CIRILLO, Nicola
Nacque a Grumo Nevano (Napoli) il 10 sett. 1671 da Santo e Zenobia Pagano; le condizioni e la storia precedente della famiglia non sono ben note, ma se due generazioni dopo il pronipote Domenico amerà ricordare che essa aveva espresso circa venti cultori di medicina e storia naturale, è ragionevole supporre che i Cirillo facessero parte da tempo della borghesia delle professioni: cioè di quello che la storiografia sul '600 napoletano denomina "ceto intellettuale" o "ceto civile".
Il C. ebbe un fratello maggiore, di nome Bartolomeo, il quale, essendo morti presto entrambi i genitori, provvide a condurlo a Napoli per farlo studiare presso i gesuiti. Tra i suoi maestri un particolare influsso ebbe il matematico N. P. Giannettasio, ma la fisionomia culturale del C. cominciò a delinearsi attorno ai sedici anni, quando egli s'iscrisse ai corsi universitari di medicina., entrando in rapporti particolarmente cordiali con Luca Tozzi, docente di medicina teorica. Il Tozzi era un ricercatore non molto originale, ma partecipe del nuovo clima creato a Napoli dall'incontro tra vecchio naturalismo, galileismo e meccanicismo francese, e da lui il C. fu introdotto ai nuovi orientamenti, anche se un altro influsso decisivo fu esercitato su di lui da G. Caloprese, che fu maestro di altri giovani della stessa generazione, come Vico e Giannone. Il Caloprese era un cartesiano più attento agli aspetti metafisici che a quelli scientifici del cartesianesimo, che vedeva in un'ottica mentalistica come sviluppo del platonismo, ma non si hanno elementi per attribuire analogo carattere al cartesianesimo del C., sviluppato in una consuetudine diretta e costante coi testi originali, e. specialmente con quegli scientifici.
Negli anni universitari il C. svolse un lavoro di grande impegno, studiando anche il greco antico per meglio padroneggiare il lessico medico, fino al punto di poterlo leggere e scrivere con naturalezza. L'anno di laurea è probabilmente il 1692, poiché da allora egli iniziò un'intensa attività d'insegnamento privato di materie scientifiche; contemporaneamente collaborava col Tozzi nella pratica ospedaliera, al punto che la sua salute risentì del cumulo d'impegni ed egli fu indotto ad abbandonare l'insegnamento, entrando come medico nell'ospedale degli Incurabili ed esercitando anche privatamente. La figura del C. emerse in primo piano in seno all'intellettualità napoletana a partire dal 1697, dopo che il Tozzi fu chiamato a Roma come archiatra di Innocenzo XII; a supplirlo fu delegato il C., che svolse questa mansione fino al 1704, quando, tornato il Tozzi da Roma, con procedura eccezionale la facoltà riuscì a trattenerlo in servizio per ragioni di merito.
Nel febbraio 1705 il C. vinse il concorso per la cattedra di fisica, che tenne per un solo anno in quanto nel 1706, ancora per concorso, ottenne la seconda cattedra di medicina pratica; nel 1717, Poi, morto il Tozzi, prevalse tra gli aspiranti alla sua cattedra, quella primaria di medicina teorica. Il successo professionale e forse anche le sue simpatie intellettuali destarono contro di lui delle opposizioni, che si manifestarono nel 1726 quando fu posta a concorso la cattedra professionalmente più ambita, quella primaria, di medicina pratica; le resistenze furono superate da un intervento diretto, sollecitato dall'archiatra e bibliotecario imperiale P. N. Garelli, della corte di Vienna, che gli conferì senza concorso la cattedra, che egli terrà fino alla morte. L'amicizia con il Garelli, corrispondente tra gli altri del Muratori, è un dato importante per la storia intellettuale di quegli anni: pet suo tramite il C. agirà in questi anni, e con tangibili risultati, in favore del Giannone allora esule a Vienna.
La designazione. a sostituto del Tozzi, nel 1697, pose il C. in contatto coi centri culturali più vivi della Napoli tra i due secoli, a partire dall'Accademia Medinacoeli; questa fu fondata ufficialmente nel 1698, ma già prima v'erano state riunioni saltuarie dei futuri membri.
