NICOLA di Bartolomeo da Foggia
Scultore attivo in Italia meridionale nel sec. 13°, autore del pulpito della cattedrale di Ravello, firmato e datato 1272, a tutt'oggi l'unica sua opera superstite tra le non molte documentate.
Nell'agosto del 1275 N. risulta attivo nel cantiere del castello di Lucera agli ordini del francese Pierre de Chaules, donde, con espliciti riconoscimenti della sua valentia di artefice ("satis necessarius et utilis reputatur"), Carlo I d'Angiò lo richiese al Giustiziere di Capitanata per utilizzarlo come scultore (incisor lapidum) nella fabbrica del monastero di S. Maria di Realvalle, presso Scafati (Carabellese, 1908, p. 207, n. 4; Bruzelius, 1991, p. 414). Le due costruzioni angioine, ridotte nella condizione di ruderi, non hanno conservato tuttavia nessun manufatto plastico nel quale sia stato possibile riconoscere l'autografia di Nicola. Un bel capitello erratico d'impronta gotica (Lucera, Mus. Civ.), ripetutamente riferito a N., in coincidenza di tempo con il ricordato suo coinvolgimento nei lavori del castello, costituisce, in verità, solo un antefatto, connesso con una ben individuata fase della scultura meridionale tra terzo e quarto decennio del Duecento (Aceto, 1990).Committente del pergamo di Ravello fu Nicola Rufolo, membro della più influente e ricca famiglia locale, in quegli anni in stretti rapporti con la corte angioina, che più volte era ricorsa a essa per prestiti. Matteo, figlio primogenito di Nicola, nel 1269 aveva ottenuto l'ufficio di secreto e portolano di Puglia, regione dove tra l'altro i Rufolo possedevano banchi, negozi e fattorie (Camera 1875-1881, II, pp. 374-375). La presenza di N. sulla costiera amalfitana si inscrive pertanto nel solco di consolidate relazioni mercantili tra le due aree, di cui un'altra ben nota attestazione è costituita dall'arrivo a Ravello, nel 1179, delle ante di bronzo di Barisano da Trani, donate alla cattedrale dal patrizio Sergio Muscettola.L'alto magistero con il quale sono condotte le parti scultoree del pulpito - per lo smagliante, finissimo apparato musivo è da ritenere con Bertaux (1903) che N. si sia servito di collaboratori campani, consumati maestri nella tecnica dei marmi incrostati - rivela un artista maturo, di integrale cultura gotica. L'inequivocabile caratterizzazione del dato stilistico ha da tempo indotto la critica a considerare il pergamo di Ravello punto di arrivo di una lunga carriera artistica, segnata in profondità dalle sperimentazioni in senso gotico patrocinate dalle cerchie sveve.Esiti quanto meno problematici hanno sortito finora i ripetuti tentativi volti a rintracciare i segni della manualità di N. all'interno dei cantieri imperiali. Malgrado talune generiche consonanze compositive, nient'altro che una vaga congettura può essere considerata la proposta di individuare nei capitelli in opera nella cripta della collegiata di Foggia, databili verso la fine degli anni venti del Duecento, le prove del suo esordio nella città d'origine. Destituita di ogni fondamento è invece l'ipotesi, periodicamente rilanciata in maniera del tutto acritica, che tale tirocinio si sia compiuto sotto la guida del padre, Bartolomeo da Foggia (v.), il quale - sulla scorta di un'arbitraria esegesi del titolo epigrafico inciso sulla lastra di fondazione, del 1223 (Foggia, palazzo Arpi), del distrutto palazzo imperiale di Federico II a Foggia - è ritenuto una stessa persona con il presunto protomagister dell'edificio. In realtà un più attento controllo dell'iscrizione foggiana ha consentito di accertare che il personaggio ivi menzionato, dalle mansioni non altrimenti specificate, era titolare di un nome doppio (la formula epigrafica P'tobartholomeus va forse sciolta in P(ie)t(r)obartolomeo).Il punto di più forte convergenza con le inflessioni di stile di N. è rintracciabile nelle opere di scultura della matura età sveva - Castel del Monte, castello di Lagopesole, capitelli di Troia (New York, Metropolitan Mus. of Art, The Cloisters; Troia, cattedrale), busto di Federico II (Barletta, Mus. Civ.) - ormai sintonizzate sulle conquiste di naturalismo espressivo, realizzate negli anni trenta del Duecento dagli artisti d'Oltralpe. A tale riguardo