GALLO, Nicola
Figlio di Giovanni, nacque a Iglesias intorno al 1530. Dopo aver compiuto gli studi universitari (probabilmente di medicina) in Francia, si recò a Ginevra, dove aderì al calvinismo e venne accolto come cittadino il 14 ott. 1557 insieme con molti altri italiani esuli religionis causa (tra essi il sassarese F. Vidini e il cosentino V. Gentile).
In un momento imprecisato il G. riuscì a convertire alla fede riformata anche suo fratello Giovanni e a farlo stabilire a Ginevra, dove questi era giunto dalla Sardegna. Ben presto, tuttavia, il G. si avvicinò a quel gruppo di italiani che proseguirono nell'emigrazione le discussioni religiose cominciate in patria, andando oltre la stessa ortodossia riformata e ponendo in dubbio in particolar modo il dogma della Trinità, sostenendo che solo il Padre, e non il Figlio, fosse vero Dio.
I principali esponenti di questo gruppo furono i piemontesi G.P. Alciati e G.G. Biandrata, il già menzionato V. Gentile e S. Teglio, in casa del quale il G. abitava. Questi italiani si scontrarono duramente con lo stesso Calvino, preoccupato di consolidare la sua opera di riforma sia dal punto di vista dottrinale, sia da quello politico-sociale.
Quando, nel maggio del 1558, il riformatore di Ginevra chiese alla comunità italiana di sottoscrivere una confessione di fede che si pronunciava apertamente in favore della Trinità, il G. fu tra i sette che in un primo momento si rifiutarono di firmare. Soltanto la minaccia di espulsione da Ginevra convinse tutti i refrattari, incluso il G., a piegarsi alla volontà di Calvino. Il Biandrata e l'Alciati però non rinunciarono alle loro idee, che anzi tentarono di diffondere tra gli strati inferiori della società ginevrina. In seguito alle ammonizioni per questo ricevute, i due lasciarono la città; lo stesso fece, in un successivo momento, il Teglio, che si recò a Basilea. Subito dopo la fuga dell'Alciati e del Biandrata, il Gentile e il G. vennero denunciati alle autorità cittadine di Ginevra (sindaci e Consiglio dei dodici) da un certo Alexandre Guyottin. Il denunciante riferì di un colloquio avvenuto il 24 giugno tra il G. e il Gentile, nel corso del quale il G., tra l'altro, avrebbe disapprovato il Credo trinitario di Calvino e difeso l'Alciati lodandolo come "vir pius". Arrestato e incarcerato probabilmente lo stesso giorno del Gentile, il 9 luglio, il G. subì sei interrogatori, l'ultimo dei quali si svolse il 18 luglio. Il giorno successivo venne scarcerato dietro sua promessa al Consiglio di Ginevra di ripresentarsi a ogni richiesta, senza però aver confessato di aver parlato contro il Credo di Calvino (il Gentile, nei confronti del quale le accuse erano più gravi, rimase in carcere più a lungo e alla fine fu costretto a confessare e ritrattare le sue opinioni; nel 1566, a Berna, finì condannato a morte per eresia). Il 22 settembre il G. fu arrestato di nuovo con l'accusa di aver riferito al Gentile che Calvino gli aveva inviato un emissario per convincerlo a deporre contro l'amico calabrese; il G. negò e venne subito rimesso in libertà (sempre dietro promessa di ripresentarsi).
Dopo questa data non si hanno più testimonianze dirette riguardanti il G.; si può congetturare che si fosse in seguito recato a Basilea e, con ancora maggior cautela, che non avesse abbandonato le sue tendenze antitrinitarie. A Basilea, infatti, come si è già ricordato, si era rifugiato il Teglio, che a Ginevra coabitava col Gallo. Proprio il Teglio, nel marzo 1560, lo annoverava tra i suoi amici nella traduzione latina del Principe di N. Machiavelli da lui pubblicata a Basilea. Inoltre una lettera che l'esule napoletano G.B. Bonifacio scrisse dalla Polonia a S. Castellione a Basilea, datata 30 giugno 1561, ci mostra il G. in relazione col savoiardo; il Bonifacio, infatti, pregava il Castellione di salutare il medico "Gallus", che D. Cantimori e successivamente G. Spini hanno identificato col Gallo.
Nonostante la sua fuga datasse al 1557, come si è detto, il G. venne citato a comparire in giudizio - insieme con il fratello Giovanni - dall'inquisitore di Sardegna Alonso de Lorca soltanto il 30 marzo 1575; ma l'editto contenente la citazione, affisso alle porte della chiesa metropolitana di Sassari, venne strappato da ignoti. Forse a causa di conflitti giurisdizionali tra Inquisizione spagnola e Sede apostolica (un fratello di Nicola e Giovanni si stava impegnando a Roma per evitare la confisca del patrimonio familiare) anche la condanna definitiva del G. e del fratello arrivò con notevole ritardo. Fu nel 1589, infatti, che i due vennero condannati in contumacia, i loro simulacri dati alle fiamme e il loro patrimonio confiscato. Stando alla breve relazione della loro condanna, sembrerebbe che nel 1589 i due fratelli fossero ancora vivi e residenti a Ginevra.
Anche a prescindere dagli studi universitari, il G. doveva essere uomo di una certa cultura. Secondo le fonti inquisitoriali spagnole pubblicate da G. Spini, infatti, a Ginevra il G. avrebbe scritto un'opera di apologetica riformata sotto lo pseudonimo di Gallus Tercius, che a tutt'oggi risulta però irreperibile. Nelle sue deposizioni al processo ginevrino, inoltre, egli stesso dichiarò di svolgere attività di traduttore in latino, ma nemmeno di questo si hanno prove concrete (il senso della deposizione, inoltre, non è del tutto chiaro).
Fonti e Bibl.: Livre des habitants de Genève, I, 1549-1560, a cura di P.-F. Geisendorf, Genève 1957, p. 93; Le procès de Valentin Gentilis et de Nicolas G., publié d'après les documents originaux, a cura di H. Fazy, in Mémoires de l'Institut national genèvois, XIV (1878-79), pp. 1-103; G. Calvino, Impietas Valentini Gentilis detecta et palam traducta…, in Calvinus, Opera, a cura di G. Baum - E. Cunitz - E. Reuss, IX, Brunsvigae 1870, col. 388; D. Cantimori, Eretici italiani del Cinquecento, Firenze 1939, pp. 217, 225 s., 268 n.; G. Spini, Di N. G. e di alcune infiltrazioni in Sardegna della Riforma protestante, in Rinascimento, II (1951), pp. 145-178; M. Welti, Breve storia della Riforma italiana, Casale Monferrato 1985, pp. 59, 108; S. Caponetto, La Riforma protestante nell'Italia del Cinquecento, Torino 1992, pp. 377, 402, 433.