In una di queste riunioni, nel 1696, molti dei futuri accademici erano convenuti a celebrare una momentanea ripresa della salute di Carlo II di Spagna; in una cerimonia dal preciso carattere lealistico erano stati letti componimenti poetici, uno dei quali dello stesso C., che furono pubblicati (Componimenti recitati nell'Accademia a' dì IV di novembre, anno MDCXCVI., ragunata nel Real Palagio in Napoli per la ricuperata salute di Carlo II Re di Spagna, di Napoli..., Napoli 1697). Quest'attività di poeta, esplicata per lo più in occasioni celebrative o encomiastiche, si manifesta a più. riprese (versi del C. comparvero nelle seguenti raccolte: Pompe funerali celebrate in Napoli per l'ecc.ma sig.ra D. Caterina d'Aragona e Sandovale..., con l'aggiunta di altri componimenti intorno al medesimo soggetto, Napoli 1697; Varij componimenti per le nozze degli illus.mi e eccellen.mi signori D. Adriano Carafa duca di Traetto... e D . Teresa Borghesi, ibid. 1719; Vari Compommenti per la morte dell'ecc.ma Sig.ra D. Anna Maria Contessa d'Althann nata contessa d'Aspermont, ibid. 1724). Quanto al livello di questa produzione poetica, e al tono che vi prevaleva, un giudizio su di essa lo dette lo stesso Vico, che nella Giunone in danza, composta nel 1721per le nozze Filomarino Garacciolo, ricordava tra gli autoridi componimenti per l'occasione "il rigido Capassi coi mellifluo Cirillo"; e che in dieci versi latini a lui dedicati lo raffigurava con affetto esprimendo lo stesso concetto: "Cyrille, o prope corculum Minervae, /..., spectas me ingenio tuo beato / artes qui super intimas Lycei / mellite sapis atticum leporem".
L'amicizia del C. con il Vico, così come quella col Capasso, durerà costante negli anni, ma ciò non implica convergenza di posizioni culturali o filosofiche; è anzi possibile che nella sua critica della filosofia della. natura cartesiana, come di tutti i tentativi di penetrare la meccanica intima dei fenomeni, il Vico abbia avuto in mente, , più che cartesiani tendenzialmente metafisici come il Caloprese, intellettuali del tipo del Cirillo. Il cartesianesimo entusiasta di quest'ultimo è un dato solidamente attestato fino dalla prima esperienza accademica: nella sua Vita il Giannone ricorderà che era stato il C., "profondo filosofo, gran botanico e peritissimo medico e notomico", che, "come immerso nella filosofia del Cartesio, nella quale era a fondo istrutto", l'aveva sottratto al gassendismo; così pure F. Serao, suo allievo e biografo, rileverà che da giovane aveva studiato così a fondo il Cartesio "ut cartesianam doctrinam in succum et sanguinem convertisse visus sit". Proprio questa associazione ú'un forte interesse osservativo con il fervore cartesiano vale a, precisare la natura scientifica di questo cartesianesimo, privo di chiusure dogmatiche; come notò anche il Serao, ciò consentì poi al C. dì provare interesse per la impostazione newtoniana e di poter condividere l'interesse per Locke e il sensismo diffuso nell'accademia scientifica di C. Galiani.
La produzione scientifica dei appartiene agli anni della maturità; nel periodo immediatamente successivo alla laurea egli risulta aver lavorato ad una opera di "istituzioni filosofiche e mediche", nella quale denominazione pare plausibile riconoscere un progetto di sistema medico. ma non è certo che l'opera fosse completata, ed in seguito il manoscritto non è stato più segnalato. Il lavoro che storicamente, se non teoricamente, è il più importante dei C. è la raccolta dei suoi Consulti medici, apparsi postumi a cura del nipote Santo e dei Serao (Consulti medici di N. Cirillo professor primario di medicina nella Regia Università di Napoli, I-III, Napoli 1738, poi Venezia 1741 e 1756).
