ROSSI-LEMENI, Nicola
ROSSI-LEMENI, Nicola. – Nacque a Istanbul il 6 novembre 1920, figlio di Paolo e di Xenia Lemeni Makedon. Il padre, ufficiale già nell’esercito zarista, e dopo la rivoluzione nell’esercito italiano con mansioni informative, e la madre, di elevato ceto sociale, con bella ed educata voce di soprano, entrambi nati e cresciuti a Odessa, erano riparati nella capitale dell’Impero ottomano allo scoppio della Rivoluzione. Stabilitasi in Italia la famiglia, Rossi-Lemeni studiò a Roma, dandosi anche alla pratica sportiva (fu campione di nuoto); seguì il padre in Libia, allora colonia italiana, poi intraprese l’università a Padova, mentre l’ascolto dei dischi di Chaliapine (Fëdor Šaljapin) destò in lui una profonda impressione. Partecipò alla seconda guerra mondiale nel battaglione Pasubio, meritando la medaglia la valore. Al termine del conflitto studiò canto con Vito Carnevale e Ferruccio Cusinati, perfezionandosi poi con Ettore Campogalliani. Nel 1946 debuttò alla Fenice di Venezia, Varlaam nel Boris Godunov e fu subito scritturato per Aida (Ramfis), all’Arena di Verona. Fu poi ingaggiato da Eddie Bagarozy, agente e organizzatore di eventi di dubbia fama, per cantare in Turandot (Timur) a Chicago in una stagione che poi non ebbe luogo. Conobbe Maria Callas, di cui Rossi-Lemeni parlò a Giovanni Zenatello: il celebre tenore, direttore artistico dell’Arena di Verona, scritturò RL per il Faust di Gounod e ambedue per quella Gioconda che nel 1947 segnò il debutto italiano della Callas. In settembre fu alla Scala, nel Boris Godunov (Varlaam), accanto a Boris Christoff (Pimen) e a Tancredi Pasero (Boris), ricevendo i complimenti di Arturo Toscanini. Nel 1948 la carriera si fece intensa e importante, con numerosi debutti: a Trieste Chovanščina (Ivan Kovanskij) e L’amore dei tre re di Italo Montemezzi (Archibaldo) al Teatro Verdi e Boris Godunov nell’opera di Musorgskij al Castello di S. Giusto; a Genova Tristano e Isotta (Re Marke) e Ernani (Silva) al Teatro Grattacielo; a Roma nei ruoli eponimi del Mefistofele di Boito alle Terme di Caracalla e del Mosè di Rossini al Teatro dell’Opera. Intanto tra il 1948 e il 1949 tornò alla Scala per Chovanščina e L’amore dei tre re, prima di partire per una tournée in America Latina, al Colón di Buenos Aires, debuttandovi nella Forza del destino (Padre Guardiano) e nella Norma (Oroveso; vi tornò poi nel 1951, 1955, 1965, 1967, 1968), al Municipal di Rio de Janeiro (poi nel 1950 e 1960) e di San Paolo (ancora nel 1950 e 1951). Nel 1951 alla Scala cantò la Messa da Requiem di Verdi e Lucrezia Borgia (Alfonso d’Este), si produsse a San Francisco, in Boris Godunov, La forza del destino, La bohème, mentre all’Auditorium RAI di Roma riprese Don Carlo (Filippo II), che aveva già cantato nel 1946 a Trieste; al Teatro dell’Opera debuttò in Nabucco (Zaccaria) ma soprattutto fu il protagonista dell’Imperatore Jones di Louis Gruenberg: si trattò del primo accostamento al Novecento storico e contemporaneo. Nel 1952 e nel 1953 fu di nuovo a San Francisco, con Mefistofele, Don Giovanni, in cui aveva debuttato nel 1952 al Comunale di Firenze, L’amore dei tre re, Boris Godunov (che cantò anche in russo, in forma di concerto, diretto da Leopold Stokowski), Il barbiere di Siviglia (Don Basilio). Nel 1952 comparve a Londra nel Boris Godunov, mentre nel 1953 fu al Palacio de Bellas Artes di Città del Messico (vi tornò nel 1958) e tra l’autunno di quello stesso anno e l’inverno 1954 al Metropolitan di New York per Boris Godunov, Faust e Don Giovanni. Cantò a Chicago nel 1954, 1955 e 1956 Don Giovanni, Norma, Il barbiere di Siviglia, I puritani, La bohème, Faust, L’amore dei tre re, La forza del destino, debuttando alla Lyric Opera nell’Elisir d’amore. Nel 1954 con Callas e Franco Corelli partecipò all’inaugurazione della stagione della Scala, La vestale (Sommo Sacerdote); cantò I quattro rusteghi di Ermanno Wolf-Ferrari (Lunardo) e Elettra di Strauss (Oreste), diretta da Dimitri Mitropoulos; tra le presenze degli anni successivi si ricordano ancora la storica ripresa del Turco in Italia di Rossini, il 15 aprile 1955 (Selim), e l’ancor più famoso recupero dell’Anna Bolena di Donizetti, 14 aprile 1957 (Enrico VIII), diretti da Gianandrea Gavazzeni, con le rispettive regìe di Franco Zeffirelli e Luchino Visconti.
