsi della tipografia, incorrendo a sua volta in un’indagine del S. Uffizio per la stampa di false indulgenze (Roma, Archivio della Congregazione per la dottrina della fede, S.O., Decreta, 1598, c. 275v; Il fondo ‘Sant’Ufficio’ dell’Archivio storico diocesano di Napoli. Inventario 1549-1647, a cura di G. Romeo, in Campania sacra, 2003, vol. 34, f. 1-2, p. 178). Dai suoi torchi uscì nel 1597 il De gli elementi mechanici di Stigliola, trattato intorno alle macchine semplici. Il governo sequestrò tuttavia i materiali adoperati da Stigliola per la levata topografica del Regno, e tolse dalla circolazione la sua carta, poiché tanto dettagliata, da divulgare informazioni strategiche. La tipografia di Porta Reale stampò nel 1598 la Reformatione di nuovo fatta per lo regimento de le piazze populari de la città de Napoli di Francesco Imperato, che attesta la relazione degli Stigliola con la fazione ‘popolare’ della città.
Più grave significato politico denoterebbe il ruolo di Stigliola nelle predizioni di ‘mutazione di Stato’, evocato senza altro riscontro da Campanella il 10 settembre 1599, dopo il suo arresto in Calabria per cospirazione (L. Firpo, I processi di Tommaso Campanella, a cura di E. Canone, Roma 1998, p. 102). Il prestigio scientifico di Stigliola fu intanto celebrato da Ferrante Imperato, che riconobbe il suo debito verso «Colantonio Stigliola, professore di scienze recondite, con cui ho communicata la maggior parte delle mie cose date in luce» nel suo Dell’historia naturale (Napoli, nella Stamperia a Porta Reale, per Costantino Vitale, 1599). Della perdurante stima di Matteo di Capua testimonia il sostegno che questi, dal 1597 grande ammiraglio del Regno, garantì a Stigliola nel 1601, nella questione del nuovo porto di Napoli, nella quale Stigliola aveva preso posizione contro i progetti di Domenico Fontana (Ricci, 1996, p. 32).
Su proposta di Giovan Battista Della Porta, il 23 gennaio 1612 Stigliola fu ascritto all’Accademia dei Lincei, quale membro della ‘colonia’ lincea, o ‘liceo’ di Napoli, istituita sotto la direzione di Della Porta (Gabrieli, 1989, I, pp. 516 s.; Id., 1996, p. 204).
Il 3 febbraio, nel ringraziare il principe dell’Accademia Federico Cesi, Stigliola gli rappresentò la consonanza tra l’ideale linceo e la sua biografia intellettuale: «La nobile Accademia Lyncea instituita da V.S. Ill.ma, mi conforta nella speranza, già dianzi pria da me conceputa, che era per aspettarsi di prossimo alcun secolo heroico». Illustrò a Cesi la sua attività di architetto, esercitata «contro il corso delle acque» e la «profession mentita» (allusione agli scontri con Fontana, accompagnata dal ricordo di progetti per il risanamento di Terra di Lavoro e di nuova murazione per Napoli). Gli annunciò trattati di astronomia, e gli propose che il ‘liceo’ sorgesse in luogo propizio all’osservazione dei cieli (presso la sua abitazione a Porta Reale, dove operava la sua tipografia, già ceduta però nel 1606 a Costantino Vitale). Assicurò a Cesi anche di lavorare alla correzione dei «canoni celesti» (Gabrieli, 1996, pp. 196-200). Il 4 febbraio 1612 Cesi presentò per lettera Stigliola a Galileo Galilei, ‘linceato’ l’anno prima, come «filosofo, medico, matematico (et credo Coperniceo)»; e il 17 marzo gli sollecitò l’approvazione della ‘linceatura’, fra altri nuovi soci napoletani, in primo luogo di Stigliola, «matematico di gran dottrina et inventione, raro nel’architettura», «di proprio e non alieno intelletto», a conferma che d’ora in avanti all’Accademia «non s’ammetterà mai alcuno senza sua saputa», e che «quelli che s’haveranno ad ammettere non saranno schiavi né d’Aristotile né d’altro filosofo ma d’intelletto nobile e libero nelle cose fisiche» (pp. 204, 209).
