GALIZIA (Galazia), Nicola
Nacque a Napoli il 20 nov. 1663. Giureconsulto, matematico e letterato, fu tra gli amici di Giambattista Vico e come lui fu a lungo perseguitato in gioventù come "ateista" dal S. Uffizio.
Il 4 nov. 1696 il G. fu invitato con altri sessantuno intellettuali napoletani, scelti tra i frequentatori più in vista dei salotti del tempo (soprattutto quelli di A. Monforte, P.M. Doria e N. Caravita, ma anche quello di donna Aurelia d'Este duchessa di Limatola, amante delle scienze e delle arti e amica del G.), alla reggia del viceré per celebrarvi la recuperata salute di Carlo II di Spagna. A questa prima adunanza tenne seguito la fondazione, nel 1697, di un'accademia non più privata, ma regia: l'Accademia Palatina o Reale istituita dal viceré F. de la Cerda duca di Medinaceli. Dell'Accademia Palatina, che il 20 maggio 1698 tenne nel gran salone della reggia la sua solenne serata inaugurale, il G. fu considerato socio fondatore. Il G. prese parte alle tornate accademiche - che ebbero luogo per due volte al mese fino al 1702, anno della soppressione dell'Accademia - assistendo e intervenendo nelle dissertazioni di filosofia, storia, giurisprudenza, matematica, astronomia e nella recitazione di versi in lingua greca, latina, italiana e spagnola.
Alcuni suoi versi sono contenuti nei Vari componimenti per le nozze… Adriano Carafa duca di Traetto… e donna Teresa Borghese de' prencipi di Sulmona… (Napoli 1719), miscellanea più che rara promossa e curata da G.B. Vico e stampata a spese dello stesso Carafa. In questa raccolta e in altre simili il G. è affiancato soprattutto da amici, collaboratori e corrispondenti, non soltanto napoletani, del Vico con il quale però egli intrattenne un legame di amicizia più stretto: "il sempre vivo,/ sempre spiegato/ sempre evidente/ Galizia nostro" lo apostrofa infatti affettuosamente il filosofo napoletano nella Giunone in danza, poema drammatico-monodico compreso nella raccolta nuziale da lui stesso curata, Vari componimenti per le nozze di don Giambattista Filomarino principe della Rocca e donna Maria Vittoria Caracciolo dei marchesi di Sant'Eramo (ibid. 1721); alla miscellanea contribuì anche il G. insieme ad altri amici e colleghi come il dotto Giuseppe Lucina. Il Vico, inoltre, a ulteriore testimonianza dell'affetto che lo legò al G., nel De antiquissima Italorum sapientia (1710) dedicato al Doria, si ripropose di dedicare anche a lui (e agli inseparabili A. Ariani e G. De Cristofaro) alcuni suoi studi "quale attestato di gratitudine e di particolare considerazione" proprio in virtù del fatto che le indagini filosofiche, storiche e linguistiche presenti nel Proemio al De antiquissima erano da ricongiungersi ad alcuni discorsi postconviviali tenuti a palazzo d'Angri con questi personaggi, che esortavano il filosofo a sviscerare l'argomento in una trattazione organica.
Al G. viene attribuito anche uno scritto inedito di natura giuridica, il Responsum ad difficultates propositas de Laneutensi residentia, conservato presso la Biblioteca nazionale di Roma.
In qualità di insigne geometra venne poi coinvolto nell'annosa polemica contro don Paolo Mattia Doria che vide la partecipazione di gran parte dei matematici napoletani del tempo.
La questione sollevata dal Doria, nobile filosofo genovese stabilitosi a Napoli, verteva su una pubblicazione, il Nuovo Metodo, ovvero Duplicazione del cubo, costruita e dimostrata per gli soli elementi di Euclide (Augusta 1715) in cui l'autore - fanatico seguace della geometria antica e oppositore della geometria cartesiana - proponeva la soluzione al complesso problema mai sciolto dagli antichi geometri. Conosciuta anche come "problema di Delo", la duplicazione geometrica dell'esaedro regolare consisteva nel trovare un cubo di volume doppio di un cubo dato, problema insolubile con riga e compasso.
In particolare il G. venne interpellato - assieme con l'Ariani, il De Cristofaro e l'abate B. Intieri, accreditati matematici e letterati - dall'autore che volle ascoltarne il giudizio; a nulla valsero però i cordiali e sinceri rapporti di amicizia che legavano il Doria al G. e agli altri illustri personaggi, dal momento che critiche e obiezioni colpirono sin dal principio la sua teoria dando vita a una complessa querelle che investì a lungo il mondo scientifico napoletano.
A partire dall'anno 1721 il G. sostituì nella cattedra dell'Università di Napoli l'Ariani, professore primario di scienze matematiche divenuto segretario della Regia Zecca; successivamente ottenne dall'imperatore Carlo VI la cattedra ordinaria di diritto canonico - tenuta prima di lui da Gennaro Cusano - che mantenne sino alla sua morte.
Il G. morì a Napoli il 10 genn. 1730.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Napoli, Scuola di Salerno, fascio 40, inc. 29 (per la data di nascita); Arch. di Stato di Firenze, Mediceo 4138, avviso da Napoli del 10 genn. 1730 (per la data di morte); Giornale de' letterati d'Italia, XXXII (1718), p. 511; G.B. Vico, L'autobiografia, il carteggio e le poesie varie, a cura di B. Croce, Bari 1911, p. 287; Id., Opere, a cura di F. Nicolini, Milano-Napoli 1953, pp. 247, 1050; A. Calogerà, Raccolta d'opuscoli scientifici e filologici, XVI, Venezia 1738, p. 209; G. Origlia, Istoria dello Studio di Napoli, Napoli 1754, II, p. 258; V. Ariani, Memoria della vita e degli scritti di Agostino Ariani, Napoli 1778, pp. 138 s., 148; P. Signorelli, Vicende della coltura nelle Due Sicilie dalla venuta delle colonie straniere sino ai nostri giorni, VI, Napoli 1811, p. 13; F. Nicolini, Saggio d'un repertorio bibliografico di scrittori nati o vissuti nell'antico Regno di Napoli, Napoli 1966, p. 483; Id., Della Società nazionale di scienze, lettere e arti in Napoli, Napoli 1974, passim.