MASTRILLI, Nicola
MASTRILLI (Durán), Nicola. – Nacque a Nola nel 1568, secondo alcune fonti nel 1570, da Giovan Girolamo e da Violante Capano.
Il padre del M. morì probabilmente nel 1569; il M. fu istituito erede nel testamento rogato il 6 ag. 1590 dalla nonna paterna Dianora Suardo ma, avendo optato per la vita religiosa, lasciò erede suo fratello Pietrantonio, capostipite dei Mastrilli marchesi di Gallo e duchi di Marigliano. Il M. era imparentato con il gesuita Marcello Mastrilli, noto per essere stato uno dei martiri del Giappone nel 1637.
Cominciati gli studi e indirizzatosi dapprima alla carriera militare, il 10 nov. 1583 fu accolto come novizio nella Compagnia di Gesù a Napoli. Terminate le classi di filosofia fu destinato alla provincia gesuitica del Perù. Partì da Cadice nel febbraio 1592 con la spedizione guidata da Diego de Zúñiga; alla fine di giugno era a Lima, dove iniziò a studiare teologia nel collegio di S. Pablo, assumendo il cognome Durán. Il 23 sett. 1595 fu ordinato sacerdote a Lima dal vescovo di Tucumán, Hernando de Trejo y Sanabria. Il M. si fece subito notare per la sua formazione, la prudenza e lo zelo apostolico, in particolare nei confronti degli indigeni. Lesse per un certo periodo retorica nel collegio di Lima; nell’ottobre 1595 il provinciale Rodrigo de Cabredo, su impulso del viceré García Hurtado de Mendoza, lo incaricò di accompagnare il padre Juan Font per sondare le possibilità di fondare una missione della Compagnia tra gli Indios Pilcozones, nel Sud del Viceregno, nell’odierno dipartimento di Junín. I due religiosi partirono da Lima alla metà di ottobre e nel novembre di quell’anno stilarono un dettagliato rapporto della loro missione, riferendo della buona accoglienza a loro riservata da quegli Indios. Nel marzo del 1596 i due padri, disillusi circa le reali possibilità di portare avanti con successo l’opera di evangelizzazione, avevano già lasciato la regione andina e si trovavano in quella di Huamanga (odierna Ayacucho).
A qualche anno di distanza ciascuno dei due padri scrisse al provinciale Rodrigo de Cabredo un dettagliato parere (10 febbr. 1600 il p. Font, 25 marzo 1602 il M.; Vargas Ugarte, pp. 409-412) circa l’opportunità per la Compagnia di impegnarsi nella missione tra gli Indios di quella zona: il parere di entrambi era negativo, sia per l’estrema dispersione della popolazione e per le scarse speranze di riunirla in villaggi sia per i numerosi rischi derivanti dalla conformazione geografica della regione e dagli stessi costumi dei nativi.
Dopo questa esperienza a contatto con tribù indigene, il M. fu proposto nel 1598 come rettore del collegio di Arequipa. Nonostante il gran numero di incarichi di governo che avrebbe ricevuto nel corso della sua vita, il M. mantenne sempre intatta la sua vocazione per l’apostolato tra gli indigeni. Nel 1600 divenne superiore della residenza di Juli, punto di passaggio obbligato per l’Alto Perù (attuale Bolivia), ma soprattutto primo importante luogo in cui i gesuiti peruviani si cimentarono nella cura d’anime degli indigeni. Lì il M. lavorò tra Indios Aymara e Quechua, dei quali apprese velocemente le lingue, e collaborò alla cura pastorale della città spagnola di Chucuito, capoluogo della regione e priva di sacerdoti.
