TURCHI, Nicola
TURCHI, Nicola. – Nacque a Roma l’8 gennaio 1882. Non si conoscono i nomi dei genitori.
La scarsità di documentazione implica che poco si possa ricostruire della vicenda biografica negli anni giovanili, culminata con l’ordinazione sacerdotale nel seminario romano (1904), un anno dopo quella di Ernesto Buonaiuti. Con Buonaiuti, di cui fu sempre sodale e amico, condivise ideali e speranze del movimento modernista, collaborando al Programma modernista del 1907 per le pagine di critica neotestamentaria e redigendo le prime due Lettere di un prete modernista dell’anno successivo. Sua è inoltre la Storia della Chiesa antica, traduzione dell’Histoire ancienne de l’Église di Louis Duchesne, opera che fu inserita nell’Indice dei libri proibiti nel gennaio del 1912. Il nome di Duchesne compare a più riprese nell’epistolario di Turchi, a testimonianza di un lungo legame scientifico e umano (Morghen, 1979, pp. 232-235). A quest’opera accennò, in tono di disapprovazione e quasi a voler stornare da sé i sospetti di modernismo, anche Angelo Roncalli in una lettera del 1914, che pure di Turchi e Buonaiuti era stato compagno di seminario e che era stato ordinato nello stesso anno 1904 (Trinchese, 2000, p. 766).
La vicinanza al modernismo, in seguito alla quale Turchi era stato esautorato dall’insegnamento nel collegio di Propaganda Fide già nel 1910, toccò il punto di maggior attrito con le gerarchie ecclesiastiche con la sospensione a divinis il 12 aprile 1916 per i sacerdoti coinvolti nella pubblicazione della Rivista bimestrale di scienza delle religioni (oltre a Buonaiuti e Turchi, Bacchisio Motzo e Primo Vannutelli), un episodio da cui emerge anche l’indefessa attività editoriale promossa da Buonaiuti, fondatore e animatore di riviste destinate a vita effimera, alle quali lo stesso Turchi spesso dette il suo contributo, divenendo anche direttore di Religio, dal 1919 al 1920 (Spineto, 2012, pp. 15 s., 30 s.).
I rapporti tra Turchi e il modernismo ricevono ulteriore luce a partire dalla Prefazione che egli scrisse curando l’edizione dei sette volumi di scritti filosofici di Paolo Celesia (Opere di Paolo Celesia, Serie filosofica, I-VII, Roma 1923-1930), biologo e scienziato approdato alla religione cristiana grazie all’amicizia di padre Arturo Semeria e di don Brizio Casciola. Soffermandosi sul ritorno alla fede di Celesia, Turchi ne mise in risalto l’idealismo che trovava nel cosmo biologico la ragione necessaria e il finalismo che riponeva tale causa nella volontà di un divino ordinatore.
Conformemente a quella che molto probabilmente era la sua natura, non incline agli estremismi, si deve pensare che il coinvolgimento di Turchi fosse dettato dal desiderio di suscitare nel mondo ecclesiastico uno spirito di indagine critica del fatto religioso. Turchi riuscì peraltro a mantenersi sempre fedele alla dottrina della Chiesa, senza per questo rinnegare il rapporto di lunga data con Buonaiuti, anche dopo la scomunica (1926), al quale avrebbe impartito la benedizione in occasione del funerale civile nel 1946. A tale consonanza intellettuale e umana accennarono Arturo Carlo Jemolo nella prefazione al Pellegrino di Roma (Buonaiuti, 1964, pp. XI e XXV) e Giorgio Levi Della Vida, che paragonò Turchi al fidus Achates virgiliano, nella sua autobiografia Fantasmi ritrovati (1966, p. 130).
L’amicizia e la collaborazione scientifica con Buonaiuti trova ulteriore conferma ne L’isola di smeraldo. Impressioni e note di un viaggio in Irlanda (Torino 1914), una sorta di reportage del viaggio compiuto nell’agosto del 1911, di cui Turchi scrisse i primi quattro capitoli. Interessante è il trattamento della narrativa gaelica e del folklore iberno, del quale è ben colto il senso per la natura e il misto di retaggio pagano e fede cristiana. Il valore documentario dell’opera è accresciuto anche dalla relativa rarità delle copie superstiti, in quanto papa Benedetto XV dispose che fossero distrutti gli esemplari non ancora venduti.