L’ascrizione di Stigliola sottolineò il rilancio del sodalizio in senso antiaristotelico e la sua mobilitazione in favore di Galilei. Stigliola stesso a questi si rivolse, il 30 agosto 1612 e il 17 agosto 1613, per esprimergli la sua ammirazione e l’entusiasmo per le sue scoperte telescopiche e la nuova cosmologia (pp. 263 s., 378 s.). L’Accademia dei Lincei decise di intraprendere a Roma la pubblicazione di Il telescopio, commissionato a Stigliola per la dimostrazione dell’utilità e dei principi dello strumento, importante impegno dell’Accademia.
Intorno al 1615 Stigliola si dedicò anche alla Encyclopedia pythagorea, di cui nell’aprile di quell’anno inviò a Cesi un progetto in quaranta trattati (pp. 521 s). Il 13 maggio 1616 promise al princeps l’oggi perduto Delle investigazioni celesti, intorno ai progressi astronomici (copernicani e galileiani), per fugare nelle autorità ecclesiastiche «le calunnie de Sofisti», «causa commune alle nazioni tutte del mondo» (p. 568). Tanto fervore cadde infatti a ridosso della ‘crisi copernicana’, e il 1° giugno 1616 Stigliola manifestò a Galilei la sua solidarietà, convinto che il decreto su Copernico irrogato dalla congregazione dell’Indice il 5 marzo 1616 potesse essere rivisto, e che fosse «spediente, con ogni prudenza fare avisati li Signori che governano il mondo, che coloro che cercano metter dissidio tra le scienze e la religione, siano poco amici dell’una e dell’altra parte; stando che la religione e la scienza, essendo ambe divine, sono di conseguenza concordi» (p. 570).
Nel dicembre del 1616 Stigliola pubblicò a Napoli, presso la tipografia Vitale, e con approvazione ecclesiastica, i soli indici della Encyclopedia, dedicati al cardinale Scipione Cobelluzi, da cui si deduce il programma, portato a ben centoquarantasette trattati, di una nuova visione della natura, sotteso dall’auspicio che il rinascimento degli studi naturalistici, rivendicato soprattutto al Mezzogiorno d’Italia, fosse latore anche di rinnovamento politico. Nell’unico trattato superstite, Delle apparenze celesti (in Ricci, 1996), il cui titolo non si ritrova negli indici, ma che emerge nel carteggio linceo dal 1623, Stigliola presuppose la teoria di Copernico e le scoperte di Galilei (tuttavia non nominati), e offrì un quadro fisico-epistemologico favorevole all’eliocentrismo, su uno sfondo carico di echi bruniani, ma anche telesiani e campanelliani. Il 3 febbraio 1617 Fabio Colonna definì Stigliola a Galilei come l’unico napoletano competente di «cose celesti», e in procinto di stampare un De dimensione caelesti, capace di acclarare «la verità del sistema» astronomico (Gabrieli, 1996, p. 590).
L’operosità di Stigliola fu troncata dalla morte, intervenuta l’11 aprile 1623 a Napoli, dove fu sepolto nella chiesa di S. Maria della Salute.
L’epigrafe voluta dal figlio architetto Giovan Domenico lo ricordò come linceo illustre in ogni scienza ‘pitagorica’. L’Accademia faticò tuttavia per far avanzare a Napoli, non più a Roma, per le cure di Fabio Colonna, e con la collaborazione di uno scolaro di Stigliola, Angelo Oddi, la revisione del manoscritto e infine, nel 1627, la pubblicazione di Il telescopio, dedicato al cardinale Francesco Barberini. L’interesse per i trattati inediti di Stigliola, più tardi perduti, restò viva per vari decenni, e la memoria dell’autore fu specialmente custodita da Marco Aurelio Severino, Campanella e Tommaso Cornelio, che elesse in Stigliola, con Bruno, uno dei personaggi dei Progymnasmata physica (1663).
