Nicola Cabibbo
Nicola Cabibbo è stato uno dei maggiori e più brillanti fisici teorici del dopoguerra: negli anni Sessanta ha formulato una teoria delle interazioni deboli tra le particelle elementari (di cui un parametro è comunemente indicato come angolo di Cabibbo), teoria confermata da numerosi esperimenti. Le sue idee scientifiche hanno avuto enorme risonanza, anche internazionale, e la sua figura di scienziato e di maestro è stata cruciale per la rinascita della fisica teorica in Italia dopo la Seconda guerra mondiale.
Nicola Cabibbo nasce a Roma il 10 aprile del 1935 in una colta e benestante famiglia siciliana; in questa città trascorre gli anni della guerra e successivamente frequenta il liceo classico Tasso. Sviluppa precocemente un interesse per le scienze, la matematica, l’astronomia e la fisica, e incomincia la sua carriera parallela di bricoleur costruendo apparecchi radio. Studia fisica all’Università di Roma e si laurea nel febbraio del 1958 con una tesi sulle interazioni deboli, realizzata in collaborazione con altri due studenti: Francesco Calogero e Paolo Guidoni. Il relatore della tesi era il più illustre fisico teorico dell’area romana, Bruno Touschek (1921-1978), un geniale austriaco trapiantato a Roma, che avrebbe certamente preso il Nobel insieme a Carlo Rubbia per i suoi studi sugli acceleratori a fasci incrociati se non fosse morto prematuramente. Cabibbo l’ha sempre considerato il suo maestro.
Dopo la tesi diventa ricercatore dell’Istituto nazionale di fisica nucleare prima a Roma e poi, dal 1960 al 1962, ai Laboratori nazionali di Frascati, dove incomincia la sua collaborazione con Raul Gatto (n. 1930), di pochi anni più anziano. Dal 1962 al 1965, a parte alcuni lunghi soggiorni presso il Lawrence radiation laboratory di Berkeley in California e alla Harvard University, è ricercatore al CERN (Conseil Européen pour la Recherche Nucléaire) di Ginevra, che già all’epoca era il centro principale in Europa della fisica delle particelle elementari.
Nel 1962 si sposa con Paola Iandolo, studiosa di letteratura americana; nel 1966 nasce il loro figlio Andrea, futuro biologo. Cabibbo condivideva con la moglie, tra le altre cose, la passione per la letteratura e il cinema inglesi e americani.
Nel 1963, al CERN, scrive il suo articolo più famoso nel quale presenta la sua teoria delle interazioni deboli e introduce un parametro che verrà universalmente chiamato angolo di Cabibbo. Nel 1965 incomincia la sua carriera come professore in fisica teorica. Chiamato dall’Università dell’Aquila, l’anno successivo si trasferisce a Roma, dove insegna prima all’Università di Roma (1966-81), poi a Tor Vergata (1981-93) e di nuovo all’Università di Roma La Sapienza a partire del 1993. Durante questi anni compie numerosi e lunghi soggiorni di studio e insegnamento all’estero: Princeton, Parigi, Chicago, New York, Syracuse e presso il CERN.
Dal 1983 al 1992 è presidente dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), inaugurando una sorprendente carriera nella gestione della ricerca scientifica. Durante questo periodo l’INFN conosce un grande sviluppo anche per effetto delle sue innumerevoli iniziative di alto livello scientifico e della sua capacità gestionale. Successivamente, dal 1993 al 1998, è presidente dell’ENEA (Ente Nazionale Energie Alternative).In tutte le cariche che ha ricoperto Cabibbo ha dato prova di grande capacità di leadership, di un’efficiente gestione manageriale e di un’integrità universalmente riconosciuta. Nel 1993 viene eletto presidente dell’Accademia pontificia, carica che ha ricoperto sino alla morte. In questa veste interviene spesso con interviste a giornali italiani ed esteri su problemi etici ed epistemologici e sul complesso dibattito sulla teoria dell’evoluzione e la sua compatibilità con la creazione divina. Per es., in un’intervista al «Messaggero» del 2008 dichiara: «Oggi tra gli scienziati cattolici è chiarissimo che si può benissimo credere nell’evoluzionismo e nella Creazione (non nel creazionismo). Dire il contrario è come sostenere che la Terra è piatta o il Sole si muove perché così diceva la Bibbia».
