MIRAGLIA, Nicola
MIRAGLIA, Nicola. – Nacque il 3 sett. 1835 a Lauria (presso Potenza), da Egidio, medico, e da Emanuela Crecca.
Molto presto si trasferì a Napoli, dove si formò sotto la guida di uno zio. Nel 1853, a seguito di un concorso, entrò come alunno nel ministero dell’Interno borbonico. Non per questo abbandonò gli studi: si laureò in legge e nel 1858, vincendo un nuovo concorso, passò al ministero degli Esteri. L’anno successivo divenne alunno consolare e nel settembre del 1860 ufficiale soprannumerario.
Durante i moti di quell’anno, schieratosi a favore del movimento unitario, il M. fu assegnato alla segreteria generale della Dittatura dell’Italia meridionale; quando tale regime cessò, promosso ufficiale di 2a classe, prestò la sua opera presso la segreteria di gabinetto della Luogotenenza generale. Sul finire del 1861 il M., in qualità di segretario di 2a classe, fu assegnato alla direzione speciale di Napoli della Cassa ecclesiastica delle provincie meridionali, alle dipendenze del ministero di Grazia e Giustizia; in meno di un anno fu promosso segretario di 1a classe e, nel 1863, capo sezione.
Nel 1864, trasferitosi a Torino, il M. passò al ministero di Agricoltura, Industria e Commercio (MAIC) in qualità di capo ufficio della segreteria del Consiglio forestale. Il cambiamento di sede, che gli permetteva di stabilirsi nell’allora capitale del giovane Regno (subito dopo a Firenze, in seguito a Roma), segnò anche un importante momento di crescita: appartenere a quel dicastero, in quel momento, significava avere un osservatorio privilegiato per il monitoraggio della situazione reale di un paese ancora prevalentemente agricolo. Agli inizi del 1866, con la soppressione della segreteria in cui operava, il M. fu promosso capo sezione allo stesso ministero; nel 1868 divenne direttore dei servizi di spettanza della 1a divisione e agli inizi del 1870 capo divisione. Nel 1872 fu nominato capo divisione di 1a classe e nel 1876 direttore capo divisione superiore. Allo stesso periodo risale anche il suo matrimonio, dal quale ebbe tre figli (Giuseppe, Egidio e Luigi). Fu protagonista di un ulteriore avanzamento nel 1879, con la nomina a direttore dell’Agricoltura. Nel 1883, infine, divenendone direttore generale, il M. raggiunse, neppure cinquantenne, l’apice della carriera amministrativa.
Nei primi anni Novanta affiancò all’attività burocratica quella politica: fu eletto deputato per il collegio di Lagonegro nel 1892 e nel 1895.
Nel periodo in cui operò al MAIC il M. partecipò a molti, rilevanti eventi. Tra quelli che lo videro protagonista, si ricorda che fu col senatore F. Lampertico relatore per la parte agraria in occasione dell’importante inchiesta sul regime doganale (1884-86); nel 1892, in seguito all’applicazione della tariffa del 1887 e grazie alle sue spiccate doti diplomatiche, il M. fu inserito da A. di Rudinì (ministro degli Affari esteri e presidente del Consiglio) nella commissione per la stipula di un nuovo trattato di commercio con la Svizzera, al fianco di G. Malvano, A. Monzilli e B. Stringher (allora ispettore generale al ministero delle Finanze). Risale allo stesso periodo l’attiva partecipazione del M. all’attuazione di un trattato con l’Austria-Ungheria per l’accrescimento dell’esportazione vinicola italiana. Nel 1894 e nel 1895 promosse la costituzione – avvenuta nello stesso 1895 – della Società degli agricoltori italiani. L’interessamento ai problemi dell’agricoltura, del resto, rimase per il M. una costante: ancora nel 1903, quando si occupava di tutt’altro, partecipò alle trattative sul rinnovo dei contratti per l’esportazione di vini italiani nell’Austria-Ungheria.
Il M. avrebbe mantenuto le cariche di deputato e di direttore generale del ministero fino al 1896, allorché si dimise da entrambe per accettare un altro mandato incompatibile con i precedenti, ma egualmente nevralgico per la vita del paese in crescita: quello di direttore generale di uno dei tre istituti di emissione, il Banco di Napoli (BdN).
