DIANO, Nicola di
Nacque nella seconda metà del sec. XIV a Teano (prov. di Caserta), città da cui la sua famiglia traeva il predicato nobiliare.
I Diano, potenti feudatari del Regno di Napoli, dovevano le proprie fortune ai principi del ramo di Durazzo della casa d'Angiò allora regnanti sul trono di Napoli, ai quali erano legati da vincoli di fedeltà e per i quali avevano ricoperto incarichi di prestigio. Il fratello del D., Giacomo conte di Cales, fu ciambellano del re Ladislao e lo stesso D. ne fu consigliere.
Dotato di una eccellente preparazione giuridica, oltre che teologica, il D. fu avviato alla carriera ecclesiastica; il 23 ott. 1393 ottenne da Bonifacio IX la sede vescovile della città natale. Secondo il Crescimbeni, prima della nomina vescovile, fu senatore di Roma nel 1390; il Pompili Olivieri riporta tale notizia come dubbia e la riferisce al nome di Niccola Reano Theamo napoletano; mentre il Vitale, per l'anno 1390, non registra alcun senatore. Nel 1404 il D. ebbe da Ladislao la riconferma della giurisdizione civile del tribunale vescovile di Teano sui vassalli e sul clero della diocesi, privilegio caduto in desuetudine per l'opposizione dei signori feudali di quel territorio.
Si era allora al culmine del grande scisma: il D. dichiarò la sua osservanza verso quei pontefici che il re Ladislao di volta in volta sostenne a seconda dei suoi immediati interessi politici e delle sue mire espansionistiche. In un primo tempo il D. si era dunque mantenuto fedele al papa di obbedienza romana Gregorio XII, cui il re di Napoli aveva concesso rifugio a Gaeta per contrastare Alessandro V, il pontefice eletto dai cardinali riunitisi a Pisa il 25 marzo 1409. Quando Gregorio XII dichiarò decaduto dall'incarico l'arcivescovo di Napoli Giovanni, passato all'obbedienza di Alessandro V, riservando per proprio uso le rendite dell'arcidiocesi, il 20 apr. 1410 il D. ne ottenne la gestione, come vicario, governatore, rettore e amministratore apostolico della Chiesa napoletana. Il 15 maggio dello stesso anno il D. venne nominato, sempre da Gregorio XII rimasto privo di entrate nel suo esilio a Gaeta, collettore della decima che il papa aveva ceduto a Ladislao in cambio del suo sostegno; e, nel novembre, fu incaricato assieme con l'arcivescovo di Conza e con quello di Mileto di alienare parte dei beni ecclesiastici del Regno di Napoli. Il 14 febbr. 1411 il D., in qualità di governatore e amministratore apostolico, benedisse la prima pietra di S. Maria di Monte Oliveto, come appare dal documento relativo all'atto con cui il protonotaro del re Ladislao, Guerrello Origlia, donò ai monaci olivetani di Napoli alcuni suoi beni per la costruzione della chiesa.
All'inizio del 1412 il D. fu nominato arcivescovo di Napoli da Gregorio XII: in tale veste l'8 maggio di quell'anno consacrò l'altare maggiore della cattedrale. Tuttavia, quando Ladislao decise di abbandonare Gregorio XII, scacciandolo dai suoi Stati, per sostenere il nuovo papa di obbedienza pisana, succeduto ad Alessandro V morto il 3 maggio 1410, anche il D. passò all'obbedienza di Giovanni XXIII. Volle però farsi garantire che avrebbe proseguito a dirigere come arcivescovo la Chiesa napoletana: il 27 novembre 1412, infatti, ottenne la stesura dei capitoli di una convenzione con Ladislao in cui il re si impegnava, in cambio del suo appoggio all'antipapa, a proteggerlo da qualsiasi molestia e rivendicazione da parte della Curia di Roma e a procurargli lettere scritte della sua riconferma nell'arcivescovato.
Le notizie che riguardano il D. per il 1413 sono probabilmente da riferirsi ad un omonimo della sua famiglia. Nel giugno Ladislao, che dopo essersi di nuovo volto contro Giovanni XXIII era entrato in Roma, costringendo il papa a fuggirne, nominò un Nicola di Diano senatore di Roma. La notizia, riportata dal Diario di Antonio di Pietro Dello Schiavo, è confermata da un diploma regio del 12 dic. 1413, col quale si dispone che il "miles" Niccolò Diano rientri presso la Curia regia, a Napoli, per assumervi altri incarichi, e che lo sostituisca sul seggio senatorio Iannotto Torti. Nel documento, dunque, mentre lo si defmisce "miles", non si indica mai il Niccolò Diano senatore di Roma anche come arcivescovo di Napoli, dignità cui il D. non aveva voluto rinunciare e che non sembra aver mai abbandonato, dato che, il 10 ott. 1414, nella sua qualità appunto di arcivescovo di Napoli, concesse agli ebdomadari della cattedrale la facoltà di seppellire in quella chiesa. Appare poi contraddittoria la sua presenza in Roma poco dopo la convenzione con Ladislao, nella quale egli stesso aveva posto come condizione del proprio sostegno all'antipapa quella di non essere costretto a recarsi di persona nella città. Sembra quindi si possa dubitare che il Nicola Diano, il quale fu senatore di Roma nel 1413 e che durante il suo mandato dimorò sicuramente nella città, dove fece eseguire l'edicola marmorea di una finestra del palazzo senatorio e dove confermò gli statuti dei mercanti il 25 luglio di quell'anno, sia la stessa persona dell'omonimo arcivescovo di Napoli.