Nel marzo del 1601, in una lettera scritta da Juli al generale Claudio Acquaviva, il M. espresse senza cautele la propria particolare visione della strada che l’intera provincia del Perù avrebbe dovuto intraprendere, quella della cura spirituale degli indigeni, compito irrinunciabile che sarebbe stato possibile assolvere solo se tutti i padri, superiori in primis, si fossero dati all’apprendimento delle lingue indigene. Nella lettera il M., consapevole di quanto lo stesso generale avesse insistito in precedenza sull’importanza e l’urgenza dell’apostolato ai nativi, chiedeva a Roma di disporre ai gesuiti della provincia peruviana che «ni confisien ni prediquen a españoles ni administren oficio de superior sin saber predicar a los indios» (Monumenta Peruana, VII, p. 278). Per il M. era inconcepibile che la maggior parte dei padri evitasse completamente l’impegno pastorale con gli Indios, mentre sarebbe stato agevole per loro, vista l’esiguità della popolazione spagnola, aiutare gli «obreros de indios». Per queste e altre ragioni esposte nella lettera, il M. arrivò a chiedere al generale che l’allora provinciale, Rodrigo de Cabredo, fosse sostituito dal p. Diego de Torres Bollo, considerate la sua approfondita conoscenza della provincia e la ferma volontà di avviare un’azione pastorale a favore degli Indios. Nella vera e propria frattura che la provincia gesuitica del Perù conobbe negli anni del generalato di Acquaviva tra un settore più incline alla cura dell’elemento spagnolo, alla predicazione colta e all’insegnamento e un settore «indigenista», la figura del M. può essere sicuramente inserita in quest’ultimo. Tale frattura, del resto, si sovrappose a quella tra padri spagnoli e padri italiani, spesso accusati di eccessiva indipendenza e di smodato zelo filoindigeno.
Fu a Juli che il M., il 18 ott. 1604, pronunciò i suoi ultimi voti. L’accrescersi delle mansioni svolte all’interno della Compagnia cominciò di fatto a limitare il suo impegno concreto a favore degli Indios: nel 1604 fu eletto rettore del collegio di Quito; nel giugno 1608 del collegio di Chuquisaca (oggi Sucre); per sei anni fu collaboratore del padre provinciale del Perù Diego Álvarez de Paz (eletto nel 1616); il 27 ag. 1618 fu scelto come procuratore della provincia del Perù a Madrid e a Roma, e in tale veste partì per l’Europa, da cui fece ritorno solo il 15 febbr. 1622 con un gruppo di undici gesuiti. A Roma, il M. aveva avuto contatti con il generale Muzio Vitelleschi, il quale gli aveva offerto senza successo diversi incarichi di governo a condizione che rimanesse in Europa.
Poco tempo dopo il suo ritorno in Perù fu nominato rettore del collegio di S. Pablo di Lima, incarico che lasciò nel 1623, quando divenne provinciale del Paraguay. Mantenne questo ufficio fino al 1629, dopo aver convocato la congregazione provinciale nel 1626. Al momento della nomina la provincia del Paraguay contava 25 case, che si ridussero a 15 per la separazione del Cile (divenuto nel 1625 una viceprovincia dipendente dal Perù) e l’abbandono di alcuni siti dove i gesuiti si erano insediati. Nonostante queste perdite, il M. si trovò a gestire 20 residenze in villaggi indigeni e 10 in villaggi di spagnoli; in questa veste ebbe anche modo di visitare le riduzioni guaraníes del Guayrá (odierno Brasile).
Da provinciale del Paraguay il M. compose, tra il 1626 e il 1628, le Ordenaciones, linee guida di comportamento per i padri della provincia, che spedì al generale Muzio Vitelleschi (Carbonell de Masy). Il documento illumina su alcune questioni cruciali dell’opera di evangelizzazione degli Indios e sulla qualità delle relazioni con le autorità civili, ad alcuni anni di distanza dalle gravi tensioni con gli encomenderos spagnoli a seguito dell’intensa collaborazione dei padri gesuiti nella compilazione delle ordinanze dell’oidor Francisco de Alfaro (1612), miranti alla progressiva abolizione del servizio personale degli indigeni. L’avversione di molti spagnoli nei confronti dei gesuiti, a loro modo di vedere troppo schierati nella difesa degli Indios, comprometteva la naturale vocazione dei religiosi a fungere da mediatori, sia all’interno della società spagnola sia nei rapporti tra spagnoli e indigeni. La consegna del M. su quest’ultimo aspetto era volta a sottolineare i rischi che potevano derivare da rapporti troppo stretti con le autorità civili ed ecclesiastiche, in un momento in cui primo interesse dei gesuiti avrebbe dovuto essere quello della ricerca dell’equidistanza tra le forze e gli interessi presenti nelle colonie. Proprio per tale ragione l’opera di evangelizzazione avrebbe dovuto subire un processo di ridefinizione, correggendo almeno in parte gli eccessi indigenisti manifestati dallo stesso M. alcuni anni prima. Tralasciare la cura pastorale degli spagnoli avrebbe costituito, secondo il M., un grave inconveniente, in quanto tale rifiuto nascondeva in molti casi un sentimento di avversione nei loro confronti. Missione di un gesuita avrebbe dovuto essere quella di procurare la salvezza di tutti, senza discriminazioni a carico degli encomenderos, poiché anche tra di loro si potevano ottenere conversioni delle quali avrebbe beneficiato l’intera società. Le Ordenaciones del M. costituiscono una testimonianza della persistenza, ancora alla fine degli anni Venti del Seicento, di rivendicazioni vicine al pensiero di B. de Las Casas tra taluni gesuiti operanti nel Nuovo Mondo, ma anche della volontà di superare atteggiamenti sempre più avvertiti come estremistici. Il M., del resto, insieme con il p. Marciel Lorenzana, si espresse decisamente contro la proposta di sottrarre gli Indios al sistema della encomienda ponendoli sotto il vassallaggio diretto alla Corona.