Il BdN, istituto pubblico sorto nel 1592, nonostante la sfavorevole congiuntura economica e la conseguente crisi bancaria che colpì l’Italia nei primi anni Novanta dell’Ottocento, era riuscito, con il Banco di Sicilia e la Banca d’Italia, a mantenere il privilegio dell’emissione. Ma le sue condizioni, in seguito all’inchiesta Finali del 1893 e all’ispezione del 1894, risultavano critiche. Dalle indagini era emerso che le perdite effettive del Banco superavano l’intero patrimonio. A ciò si aggiungeva, favorito dall’imperante clientelismo, un diffusissimo malcostume che regnava da lungo tempo fra gran parte del ceto impiegatizio dell’Istituto e che portava l’ovvio frutto di una quasi onnipresente anarchia nella gestione.
Il M. approdò al BdN il 20 sett. 1896, in sostituzione di E. Arlotta. Abbandonava i traguardi raggiunti cedendo all’insistenza di L. Luzzatti che voleva alla guida dell’istituto, per risollevarlo dalla quasi certa rovina, un uomo fidato, di provata esperienza. Il M. era consapevole della disastrosa situazione in cui versava il Banco. Chiamato a una carica problematica, poté però contare, nel suo lavoro di riordino, su una situazione decisamente più favorevole di quella toccata al suo predecessore. Anzitutto, poté riempire nuovamente di contenuti e prestigio la figura di direttore generale, poiché gli fu garantita la più ampia libertà di azione; poi, fatto non di secondaria importanza, riuscì in varie occasioni a ottenere da Luzzatti un concreto, particolare interessamento alle sorti del Banco.
Il risanamento del BdN, obiettivo prioritario della gestione del nuovo direttore generale, procedette alacremente. Il M. si concentrò subito con autorevolezza sulle questioni inerenti il personale: epurandolo degli elementi peggiori, che non esitò a denunciare alla magistratura, riorganizzandolo in un nuovo organico, operando per ridurlo allo stretto necessario. Contemporaneamente si adoperò per scoraggiare quella clientela abituata ad avvalersi di un credito facile, attirandosi così l’inimicizia di molti. Puntò al rafforzamento dei servizi già esistenti, come quello della Cassa di risparmio del Banco (che durante la sua gestione divenne la seconda in Italia, dopo la Cassa di risparmio delle province lombarde) e alla creazione di nuovi, come la gestione della raccolta delle rimesse degli emigranti italiani in America.
In particolare, agli inizi del nuovo secolo, si pensò di adoperare gli introiti della Cassa per favorire lo sviluppo dell’agricoltura meridionale e sarda, preda dell’usura, concedendo prestiti a tasso agevolato attraverso la costituzione del Credito agrario. L’iniziativa, nonostante l’enorme capitale potenziale a disposizione, decollò a fatica essendovi, su tutto il territorio interessato, pochissimi istituti intermedi in grado di fare da tramite tra la Cassa del Banco (che non poteva, in quanto parte di un istituto di emissione, prestare direttamente) e i potenziali beneficiari.
Il M., particolarmente sensibile a una politica meridionalista fattiva e concreta, fu tra i soci del R. Istituto di incoraggiamento di Napoli, partecipando alla stesura della relazione finale del 1903 e promuovendo la legge speciale per Napoli del 1904, base della politica industrialista di F.S. Nitti. Egli era tuttavia ben consapevole di quanto più difficile fosse il successo delle iniziative nell’Italia meridionale, per carenza di mentalità, infrastrutture e anche di capitali che, spesso, molti improvvisati imprenditori reclamavano esclusivamente dalle banche.
Anche quando esistevano progetti e capitali doveva riscontrarsi un’organizzazione del credito inadeguata a svolgere un ruolo propulsivo per lo sviluppo. Traumatico a questo proposito fu il fallimento della Società di assicurazioni diverse (SAD), antico e prestigioso istituto campano trasformatasi all’inizio Novecento in una sorta di banca mista incapace di risollevarsi dopo la campagna denigratoria della stampa socialista nel 1905 e la conseguente corsa agli sportelli. In quella circostanza il M. si adoperò invano con il direttore della Banca d’Italia per favorire l’intervento di un pool di banche (soprattutto il Credito italiano) per scongiurare gli effetti traumatici di un dissesto: il massimo che riuscì a ottenere fu l’accettazione da parte del Banco di Roma ad assorbire la SAD (1909).