Opere. Delle apparenze celesti: Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, ms. Ashburnham 1208, ed. da A. Cuna in Ricci, 1996, pp. 83-132; Roma, Biblioteca dell’Accademia nazionale dei Lincei e Corsiniana, mss. Archivio Linceo 16 e 24; Theriace, et mithridatia libellus, Neapoli, apud Marinum de Alexandro in officina Aquilae, 1577; De gli elementi mechanici, Napoli, nella Stamperia a Porta Regale, 1597; Encyclopedia pythagorea, Napoli 1616; Il telescopio, over ispecillo celeste, Napoli 1627 (stesura diversa in Roma, Biblioteca dell’Accademia nazionale dei Lincei e Corsiniana, ms. Archivio Linceo 4, cc. 1r-50v).
Fonti e Bibl.: Contro l’enciclopedista Colantonio S., per irreligione, esami testimoniali voluti da Roma, presso mons. Baldino nel 1595-96, Napoli, Biblioteca nazionale, ms. XI.AA.2354, cc. 66r-105v (ed. in Amabile, 1892, II, Documenti, pp. 50-65); Roma, Archivio Doria Pamphilj, 26.10.3, Napoli 1597-1601. Molo. Copie di lettere italiane e spagnuole relative alla costruzione de’ un nuovo Molo nella città di Napoli.
F. Fiorentino, Bernardino Telesio ossia studi storici su l’idea della natura nel Risorgimento italiano, II, Firenze 1874, pp. 235-253, 466-469; L. Amabile, Il Santo Officio della Inquisizione in Napoli. Narrazione con molti documenti inediti, I, Città di Castello 1892, pp. 338-344, II, Documenti, doc. 8 B, pp. 50-65 (rist. anast. Soveria Mannelli, 1987); V. Spampanato, Quattro filosofi napolitani nel Carteggio di Galileo, Portici 1907, pp. 39-60; Id., Sulla soglia del Seicento. Studi su Bruno, Campanella ed altri, Milano-Roma-Napoli 1926, pp. 281-348; G. Gabrieli, Intorno a N.A. S. filosofo e linceo napoletano. Notizie e documenti inediti, in Giornale critico della filosofia italiana, X (1929), pp. 469-485 (poi in Gabrieli, 1989, I, pp. 889-905); P. Manzi, Annali della Stamperia Stigliola a Porta Reale a Napoli, Firenze 1968; L. De Franco, N.A. Stelliola, Gerolamo Mercuriale e Theodor Zwinger, in Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance, Travaux et documents, XXXV (1973), pp. 131-136; P. Manzi, Un grande nolano obliato: N.A. S., in Archivio storico per le province napoletane, s. 3, XI (1973), pp. 287-312; N. Badaloni, Il programma scientifico di un bruniano: Colantonio S., in Studi storici, 1985, vol. 26, pp. 161-175; G. Gabrieli, Contributi alla storia della Accademia dei Lincei, I, pp. 889-899 e passim, Roma 1989, II, pp. 1505-1507, 1541-1545 e passim; Id., Il carteggio linceo, Roma 1996, ad ind.; S. Ricci, N.A. S. Enciclopedista e linceo, con l’edizione del trattato Delle apparenze celesti, a cura e con un saggio di A. Cuna, in Atti della Accademia nazionale dei Lincei. Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Memorie, s. 9, CCCXCIII (1996), vol. VIII, f. I, pp. 3-149; M. Rinaldi, L’audacia di Pythio. Filosofia, scienza e architettura in Colantonio S., Bologna 1999; Catholic Church and modern science. Documents from the Archives of the roman congregations of the Holy Office and the Index, a cura di U. Baldini - L. Spruit, I, Roma 2009, t. 3, pp. 2402-2410; S. Ricci, S., N., in Dizionario storico dell’Inquisizione, III, Pisa 2010, pp. 1483-1486.