Non ben chiariti sono i motivi dell’irritazione suscitata dal libro, tanto più che dal volume trapela una sincera affezione verso l’Irlanda e la gentilezza che il suo popolo riservò a due esponenti del clero cattolico. Dalle pagine autobiografiche di Buonaiuti sembra evincersi che alcuni canonici irlandesi si fossero lamentati di questa pubblicazione firmata da autori compromessi con il modernismo. Forse si può anche ipotizzare che avessero suscitato malcontento le pagine di tipo storico-politico circa l’imminente indipendenza irlandese, o che fossero sentiti come troppo rivoluzionari gli accenni alle vite dei santi, di cui si ricostruiscono le stratificazioni leggendarie e le contaminazioni con motivi pagani.
La produzione di Turchi testimonia un certo eclettismo: appartengono al periodo giovanile (1907-08) alcuni studi su Giovanni Crisostomo e un’antologia dell’epistolario di Gregorio Magno (è del 1920, invece, una traduzione delle epistole di Gerolamo); sono da ricordare anche altre opere non strettamente scientifiche, quali la riduzione a uso scolastico del vocabolario latino di Egidio Forcellini (Roma 1927), testi miscellanei su chiese e luoghi di Roma e dintorni, una guida di Roma scritta per l’anno santo del 1950. Parimenti caratterizzate da questa vena eclettica sono La civiltà bizantina (Torino 1915), essenzialmente un compendio di storia, letteratura e liturgia della civiltà di Costantinopoli, che amplia il già menzionato studio su Crisostomo e offre qualche spunto interessante su autori quali Costantino Porfirogenito e Romano il Melode.
Di gran lunga più originali sono i lavori Nella Lituania indipendente (Roma 1921) e La Lituania nella storia e nel presente (Roma 1933), realizzati in seguito a un viaggio compiuto nel 1920, su invito del neonato governo, occasione in cui Turchi ebbe anche modo di conoscere il vescovo Jurgis Matulaitis (Turchi visitò poi il Paese altre due volte).
Sono testi che ricordano quello sull’Irlanda, per l’atteggiamento simpatetico e la discussione della storia lituana, con cenni più generali sulla conformazione fisica della regione, le usanze e qualche aspetto della religione precristiana. Unitamente alle opere coeve di Enrico Salvatori, gli studi di Turchi sono lavori preziosi per conoscere lo stato della Lituania interbellica, sia per le tabelle contenenti dati economici ufficiali, sia perché dalle sue pagine paiono emergere contrastivamente i rapporti con la vicina Unione Sovietica (Vitale, 2016).
I suoi interessi maggiori furono però precipuamente connessi allo studio della storia delle religioni, soprattutto quelle del mondo classico, disciplina che in quegli anni andava strutturandosi in ambito scientifico e accademico, grazie all’impulso di Raffaele Pettazzoni. Con lui Turchi intrattenne cordiali rapporti fin dagli anni Dieci, partecipando nel 1913 a una sessione storico-religiosa promossa da Pettazzoni in seno al convegno della Società italiana per il progresso delle scienze. I rapporti fra i due studiosi subirono un’incrinatura, quasi immediatamente ricomposta, in occasione del concorso a cattedra bandito a Roma nel 1923, dal quale uscì vincitore Pettazzoni (Gandini, 1998, pp. 190-192, 206).
Libero docente a Roma dal 1916, Turchi, peraltro, non riuscì mai a raggiungere una sistemazione stabile nell’accademia (particolarmente amareggiato fu dalle sorti del concorso milanese bandito nel 1925 ed espletato solo dieci anni dopo dal quale uscì vincitore Uberto Pestalozza), ottenendo un incarico a Firenze tra il 1936-37 e il 1943-44, e nel 1937-38 uno a Pisa (Gandini, 2002, pp. 137, 146).