Nel 1630 il M. subentrò al padre Diego de Torres Bollo alla guida della provincia peruviana per un triennio, al termine del quale fu sostituito dal padre Antonio Vázquez. In quegli anni la Compagnia peruviana prese in carico la parrocchia di indigeni di Chavín, a nord di Lima. Avrebbe ripetuto l’esperienza del provincialato dal 1639, a seguito dell’improvvisa morte del neoeletto Diego de Torres Vázquez, e rimase alla guida della provincia peruviana fino ai primi mesi del 1644. L’anno successivo divenne rettore del collegio di Chuquisaca per passare poi al collegio di S. Pablo di Lima. Oltre che per l’apostolato tra gli Indios, il M. è ricordato come notevole predicatore in spagnolo e per la costruzione di chiese: completò l’edificazione di tre delle quattro chiese presenti a Juli, iniziò quella di Quito e fece ricostruire quella di S. Miguel a Chuquisaca. Il M. passò gli ultimi anni della sua vita dedicandosi all’istruzione dei neri e lavorando come consultore della provincia.
Il M. morì a Lima il 14 febbr. 1653.
Opere: Sermón predicado en la fiestas que a la Inmaculada Concepción de la Virgen Nuestra Señora se hicieron por la Congregación de la Exceptación del Parto en la Compañía de Jesús, Lima 1618; Sermón en el octavario que la illustríssima religión de Redemptores celebró a la canonización de su primero fundador y patriarca san Pedro Nolasco, ibid. 1632.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivum Romanum Societatis Iesu, Neap., 80, c. 35; Perù, 4.I, c. 112; Paraq., 4.I, c. 71; Monumenta Peruana, a cura di A. de Egana - E. Fernández, V-VIII, Romae 1970-86, ad indices; A mis manos han llegado. Cartas de los PP. Generales a la antigua provincia del Paraguay (1608-1639), a cura di M.M. Morales, Madrid-Roma 2005, ad ind.; P. Pastells, Historia de la Compañía de Jesús en la provincia del Paraguay, I-II, Madrid 1912-15, ad indices; Iglesia. Cartas Anuas de la provincia del Paraguay, Chile y Tucumán, de la Compañía de Jesús (1615-1637), a cura di C. Leonhardt, Buenos Aires 1929, ad ind.; Historia general de la Compañía de Jesús en la provincia del Perú, a cura di F. Mateos, I, Madrid 1944, ad ind.; R. Vargas Ugarte, Historia de la Compañía de Jesús en el Perú, I-II, Bilbao 1963, ad indices; H. Storni, Catálogo de los jesuitas de la provincia del Paraguay (Cuenca del Plata) 1585-1768, Roma 1980, p. 179; R. Carbonell de Masy, Las ordenaciones del p. Nicolás Durán M. para la provincia jesuitíca del Paraguay. Libertad evangélica y opción preferencial por los Indios, in Folia historica del Nordeste, 1989, n. 8, pp. 5-43; A. Carifi, Ragguaglio della famiglia Mastrilli, a cura di G. Galdi, Marigliano 2000; E. Fernández G. - J. Baptista, M. (Durán), Nicolás, in Diccionario histórico de la Compañía de Jesús. Biográfico-temático, a cura di Ch.E. O’Neill - J.M. Domínguez, III, Roma-Madrid 2001, pp. 2566 s.; N. Del Techo, Historia de la provincia del Paraguay de la Compañía de Jesús, a cura di M. Serrano y Sanz, Asunción 2005, ad ind.; F. Cantù, «Como ese nuevo mundo está tan lexos destas partes». Strategie e politiche di governo della Compagnia di Gesù nella provincia peruviana (1581-1607), in I gesuiti ai tempi di Claudio Acquaviva. Strategie politiche, religiose e culturali tra Cinque e Seicento, a cura di P. Broggio et al., Brescia 2007, pp. 143 s.; C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, V, col. 717.