Cabibbo è stato anche membro dell’Accademia nazionale dei Lincei e della National Academy of sciences degli Stati Uniti d’America. Ha avuto importantissimi riconoscimenti scientifici, tra cui il premio Sakurai dell’American physical society nel 1989, il premio della Società europea di fisica per le particelle elementari (1991), la medaglia Dirac (2010) e la Benjamin Franklin medal nel 2011 (postuma).
La sua influenza scientifica in Italia è stata larghissima. Nonostante la rinascita della fisica sperimentale italiana nel dopoguerra (merito tra gli altri di Edoardo Amaldi, Marcello Conversi e Giorgio Salvini) e i grandi contributi teorici di Gatto e di Giovanni Jona-Lasinio (n. 1932), la fisica teorica italiana stentava a ripartire. Cabibbo, con la sua teoria delle interazioni deboli, con il suo grande successo internazionale, è stato un punto di riferimento, dimostrando che era ancora possibile costruire in Italia una fisica teorica di ottimo livello. Molti noti fisici teorici hanno subito il suo imprinting, o come suoi laureandi (per es., Giorgio Parisi e l’ex presidente dell’INFN Roberto Petronzio), o come giovani collaboratori (Guido Altarelli e l’ex presidente dell’INFN e del CNR, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Luciano Maiani). Ma forse sono stati ancora più importanti i suoi contatti diretti con i colleghi più giovani. Aveva un entusiasmo contagioso per la fisica, per il divertimento che gli suscitava mettere assieme i pezzi di un puzzle, fino a ottenere un quadro coerente al posto di un insieme di dati sconnessi.
In tutta la sua vita la curiosità è sempre stata la sua caratteristica trainante; ma anche il gioco era molto importante per lui: gli piaceva costruire oggetti, non solo per il loro possibile uso, ma anche per il puro gusto di farlo. Ad es., negli anni Settanta affrontò la costruzione, durata mesi di lavoro, di uno specchio di trenta centimetri per telescopio, da lui molato a mano alla perfezione, partendo da due spessi dischi di vetro. Una volta costruì un mini-computer (una piccola scheda) che permetteva di vedere a un’altissima velocità sullo schermo di un televisore commerciale le figure generate da un automa cellulare (il gioco life). Nell’ultimo anno di vita lavorò a creare una serie di quadri astratti in cui si vedevano sagome arrotondate con forti toni di colore puro; e al visitatore interessato raccontava con entusiasmo e con dovizia di particolari tecnici come avesse sviluppato una tecnica digitale per trasformare fotografie da lui stesso scattate in maniera da creare quelle immagini singolari. Nicola Cabibbo è morto a Roma il 16 agosto 2010.
I primi anni dell’attività di Cabibbo si svolgono tra Roma e Frascati. All’epoca Frascati era un centro di eccellenza unico in Italia. Sotto la direzione di Salvini era stata appena terminata la costruzione di un elettrosincrotrone capace di accelerare gli elettroni fino all’energia di 1.1 GeV, macchina che per circa un anno è stata la più avanzata al mondo. Nel 1960 Touschek, che, come già ricordato, era stato il relatore di tesi di Cabibbo, propone per la prima volta al mondo la costruzione di un acceleratore di elettroni e positroni a fasci incrociati, la prima di tante altre macchine che rivoluzioneranno la fisica delle particelle elementari. La costruzione del prototipo ADA viene fatta molto velocemente e in poco tempo si parte per la costruzione della macchina finale ADONE, che entrerà in funzione nel 1969.
In questo clima scientificamente eccitante Cabibbo muove i suoi primi passi. Insieme a Gatto, che stava diventando una figura di riferimento nella fisica teorica italiana, è incaricato di studiare teoricamente tutte le reazioni che si potrebbero osservare nel costruendo anello di collisione elettroni positroni. I due giovani accettano con entusiasmo e nasce così un lavoro (Electron-Positron colliding beam experiments, 1961) che sarà un riferimento imprescindibile per tutti gli studiosi nel campo, al punto che viene scherzosamente soprannominato la Bibbia. Nello stesso periodo non trascura lo studio delle interazioni deboli (che erano state il soggetto della sua tesi). Fra i vari lavori, ne va ricordato uno realizzato con Gatto, in cui analizza le conseguenze delle simmetrie su queste interazioni, tema che sarà alla base del suo contributo più celebre.
