SOLE, Nicola
SOLE, Nicola. – Nacque a Senise (Potenza) il 31 marzo 1821, primogenito di Biagio, possidente, e di Raffaella Dursio.
Morto il padre nel 1832, fu affidato alle cure dello zio arciprete Giuseppe Antonio, che lo inviò, insieme al fratello destinato alla carriera ecclesiastica, nel seminario di Anglona-Tursi per la prima formazione. A cinque anni ripeteva a memoria interi canti di Ludovico Ariosto e di Torquato Tasso e nella prima adolescenza allietava i compagni con versi improvvisati, sulla scia di un poeta itinerante udito in seminario.
Per volere della madre, discendente di un ‘dottor fisico’, fu mandato a far pratica di salassi a San Chirico Raparo, dove s’innamorò della figlia del dottor Giuseppe Antonio Tortorelli. Nel 1840, ammesso al Collegio medico di Napoli, vi si trasferì, occupandosi più di letteratura che di medicina, finché, alla morte dello zio tutore nel 1841, ottenne dalla famiglia il permesso di darsi agli studi di legge.
Fattosi conoscere e apprezzare da Basilio Puoti improvvisando un’ode per la famosa attrice Maddalena Pelzet, gli vennero commissionate da Nicola Castagna le ottave introduttive della strenna Il Menestrello (Napoli 1842), dove la facile cantabilità dei versi non cela quella vena malinconica che prenderà via via il sopravvento nella sua opera.
Tornato a Senise nel 1843, scrisse il Carmelo (Napoli 1844), poemetto in endecasillabi sciolti che esalta la Vergine Maria a partire dalla visione biblica del profeta Elia, trovando nel luogo geografico il motivo ispiratore, come poi in molte delle opere successive.
Nel 1844 conobbe a Napoli Alphonse de Lamartine e lo celebrò nell’ode Ad Alfonso di Lamartine venuto in Napoli nell’està del 1844, inserita poi nella raccolta Arpa lucana del 1848, con in esergo le parole chiave della sua poetica: «Aimer, prier, chanter, voilà toute ma vie!» (p. 133). L’ammirazione per il francese lo accompagnò fino all’impresa, rimasta incompiuta, della traduzione del Corso di letteratura famigliare (L’Iride, 23 e 30 agosto 1856).
Nel 1845 si trasferì a Potenza per esercitarvi l’avvocatura, lasciando un segno profondo tra i contemporanei per le brillanti capacità oratorie. Presto fu nei salotti liberali della città, insieme a Vincenzo D’Errico e al sacerdote Emilio Maffei, e aderì al Circolo costituzionale lucano. Strinse amicizia con il poeta improvvisatore Giuseppe Regaldi, allora in Basilicata. Il 31 gennaio 1848, durante i festeggiamenti potentini per la concessione della Costituzione da parte di Ferdinando II, Regaldi prima, e Sole poi, inneggiarono all’Italia «dall’Alpe al mar libera ed una» (Mondaini, 1902, p. 55).
Proprio in maggio, mentre infuriava la repressione borbonica, uscì L’Arpa lucana, dove confluirono le composizioni di quel triennio di grande fecondità artistica.
Sebbene non manchino accenti più intimi (come nel leopardiano Il Rossignuolo, pp. 149-159), domina nella raccolta un sentimento patriottico dai contorni vaghi, tra cattolicesimo romantico, giobertismo e mazzinianesimo. Ne era avvertito lo stesso autore: «La maggioranza di questi canti adunque non ha potuto non soggiacere alla progressiva mutabilità delle opinioni; comunque uno sia l’effetto perenne ed immutabile che gl’informi: l’amore per la patria e per la libertà» (p. VII). Il lungo carme Al Mar Jonio (pp. 15-45), che piacque a Gino Capponi, nato sotto le insegne byroniane dello spiritus loci, fu l’opera sua più impegnativa, come vide Francesco De Sanctis, improntata a una sorta di neoclassicismo maturo: a partire dal luogo, Sole vi declinò il lascito nascosto e stratificato che dal passato magnogreco giunge fino ai tempi nuovi.