Oltre all’interessamento alla realtà locale, un’altra importante caratteristica del Banco, in quanto istituto di emissione, a partire dagli inizi del Novecento, fu la perfetta intesa e il conseguente comune operare con la Banca d’Italia. Tale armonia, che fu particolarmente visibile, rese superate e sterili le richieste (nei periodi di crisi economica) di un unico istituto di emissione. Questa importante collaborazione fu resa possibile dall’antica amicizia tra il M. e B. Stringher. Con quest’ultimo il M. aveva avuto stretti rapporti per le comuni responsabilità relative ai trattati commerciali internazionali, e anche quando Stringher, nominato ispettore generale del Tesoro nell’estate 1892 (direttore nel novembre 1893), diede un importante contributo alla formulazione della legge con la quale fu costituita la Banca d’Italia.
Nel 1906 un significativo studio di A.J. De Johannis faceva il punto sul primo decennio della gestione del M. al BdN, sottolineando gli aspetti positivi di un risanamento per buona parte compiuto. Le sofferenze, infatti, erano passate da 2,9 milioni a meno di 600.000 lire; la riserva metallica incrementata da 116 a 243,9 milioni, il portafoglio aumentato da 48,1 a 107,5 milioni, i fondi di riserva del Banco e della Cassa di risparmio cresciuti di oltre 20 milioni; il patrimonio che nel 1896 risultava negativo per 22,9 milioni era tornato in attivo per 23,9 milioni. Restavano ancora da coprire circa 61 milioni di immobilizzazioni per cui, tuttavia, sarebbe occorso minor tempo di quello fino ad allora trascorso.
L. Ciullo
La caduta del governo Giolitti nel dicembre 1909 favorì un ricambio nei vertici dei dicasteri economici (S. Sonnino, E. Arlotta) per cui il M. fu sottoposto a un’intensa campagna di stampa, durata quasi un anno, mirante alla sua sostituzione. Nella primavera del 1910 il M. fu protagonista anche di un violento scontro con il suo vecchio sostenitore Luzzatti, che reclamava una maggiore disponibilità politica del BdN. I due episodi confermano l’autonomia e il prestigio raggiunti dagli istituti di emissione come poteri forti in grado di resistere agli attacchi delle autorità politiche.
Con il ritorno, nel marzo 1911, di G. Giolitti al governo (con Nitti al MAIC) si aprì una nuova fase per gli istituti di emissione. Le necessità dell’intervento bellico in Libia comportarono un sensibile aumento della circolazione con la comune richiesta di una revisione dei limiti precedenti. La nuova legge bancaria del dicembre 1912 elevò da 50 a 70 milioni di lire il valore per la Banca d’Italia, da 15 a 21 per il BdN e da 4 a 6 per il Banco di Sicilia. Anche altre variabili di bilancio, come patrimonio e utile, indicano, a favore del primo, un rapporto oscillante fra il 70 e l’85%. Il dinamismo nittiano produsse, nella primavera del 1912, la nascita dell’Istituto nazionale delle assicurazioni (INA), la cui presidenza fu affidata a Stringher. Ciò creò le premesse per la reazione dell’ortodossia liberista, preoccupata per il crescente interventismo di Stato. In ogni caso, e nonostante la comune origine lucana, i rapporti tra il M. e Nitti, pur improntati alla massima stima, non nascondevano una naturale diffidenza dovuta a diversità in termini di mentalità e ruoli che non tardò a manifestarsi in diverse occasioni.
Alla fine del 1914, per esempio, quando Nitti intervenne a favore di A. Pogliani e della costituenda Banca italiana di sconto (BIS) chiedendo un aiuto al BdN contro lo strapotere della Banca commerciale italiana (Comit), ottenne soltanto un timido sostegno, rilevante solo se contrapposto alla glaciale neutralità di Stringher. Nel novembre del 1915, quando era in cerca di capitali per la Società Lucana di elettricità, li chiese al suo imbarazzato allievo V. Giuffrida, responsabile della vigilanza sulle Casse, piuttosto che, direttamente, alla Cassa di risparmio del BdN; nel febbraio del 1916 cercò di sensibilizzare il M. sulla questione del gas come pubblico interesse, senza grande successo. Infine, tra l’estate del 1917 e quella dell’anno successivo, combatté con Stringher, da ministro del Tesoro, per imporre il monopolio sui cambi e il costituendo Istituto nazionale cambi con l’estero (INCE) e neppure provò a rompere il fronte degli istituti di emissione, convinto com’era che il BdN avrebbe seguito la Banca d’Italia nel non voler sottrarre agli istituti di credito (e soprattutto a se stesso) tale remunerativo segmento di attività.
