DAL VERME (de Vermo), Nicola
La famiglia Dal Verme di Verona discende da un "Vermis", cittadino veronese residente nella zona periferica di Porta S. Zeno, attestato nel 1174 (Arch. di Stato di Verona, SS. Apostoli, perg. 42). Tra il XII e il XIII secolp compaiono nella documentazione. talvolta collettivamente (Verona, Arch. capitolare, perg. 11. 9. 4r, 23 ag. 1206), i "filii de Vermo", da identificarsi con ogni probabilità nel D., in Iacobino e probabilmente in Gambarino (Arch. di Stato di Verona, SS. Apostoli, perg. 193); e forse pure nel causidicus "Iohannis de Vermo" attestato nel 1201 (Simeoni, 1920, p. 115).
Il D. fu il primo esponente noto- della famiglia, che proprio con lui si affermò durevolmente nella classe dirigente cittadina dell'età comunale ed ezzeliniana. Il cognome (che nella documentazione si presenta costantemente nella forma "de Vermo"), la mancanza della qualifica dominus nell'unica attestazione sinora nota del padre del D., la zona di residenza di costui, sembrano escludere per i Dal Verme un'origine militare o capitaneale: quello dei Dal Verme sembra configurarsi come uno dei casi di ascesa sociale, tipici dell'età comunale.
Qualificato come iudex sin dalla sua prima apparizione alla ribalta politica cittadina (1198: è questa la prima notizia che si ha di lui), il D. appare ben inserito nel gruppo dei causidici ed esperti dei diritto che costituiscono - a Verona come ovunque - un nucleo importante della classe dirigente duecentesca. Attraverso una assidua, cinquantennale presenza nelle magistrature comunali veronesi, il D. radicò su solide basi il prestigio della famiglia attraversando indenne il periodo delle lotte di fazione preezzeliniano ed ezzeliniano.
Nel 1198, quando il Comune di Verona stipulò un patto col Comune di Treviso, il D. era console di giustizia, incarico ricoperto anche nel 1201 e nel 1205. Ma anche quando non occupava specifiche cariche, fu sempre presente, e spesso a comprova del suo prestigio menzionato fra i primi o per primo, fra i causidici che assistevano il podestà di Verona in atti di rilevante importanza: così nel maggio 1200 quando Salinguerra Torelli sentenziò in una causa fra il patriarca di Aquileia e il Comune di Treviso, o nel 1201 quando il Consiglio generale di Verona ratificò un provvedimento relativo alla tassazione dei beni ecclesiastici. Il D. figura nella lista dei consiglieri veronesi anche nel 1203, quando venne giurato un patto quinquennale con Cremona.
La sua assenza dalle magistrature cittadine nel periodo di supremazia della fazione dei conti (1208-14) è segno probabile della sua adesione, sin da allora, ai Monticoli. Negli anni successivi le presenze del D. sono reiterate: fu console nel secondo semestre del 1215; nel 1217 era a Cerea per rivendicare i diritti del capitolo dei canonici su quella "villa" (a questi placiti partecipava sempre l'élite della classe dirigente cittadina, milites o giudici) e nello stesso anno rappresentò il Comune ad un atto relativo al controllo di Ostiglia; nel 1220 era procuratore del Comune, e rappresentò il monastero di S. Michele in Campagna presso Federico II; nel 1222, ancora per la giurisdizione su Cerea, si recò a nome del Comune di Verona a Bologna e nel novembre 1225 era nuovamente "iudex et procurator comunis Veronae". Nell'aprile 1226 poi il D. fu fra i giuristi veronesi che ratificarono l'adesione della città (ove da pochi mesi avevano preso il definitivo sopravvento i Monticoli coi Quattroventi) alla lega di S. Zeno in Mozzo.
Negli anni del consolidamento ezzeliniano il D. appare ancora in posizione di rilievo: nel 1229 è menzionato per primo fra i centoquaranta cives che si fecero fideiussori di un prestito per il Comune; nel 1234 e nel 1237 fu ancora console. Dal 1238 appare nei Consigli cittadini anche un suo figlio, Vilio (Arch. di Stato di Verona, Comune, b. 31, proc. 128, c. 18v). Altro figlio fu Bonaventura.
Forse ancora vivo nel 1252, quando figura in Consiglio appunto "Vilius d. Nicolai de Verme" (cfr. però Arch. di Stato di Verona, Malaspina-Bellando, perg. 4), il D. dovette scomparire di lì a poco. Lasciava ai discendenti una situazione economica certo agiata (pur se dei suo patrimonio si hanno scarse notizie), ma soprattutto un saldo inserimento nel ceto dirigente.
Dei fratelli dei D., Iacobino pure partecipò alla gestione della cosa pubblica, figurando almeno dal 1203 al 1238 tra i consiglieri del Comune di Verona. Dei figli di costui, Ventura fu console nel 1243 (Arch. di Stato di Verona, S. Silvestro, pergg. 287, 289) e Trintinello compì pure una buona carriera, figurando come console nel 1238 (Ibid., S. Maria in Organo, perg. 418c) e nel 1272 (Verona, Archivio capitolare, perg. II. 26, IV, 5 ag. 1272).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Verona, SS. Apostoli. perg. 193; Ospitale civico, b. LXVI, perg. 2 app.; S. Leonardo in Monte, b. 24, m. CII, perg. 2; S. Silvestro, pergg. 120, 163; S. Fermo, perg. 74; Esposti, pergg. 205, 287; S. Zeno, Atti trasferiti da Venezia, b. II, perg. 26/8; Malaspina-Vari, perg. 4; S. Nazaro e Colso, perg. 988; Archivio di Stato di Cremona, Arch. delComune, cod. A-1, doc. 78; Verona, Arch. capitolare, pergg. I. 8. 3v (15 dic. 1197); III. 11. 5r (5 nov. 1202); II. 11. sr (17 ott. 1215); II. 11. 7v (22 genn. 1217); I. 14- 1r (17 febbr. 1222). Si vedano, inoltre, B. Corio, Historia di Milano, Vinegia 1554, p. 89v; G. Della Corte, L'istoriadi Verona, Verona 1594, I, p. 365; G. B. Bianco lini, Notizie stor. delle chiese di Verona, IV,Verona 1752, pp. 710 s.; C. Cipolla, Trattati commerc. dei sec. XII, in Nuovo Arch. veneto, n. 5, VIII (1898), p. 334; L. Simeoni, Il Comuneveron. sino ad Ezzelino e il suo primo statuto, in Misc. di st. veneta, s. 3, XV (1920), pp. 112-15, 125; Id., Note sulla formaz. della seconda legalombarda, in Mem. d. R. Accademia d. scienzed. Istituto di Bologna, cl. di sc. mor., s. 3, VI (1931-32), pp. 49 s.; P. Litta, Le famiglie celebriital., s. v. Dal Verme di Verona, tav. I (con varieinesattezze).