La scelta di dedicarsi alla storia delle religioni non deve essere letta come ripiego rispetto alla storia del cristianesimo, o solo come un modo per poter indagare con i moderni strumenti della ricerca scientifica temi che altrimenti sarebbero incorsi nella condanna ecclesiastica, in quanto l’applicazione del metodo storico-religioso (soprattutto storico-comparativo) era sentita come imprescindibile anche da Buonaiuti a proposito delle origini cristiane.
Al 1912 risale già la prima edizione di un allora pionieristico Manuale di storia delle religioni, pubblicato per i tipi dei Fratelli Bocca di Torino e ristampato nel 1922. Nonostante alcuni approcci nuovi (per esempio, nel capitolo sulle religioni dei popoli non civilizzati), l’impianto è chiaramente apologetico e si giustifica l’esclusione di ebraismo e cristianesimo con la centralità e l’unicità della rivelazione. Dovuta a ragioni contingenti, ossia la controversia modernista, Turchi pose rimedio a tale carenza solo nella terza edizione del 1954 pubblicata a Firenze per Sansoni. È in ogni caso un testo dalla prosa elegante e rotonda, che si segnala per completezza bibliografica, chiarezza espositiva e sistemazione del materiale, che comprende anche una sezione metodologica. La medesima intonazione si riscontra anche nell’opera Le religioni del mondo (Roma 1946), un volume collettaneo di cui Turchi scrisse la parte sulle religioni del mondo classico e ne fu pure curatore generale.
Particolarmente degni di nota sono i successivi lavori sulle ‘religioni misteriche’ nel mondo greco-romano, culminati nella raccolta Fontes historiae mysteriorum aevi Hellenistici e Graecis et Latinis scriptoribus selegit brevi adnotatione instruxit Nicolaus Turchi (Roma 1923, 1930) e nel saggio Le religioni misteriosofiche del mondo antico (Roma 1923, rist. Le religioni misteriche del mondo antico, Milano 1948), volumi complementari tra loro nell’indagine di un tema che aveva attirato anche altri storici delle religioni del periodo (Pettazzoni, Umberto Fracassini e Vittorio Macchioro), su tradizioni religiose classiche caratterizzate dall’idea di purificazione interiore e fusione con il divino, che abbattono barriere di casta e censo, promettendo l’immortalità dell’individuo.
Altri Saggi di storia delle religioni sono riuniti in volume (Foligno 1924): accanto alla ricostruzione degli studi storico-religiosi in Italia, vi sono considerazioni circa l’etnologia e studi dedicati alla religione romana (sulla preghiera a Roma; sulla simpatia lunare nell’agricoltura latina; sulle usanze folkloriche e sugli aspetti del cerimoniale del matrimonio). Gli interessi per il mondo romano emergono anche nella prefazione scritta per la traduzione italiana del libro di uno studioso e archeologo, dagli anni Venti collaboratore dell’Istituto olandese di Roma, Hendrik M.R. Leopold, Lo sviluppo del paganesimo a Roma (Roma-Bari 1924). Si devono inoltre ricordare le collaborazioni all’Enciclopedia italiana e all’Enciclopedia cattolica, oltre all’attività di recensore per la rivista Studi e materiali di storia delle religioni, fondata e diretta da Pettazzoni.
In questo stesso ambito di ricerche, assai importante è anche la sintesi dedicata a La religione di Roma antica (Bologna 1939). Turchi aveva peraltro collaborato nel 1937 alla realizzazione della mostra per il bimillenario augusteo, curando le sale dedicate alla religione.
Questo volume rappresenta lo sforzo maggiore di Turchi, il quale seppe compendiare in un’opera che a tutt’oggi, nonostante gl’indubbi progressi critici o i correttivi da apportare a certe tesi, può essere annoverata tra i lavori generali di riferimento sul tema. Il volume passa in rassegna gli elementi distintivi della religione romana, dei suoi riti e delle forme di culto, per tracciarne poi una storia dalle origini al periodo più tardo, con l’inclusione dei cosiddetti culti orientali, che si muove in parallelo con gli sviluppi storici e sociali della civiltà romana.