Un altro importante successo della gestione del M. si ebbe nel 1913 quando il percorso compiuto sulla strada del risanamento comportò il diritto alla proroga della facoltà di emissione fino al 31 dic. 1923. In quello stesso periodo la Cassa di risparmio del Banco raggiunse una somma di depositi pari a 148 milioni, di cui i due terzi tra Napoli e provincia, a conferma di uno squilibrio territoriale piuttosto sensibile, reso ancor più grave poiché non supportato da analogo squilibrio negli impieghi.
Alla fine del 1914 il BdN partecipò con la Banca d’Italia alla costituzione del Consorzio sovvenzioni su valori industriali (CSVI). L’organismo, sorto con il proposito di agevolare lo smobilizzo dei crediti delle imprese nella contingenza bellica, si trasformò, nel corso della guerra e nel dopoguerra, in una sorta di istituto a medio termine chiamato a finanziare le spese per gli impianti delle imprese, soprattutto grandi. Il progressivo impegno finanziario di questa attività, unito al disordine monetario dovuto alle modalità di finanziamento dello sforzo bellico e alla grave crisi politica scoppiata nell’immediato dopoguerra, preoccuparono non poco il M., il quale vedeva ridurre i margini di azione degli istituti di emissione, sottoposti a pressioni eccezionali da un sistema bancario e da un’organizzazione delle industrie in progressiva difficoltà. I vani tentativi di evitare, alla fine del 1921, il fallimento della BIS, il doloroso ridimensionamento dell’Ansaldo e dell’Ilva, il largo ricorso alla sezione autonoma del CSVI, rappresentarono segnali minacciosi del rischio di una possibile propagazione dei dissesti.
Gli avvenimenti della primavera del 1922, con l’inizio delle difficoltà per un’altra grande banca mista, il Banco di Roma (BdR), sembrarono dare ragione alle ipotesi più pessimiste. Da questo punto di vista, ma soltanto da questo, il M. vide con favore il ritorno all’ordine rappresentato dal governo Mussolini, dall’ottobre 1922, anche perché sei mesi prima, con sua particolare soddisfazione, il M. aveva potuto allegare alla relazione per l’anno 1921 un prospetto con i risultati di 25 anni di gestione, chiusi col riscatto dei 45 milioni di lire oro che nel 1897 erano stati trasformati in titoli di rendita. A tale iniziale miglioramento del quadro generale fece, tuttavia, seguito una serie di specifiche e personali contrarietà, tali da far rimpiangere persino gli anni precedenti. Intanto, la situazione del BdR, anziché migliorare sembrò precipitare e, naturalmente, immediatamente dopo che il governo aveva imposto una logica politica di salvataggio cui non fu possibile sottrarsi.
Inoltre i rapporti con il nuovo ministro delle Finanze, A. De Stefani, si fecero progressivamente più difficili, per le critiche da questo mosse agli istituti di emissione sulla eccessiva circolazione, ritenuta la causa prima del deprezzamento della moneta. Infine, per iniziativa del Sindacato fascista dei bancari, cominciò una violenta campagna contro il M., accusato di nittismo, di scarsa sensibilità politica e di eccessivo attaccamento a una poltrona che continuava a occupare nonostante il lunghissimo servizio e un’età vicina ai novant’anni.
Nell’agosto del 1923, con il M. sempre più restio e polemico contro il governo, che accusava di estraniarlo dalle trattative, fu definito il piano di salvataggio del BdR. Per una sorta di compensazione, in settembre, Banca d’Italia, BdN e Banco di Sicilia ottennero la proroga della facoltà di emissione fino al 31 dic. 1930. Nel vano tentativo di contrastare l’ostilità delle autorità centrali del partito, il M., il 19 dic. 1923, accettò la consegna della prima tessera onoraria fascista. Nel settembre del 1924 i suoi amici si batterono perché gli fosse consegnata dal sindaco R. Angiulli, nel corso di una solenne cerimonia pubblica, la cittadinanza onoraria della città di Napoli.