In un libro del 1961, The theory of fundamental processes, Richard Feynman (il più geniale fisico teorico della sua generazione) descrive la grande soddisfazione provata da lui e da Murray Gell-Mann (altro premio Nobel) nel formulare una teoria delle interazioni deboli che spiegava la quasi uguaglianza delle costanti di Fermi per il decadimento beta del muone e del neutrone. Questi due fisici avevano scoperto l’universalità delle interazioni deboli, che era una generalizzazione dell’universalità della carica elettrica (tutte le particelle hanno una carica multipla di una carica fondamentale), scoperta che suggeriva fortemente l’esistenza di un’origine comune delle due interazioni (suggerimento che fu alla base di teorie successive). Il libro registra anche il grande sconcerto di Feynman dopo la scoperta che le costanti di Fermi delle particelle ‘strane’, per es. la costante del decadimento beta della particella Lambda, erano più piccole di un fattore 4-5 rispetto alle loro previsioni teoriche. Lo stesso Gell-Mann (insieme a Maurice Lévy) aveva provato a risolvere il problema (The axial vector current in beta decay, «Il Nuovo Cimento», 1960, 16, 4, pp. 705-26), ma pur facendo un passo nella direzione giusta, aveva concluso che non era possibile fare previsioni quantitative.
Cabibbo riuscì invece nel compito di riconciliare i decadimenti osservati delle particelle strane con l’universalità delle interazioni deboli, spianando la strada alla teoria dell’unificazione dell’elettromagnetismo e delle interazioni deboli (le cosiddette teorie elettrodeboli). La soluzione del problema fu trovata quando lavorava al CERN (Unitary symmetry and leptonic decays, «Physical review letters», 1963, 10, pp. 531-33). La sua teoria era formulata nei termini delle correnti parzialmente conservate associate alla simmetria unitaria SU3, recentemente scoperta da Gell-Mann e da Yuval Ne’eman, e della corrente assiale associata con la sua estensione chirale SU3×SU3. L’assunzione chiave era che entrambi i decadimenti, sia quelli che cambiavano stranezza sia quelli che non la cambiavano, erano associati a un’unica corrente debole adronica, una combinazione lineare delle correnti di SU3×SU3, combinazione determinata da un singolo parametro, quello che diventò comunemente noto come l’angolo di Cabibbo (spesso indicato con la lettera theta).
L’universalità di Cabibbo consisteva nell’assumere che la corrente debole adronica obbedisse alle stesse regole di commutazione delle correnti deboli dell’elettrone e del muone, il che è il modo appropriato per dire che le correnti avevano la stessa intensità. Utilizzando un valore dell’angolo di 0,23 radianti e basandosi sulle relazioni che derivavano dalla simmetria unitaria, Cabibbo era in grado di spiegare un gran numero di misure indipendenti dei decadimenti beta dei mesoni dei barioni strani e di spiegare anche la piccola differenza tra le costanti di decadimento Fermi del neutrone del protone, quest’ultima essendo più piccola di circa il 2,5%. Questa discrepanza era stata già notata da Feynman e Gell-Mann ed era stata appena riconfermata da Valentino Telegdi (1922-2006) a Chicago.
Il lavoro ebbe una risonanza enorme. Era stato fornito un quadro concettuale che non solo permetteva di spiegare molti decadimenti osservati, ma prediceva l’intensità di molti altri decadimenti che non erano ancora stati misurati. Un campo dove si accumulavano tante misure sconnesse l’una dall’altra diventò così un settore coerente, in cui le singole misure trovavano una loro spiegazione e interpretazione. Fu condotto un gran numero di esperimenti e le previsioni teoriche furono confermate. La teoria di Cabibbo si basava fortemente sulle simmetrie SU3, che divennero estremamente popolari e accettate universalmente anche come effetto del successo di questa teoria. Successivamente Cabibbo riformulò la sua teoria nel quadro del modello a quark (che era una realizzazione concreta delle simmetrie SU3): le interazioni deboli accoppiano il quark up con una combinazione dei quark down e strange, combinazione determinata dall’angolo theta introdotto precedentemente.
