NICOLA di Verdun
Orafo mosano attivo fra la seconda metà del sec. 12° e i primi anni del successivo in area franco-germanica.
Le uniche notizie certe su N. si desumono dalle iscrizioni apposte alla pala del 1181 (Klosterneuburg, collegiata) e alla cassa-reliquiario della Vergine del 1205 (Tournai, Notre-Dame). Nel 1217 un Nicola di Verdun, pittore di vetrate, ottenne la cittadinanza di Tournai dichiarandosi figlio di un borghese di tale città (Demus, 1963, col. 917): si è soliti ritenere che il vitrarius fosse figlio dell'omonimo orafo, morto nel frattempo.La prima opera sicura di N. è dunque la pala commissionata dal preposito Werner per la comunità dei Canonici regolari di s. Agostino di Klosterneuburg: non deve trattarsi, però, di opera giovanile, poiché rivela una grande padronanza di mezzi tecnici ed espressivi da parte di un autore verosimilmente già conosciuto e apprezzato. In origine l'opera, concepita come ambone e montata sopra l'altare della crociera, assunse l'aspetto di trittico dopo un incendio avvenuto nel 1330, in seguito al quale il preposito Stefano di Syrendorf fece eseguire sei nuove placchette a smalto; secondo alcuni, tuttavia, al momento dell'incendio l'ambone era già stato trasformato in pala (Fillitz, 1984). La compagine primitiva era ricoperta su tre lati da placche di rame smaltate a champlevé, figurate e corredate da varie iscrizioni esplicative, attraverso le quali si articola tuttora un complesso programma iconografico che associa episodi veterotestamentari ai corrispondenti neotestamentari, secondo la tradizionale partizione ante legem, sub lege e sub gratia. Ogni placchetta, dal margine superiore trilobato, raffigura una scena biblica, mentre gli elementi di raccordo ospitano immagini di profeti, angeli e virtù, motivi fitomorfi e architettonici. La ridottissima gamma cromatica - limitata essenzialmente al blu e all'oro - esalta la nobiltà e la ricchezza di una trama disegnativa morbida e fine, volta a perseguire un naturalismo classicista di ineguagliata freschezza propositiva.Del tutto diversa, e non soltanto per mere ragioni tipologiche, è la cassa-reliquiario della Vergine. Come nel caso dell'opera di Klosterneuburg, nella sua storia gran parte hanno avuto restauri e integrazioni (1350-1375; 1812; 1889-1890; Price Gowen, 1976-1977). L'arca è coperta da un tetto crestato a quattro spioventi, con figurazioni in argento sui lati brevi (Cristo fra gli angeli; Adorazione dei Magi) e lunghi (scene dell'Infanzia di Gesù), dal rilievo assai alto, quasi a tutto tondo, mentre sui medaglioni della copertura (scene della Passione e della Risurrezione) il rilievo si abbassa. Lo smalto è confinato a una funzione esornativa e marginale, mentre nelle figure si afferma una monumentalità vibrante e drammatica. Il tratto distintivo più spiccato è tuttavia una pronunciata stilizzazione che incrina il nitore anticheggiante della pala di Klosterneuburg, aprendo la strada a una nuova tensione lineare.L'eccezionale qualità delle due sole opere firmate ha spinto la critica ad attribuire a N. o alla sua bottega quasi tutti gli smalti, i bronzi e le oreficerie di maggior prestigio prodotti in area mosano-renana verso il 1200, il che ha portato a un'inverosimile dilatazione del corpus di una personalità divenuta, quindi, sempre più sfuggente (Demus, 1963; The Year 1200, 1970; Sauerländer, 1971). Negli ultimi tempi si è assistito invece a un sostanziale ridimensionamento del catalogo dell'artista, grazie all'espunzione sia di lavori palesemente distanti da N., come il candelabro Trivulzio (Milano, duomo), sia di opere, come la cassa di s. Annone del 1183 ca. (Siegburg, St. Michael) e quella di s. Albino del 1186 ca. (Colonia, St. Pantaleon, Schatz), che per la loro stessa cronologia, specie alla luce della pala di Klosterneuburg, difficilmente possono essere lasciate a N. e in cui è forse più corretto vedere l'impronta di un ambiente coloniense che partecipava di una cultura affine.Gli studiosi sono invece concordi nel riferire a N. parte dell'esuberante ornamentazione - e, forse, il progetto - della cassa dei re Magi (Colonia, duomo) ritenuta il capolavoro dell'artista e uno dei sommi vertici dell'oreficeria medievale. I lavori al sontuoso reliquiario si prolungarono lungo un arco di tempo piuttosto dilatato e ancora discusso: la cronologia tradizionale, in base alla quale i fianchi sarebbero stati eseguiti negli anni 1181-1191, il fronte principale nel 1198 e seguenti, il fronte posteriore nel decennio 1220-1230 (Lasko, 1972), è stata infatti recentemente ridotta, nella supposizione che anche i lati lunghi siano stati compiuti dopo il 1198, termine cronologico sicuro perché legato alla donazione di Ottone IV (1182-1218), raffigurato sulla fronte: i formidabili, statuari profeti dei fianchi risulterebbero così meglio contestualizzati, in virtù del loro prezioso classicismo, al principio del sec. 13°, piuttosto che negli ultimi due decenni del 12° (Kroos, 1985). Tra i diversi ateliers all'opera, quello di N. è generalmente identificato proprio sui fianchi inferiori, dov'è difficile non ravvisare la mano del maestro tanto nei profeti - cui vanno aggiunti anche i c.d. apostoli Andrea e Bartolomeo del registro superiore - quanto in molte delle placchette cesellate e smaltate che ne costituiscono il folgorante apparato decorativo.Klosterneuburg, Colonia e Tournai rimangono così gli unici luoghi in cui sia possibile localizzare, di volta in volta, il laboratorio dell'artista. Attraverso il secondo, lo scarto stilistico fra la prima e la terza opera certo si attenua, ma se davvero tra Colonia e Tournai corrono soltanto pochi anni, la novità della cassa mariana non per questo rimane meno problematica.L'opera di N. rappresenta la chiave di volta delle profonde trasformazioni linguistiche vissute dall'arte occidentale intorno al 1200, caratterizzate da uno sperimentalismo classicistico e naturalista che trova nell'ambone di Klosterneuburg il suo precoce manifesto, nell'arca di Colonia il momento più esplicitamente neoantico e nella cassa di Tournai la fase 'moderna' di una ricerca che non sembra comunque sufficiente leggere nel segno esclusivo dell'ispirazione classica. L'individuazione delle fonti di N. è così via via oscillata dalla tradizione aulica dell'oreficeria lorenese e mosana alle citazioni dirette dall'Antico, dalla miniatura inglese e franco-settentrionale alle reminiscenze carolinge, dalla pittura bizantina alla stessa scultura dell'Ile-de-France, senza peraltro riuscire a sciogliere la questione degli studi e degli esordi dell'artista. In ogni caso, N. seppe fondere un'effettiva pluralità di stimoli e modelli all'interno di un linguaggio personale e coerente, che conferì all'oreficeria un'inedita potenza espressiva e il rango di un'arte-guida e fornì un'interpretazione altissima dei maggiori fermenti culturali dell'epoca.
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