Nel novembre 1924 De Stefani impose la sostituzione nel consiglio di amministrazione del Banco di A. Musco con L. Amoroso senza consultare il direttore generale. Mentre gli attacchi al M. si intensificavano con l’obiettivo di puntare alla sua reputazione, cominciavano a registrarsi segnali evidenti di una rottura della storica compattezza con Stringher. Il più grave di essi fu, nel giugno del 1924, il severo giudizio contro la costituzione dell’Istituto di credito per le opere di pubblica utilità (ICIPU), valutata come un sostanzioso aiuto alle imprese settentrionali con il quale si contribuiva ad aumentare fortemente il divario con quelle meridionali. Il 1924 fu decisivo anche per gli effetti dell’assassinio Matteotti, che crearono innumerevoli difficoltà a Mussolini ma anche la possibilità di una verifica di amici e nemici, vecchi e nuovi. Fra gli amici nuovi certamente si annoverò Stringher, così come A. De Stefani fu collocato fra i nemici nuovi; il M. rimase fra i nemici vecchi.
Il nuovo ministro delle Finanze, G. Volpi, subentrato nel luglio del 1925, in piena sintonia con Stringher e quindi con maggior garbo del suo predecessore, proseguì l’opera per allontanare il M. dal Banco. Riprese subito il progetto avviato nella primavera da De Stefani per l’unificazione dell’emissione e si affrettò a investire il direttore della BdI della responsabilità di farlo diventare operativo. Dal dicembre Stringher fu più volte a Napoli dal M. per concertare il progetto, con la tacita intesa che ciò avrebbe comportato la trasformazione del BdN in istituto di diritto pubblico e l’uscita del vecchio direttore generale. La questione più delicata fu sicuramente la conseguente cessione della riserva di oro alla Banca d’Italia che, in quei mesi di svalutazione monetaria, appariva assai rischiosa in termini generali e in quelli specifici per la determinazione del prezzo di concambio. In seguito, dopo Quota novanta, si sarebbe rivelata per il Banco addirittura un’operazione vantaggiosa. Il M. trattò con l’amico Stringher anche l’entità del premio di liquidazione (un milione) e alcune garanzie di carriera per il figlio Egidio, dipendente della Banca d’Italia. Non appena fu raggiunto l’accordo si procedette, il 6 maggio 1926, al decreto di unificazione, primo fra quelli dei mesi successivi che avrebbe ridefinito l’istituto centrale come banca delle banche. Il M. restò in carica ancora qualche mese e precisamente fino al 15 settembre, giorno in cui partecipò all’ultimo consiglio di amministrazione prima dello scioglimento e della nomina di un commissario governativo, il direttore generale del Tesoro L. Pace, chiamato a gestire la fase transitoria.
Le ultime settimane furono dedicate alla stesura di un dettagliato studio sull’attività svolta nel trentennio di sua permanenza, che il M., con orgoglio e puntiglio, volle allegare agli atti societari e inviare in copia a Mussolini. L’opera di risanamento poteva dirsi definitivamente compiuta, ben evidenziata dal consolidamento patrimoniale per cui dai valori negativi del 1896 si era passati a oltre 168 milioni di lire del 1926. Tutte le principali attività, dalla Cassa di risparmio al Credito fondiario e al Credito agrario avevano registrato significativi incrementi, mentre il contributo allo sviluppo economico del Regno era testimoniato dal progressivo aumento della circolazione e dalla partecipazione dell’Istituto a tutte le iniziative speciali costituite negli anni per sostenere le imprese e attenuare gli effetti negativi delle crisi industriali.
Il M. lasciò il Banco di Napoli a novantuno anni compiuti e con il titolo di conte che il ministro Volpi si era impegnato a fargli ottenere e che il re concesse il 9 maggio 1926. Morì a Napoli il 26 marzo 1928.
