NICOLA SPINOLA
Esponente di una delle quatuor gentes, le famiglie nobili genovesi più prestigiose, N. o Nicolino, come lo indicano di preferenza i documenti genovesi forse per distinguerlo da qualche omologo anziano ancora vivente, dovrebbe essere nato nella seconda metà o verso la fine del sec. XII, perché nel settembre 1216 compare come teste in un atto in cui una Lomellini promette a uno Spinola di assegnare una somma di danaro a una giovinetta al momento del matrimonio. Al pari di altri nobili N. si dedica all'attività marittima e mercantile e, insieme con il fratello Lanfranco, dispone di una nave propria, la "Bonaventurosa", che nel 1222 veleggia tra Genova e la Sardegna.
Gli affari non lo estraniano dalla vita pubblica negli anni in cui Genova, rimasta fino ad allora nell'orbita di Federico II e ligia allo schieramento imperiale, pare voler praticare una diversa politica. Oltre le faide intestine tra le principali famiglie, sono gli atteggiamenti assunti da Federico, contrari agli interessi economici dei genovesi nel Regno di Sicilia e favorevoli ai tentativi di ribellione delle Riviere liguri, in particolare di Savona sempre recalcitrante al dominio genovese, ad alienargli le simpatie che i genovesi in precedenza gli avevano manifestato, accogliendolo in città nel 1212 e fornendogli larghi aiuti finanziari, certo non disinteressati, per la conquista dell'Impero. Le scelte politiche degli esponenti dell'antica classe consolare sono infatti sempre congrue ai loro affari privati e così, anche se non aderisce alla seconda Lega lombarda costituitasi nel marzo 1226 per reagire alla convocazione alla dieta generale di Cremona, Genova non esita ad affrontare e a ridurre all'obbedienza le città ribelli, a partire da Savona che pure nel marzo del 1227 era stata presa sotto la protezione imperiale. In quell'anno Genova invia come podestà della riconquistata Savona Giovanni Spinola e in dicembre N. compare a Savona tra i testi in una cessione di crediti tra i due comuni.
Forse la scelta di N. è un mezzo per allontanare da Genova uno dei presunti fiancheggiatori della rivolta di Guglielmo de Mari, un episodio non ancora ben chiaro, dietro cui stanno l'avvenuta convergenza in gruppo solidale dei populares e le simpatie di una parte della nobiltà, quella più aperta e possibilista, filoimperiale o ghibellina, ormai in grave difficoltà nel capoluogo, che annovera Spinola, Doria, Grillo, Vento e altri. La rivolta coagula i nobili in due poli di aggregazione convenzionalmente definiti guelfi e ghibellini (v.) che, per superare le tensioni e ricompattare il fronte nobiliare contro il 'popolo', cercano di spartirsi, se non il potere detenuto dal podestà, tutte le altre cariche. Così, dopo essere stato nel 1229 uno dei consiglieri del podestà Iacopo de Balduino, nel giugno 1231 N. è eletto insieme con il guelfo Carbone Malocello ammiraglio di una flotta, composta da dieci galee e da altri navigli minori, spedita contro Ceuta in difesa degli interessi mercantili e delle navi genovesi. I due portano felicemente a termine la spedizione dopo aver raggiunto anche Siviglia, ove concludono vantaggiosi trattati con l'emiro locale che, in segno di devozione e di fedeltà, consegna 8.000 bisanti e un cavallo arabo bardato.
Seguono altri incarichi pubblici per N.: nel 1233 è inviato in Sardegna ove conclude un accordo con Barisone d'Arborea; nel 1236 è uno degli otto nobili incaricati dell'amministrazione finanziaria. È questa l'ultima notizia 'genovese' su N., che nel 1235 era stato uno dei fideiussori della vedova di Odone di Clavesana, a parte il riferimento a terre di sua proprietà in Val Polcevera nel 1239. A Genova prevale infatti la fazione guelfa e nel 1239 vengono estromessi dalle cariche di governo i nobili compromessi con la causa imperiale: Spinola, Doria, Pevere, Della Volta, Grillo, Vento. Non si parla ancora di esilio, ma molti di loro preferiscono abbandonare spontaneamente la città. Tra questi è N. che probabilmente già nel 1238 si era trasferito alla corte di Federico II, introdotto forse dal congiunto Gioacchino, vicario imperiale ad Arles e Vienne nel 1232 e ad Avignone nel 1238, da taluni confuso con il nostro al quale vengono attribuite queste cariche. Oltre la costante fedeltà degli Spinola all'Impero e il matrimonio con una nipote di Federico II, N. deve aver operato proficuamente a corte guadagnandosi la stima dell'imperatore che, in considerazione della nobiltà dei natali, del valore, dei servizi resi, dei pericoli affrontati, nell'agosto 1239 lo nomina ammiraglio del Regno a vita.
