D'ANTINO, Nicola Eugenio
Figlio di Vincenzo e di Floridea Chirone (Tirone), nacque a Caramanico (L'Aquila) il 31 ott. 1880. A dieci anni divenne allievo di F. P. Michetti - che era solito trascorrere a Caramanico le proprie vacanze e, con la sua affettuosa guida, il giovane D. imparò il disegno ispirandosi ai circostanti paesaggi agresti. Dal 1898 studiò a Roma sotto la guida dello scultore E. Ximenes. Frequentò poi, a Napoli, l'Accademia di belle arti, seguendo le lezioni di A. D'Orsi. Durante il soggiorno napoletano conobbe Gemito, Scarfoglio e Mancini, imbevendosi di verismo partenopeo: la sua produzione giovanile è influenzata dal naturalismo dei suoi primi maestri.
Tornato a Roma nel 1906, esordì alla Esposizione degli amatori e cultori di belle arti dello stesso anno.
Il clima romano era allora dominato, si può dire, da due principali linee di tendenza: una legata alle espressioni grafiche, rapide ed efficaci, di gusto liberty, che facevano capo al raffinato A. Terzi e al più denso e problematico D. Cambellotti (non a caso uniti nella collaborazione alla rivista annuale Novissima); l'altra del divisionismo pittorico di Lionne, Innocenti, Noci, Crema, Baricelli e Terzi stesso.
In tale situazione il D. elaborò un suo modo elegante e originale di stilizzare la figura esaltandone, attraverso la tridimensionalità, le linee slanciate, in questo influenzato dalla pratica del fregio filiforme e continuo che Cambellotti, nell'aura decorativa mitteleuropea, andava già disegnando per occasioni pubblicitarie e riviste illustrate.
Fu presente all'Esposizione degli amatori e scultori di belle arti del 1909 con due opere che preludono al suo impegno maggiore: Particolare d'un monumento funebre e Ritratto di signorina. Nel 1910 vi espose tre bronzi e una piccola terracotta, affermandosi in modo definitivo a giudicare da quanto ne scrisse Colasanti (1910): "scultore ad un tempo vigoroso e delicato, capace di ravvivare una bella forma con un profondo sentimento... espone un nudino di donna di rara solidità e un Ritratto di bambino che, per la vivacità e per la modellatura franca, nervosa, efficacissima, è una delle sculture più ammirate della mostra... ma tutta la sua fantasia arguta, tutto il suo spirito di osservazione appariscono nella Processione, cinque figurine di bimbi, nelle quali il sentimento del patetico si associa ad una comicità irresistibile".
Partecipò nel 1911 all'Esposizione intemazionale di Roma, con Signora; l'anno dopo espose nella sala romana della prima Mostra d'arte giovanile a Napoli con i pittori A. Noci, C. A. Petrucci, U. N. Bertoletti e gli scultori A. Dazzi, G. Niccolini, G. Prini e A. Cataldi, assieme ai quali partecipò, nell'estate dello stesso anno (con il marmo Ritratto della baronessina De Rubeis e due figure inbronzo), alla Mostra del ritratto, allestita nei locali del Circolo artistico di Roma per dissidi con la Società degli amatori e cultori: come si vede, una vera e propria anticipazione della Secessione romana dell'anno successivo.
A partire dal 1913 il D. si configurò sempre più chiaramente come un secessionista, per la sua evidente adesione al modernismo nutrito dalle influenze già segnalate, alle quali possono aggiungersi quella dovuta allo scultore Prini, figura allora di spicco nell'ambiente romano, e quelle più blande derivate da G. Minne e G. Kolbe. Negli anni dal 1913 al 1916 - arco di tempo scandito dalle quattro edizioni della mostra della Secessione romana, cui partecipò regolarmente - gli arrise il maggior successo di pubblico e di critica, unanime quest'ultima nel definirlo elegante, raffinato, squisito e vigoroso.
Nel 1918 tenne una mostra personale alla galleria A. De Conciliis di Milano assieme ad Umberto Prencipe (pittore ed incisore), esponendovi ventuno opere, quasi una retrospettiva completa delle precedenti occasioni collettive ufficiali di Napoli e di Roma.