Personalità schiva e riservata, autore dalla produzione relativamente esigua e senz’altro privo del genio di cui furono dotati i suoi amici e colleghi Buonaiuti e Pettazzoni, egli seppe comunque offrire un contributo per molti aspetti innovatore alla storia delle religioni nel panorama italiano; sul piano personale, trovò nella fede la forza per superare i momenti difficili e le amarezze riservategli nella carriera, conciliando nobilmente, senza ambizioni né rancori, il suo ufficio di sacerdote con gli ideali di studioso, come emerge anche dai profili volti a commemorarlo dopo la morte, avvenuta a Roma il 16 novembre 1958, e i funerali, svoltisi nella basilica di S. Lorenzo fuori le mura della quale era stato negli ultimi anni canonico (Gandini, 2008, p. 107).
Fonti e Bibl.: G. Levi Della Vida, Ricordo di T., in Il Mondo, 16 dicembre 1958; E. Buonaiuti, Pellegrino di Roma. La generazione dell’esodo, a cura di M. Niccoli, con introduzione di A.C. Jemolo, Bari 1964; G. Levi Della Vida, Un ebreo tra i modernisti, in Id., Fantasmi ritrovati, Vicenza 1966, pp. 75-166; L. Badeschi, Una furtiva benedizione. Fu riabilitato o non fu riabilitato don Ernesto Buonaiuti?, in Il Resto del Carlino, 1 settembre 1969; Il gruppo radicale romano, a cura di L. Bedeschi, in Fonti e documenti, I (1972), pp. 9-343 (in partic. pp. 298-317, carteggio tra Nicola Turchi e Albert Houtin); A.C. Jemolo, Ernesto Buonaiuti e i suoi discepoli, in La Stampa, 20 aprile 1976; L. Bedeschi, Il processo del Sant’Uffizio contro i modernisti romani, in Fonti e documenti, VII (1978), pp. 7-118; R. Morghen, Louis Duchesne e Ernesto Buonaiuti storici del cristianesimo, in R. Morghen, Tradizione religiosa nella civiltà dell’Occidente cristiano, Roma 1979, pp. 227-245; M. Gandini, Raffaele Pettazzoni dall’incarico bolognese alla cattedra romana (1922-1923). Materiali per una biografia, in Strada maestra, 1998, n. 45, pp. 157-241; S. Trinchese, Roncalli e i sospetti di modernismo, in Il modernismo tra cristianità e secolarizzazione. Atti del Convegno internazionale..., 1997, a cura di A. Botti - R. Cerrato, Urbino 2000, pp. 727-770; M. Gandini, Raffaele Pettazzoni intorno al 1935. Materiali per una biografia, in Strada maestra, 2002, n. 52, pp. 100-268; Id., Raffaele Pettazzoni negli anni 1958-1959. Materiali per una biografia, ibid., 2008, n. 65, pp. 82-249; N. Spineto, Storia e storici delle religioni in Italia, Alessandria 2012, pp. 10-15, 21-25, 39-43, 51-53, 80-86; C.O. Tommasi, N. T., in La storiografia storico-religiosa italiana tra la fine dell’800 e la seconda guerra mondiale, a cura di M. Mazza - N. Spineto, Alessandria 2014, pp. 79-110; A. Vitale, Lietuvos įvaizdis Nikolos Turkio tarpukario veikale “Lietuva praeityje ir dabartyje” (1933) ir Lietuvos istorijos pažinimo problema Italijoje (L’immagine della Lituania nell’opera interbellica di Nicola Turchi “La Lituania nella storia e nel presente” (1933) e il problema della conoscenza della storia lituana in Italia), in Lietuva-Italija: Šimtmečių Ryšiai: Mokslinių straipsnių rinkinys (Lituania-Italia: rapporti secolari. Miscellanea di studi), a cura di D. Mitrulevičiūtė, Vilnius 2016, pp. 664-672.