ROMEO, Nicola
– Nacque a Sant’Antimo (Napoli) il 28 aprile 1876, primo degli otto figli di Maurizio e di Consiglia Taglialatela.
Il padre, maestro elementare, notato il talento matematico del figlio lo avviò precocemente agli studi tecnici. Nonostante le modeste condizioni economiche, riuscì a diplomarsi presso l’Istituto tecnico di Napoli e successivamente a conseguire, a soli 23 anni, la laurea in ingegneria civile presso la Scuola di applicazione (oggi facoltà di ingegneria dell’Università degli studi di Napoli Federico II). Nello stesso anno si trasferì a Liegi per approfondire gli studi in ingegneria elettrotecnica, completando successivamente la propria formazione in Francia e in Germania. Nel 1902 fu assunto dalla società inglese Robert Blackwell & C., un’impresa specializzata nella fornitura di materiali per la trazione ferroviaria e la trasmissione dell’energia elettrica. Il suo primo incarico consistette nel costituire e dirigere la filiale italiana della Blackwell, che negli anni successivi avrebbe trovato il proprio principale campo d’intervento nel ramo, in espansione, delle tramvie elettriche. Nel maggio del 1905 sposò Angelina Valadin, di origini portoghesi, con la quale ebbe sette figli: Maurizio, Edoardo, Nicola, Elena, Giulietta, Piera e Irene.
Lavorò per la Blackwell fino al 1906, quando riuscì a reperire il sostegno finanziario necessario per costituire a Milano, con capitale di 115.000 lire, la società commerciale Ing. Nicola Romeo & C., che da subito conobbe un notevole successo grazie all’importazione e commercializzazione in Italia dei materiali rotabili prodotti dall’azienda siderurgica inglese Hadfield di Sheffield e, soprattutto, dei macchinari per la produzione di aria compressa dell’americana Ingersoll-Rand. Grazie a questi due contratti di rappresentanza la sua piccola società riuscì a inserirsi in alcune delle principali direttrici dello sviluppo industriale italiano: il completamento della rete ferroviaria nazionale, l’elettrificazione e altre grandi opere di ingegneria civile.
Nel 1911 la società venne sciolta e immediatamente ricostituita con lo stesso nome ma con un capitale di 500.000 lire e lo scopo sociale esteso alla produzione di macchinari per le attività estrattive. Fra i nuovi soci che in quell’occasione fecero il loro ingresso nella compagine sociale spiccava il banchiere Angelo Pogliani, amministratore delegato della Società italiana di credito provinciale. L’ingresso nell’orbita dell’istituto bancario di Busto Arsizio, in quel momento in forte ascesa nell’area milanese, rappresentò non solo l’acquisizione di un pur necessario sostegno finanziario ma anche l’opportunità di entrare in rapporto con importanti gruppi industriali e così di ampliare la possibilità di penetrazione del mercato. Negli anni seguenti l’azienda di Romeo riuscì a conquistare una buona notorietà fra le società specializzate nelle forniture per i lavori pubblici, non limitandosi alla sola attività commerciale, ma contribuendo anche alla progettazione dei lavori di scavo e curando l’adattamento dei macchinari americani alle specifiche situazioni in cui dovevano essere utilizzati: dalle gallerie della tratta ferroviaria Roma-Napoli ai canali dell’acquedotto pugliese, agli impianti idroelettrici del Toce, dell’Adamello e del Cellina. Questo contributo nel campo dei lavori pubblici già nel 1912 gli valse la nomina a cavaliere della Corona d’Italia.
L’occasione per passare a una vera dimensione industriale arrivò solamente con lo scoppio della guerra. Grazie al sostegno finanziario di Pogliani, divenuto nel dicembre del 1914 amministratore delegato della Banca italiana di sconto (BIS), nel dicembre del 1915 Romeo riuscì a portare a termine l’acquisizione dello stabilimento del Portello, presso Milano, della Anonima lombarda fabbrica automobili (ALFA), società fondata nel 1909 per rilevare l’attività della filiale italiana della casa automobilistica anglo-francese Darracq.
La tumultuosa crescita della Ing. Nicola Romeo e C. durante il periodo bellico, testimoniata dall’aumento del capitale sociale a 1.825.000 lire nel dicembre 1915 e a dieci milioni nel dicembre 1917, portò nel febbraio del 1918 alla sua trasformazione in società per azioni, con un capitale sociale che nel luglio del 1918 venne aumentato fino a raggiungere la ragguardevole cifra di cinquanta milioni di lire.
Grazie agli anticipi previsti dai primi contratti per la fornitura di granate stipulati con il ministero della Guerra, poté finanziare l’ampliamento in tempi rapidi dello stabilimento del Portello e la sua riconversione alle produzioni belliche. Fra il 1917 e il 1918 vennero installate al Portello una fonderia di ghisa, un’acciaieria dotata di forni elettrici e un treno di laminazione che dalla fine del 1917 permisero di avviare la produzione di motori di aviazione e dalla metà del 1918 quella di trattori. La considerevole crescita degli impianti produttivi non esaurì l’iniziativa dell’imprenditore napoletano: nel corso del 1918 il suo maggiore impegno, sostenuto e influenzato in questo senso da Pogliani, si concentrò in una serie di acquisizioni che trasformarono l’azienda in un vero e proprio gruppo industriale.