Questo mescolamento dei quark nelle correnti deboli fu un’idea che ebbe profonde conseguenze. Sheldon L. Glashow, John Iliopoulos e Luciano Maiani (Weak interactions with lepton-hadron symmetry, «Physical review D» 1970, 2, 7, pp. 1285-92) formularono una teoria a quattro quark dove il quark charm si accoppia a una combinazione dei quark down e strange che è ortogonale alla combinazione introdotta da Cabibbo. Questo lavoro risolse un grande problema; la presenza di correnti neutre che cambiano la stranezza non era stata osservata sperimentalmente: sfortunatamente era una conseguenza non voluta che era inevitabile nelle teorie a tre quark, mentre, come fecero vedere i tre autori, poteva essere eliminata nella teoria a quattro quark. Partendo da questo lavoro, fu possibile estendere a tutti gli adroni la teoria unificata elettrodebole di Steve Weinberg e di Abdus Salam, evitando la sgradita presenza di processi con correnti neutre che cambiano la stranezza.
In questo schema non trovavano posto le violazioni delle simmetria CP che erano state osservate sperimentalmente, ma che erano più deboli delle normali interazioni deboli. Makoto Kobayashi e Toshihide Maskawa (CP-Violation in the renormalizable theory of weak interaction, «Progress of theoretical physics», 1973, 49, 2, pp. 652-57) estesero la teoria precedente a uno schema a 6 quark, introducendo una matrice tre per tre, nota in letteratura come la matrice CKM (Cabibbo-Kobayashi-Maskawa), in quanto uno dei parametri di questa matrice è l’angolo di Cabibbo. Nel 2008 Kobayashi e Maskawa ottennero il premio Nobel per questa generalizzazione della teoria di Cabibbo. La decisione di escludere Nicola Cabibbo dal premio Nobel suscitò molte critiche in tutto il mondo (Cabibbo non intervenne in questa polemica e non rilasciò alcun commento alla stampa).
Tornato a Roma nel 1966, Cabibbo vi creò una vasta scuola. A partire dalla metà degli anni Sessanta fino agli anni Ottanta furono studiate nei loro vari dettagli le teorie di gauge delle interazioni forti, deboli ed elettromagnetiche. Ispirata dalla sua intuizione fisica, dalle sue capacità matematiche e anche dal carisma personale, la scuola romana contribuì in maniera molto significativa a stabilire quello che viene oggigiorno chiamato il Modello standard della fisica delle particelle. Uno dei problemi affrontati era estremamente importante: come evitare la presenza di correnti neutre che cambiano la stranezza nell’ambito di una teoria a tre quark. Il problema era stato sottolineato in un lucido lavoro di Cabibbo e Maiani del 1968 (Dynamical interrelation of weak, electromagnetic and strong interaction and the value of θ), dove si cercava di trovare una soluzione che potesse permettere anche di calcolare l’angolo theta. La soluzione proposta non era del tutto soddisfacente, la soluzione definitiva fu trovata nel successivo e già citato articolo di Glashow, Iliopoulos e Maiani del 1970, che si inquadra perfettamente nella linea di pensiero originata dal sopra ricordato lavoro di Cabibbo e Maiani del 1968. I risultati successivi ottenuti sono estremamente interessanti e vari: ne verrà qui menzionata solo una piccola parte.
In Hadron production in e+ e− collisions (1970), Cabibbo, Parisi e Massimo Testa riformulano il modello a partoni in termini di una teoria di campi e si ottiene una descrizione precisa e quantitativa della produzione di adroni nelle collisioni elettrone positrone. Nell’articolo The Drell-Hearn sum rule and the lepton magnetic moment in the Weinberg model of weak and electromagnetic interactions (1972) Altarelli, Cabibbo e Maiani calcolano per la prima volta il contributo elettrodebole al momento magnetico anomalo del muone. Cabibbo e Parisi nel 1975, in Exponential hadronic spectrum and quark liberation, dimostrano che nell’ambito della teoria della cromodinamica quantistica deve esistere una temperatura critica al di là della quale il confinamento dei quark non è più presente e si forma un plasma di quark e gluoni, plasma che sembrerebbe essere stato osservato in esperimenti compiuti al CERN nel 2011. Nel lavoro Bounds on the fermions and Higgs boson masses in grand unified theories (1979) Cabibbo, Maiani, Parisi e Petronzio calcolano teoricamente limiti superiori e inferiori alla massa dell’Higgs, limiti che saranno perfettamente soddisfatti quando l’Higgs verrà osservato sperimentalmente nel 2012. Nel lavoro del 1982 (Leptonic decay of heavy favors. A theoretical update) Altarelli, Cabibbo, Guido Corbò, Maiani e Guido Martinelli svolgono un’analisi del decadimento beta dei quark pesanti e dello spettro corrispondente, ottenendo in questo modo una delle determinazioni più precise dei parametri di mixing della matrice CKM.