A conferma di una precisa idea d’Italia, libera e unita, il 29 dicembre 1848 compose l’ode Sulla tomba di Alessandro Poerio, che, pubblicata da Giuseppe Giusti (Poesie complete autentiche ed apocrife ed altre di altri autori, Lugano 1849, pp. 203-216), gli garantì larga notorietà anche al di là dei confini del Regno.
Implicato nelle cospirazioni assai più di quello che emerse dagli atti processuali, Sole fu costretto a fuggire dal capoluogo, non senza aver brindato, sempre improvvisando, per il commiato dei liberali potentini nel capodanno del 1849. Nel triennio successivo, ricercato dalla polizia borbonica, fallito il tentativo di andare esule in Grecia per l’opposizione della famiglia, il poeta visse alla macchia, ospite di parenti e amici, tra improvvisazioni liriche, innamoramenti e studi, in particolare della Bibbia e della Commedia dantesca, come testimoniano la traduzione del Cantico de’ Cantici (Napoli 1855) e la dispersa Commedia di Dante Allighieri tradotta in prosa italiana ad uso de’ giovanetti e delle donne (Agresti, 1895).
Assolto nella causa per reità di Stato, il 17 luglio 1852 si trovò di nuovo imputato «di cospirazione [...] e di eccitamento ai sudditi del Regno ad armarsi contro l’autorità reale» (Archivio di Stato di Potenza, Processo per la Setta dell’Unità d’Italia, b. 13, f. 29) per la scoperta dei documenti della Setta dell’Unità italiana. Questa volta decise di costituirsi e venne interrogato l’11 dicembre 1852 dal giudice della Gran corte criminale della Basilicata, Francesco Saverio Laudari, proclamandosi innocente per carattere, interessi e indole. Nonostante ciò, subì il carcere, a Potenza e a Lagonegro, fino al settembre del 1853, ma dovette attendere la sentenza del 22 marzo 1854 per essere definitivamente prosciolto. Per un breve periodo patrocinò ancora in tribunale a Potenza, ottenendo l’assoluzione di Giulia Pavese, una contadina che per difendersi da un’aggressione sessuale aveva ucciso il suocero, con un’arringa memorabile sulla sacralità della donna (L’Iride, 20 maggio 1857).
Achille De Clemente, che gli era stato collega nel foro di Potenza e aveva fondato L’Iride, del quale Sole fu collaboratore assiduo, si adoperò perché ottenesse il permesso di lasciare Senise, dove si era ritirato fin dall’estate del 1854. Ottenuto il lasciapassare dalle autorità borboniche, il 6 luglio 1857 tornò finalmente a Napoli. Quando il 16 dicembre 1857 un terremoto catastrofico devastò la provincia di Basilicata, Sole cantò le vittime in un Salmo (L’Iride, 23 dicembre 1857) di vasta popolarità e si adoperò per raccogliere fondi per i superstiti: nacque così la raccolta dei Canti editi da Nobile nel 1858 in edizione pregiata, con le tavole del pittore Raffaele d’Auria.