Il M. fu autore di diverse pubblicazioni fra le quali si ricordano: Sui lavori eseguiti per incarico del governo durante l’anno 1873. Relazione … letta nella 4a riunione dei direttori delle stazioni agrarie tenutasi a Roma il 4 marzo 1874, Torino 1874; Relazione … sul 5° dei temi da trattarsi nell’XI Congresso pedagogico italiano in Roma: 1° tema della sezione per le scuole complementari e speciali popolari, Roma 1880; La fillossera, ibid. 1881; Commissione d’inchiesta per la revisione della tariffa doganale. Relazione …, ibid. 1886; Sulla filossera in Sicilia. Lettera alla Sicilia agricola, Palermo 1886; Scuole superiori agrarie all’estero: introduzione, Roma 1887; Ospizio dei convalescenti e pellegrini in Roma. Gestione morale amministrativa per l’anno 1890, ibid. 1891; Sull’opera spiegata dall’amministrazione dell’agricoltura. Relazione al Consiglio di agricoltura, ibid. 1892; Sull’insegnamento agrario superiore: lettere dell’onorevole Nicola Miraglia e dell’onorevole G.L. Pecile, Udine 1894; L’emigrazione dal porto di Napoli, in Atti del R. Istituto d’incoraggiamento di Napoli, s. 6, LVIII (1907); Le leggi di credito agrario nelle diverse regioni, Casale 1913; L’esercizio del credito agrario nel Mezzogiorno continentale e nella Sardegna, in Atti del R. Istituto d’incoraggiamento di Napoli, s. 6, LXXII (1921).
N. De Ianni
Fonti e Bibl.: Le fonti rinvenibili a Napoli presso l’Archivio storico del Banco di Napoli per il periodo del M. sono piuttosto scarse, limitandosi alle Relazioni annuali al Consiglio generale e ai verbali del Consiglio d’amministrazione. L. De Rosa in alcuni suoi lavori parla di Carte Miraglia provenienti dalla famiglia, che non sono risultate disponibili. Di grande interesse, qualitativo e quantitativo, sono i documenti in diversi fondi a Roma presso l’Archivio storico della Banca d’Italia, Carte Stringher, 2.2.1, 1892; 5.1.2, 1895-98; 3.2.2, 1892; 16.12.1, 1902-03; 12.1.1: Banco di Napoli, 1902-12; 19.1.3, 1908; 11.2.2, 1909; 20.1.1: Banco di Napoli, 1914-19; 28.1.1: Banco di Napoli, 1920-27; Direttorio Stringher, 4.1.2, 1896-98; 29.1.8, 1911; 13.1.1-3: Banco di Roma, 1922-23; 14.1.11-12: Banco di Roma, 1923; 17.2.1: Banco di Roma, 1923; 18.2.1., 1923; Rapporti con l’Estero, 310.12, 1925; Sconti, 77.1, 1925; Segretariato, 666.10, 1914; 398.5, 1918; Consorzio sovvenzioni su valori industriali, 684.5, Manifatture cotoniere meridionali; Beneduce, 266.19; 198.32, 1926; D’Aroma, 15.37, 1922-23; Interno, 115.2, 1921. Si vedano inoltre Roma, Archivio centrale dello Stato, Segreteria particolare del duce, Carteggio ordinario, n. 509727; Ministero dell’Interno, Polizia politica, b. 174; Presidenza del Consiglio dei ministri, anno 1926, 6-1-3522: Relazione sull’opera compiuta dal Banco di Napoli nel trentennio 1896-1926; Milano, Archivio storico Banca Intesa, Banca commerciale italiana, Segreteria generale (1894-1926), cart. 34/2; ibid., Segreteria dell’a.d. G. Toeplitz (1916-1934), Copialettere, N. Miraglia, anni 1916-22. Di particolare interesse la cronaca dei principali quotidiani di Napoli in occasione della cerimonia per la consegna della cittadinanza onoraria della città e della morte; si vedano Il Mattino, 26-27 sett. 1924, Il Mezzogiorno, 27-28 marzo 1928 e Roma, 27 marzo 1928. Tra la vasta letteratura bibliografica, dove il M. è citato con il nome o con la carica di direttore generale del Banco di Napoli, si segnalano: A. De Stefani, Baraonda bancaria, Milano 1960, pp. 119, 128-131, 313-317 (erroneamente il M. è indicato col nome Luigi); R. Colapietra, Napoli tra