In questi anni l'indagine pressoché monotematica intorno al nudo femminile (se si eccettuano rare sculture di busti e di gruppi di bambini) conduce il D. a sviluppare una ricerca sulla espressività del corpo nello spazio, spesso atteggiato a passo di danza e proteso in un gesto di offerta, foriero forse di future astrazioni se, come accadde a Prini, Cataldi, Selva e Drei - cioè agli scultori operanti nella sua stessa area - gli anni del primo dopoguerra non gli avessero trasmesso l'urgenza di una maggiore solidità e robustezza di forme e volume che il naturalismo d'ispirazione classica prometteva attraverso la solennizzazione del gesto e l'irrigidimento del panneggio.
Vittorio Pica, nel 1921, presentando quindici opere dello scultore abruzzese alla collettiva della galleria Pesaro "A. e G. Carozzi, A. Bocchi, R. Brozzi, N. D'Antino", accennava alla "equilibrata armonia delle masse" e alla "delicata grazia dei particolari" delle "vaghissime statue in bronzo", rinunciando però a tracciarne un'utile genealogia stilistica che alcuni, in seguito (Lavagnino, 1956), hanno voluto far risalire alla contemporanea scultura francese, altri (Bellonzi, 1967) ai "nudi allegorici" di Felice Casorati. Sempre nel 1921 il D. collaborò alla rivista Cronache d'attualità, diretta a Roma da Anton Giulio Bragaglia, pubblicando un gruppo di disegni; nello stesso anno fu membro della Commissione ordinatrice della I Biennale romana, mostra alla quale parteciperà nel 1923 e 1925. Nel 1922, 1926, 1928, 1932 e 1934 partecipò alla Biennale di Venezia. Espose anche alle Sindacali romane del 1932, 1933, 1934 e 1940 e alle Quadriennali di Roma del 1931, 1935 e 1939.
Si cimentò pure, tra il 1929 e il '31, con grandi realizzazioni plastiche, come le due statue di atleti in marmo, Il timoniere e Lo sciatore, del Foro Mussolini (Foro italico) a Roma, la grande fontana luminosa dell'Aquila (1933), il Ritratto di Michetti a Francavilla al Mare (1938) e di D'Annunzio (1940). R. Fanti, che nel 1949 visitò con G. Balla lo studio dello scultore, riferisce della presenza nel locale dei gessi del Levriere, opera degli anni Venti oggi alla Galleria nazionale d'arte moderna di Roma, e del busto di Donna Paola Medici del Vascello, del bozzetto del Monumento ai Caduti de L'Aquila e di un Autoritratto, esposto alla XCIII Mostra degli amatori e cultori di belle arti del 1927.
Gli ultimi anni della vita dell'artista trascorsero tra i ricordi di una apprezzata carriera di scultore e la ripresa della pratica della pittura con la quale il D. si era presentato alla Biennale di Venezia del 1934; rare le occasioni di mostrarsi in pubblico. Tra queste va segnalata la collettiva cui partecipò con V. Brozzi ed A. Bocchi, nel 1947, alla galleria Addeo di Roma.
Il D. morì a Roma il 3 nov. 1966, lasciando una situazione ereditaria confusa che rende difficile una catalogazione complessiva della sua opera.
Fonti e Bibl.: A. Colasanti, L'Esposiz. internaz. d'arte in Roma, in Emporium, XXXI (1910), pp. 375, 381, 386; A. Lancellotti, La prima mostra d'arte giovanile a Napoli, ibid., XXXV (1912), pp. 229 s.; Id., La mostra del ritratto a Roma, ibid., XXXVI (1912), pp. 78 s.; A. Colasanti, Le esposizioni di belle arti a Roma, ibid.,XXXVII (1913), p. 427; A. Lancellotti, La IV mostra internazionale della "Secessione", ibid., XLV (1917), pp. 298, 300 ss.; Id., La I Biennale romana, Roma 1921, pp. 55, 167; R. Fanti, N. D. scultore delle classiche eleganze e delle linee armoniose, in La Gazz. delle arti (Roma), 20 maggio 1949; F. Sapori, Escultura ital. moderna, Roma 1950, p. 453; E. Lavagnino, L'arte moderna dai neoclassici ai contemporanei, Torino 1956, II, pp. 1151, 1153; F, Bellonzi, Arte moderna in Italia 1915-1935 (catalogo), Firenze 1967, p. 20; G. Incisa della Rocchetta, La collez. dei ritratti dell'Accademia di S. Luca, Roma 1978, pp. 96 n. 444, 292 fig. 433 (Autoritratto, 1926, bronzo); M. F. Giubilei, in Il Liberty italiano e ticinese (catal.), Lugano 1981, p. 65; M. Quesada, in Gli artisti di villa Strohl Fern (catal.), Roma 1983, pp. 33-36.