L'opera, cui il Serao premise una Vita Nicolai Cyrilli, stampata nelle varie edizioni dei Consulti ed in seguito nei Memorabilia Italorum di G. Lami (I, Firenze 1742) e negli Opuscoli di vario argomento diSerao (Napoli 1767), raccoglie i pareri su casi clinici scritti dal C. su richiesta dei medici d'altre località e, in base, ad una descrizione epistolare dei sintomi, come anche quelli da lui, stilati a nome di collegi medici di cui aveva fatto parte. Il primo ed il secondo volume dei Consulti medici comprendono ciascuno duecento relazioni in italiano, mentre il terzo ne comprende quaranta scritte in latino più tre scritti eterogenei che i curatori colsero l'occasione per pubblicare: le Considerazioni su due pareri di opposta sentenza intorno alld coltura del riso nella piana di Gifoni, e le due dissertazioni De argento vivo e De ferro, concernenti i loro usi medici. Ciascuna relazione contiene, schematicamente, una descrizione dei sintomi essenziali, una diagnosi e proposte terapeutiche, ed esse mostrano, in genere, la notevole indipendenza del C. da affiliazioni di scuola troppo nette, anche se si colgono i segni d'una interpretazione "fermentativa" della patogenesi che è la traccia degli anni di voga iatrochimica in cui sera formato. Il C. appare propendere a considerare le sistemazioni filosofiche dei dati come qualcosa di distinto da questi ultimi, che in sé, considerati costituiscono una sorta d'invariante rispetto a quelle; l'opera quindi, per la stessa ricchezza e varietà del materiale che presenta, è una fonte importante sui contorni della diagnostica e della terapia, viste anctie nei loro connotati regionali, tutt'altro che trascurabili nell'epoca.
L'altra opera medica notevole del C. è una edizione commentata delle opere dei medico tedesco M. Etmüller (Opera omnia in quinque tomos distributa... Accesserunt notae, consilia, dissertationes N. Cyrilli, Neapoli 1728).
Poiché egli, pur non condividendo del tutto le tesi di Etmüller, fu pregato dall'editore di curare la pubblicazione, ritenne d'aggiungere alcuni rilievi sui punti dubbi, che gli furono vivamente contestati in una recensione negli Acta Bruditorum lipsiensi del 1731 (pp. 229 ss.), dovuta al figlio dell'Etmüller; il C. replicò con uno scritto destinato agli Acta del 1732; ma, essendo nel frattempo morto il recensore, questa messa a punto non fu accettata, cosicché il C. la pubblicò altrove (in francese nella Bibliothèque Italique di Ginevra, XVIII, 1734, p. 86); gli Acta replicarono nuovamente (1735, pp. 559-62), ed essendo morto nel frattempo anche il C. la sua posizione fu difesa dal Serao, con Vindiciae edite a Napoli nel 1738.
Da ciò che s'è detto emerge che più che sulla teoria medica il C. esercitò un influsso apprezzabile sulla didattica e sulla pratica, in senso cautamente ma chiaramente progressivo; le sue lezioni furono convegno per chi era interessato alla diffusione dello sperimentalismo nell'ambiente napoletano: nella Vita, il Giannone ricorderà d'aver seguito come ricreazionie dalle diatribe forensi certe sue lezionì di fisiologia del sistema nervoso, in cui era significativamente posta in evidenza l'interrelazione tra strutture cerebrali e le funzioni psichiche umane.
Accanto all'attività propriamente medica vi furono nel C. interessi botanici e naturalistici che, se non sfociarono in contributi specifici, sono però all'origine d'una tradizione che, tramite il pronipote Domenico e la sua scuola, formerà i quadri dei naturalismo meridionale. Non disponendo di molto tempo per queste ricerche, il C. cercò di sistematizzare i suoi studi, sia ancorandoli ad un metodo generale per l'acquisizione e la catalogazione dei dati, sia selezionando i contributi europei tramite la letteratura dei periodici più qualificati: nel primo senso ricorse agli Elementi di botanica di Tournefort, il cui metodo grazie a lui rimarrà dominante a Napoli fino alla nomina a docente universitario di botanica di D. Cirillo (1760); nel secondo senso si fece tra l'altro inviare regolarmente le Philosophical Transactions della Royal Society, per leggere le quali, già maturo cattedratico, studiò l'inglese. Ancora il Giannone ricorderà come l'arrivo delle Transactions al C. e a L. A. Porzio costituisse, per le menti più vive della Napoli di quegli anni, un legame essenziale col dibattito scientifico europeo. Dapprima semplice lettore, in seguito il C. strinse un rapporto diretto con la società scientifica inglese, che ricorse a lui per ottenere effemeridì meteorologiche annue a partire dal 1718; le effemeridi ottennero l'approvazione dello steiso Newton, che ebbe con lui uno scambio di lettere. In seguito il C. divenne membro dell'accademia, alla quale inviò due memorie che saranno stampate nelle Transactions (una, sull'uso clinico dell'acqua fredda, nel vol. XXXVI, pp. 142-151; l'altra sul terremoto del 1730 nell'Italia meridionale, nel vol. XXXVII, pp. 336 ss.).