Nella seconda metà degli anni Cinquanta, quando Rossi-Lemeni ebbe ormai raggiunto un prestigio internazionale, cominciarono a evidenziarsi i segni del declino vocale; fu forse questa una delle ragioni che lo spinsero a frequentare con sempre maggiore intensità il repertorio del Novecento, interpretando Macbeth nell’opera omonima di Ernest Bloch (Roma, Opera, 1953); Saul in David di Darius Milhaud (Milano, Scala, 1955); Lazzaro di Rojo nella Figlia di Jorio di Ildebrando Pizzetti (Scala, 1956); Agamennone in Ifigenia di Pizzetti (Venezia, La Fenice, 1958); il Comandante nelle Campane di Renzo Rossellini (Milano, RAI, 1959, per la televisione); l’Auriga nella Fedra di Pizzetti (Scala, 1959); Eddie Carbone in Uno sguardo dal ponte di Rossellini (Roma, Opera, 1961); Barbablù nel Castello di Barbablù di Bartók (ibid., 1962); Riccardo III nell’omonima opera di Luigi Canepa (Sassari, Verdi, 1962); Wozzeck nell’opera di Berg (Roma, Opera, 1964); Wallenstein nell’omonima opera di Mario Zafred (ibid.) e John Claggart in Billy Budd (Firenze, Comunale, 1965); il Cardinale nella Leggenda del ritorno di Rossellini (Scala, 1966); Fabrizio nel Gattopardo di Angelo Musco (Palermo, Massimo) e Re Hanoch nello Straniero di Pizzetti (Milano, RAI, 1967); Vittorio nell’Avventuriero di Rossellini (Montecarlo, Grand Théâtre, 1968); il Generale nel Giocatore di Prokof’ev (Roma, Opera, 1969); il Reverendo nella Visita meravigliosa di Rota (Palermo, Massimo, 1970); Troekurov in Dubrovski II di Jacopo Napoli (Napoli, San Carlo, 1973); Ferrante nella Reine morte di Rossellini (Monte Carlo, Opéra, 1973). In questo contesto un rilievo particolare assume il personaggio dell’arcivescovo Thomas Becket, protagonista in Assassinio nella cattedrale di Pizzetti, che Rossi-Lemeni tenne a battesimo alla “prima” assoluta alla Scala il 1° marzo 1958, direttore Gavazzeni, facendone un’autentica e completa creazione: fu poi l’interprete di riferimento nelle numerose riprese (Auditorium a Ellenville, NY, e Carnegie Hall a New York City nel 1958; Auditorium di Palazzo Pio a Roma, San Carlo a Napoli, São Carlos e Coliseu a Lisbona, Scala nel 1959; Municipal a Rio de Janeiro nel 1960; Opera di Roma, Comunale di Firenze e Comunale di Treviso nel 1961; Massimo di Palermo e Municipio di Messina nel 1962; Sociale di Rovigo nel 1965; Bellini di Catania e Colón di Buenos Aires nel 1967; Regio di Parma, Municipale di Reggio nell’Emilia e Massimo di Cagliari nel 1968; Portico di Ansperto a Milano nel 1969; Opera di Roma nel 1975; Verdi di Sassari nel 1976; Sferisterio di Macerata nel 1977; Liceu di Barcellona nel 1978).
Nel 1961 Vittorio De Sica lo volle per la voce fuori campo che annuncia l’Apocalisse nel film Il giudizio universale. Continuò a prodursi in alcuni cavalli di battaglia come Il barbiere di Siviglia o Mefistofele e debuttò in nuovi personaggi come l’Orco nel Piccolo Marat di Mascagni (Livorno, 1961); il barone Ochs nel Cavaliere della rosa (Roma, 1963); Procida nei Vespri siciliani (Roma, 1964); Eugenio nell’Onegin di Čajkovskij (Roma, 1965); Re Enrico nel Lohengrin (Palermo, 1966); Walter in Luisa Miller (Buenos Aires) e Don Alfonso in Così fan tutte (Firenze, 1968); Daland nelVascello fantasma (Roma) e Pizarro nel Fidelio (Palermo, 1970); Salieri in Mozart e Salieri di Rimskij-Korsakov e Podkolësin nel Matrimonio di Musorgskij (Roma, 1973); Conte Robinson nel Matrimonio segreto (Roma, 1976).
Con gli anni Settanta Rossi-Lemeni scemò l’attività, pur tornando con regolarità all’Opera di Roma, dove si parlò di lui come possibile direttore artistico, e alla Scala, dove ancora nel 1972 tenne un concerto di canto, accompagnato al piano da Giorgio Favaretto. Diede l’addio alle scene nel giugno 1980 al Nazionale di Bucarest con Ernani e Il barbiere di Siviglia. Si trasferì poi in America con la famiglia, insegnando canto alla Indiana University di Bloomington. Sposato in prime nozze con Vittoria Serafin, figlia del direttore d’orchestra Tullio, nel 1952 conobbe a Firenze, durante le recite dei Puritani, il giovane e avvenente soprano rumeno Virginia Zeani, che sposò nel 1957, dando vita a una coppia felice nella vita e nell’arte. Nel 1958 dal matrimonio nacque Alessandro.