particolarmente suggestivi risultano i confronti, più volte proposti, tra il busto di Sigilgaita Rufolo - la cui originaria pertinenza al pergamo, al quale fu materialmente associato dal sec. 16°, è stata esclusa dagli studiosi - e le mensole del donjon di Lagopesole; così come è innegabile che alle più belle pagine della miniatura manfrediana sembrano rinviare, nel loro intenso sentore di vita, le parti figurate del pergamo.Un problema a lungo dibattuto, dopo il primo acuto avvistamento di Cavalcaselle (Crowe, Cavalcaselle, 1864; 18862), è quello relativo ai rapporti dello scultore con Nicola Pisano. Con un occhio puntato alle origini 'pugliesi' di quest'ultimo e con l'altro alla precedenza delle sue opere sul pulpito di Ravello, peraltro nell'assetto strutturale ancora vincolato alla tradizione romanica campana, autorevoli studiosi hanno creduto di riconoscere negli aspetti più moderni dell'opera di N. i segni di un'influenza di Nicola Pisano, rifluita dalla Toscana per vie non meglio precisabili. Tracce dell'influsso di N., già da tempo riconosciute nel pergamo eseguito nel 1279 da Melchiorre da Montalbano per la cattedrale di Teggiano (Bertaux, 1903), sono state segnalate di recente anche in sculture architettoniche dell'abbazia di Cava de' Tirreni (Aceto, 1992).Dalla seconda metà dell'Ottocento, al nome di N. è stato associato un busto femminile proveniente da Scala, acquistato dagli Staatl. Mus. di Berlino e purtroppo andato disperso durante l'ultima guerra (Lubke, 1880), che - a giudicare soltanto sulla base della documentazione fotografica - meglio conviene a uno stretto collaboratore di N. per la condotta corsiva e meno pungentemente espressiva. Un'analoga soluzione critica sembra ragionevole prospettare anche per la testa femminile coronata di New York (Metropolitan Mus. of Art), gravemente menomata proprio nei tratti del volto.Una palese copia moderna del busto ravellese è invece da ritenere un busto ligneo coronato (coll. privata), proposto qualche tempo fa come opera dello scultore foggiano.
Bibl.: J.A. Crowe, G.B. Cavalcaselle, A New History of Painting in Italy, from the Second to the Sixteenth Century, I, London 1864; M. Camera, Memorie storicodiplomatiche dell'antica città e ducato di Amalfi, 2 voll., Salerno 1875-1881; W. Lubke, Geschichte der Plastik, Leipzig 1880, II, pp. 554-556; J.A. Crowe, G.B. Cavalcaselle, Storia della pittura in Italia dal secolo II al secolo XVI, I, Firenze 1886(1875), pp. 194-196; E. Bertaux, L'art dans l'Italie méridionale, Paris 1903 (19682), II, pp. 778-784; F. Carabellese, Il restauro angioino dei castelli di Puglia, L'Arte 11, 1908, pp. 197-208; S. Bottari, Intorno a Nicola di Bartolomeo da Foggia, Commentari 6, 1955, pp. 159-163; F. Jacobs, Die Kathedrale S. Maria Icona Vetere in Foggia. Studien zur Architektur und Plastik des 11. -13. Jahrhunderts in Süditalien (tesi), Hamburg Univ. 1968; F. Bologna, I pittori alla corte angioina di Napoli 1266-1414, Roma 1969, pp. 36, 53; C. Guglielmi Faldi, Il duomo di Ravello, Roma 1974, pp. 24-33; A. Carotti, in L'art dans l'Italie méridionale. Aggiornamento dell'opera di Emile Bertaux, Roma 1978, II, pp. 751-768, 975-985 (con bibl.); G.L. Mellini, Appunti per la scultura federiciana, Comunità 32, 1978, 178, pp. 322-324; M.S. Calò Mariani, L'arte del Duecento in Puglia, Torino 1984, pp. 193-195; F. Aceto, ''Magistri'' e cantieri nel ''Regnum Siciliae'': l'Abruzzo e la cerchia federiciana, BArte, s. VI, 75, 1990, 59, pp. 15-96; C. Bruzelius, Ad modum Franciae. Charles of Anjou and Gothic Architecture in the Kingdom of Sicily, JSAH 50, 1991, pp. 402-420; F. Gandolfo, Ravello ''medioevale'', in Ravello, a cura di G. Vidal, Milano 1991, pp. 15-54: 50; F. Aceto, Sculture duecentesche, in Appunti per la storia di Cava, a cura di A. Leone, VII, Cava de' Tirreni 1992, pp. 39-45; L. Castelnuovo-Tedesco, Il capitello e la testa di donna del Metropolitan Museum of Art di New York, in Federico II, immagine e potere, a cura di M.S. Calò Mariani, R. Cassano, cat. (Bari 1995), Venezia 1995, pp. 395-397; M.S. Calò Mariani, L'eredità sveva, ivi, pp. 399-402; F. Bologna, La pubblica fontana detta la Riviera, in La fontana della Rivera, Roma 1995, pp. 58-59.