Tra i contatti culturali, numerosi e qualificati, che il C. mantenne, va poi ricordato il carteggio con le più note personalità mediche dell'Italia del tempo: il Lancisi, il Vallisnieri, il Tilli e il Monti; notevole fu anche il suo interessamento alla produzione libraria, che lo portò a costituire una biblioteca ricca e selezionata divenuta ben presto centro, discreto ma efficace, dì dibattito e diffusione d'idee. Alle letture si unì la ricerca attiva; sia il C. stesso sia, per suo incoraggiamento, il nipote Santo Cirillo e F. Buonocore, futuro archiatra regio, raccolsero piante campane, e altre egli ne fece venire dall'Italia e dall'estero, fino alla costituzione d'un orto botanico che, con l'aggiunta dell'erbario secentesco dell'Imperato, passerà a Santo e poi a Domenico Cirillo, che lo arricchiranno ulteriormente.
Accanto agli interessi scientifici, e connessa ad essi da un unico tipo di visione, ci fu nel C. una sensibilità. in senso ampio ideologica, che se non dette origine a manifestazioni esplicite emerge tuttavia da alcuni precisi dati, un o dei quali é l'amicizia costante col Giannone. La fondamentale comunanza di idee, se non di tensione polemica, tra il Giannone e un gruppo d'intellettuali, tra i quali il C. e il Capasso, fu all'origine d'una voce che ebbe tra i suoi assertori lo stesso Tanucci, quella secondo cui il vero autore dell'Istoria civile sarebbe stato questo gruppo, che però avrebbe ritenuto prudente nascondersi dietro il Giannone; certo è che in questo ambiente maturarono le tesi di fondo dell'Istoria, e in tutti gli anni d'esilio il Giannone manterrà con quegli amici legami epistolari diretti ed indiretti, tramite Carlo Giannone.
La corrispondenza tra il Giannone e il C., menzionata nel carteggio giannoniano superstite e parzialmente utilizzata nella settecentesca biografia giannoniana del Panzini, è andata smarrita; è ragionevole supporre che, come in generale tutte le carte del C., essa passasse a Santo e poi a Domenico Cirillo come avvenne per diversi suoi inediti e per un manoscritto di D. Aulisio, il De ortu et progressu medicinae, che il C. sera impegnato a pubblicare senza poi realizzare l'intento). Se l'ipotesi fosse vera, la possibilità che questa, che è la lacuna più grave del carteggio giannoniano, possa essere colmata con ricerche più accurate, come si è supposto anche di recente, sarebbe nulla, perché la biblioteca e le carte di Domenico Grillo, andarono distrutte nella reazione borbonica del 1799, Le menzioni del C. nel carteggio del Giannone mostrano non solo la sollecitudie del primo per la sorte dell'amico esiliato, ma recano anche le tracce d'una convergenza culturale più che generica: fu al C. e al Capasso che Giannone inviò, perché provvedessero alla opportuna revisione ed alla pubblicazione, la sua Risposta alle annotazioni critiche sopra il nono libro dell'Istoria civile del Regno di Napoli (Napoli 1731), e il C. tentò a lungo d'ottenere la grazia per il suo amico.
La convergenza dei suoi interessi scientifici con certi temi ideologici appare anche nella adesione all'Accademia scientifica creata nel 1732 da C. Galiani, che nonostante la limitazione ufficiale dei suoi interessi allo studio empirico e quantitativo dei fenomeni, fu subito vista come un centro di diffusione del "lockismo", cioè d'un sensismo antimetafisico con implicazioni antidogmatiche in sede teologica; il C. ne fu il primo presidente, e fu confermato per due annualità, fino alla morte. Attorno alla sua figura, inoltre, circolarono voci d'incredulità religiosa, recepite anche da un amico, il card. Davia, che ne scriveva a C. Galiani nell'atto di lamentamela scomparsa (lettera del 9 luglio 1735, in Bibl. della Soc. napol. di storia patria, ms. XXXI, A I, ff. 362 s., cit. da B. De Giovanni, La vita intellettuale a Napoli fra la metà del '600 e la Restaurazione del Regno, in Storia di Napoli, VI, 1, Napoli 1970, p. 506). La stessa insistenza del Serao e del nipote Santo, nella presentazione dei Consulti, sulla sua perfetta ortodossia politica e religiosa e sui sentimenti cristiani palesati in punto di morte, suona come conferma, se non del contenuto delle voci, certo della diffusione d'una certa valutazione della sua personalità. La salute del C. cominciò a declinare nell'gutunno del 1734, ed andò peggiorando lungo diversi mesi; la morte sopravvenne a Napoli il 2 luglio 1735.