dopoguerra e fascismo, Milano 1962, ad ind.; M. Marmo, L’economia napoletana alla svolta dell’inchiesta Saredo e la legge dell’8 luglio 1904 per l’incremento industriale di Napoli, in Rivista storica italiana, LXXXI (1969), pp. 1004 s.; F. Bonelli, La crisi del 1907. Una tappa dello sviluppo industriale in Italia, Torino 1971, pp. 80, 132; F. Balletta, Il Banco di Napoli e le rimesse degli emigrati (1914-1925), Napoli 1972, pp. 27, 40, 69, 107, 115; F. D’Ascoli - M. D’Avino, I sindaci di Napoli, II, Napoli 1974, p. 100; G. Galasso, Intervista sulla storia di Napoli, a cura di P. Allum, Roma-Bari 1978, p. 230; V. Sallorenzo, Ricordo di N. M., Napoli 1979, pp. 1-15; L. De Rosa, Emigranti, capitali e banche, Napoli 1980, passim; G. Spini, Recenti studi italiani di storia degli Stati Uniti, in Rivista storica italiana, XCIII (1981), 2, pp. 467 s.; N. De Ianni, Operai e industriali a Napoli tra Grande Guerra e crisi mondiale: 1915-1929, Genève 1984, ad ind.; F. Barbagallo, Nitti, Torino 1984 (nell’indice dei nomi il M. è erroneamente confuso con Luigi; le pagine in cui la citazione è a lui riferibile sono: 175, 191, 206, 211, 238); R. Faucci, Einaudi, Torino 1986, p. 12; L. De Rosa, N. M. e il fascismo, in Studi in memoria di Mario Abrate, I, Torino 1986, pp. 363-378; F. Marcoaldi, Vent’anni di economia e politica. Le carte De Stefani (1922-1941), Milano 1986, pp. 151 s.; La Banca d’Italia e l’economia di guerra. 1914-1919, a cura di G. Toniolo, Roma-Bari 1989, ad ind.; N. De Ianni, Napoli e l’industria alimentare nel XX secolo, in Per la storia dell’industria a Napoli, Napoli 1990, p. 21; A. De Benedetti, La Campania industriale. Intervento pubblico e organizzazione produttiva tra età giolittiana e fascismo, Napoli 1990, pp. 93, 224; A. Gigliobianco, Tra concorrenza e collaborazione: considerazioni sulla natura dei rapporti fra «banca centrale» e sistema bancario nell’esperienza italiana (1844-1918), in Ricerche storiche per la Banca d’Italia, I, Roma-Bari 1990, pp. 312-335; La Banca d’Italia dal 1894 al 1913. Momenti di formazione di una banca centrale, a cura di F. Bonelli, Roma-Bari 1991, pp. 75, 681; L. De Rosa, Storia del Banco di Napoli. Istituto d’emissione nell’Italia unita (1863-1926), III, Rinascita e fine del privilegio dell’emissione 1896-1926, Napoli 1992, passim; La politica monetaria tra le due guerre. 1919-1935, a cura di F. Cotula - L. Spaventa, Roma-Bari 1993, ad ind.; L’Italia e il sistema finanziario internazionale 1919-1936, a cura di M. De Cecco, Roma-Bari 1993, ad ind.; L. De Rosa, Un personaggio della terza Italia: N. M., in Rassegna economica, LVII (1993), 3, pp. 609 ss.; La Banca d’Italia e il sistema bancario 1919-1936, a cura di G. Guarino - G. Toniolo, Roma-Bari 1993, ad ind.; P. Pecorari, La fabbrica dei soldi. Istituti di emissione e questione bancaria in Italia 1861-1913, Bologna 1994, pp. 130, 166; F. Bonelli, Luigi Luzzatti e la Banca d’Italia (1893-1914), in Luigi Luzzatti e il suo tempo. Atti del Convegno internazionale di studio … 1991, Venezia 1994, pp. 277 s.; L. De Rosa, Luigi Luzzatti e il Banco di Napoli, ibid., pp. 259-275; A. Polsi, Stato e Banca centrale in Italia. Il governo della moneta e del sistema bancario dall’Ottocento a oggi, Roma-Bari 2001, pp. 20-49; F. Balletta, Un colpo mancino assestato al Mezzogiorno d’Italia: l’unificazione dell’emissione di cartamoneta nel 1926, Napoli 2002, ad ind.; La Banca d’Italia. Sintesi della ricerca storica 1893-1960, a cura di F. Cotula - M. De Cecco - G. Toniolo, Roma-Bari 2003, passim.
L. Ciullo - N. De Ianni