I Canti mostrarono i riflessi della nuova atmosfera politica e vi prevalse la tematica d’occasione, la lirica sentimentale, la terzina dotta. Solo l’ultimo componimento, Il Viggianese (pp. 143 s.), sembrò allo stesso Sole rinnovare la sua poetica, tanto da chiedere, invano, a Giuseppe Verdi, conosciuto a Napoli nel 1858, di musicarlo in favore delle popolazioni colpite dal sisma. La lirica parlava dei musicisti del paese lucano di Viggiano «erranti» (Mari, 1903, p. 134) per il mondo, in un’attenzione all’universo popolare che travalicava il tempo suo. Più che arcadico-settecentesco, il romanticismo di Sole si tinse d’inquietudine decadente; la malattia si confuse con la «noja» (p. 152); la facile melodia dell’improvvisatore si derubricò a canto solitario di un’anima che anelava misticamente alla morte. Ancora d’occasione, pubblica o privata, gli ultimi componimenti furono attraversati dal presagio di un destino infausto: nelle terzine Pel filo elettrico dei due mondi (Napoli 1858, poi in N. Sole, Canti, a cura di B. Zumbini, 1896, pp. 140-149), celebrando il progresso scientifico, non dimenticò che il dolore è «consonanza [...] del finito anelante a l’infinito» (p. 147); nel novembre del 1859, nelle ottave di Sorrento o Torquato Tasso (pp. 177-188), durante un soggiorno in costiera, celò il rimpianto dell’infanzia felice; nell’ode anacreontica Al mio salice (pp. 205-208), per l’albero della tenuta di famiglia ai Cappuccini sotto le cui chiome riposare in eterno, dettò versi di classica compostezza.
Nel novembre del 1858 gli fu commissionata la Danza augurale (Napoli 1859) per le nozze dell’erede al trono delle Due Sicilie con Maria Sofia di Baviera: composta sotto lo sguardo vigile della censura borbonica e musicata da Saverio Mercadante, andò in scena, a causa della scomparsa di Ferdinando II, il 26 luglio 1859, quando si festeggiò sia il matrimonio sia l’incoronazione di Francesco II. Le critiche che ne seguirono da parte dei liberali lo rammaricarono a tal punto che la malattia epatica, di cui soffriva da tempo, incrudelì.
Tornò a Senise dove morì l’11 dicembre 1859.
Opere. La raccolta complessiva dei canti è in N. Sole, Canti, a cura di B. Zumbini, Firenze 1896. Notizie di un inedito in A. Agresti, Breve notizia di un manoscritto dantesco inedito di Nicola Sole. Nota letta nella tornata del 3 marzo 1895, in Atti dell’Accademia pontaniana, XXV (1895), pp. 1-8.
Fonti e Bibl.: La deposizione di Sole e gli atti istruttori del processo si conservano in Archivio di Stato di Potenza, Processo per la Setta dell’Unità d’Italia, b. 13, f. 29. Una lettera a G. Regaldi del 10 aprile 1848 è in Biblioteca nazionale di Potenza, ms. 51.
Biobibliografie in T. Pedìo, Uomini e martiri in Basilicata durante il Risorgimento, in Archivio storico per la Calabria e la Lucania, XXV (1956), pp. 469-471; S. Jannelli, N. S. Note biobibliografiche, in Annali dell’Istituto universitario orientale, XXIX (1987), pp. 369-394; L. Reina, N. S., Salerno 1989. Sulla vita e l’opera: F. Echaniz, Atto di accusa nella causa della setta L’Unità italiana e di altri reati politici commessi in Provincia di Basilicata negli anni 1848 e 1849, Potenza 1853; A. De Clemente, Sulla vita e le opere di N. S., in Il Paese, 28 gennaio 1860, pp. 581-592; F. De Sanctis, La scuola cattolico-liberale e il Romanticismo a Napoli (1872-1873), a cura di C. Muscetta - G. Candeloro, Torino 1953, pp. 170-195; G. Mondaini, I moti politici del ’48 e la Setta dell’“Unità italiana” in Basilicata, Roma 1902; G. Mari, N. S. e la Basilicata dei suoi tempi, Melfi 1903 (con un’Appendice di lettere); F. Torraca, A proposito di N. S. (1903), in Scritti vari, Milano-Napoli 1928, pp. 339-359; F. Bastanzio, Senise nella luce della storia. Documenti e materiali per la storia nostrana, Palo del Colle 1950; G.B. De Sanctis, La poesia di N. S.: debiti e crediti, in Bollettino della Biblioteca provinciale di Matera, V (1984), 9, pp. 3-10; N. S. e la sua poesia, Atti del Convegno di Senise... 1984, a cura di F. Noviello, Venosa 1985.