Nel 1984 le attività di ricerca di Cabibbo hanno una svolta improvvisa. A partire dalla fine degli anni Settanta, si era sviluppato nel mondo della fisica un interesse sempre più grande per le teorie di gauge sul reticolo. Il loro studio tuttavia richiedeva risorse computazionali imponenti, molto più grandi di quelle disponibili. In vari laboratori al mondo si iniziava a progettare calcolatori dedicati allo studio della cromodinamica quantistica (le interazioni forti) sul reticolo. Queste teorie si sarebbero potute studiare a costi relativamente bassi, utilizzando computer paralleli, ma all’epoca praticamente non esistevano computer paralleli commerciali. Cabibbo era interessato a questi studi, che erano anche estremamente promettenti per le interazioni deboli (cfr. N. Cabibbo, G. Martinelli, R. Petronzio, Weak interactions on the lattice, 1984).
Nel 1984 un progetto della Columbia University era in fase avanzata di realizzazione. Nello stesso anno Cabibbo e altri fisici decidono di far partire il progetto APE per costruire un calcolatore parallelo. Nonostante le difficoltà di costruire da zero hardware e software, il progetto ha successo: APE entra in funzione a pieno regime nel 1986 con una memoria di un Gigabyte e la capacità di fare un miliardo di operazioni aritmetiche al secondo. Per qualche mese è stato il computer più veloce del mondo. Questo computer e i suoi successori (tra cui la linea commerciale Quadrics) permettono di fare studi accurati delle teorie di gauge sul reticolo e in particolare di chiarire le basi non perturbative della cromodinamica quantististica. Cabibbo ha dedicato molto del suo scarso tempo libero dagli impegni istituzionali, di presidente dell’INFN prima e dell’ENEA dopo, alla progettazione e alla costruzione di questi computer e al loro utilizzo scientifico.
N. Cabibbo, R. Gatto, Electron-Positron colliding beam experiments, «Physical review», 1961, 124, pp. 1577-95.
Unitary symmetry and leptonic decays, «Physical review letters», 1963, 10, pp. 531-33.
N. Cabibbo, L. Maiani, Dynamical interrelation of weak, electromagnetic and strong interaction and the value of θ, «Physics letters B», 1968, 28, 2, pp. 131-35.
N. Cabibbo, G. Parisi, M. Testa, Hadron production in e+ e− collisions, «Lettere al Nuovo Cimento», 1970, 4, pp. 35-39.
G. Altarelli, N. Cabibbo, L. Maiani, The Drell-Hearn sum rule and the lepton magnetic moment in the Weinberg model of weak and electromagnetic interactions, «Physics letters B», 1972, 40, pp. 415-19.
N. Cabibbo, G. Parisi, Exponential hadronic spectrum and quark liberation, «Physics letters B», 1975, 59, pp. 67-69.
N. Cabibbo, L. Maiani, G. Parisi, R. Petronzio, Bounds on the fermions and Higgs boson masses in grand unified theories, «Nuclear physics B», 1979, 158, 2-3, pp. 295-305.
G. Altarelli, N. Cabibbo, G. Corbò et al., Leptonic decay of heavy favors. A theoretical update, «Nuclear physics B», 1982, 208, 3, pp. 365-80.
N. Cabibbo, G. Martinelli, R. Petronzio, Weak interactions on the lattice, «Nuclear physics B», 1984, 244, pp. 381-91.
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C.R. Allton, N. Cabibbo, M. Crisafulli et al., Lattice calculation of D- and B-meson semileptonic decays, using the clover action at β = 6.0 on APE, «Physics letters B», 1995, 345, 4, pp. 513-23.
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