In seguito al voltafaccia compiuto da Ladislao e dal D., la sede napoletana venne considerata vacante da Giovanni XXIII, che non ne riconosceva più il D. come legittimo titolare. Così l'antipapa, da Costanza, dove si trovava per partecipare al concilio ivi convocato per comporre lo scisma, il 26 marzo 1415 nominò arcivescovo di Napoli Giacomo de' Rossi. Il provvedimento non dovette sortire effetto alcuno se il D., il 17 genn. 1416, concesse, nella sua qualità di arcivescovo di Napoli, la chiesa di S. Giovanni Battista agli ebdomadari della cattedrale. Composto finalmente lo scisma con la deposizione di Benedetto XIII e di Giovanni XXIII, con la rinunzia di Gregorio XII e l'elezione di Ottone Colonna al soglio pontificio col nome di Martino V (11 nov. 1417), il 26 genn. 1418, il D. ottenne dal papa il riconoscimento e la conferma della nomina e della consacrazione.
Nel suo ministero episcopale il D. dimostrò non solo appassionata dedizione ai suoi doveri di pastore di anime, ma dette anche prova di possedere doti di abile amministratore. Ricordato per l'opera di soccorso ai bisognosi da lui promossa e svolta durante l'epidemia di peste e la carestia che afflissero Napoli nel 1422, a lui si deve l'istituzione, nel 1423, delle visite pastorali, che fece compiere nelle diverse parrocchie della sua arcidiocesi dai canonici Stefano da Gaeta e Andrea Brancaccio, e dall'ebdomadario Nicola Caporotundo, visite pastorali che rimasero un modello per i suoi successori. Per mezzo di esse il D. poté raccogliere tutte le notizie riguardanti la fondazione, lo stato patrimoniale, i privilegi delle chiese e delle fondazioni religiose sottoposte alla sua giurisdizione, notizie che fece debitamente registrare dai notai Dioniso di Sarno e Ruggero Pappasogna. Con la concessione di numerosi privilegi il D. provvide inoltre di nuove entrate il collegio degli ebdomadari della cattedrale. Nel 1420 ottenne dalla regina Giovanna II la riconferma dei privilegi a suo tempo concessi alla Chiesa di Napoli nella persona dell'arcivescovo Giordano Orsini, privilegi che conferivano agli arcivescovi napoletani la giurisdizione arcivescovile sul borgo di Afragola.
Il D. ricoprì importanti incarichi pubblici anche durante il regno di Giovanna II: questa sovrana lo tenne infatti nella stessa considerazione in cui lo aveva tenuto il di lei fratello e predecessore Ladislao. Sembra che sia stata appunto la regina stessa ad ottenere dal papa Martino V la conferma del D. quale presule dell'arcidiocesi di Napoli. Il D., che aveva benedetto il matrimonio di Giovanna II, vedova dal 1406 di Guglielmo d'Asburgo, con Giacomo di Borbone conte della Marche, fu consigliere della regina dal 1418 e prefetto del Regio Consiglio. Nel 1425 ebbe l'incarico di amministrare la causa tra l'ospedale di S. Maria dell'Annunziata e il conte di Nola circa la restituzione della torre dell'Annunziata. L'8 dic. 1433 conferì alla regina il patronato dell'ospedale di S. Maria della Pietà.
Il D. morì a Napoli nel 1435, tra il 3 giugno, giorno in cui fece testamento, e l'8 ottobre, data di una bolla di Eugenio IV in cui di lui si parla come di "bonae memoriae Nicolai Archiepiscopi". Il suo corpo fu seppellito nella cattedrale, nella cappella di S. Nicola, nel sepolcro fatto per lui erigere dal nipote Gaspare.
Fonti e Bibl.: Il diario romano di Antonio di Pietro delloSchiavo, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXIV, 5, a cura di F. Isoldi, pp. 79, 84; B. Chioccarelli, Antistitum praeclarissimaeNeapolitanae Ecclesiae catalogus, Neapoli 1643, pp. 266-272; G. Crescimbeni, Stato della basilica diaconale, collegiata e parrocchiale di S. Mariain Cosmedin, Roma 1719, pp. 147 s.; F. Ughelli-N. Coleti, Italiasacra..., VI, Venetiis 1720, pp. 142 s., 571; F. A. Vitale, Storia diplom. de' senatori di Roma, II, Roma 1791, pp. 381 s.; L. Parascandolo, Mem. storiche, critiche, diplom. della Chiesa diNapoli, IV, Napoli 1851, pp. 32-36, 190 ss., 195, 198 ss.; S. d'Aloe, Storia della Chiesa di Napoli, II, Napoli 1873, pp. 152-155; A. Leosini, Annali della città dell'Aquila, a cura di G. Leosini, I, Aquila 1886, p. 514; L. Pompili Olivieri, Il Senatoromano, I, Roma 1886, pp. 243, 255; N. Barone, Notizie raccoltedai registri di cancelleria del re Ladislao di Durazzo, in Arch. stor. per le prov. napolet., XIII (1888), I, pp. 25, 34; C. Eubel, Hierarchia catholica..., I, Monasterii 1913, pp. 360, 481; II, ibid. 1914, p. 200; D. Ambrasi, La vita religiosa, in Storia di Napoli, III, Cava dei Tirreni 1969, pp. 440, 484 ss., 517, 541, 559.