Nel momento in cui intende intraprendere una guerra sul mare contro Genova e altre potenze marittime ostili, l'imperatore si rivolge a N. non solo perché persona fidata, ma perché esperto di navigazione e di problemi mediterranei. È questa una carica prestigiosa che gli conferisce ampi poteri e cospicui introiti sulla riscossione dei proventi doganali e marittimi, oltre la franchigia per quanto lui o i suoi intendono importare o esportare dal Regno, e l'autorità di promuovere al grado di comite gli elementi più capaci. N. non delude l'imperatore. Gli prospetta infatti un ardito e completo programma marittimo per la ricostruzione della flotta siciliana, dismettendo o riparando il naviglio vecchio non in grado di prendere il mare, per la costruzione di difese marittime e di arsenali a Brindisi, Messina, Nicotera, in modo da disporre per la primavera del 1240 di una flotta di almeno settantacinque imbarcazioni, tra cui dieci navi. Per reperire i finanziamenti necessari per questo ambizioso programma propone non solo di attingere all'erario, ma che la flotta si autofinanzi compiendo azioni piratesche contro i convogli mercantili genovesi o veneziani provenienti carichi dall'Oriente. Suggerisce anche di prendere provvedimenti contro Tunisi che accoglie i genovesi e contro i pirati slavoni che infestano l'Adriatico. Già nel giugno del 1239 l'ammiraglio non aveva esitato a colpire gli interessi dei genovesi ormai ribelli all'Impero, quando per ordine di Federico aveva attuato una sorta di politica del grano contro di loro. L'imperatore aveva proibito l'esportazione del grano dal Regno e aveva ordinato a N. di caricare sulle navi il grano reperito, circa 50.000 salme, di trasportarlo a Tunisi e di venderlo su quella piazza ove si spuntavano i prezzi più alti. Questa impresa, sulla quale a Spinola toccava il 10 per cento, aveva fruttato circa 40.000 once d'oro che avevano rimpinguato l'erario.
Tra l'aprile e il maggio 1240, dopo un fitto scambio epistolare e la visita di N. all'imperatore a Foggia alla fine del marzo, Federico, convinto della bontà dei progetti dell'ammiraglio, ordina a vari ufficiali del Regno di assecondare i preparativi di N., di fornirgli vettovaglie, pece per le navi, loriche e armature per gli uomini. N. però non conduce a termine l'operazione perché sulla fine del 1240 muore, compianto da Federico che ne dà personalmente notizia al fratello Lanfranco e agli altri Spinola rimasti a Genova, esprimendo il proprio dolore per la perdita di un fedele collaboratore e la speranza che i familiari intendano continuare nel servizio e nella fedeltà all'Impero.
Fonti e Bibl.: Historia diplomatica Friderici secundi, V, 1-2, ad indicem; Liber magistri Salmonis notarii (1222-1226), a cura di A. Ferretto, "Atti della Società Ligure di Storia Patria", 36, 1906, doc. CCCLVII; Annali di Caffaro e de' suoi continuatori, a cura di C. Imperiale di Sant'Angelo, III, Roma 1923, pp. 56-57, 77; Lanfranco (1200-1226), a cura di H.C. Krueger-R.L. Reynolds, II, Genova 1952, doc. 1091; I libri iurium della Repubblica di Genova, I, 2, a cura di D. Puncuh, ivi 1996, doc. 375; I, 3, a cura di Id., ivi 1998, doc. 471; I, 6, a cura di M. Bibolini, ivi 2000, doc. 1003. C. Imperiale di Sant'Angelo, Genova e Federico II di Hohenstaufen, Firenze 1915, passim; V. Vitale, Il comune del podestà a Genova, Milano-Napoli 1951, pp. 285-287; L.-R. Ménager, Amiratus, l'Émirat et les origines de l'Amirauté (XIe-XIIIe siècles), Paris 1960, p. 115; C. Trasselli, I rapporti tra Genova e la Sicilia dai normanni al '900, in Genova e i genovesi a Palermo, Genova 1980, p. 18; E. Mazzarese Fardella, Federico II e la crisi del Regno, in Politica e cultura nell'età di Federico II, a cura di S. Gensini, Pisa 1986, pp. 131-132; D. Abulafia, Federico II. Un imperatore medievale, Torino 1990, p. 275; R.M. Dentici Buccellato, Porti, cantieri, navi, pesca in età federiciana, "Rassegna Siciliana di Storia e Cultura", 1, 1997, p. 35; G. Petti Balbi, Federico II e Genova: tra istanze regionali e interessi mediterranei, in Federico II e la civiltà comunale dell'Italia del Nord. Atti del Convegno internazionale promosso in occasione dell'VIII centenario della nascita di Federico II di Svevia, a cura di C.D. Fonseca-R. Crotti, Roma 1999, pp. 99-130, in partic. pp. 119-120 (già pubblicato in Studi e documenti in onore di don Luigi Alfonso, Genova 1996, pp. 59-95); M. Macconi, Il grifo e l'aquila. Genova e il regno di Sicilia 1150-1250, Genova 2002, pp. 134-135.