È morto a Bloomington il 12 marzo 1991, al termine di una lunga e dolorosa malattia.
Dotato di formidabile personalità, resa ancora più incisiva dall’impegno culturale nel campo della letteratura (ha pubblicato cinque raccolte di poesie tra il 1954 e il 1978), dell’arte, del collezionismo, mosso da una curiosità che ha portato a paragonarlo a un principe rinascimentale, Rossi-Lemeni vantò una delle più belle voci di basso del dopoguerra. La cavata ampia e pastosa, l’emissione morbida e rotonda, il timbro particolare ed unico, ancor più incisivo e penetrante per la ricchezza degli armonici, era servito da valida tecnica. Il vivo senso della parola, il fraseggio plastico, le doti attoriali spinte fino al limite dell’istrionismo, unite all’imponenza della figura, all’icastica forza del gesto, allo sguardo magnetico, alla cura del trucco, degna di un moderno attore cinematografico, al carisma che la sua presenza emanava, gli permisero di costruire interpretazioni memorabili, tra le quali spicca quella di Boris, eseguito in italiano e in russo: la si deve considerare storica, nella misura in cui il cantante tentò di conciliare i modelli russi, a cominciare da Chaliapine (amato e temuto), con la cantabilità dei bassi italiani, rivaleggiando con lo zar di Boris Christoff, di George London, i maggiori bassi sovietici attivi al Bol’šoj come Mark Reizen, Aleksandr Stefanovič Pirogov e il bosniaco Miroslav Čangalović. Accanto a Boris e all’arcivescovo Becket, ai risultati raggiunti nel repertorio del Novecento, vanno ricordati Filippo II nel Don Carlo, il Mefistofele sulfureo e inquietante, l’Enrico VIII dell’Anna Bolena, che pareva sceso dal famoso ritratto del monarca inglese dipinto da Hans Holbein, nel repertorio buffo anche il Dulcamara nell’Elisir d’amore, il Selim nel Turco in Italia, Don Basilio nel Barbiere di Siviglia, che pur con lettura molto caricata e non filologicamente corretta trascinava il pubblico al delirio con la celebre aria della “calunnia”. Nel repertorio italiano del primo Ottocento, specie nei primi anni, seppe dare lezione di belcanto per l’omogeneità della gamma, per il legato strumentale e per l’abilità di un gioco agogico e dinamico che conferiva senso e colore al testo, conciliando le ragioni della musica con quelle del dramma. Rossi-Lemeni seppe anche distinguersi nel genere cameristico, con risultati encomiabili nel repertorio russo e francese.
Rossi-Lemeni si accostò spesso alla sala d’incisione, registrando dischi a 78 giri per la Cetra (1950, 1951) e per la HMV a Londra (1953, 1954), e in microsolco, tra cui alcune opere complete (come Don Carlo, La forza del destino, I puritani) con i complessi della Scala e Don Carlo con quelli della RAI di Roma; ma non vanno dimenticate le numerose registrazioni dal vivo, ritratto dal vivo di un interprete che si esaltava al contatto con la scena, dando il meglio della sua arte.
Fonti e bibl.: K.J Kutsch - L. Riemens, Großes Sängerlexikon, IV, Bern - München 1997, pp. 2976 s.; E. Gara, Il turco in Italia, in Candido, XVII (1955), p. 19; Id., Boris nudo e vero, in Candido, VII (1956), p. 10; Id., Contropelo al Barbiere, in Candido, IX (1956); Id., È un Pizzetti autentico questo di Assassinio nella cattedrale, in L’Europeo, X (1958); G. Lauri-Volpi, Voci parallele, Milano 1960, pp. 204-208 (parallelo Chaliapine-R.-L.); R. Celletti, Le Grandi voci, Roma 1964, pp. 687-89; M. Wallmann, Balconate del cielo, Milano 1976, p. 151; Grandi voci alla Scala, 1995, n. 17, monografico: N. R.-L., con saggi di M. Selvini e G. Landini; R. Celletti, Storia dell’opera italiana, II, Milano 2000, pp. 722 s.; E. Giudici, L’opera in cd e in video, Milano 2001, p. 935; E. Romagnolo, Mario Del Monaco: monumentum aere perennius, Parma 2002, ad ind.; R. Seghers, Franco Corelli: prince of tenors, New York 2008, ad ind.; J. Kesting, Die großen Sänger, Kassel 2010, pp. 1622-1624; V. Zeani, “Canta che ti passa”. Virginia Zeani: talento e bellezza, Varese 2015, pp. 10-13, 43, 47, 49, 67, 69, 71, 73, 90, 120 s., 158 (dialogo con Sever Voinescu).