Fonti e Bibl.: Notizie sul C. sono contenute nelle numerose opere che, a partire dagli studi di Croce, Schipa, Nicolini e Cortese, sono state dedicate negli ultimi anni alle vicende della cultura napol. tra '600 e '700 (ad es., in libri e ricerche particolari di L. Marini, B. De Giovanni, S. Mastellone, M. Rak, V.I. Comparato, G. Ricuperati, S. Bertelli); prescindendo da questa produzione. si citano alcune fonti documentarie di più immediata rilevanza e gli scritti che lo concernono direttamente: Vitadi P. Giannone scritta da lui medesimo, a cura di F. Nicolini, Napoli 1905, ad Indicem;P. Giannone, Opere, I, a cura di S. Bertelli-G. Ricuperati. Milano-Napoli 1971, ad Indicem;G. B. Vico, Opere, a cura di B. Croce - F. Nicolini, Bari 1911-1941, V, VII, VIII, ad Indicem; Novelle letter. di Firenze, III (1742), coll. 417 s.; G. Lami, Memorabilia Italorum eruditione praestantiumquibus vertens saeculum gloriatur, I, Florentiae 1742, p. 179; G. G. Origlia, Istoria d. Studio di Napoli, II, Napoli 1754, pp. 260 ss.; M. Barbieri, Notizie istor. dei matematici e filosofi del Regno di Napoli, Napoli 1778, pp. 192 ss.; P. Napoli Signorelli, Vicende della coltura nelle Due Sicilie, Napoli 1911 VI, pp. 4247; VII. p. 253; Biografie degli uomini ill. del Regno di Napoli, Napoli 1837, pp. 328 s.; C. Minieri Riccio, Mem. storiche degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli 1844, pp. 100 s., 393 ; S. De Renzi, Storia della medicina in. Italia, IV, Napoli 1846, pp. 362, 379, 414; P. Martorana, Notizie biogr. e bibliografiche degli scrittori del dialetto napolitano, Napoli 1874, p. 431; G. Gentile, P. Giannone, plagiario, e grand'uomo per errore, in La Critica, II (1904), pp. 216-51 (in particolare 222-25); P. A. Saccardo, Labotanica in Italia. Materiali per la storia di questa scienza, in Mem. dei R. Ist. veneto di scienze, lettere ed arti, XXV (1895), p. 52; XXVI (1901), p. 32; Storia dell'Univ. di Napoli, Napoli 1924, pp. 352, 357, 428; F. Nicolini, Un grande educatore italiano, C. Galiani, Napoli 1951, pp. 207 s., 221 s. e passim;A. Russo, Profilo di N. C., medico, filosofo, scienziato, in Atti e mem. della Accad. di storia dell'arte sanitaria, in app. alla Rass. di clinica, terapia e scienze affini, aprile-giugno 1957, pp. 88-91; F. Venturi, Alle originidell'illuminismo napoletano: dal carteggio di B. Intieri, in Riv. stor. ital., LXXI(1959), pp. 416-56 (in part. 421 s.); P. Marra, Fisiopatologia e chimica del sistemanervoso nei consulti medici di N. C., in Atti d. XXII Congr. naz. di st. d. medicina, Firenze... 1966, Roma 1967, pp. 638-51; S. Bertelli, Giannoniana. Autografi, manoscritti e doc. della fortuna di P. Giannone, Milano-Napoli 1968, ad Indicem;G. Ricuperati, A proposito dell'Accademia Medina Coeli, in Riv. stor. ital., LXXXIV (1972), pp. 57-79 (in part. pp. 65, 75, 76); P. Zambelli, La formazione filosofica di A. Genovesi, Napoli 1972, pp. 31-54, 80 s. e passim; A. Hirsch, Biogr. Lex. d. hervorr. Ärzte, II, p. 33.