Tale scelta era dovuta alla decisione di entrare nel settore della produzione di materiale per la trazione ferroviaria (locomotive e vagoni), che appariva la direttrice più promettente per la riconversione postbellica del settore meccanico. Da una parte, infatti, si prospettava come inevitabile il rinnovo del parco rotabile delle Ferrovie dello Stato, che era stato pesantemente logorato nel corso della guerra, dall’altra si prospettava ormai necessario dar corso al progetto di elettrificazione della rete ferroviaria, frenato prima da problemi tecnici e poi dallo scoppio del conflitto. Il principale ostacolo all’attuazione di questo programma era costituito dal cospicuo patrimonio di progettazione e di know-how indispensabile per poter entrare con successo in un settore notevolmente competitivo.
Per Romeo l’acquisizione di un’azienda già operante nel settore era sostanzialmente l’unica strada praticabile e la scelta ricadde sulla Costruzioni meccaniche di Saronno, filiale italiana della tedesca Maschinenfabrik di Esslingen. Portata a termine l’acquisizione nel maggio del 1918, la Romeo completò la propria presenza nel nuovo ramo produttivo con l’acquisto della maggioranza azionaria di due altre imprese: le Officine meccaniche Tabanelli di Roma e le Officine ferroviarie meridionali di Napoli.
Nell’immediato dopoguerra, mentre l’asse principale di riconversione dell’azienda fu imperniato sugli stabilimenti di Saronno, Roma e Napoli, quello del Portello venne inizialmente riorganizzato intorno alle produzioni più qualificate intraprese nel periodo della guerra, in particolare quella dei macchinari per l’agricoltura. Nel 1919, però, la rescissione di tutti i contratti di fornitura di trattori da parte del ministero dell’Agricoltura obbligò l’azienda, a partire dall’inizio degli anni Venti, a tornare a dedicare la maggior parte dell’attività dello stabilimento del Portello alla produzione automobilistica.
Dopo una battaglia legale con i vecchi proprietari per l’utilizzo del nome Alfa, l’azienda cominciò a commercializzare con il marchio Alfa Romeo le vetture prodotte al Portello. Nonostante il successo d’immagine acquisito grazie alla popolarità derivante dalla partecipazione ai maggiori eventi sportivi dell’epoca, quali la Targa Florio e il Grand Prix di Monza, l’elevato costo dei primi modelli limitò la presenza dell’azienda al segmento delle auto di lusso, con una produzione annuale inferiore alle mille unità.
Il progetto accarezzato da Romeo di un ulteriore ampliamento del gruppo industriale, fondato sull’integrazione verticale e la presenza polisettoriale, si rivelò ben presto illusorio. Le possibilità di assorbimento del mercato postbellico impedivano qualsiasi ulteriore espansione della capacità produttiva, le difficoltà di commercializzazione di prodotti fra di loro notevolmente disomogenei erano state sottovalutate mentre all’opposto erano state gravemente sopravvalutate le economie di costo ottenibili con l’integrazione degli impianti. Particolarmente complicata era inoltre la situazione finanziaria dell’azienda, sempre più appesantita dai debiti contratti con la BIS, che a fine dicembre 1918 ammontavano ormai a oltre sessanta milioni di lire. Alla fine del 1921 il crollo di quella banca, sotto il peso dell’esposizione creditoria verso il gruppo Ansaldo, rappresentò un momentaneo sollievo per Romeo che nel corso del 1923, grazie anche al supporto di ambienti vicini al neonato regime fascista, riuscì a stipulare un concordato favorevole con la Banca nazionale di credito (BNC), appositamente costituita per liquidare la BIS.
Negli anni successivi si registrò un progressivo deterioramento dei rapporti fra Romeo e gli altri azionisti, in particolare con i rappresentanti della BNC, che nel frattempo aveva acquisito la maggioranza relativa della compagine sociale. Lo scontro fu particolarmente aspro in merito alle strategie da adottare: l’imprenditore napoletano cercava di difendere l’orientamento polisettoriale mentre l’istituto bancario premeva per dismettere le partecipazioni nel ramo ferroviario e specializzare l’azienda nella produzione di automobili e motori aeronautici. Perso lo scontro con la decisione da parte del consiglio di amministrazione di cedere il controllo azionario della Saronno al Credito italiano, nel dicembre del 1925 venne di fatto estromesso dalla direzione dell’azienda con la nomina da parte della BNC di un nuovo direttore generale, l’ingegnere Pasquale Gallo; eletto presidente, ma con qualifiche puramente onorarie, nel 1927 cedette la sua partecipazione azionaria alla banca, cessando ogni rapporto con l’azienda da lui fondata.
Negli anni successivi il suo impegno imprenditoriale si limitò alla gestione delle Officine ferroviarie meridionali, di cui aveva rilevato il controllo dalla Romeo a compensazione dei debiti assunti per conto dell’azienda. Nel 1925 gli venne conferita la medaglia d’oro della Provincia di Napoli, mentre nel marzo del 1929 venne nominato senatore del Regno su proposta di Augusto Turati, segretario del Partito nazionale fascista.
Morì a Magreglio (Como) il 15 agosto 1938.
Fonti e Bibl.: Per la ricostruzione del profilo biografico di Nicola Romeo sono essenziali i documenti conservati presso il Centro documentazione e Museo storico Alfa Romeo di Arese (Milano). Per la storia della Ing. Nicola Romeo & C., fino al 1927, si rinvia a D. Bigazzi, Il Portello: operai, tecnici e imprenditori all’Alfa Romeo 1906-1926, Milano 1988, ad indicem.