TUCCI, Nicolao
– Figlio del notaio Pietro (Piero, 1498-1559) e di Giovanna (Gianna) di ser Michele Giannini da Mommio, nacque a Lucca nella parrocchia di S. Agostino il 2 febbraio 1541.
Il fratello maggiore Bernardino morì in giovane età; delle quattro sorelle (Maddalena, Chiara, Elisabetta, suor Camilla) fu la prima, la cui figlia sposò un Tucci, a dar vita alla linea successoria, sia economicamente per l’istituzione da parte di Nicolao di un fidecommesso, sia culturalmente perché la pronipote sarebbe andata in sposa a Mario Fiorentini, padre di quel Francesco Maria autore delle Memorie di Matilda la gran contessa (Lucca 1642).
E proprio Fiorentini gli dedicò nel 1657 un dettagliato elogio, ricordandolo con gratitudine «per volontà che ebbe d’insegnarmi mentre io era in età ancora molto tenera» (Lucca, Biblioteca statale, BSL, mss. 103 e 926). Le pagine di Fiorentini (per quanto giunteci in copie con evidenti errori di lettura) acquistano valore di fonte affidabile perché, oltre al personale ricordo, l’estensore ebbe modo di consultare un testo autobiografico di Tucci, che purtroppo oggi non si conserva nell’archivio gentilizio (Archivio di Stato di Lucca, ASL, Archivio Tucci). Meno accurata risulta la nota biografica redatta da Tommaso Trenta nel primo Ottocento sul Tucci accademico degli Oscuri (BSL, ms. 577).
Appartenente a una famiglia di antica nobiltà e ben inserita nel mondo politico cittadino, sebbene non particolarmente ricca, dopo gli studi familiari, molto proficui anche se turbati da varie infermità, a quindici anni fu inviato a studiare legge dapprima a Pisa poi a Bologna e a Padova, conseguendo infine il dottorato a Pisa nell’ottobre del 1563 (ASL, Archivio Tucci, perg. 110).
La sua carriera in Curia prese avvio, immediatamente dopo la laurea, con Pio IV, e si sviluppò negli anni di Pio V per chiudersi poi in maniera brusca agli esordi del pontificato di Gregorio XIII Boncompagni. Dapprima fu aiutante di monsignor Giulio Nobili, auditore del cardinale Marco Sittico Altemps, nipote di Pio IV, occupandosi del governo di Fermo e della segreteria delle lettere latine. In seguito fu inviato nella Legazione della Marca e per un triennio fu auditore generale civile a Macerata. Con l’elezione di Pio V, passò a Bologna come auditore del governatore Giovan Battista Doria. Salito al soglio pontificio, Gregorio XIII affidò a Tucci il compito e la responsabilità di affiancare (e quasi controllare) il nipote Cristoforo Boncompagni, insignito del governatorato di Ancona. Ma sentendosi poco ascoltato, Tucci chiese di rientrare a Roma nel 1573 e da lì la licenza di fare ritorno a Lucca. Appena rientrato in patria fu richiamato a Roma dal cardinale camerlengo Luigi Cornaro per assumere il ruolo di suo luogotenente. La prestigiosa carica però irritò i nipoti del papa (Cristoforo, dal quale Tucci era fuggito, e Ugo, il cardinale di S. Sisto); lo stesso pontefice se ne lamentò con Cornaro e così il protonotaro rassegnò le dimissioni e rientrò definitivamente a Lucca.
Giunto in patria all’inizio del 1575, già a novembre venne inviato ambasciatore a Genova nella fase convulsa dello scontro tra Giovani e Vecchi nella quale la Repubblica di Lucca evitò di schierarsi e giocò un significativo ruolo di pacificazione (ASL, Anziani, 623, pp. 603-605). Da questo momento i suoi incarichi diplomatici si moltiplicarono. Nel gennaio del 1576 fu eletto ambasciatore straordinario, assieme ad Antonio Bernardi, presso l’imperatore Massimiliano e per congratulare Rodolfo, re dei Romani. Nel giugno dello stesso anno fu incaricato di salutare don Giovanni d’Austria di passaggio nelle acque di Livorno. L’anno successivo la Repubblica lo inviò a Bologna a complimentare il cardinale Andrea d’Austria. Nel giugno del 1579 partì per Praga per discutere, di fronte a Rodolfo II, i problemi di confine che vedevano contrapposta la Repubblica al duca di Ferrara. A proposito di questa missione Trenta loda in particolare la relazione finale (BSL, ms. 577, p. 89). Di questo documento, tuttavia, non si è conservata traccia né nei fondi ufficiali né tra le carte di famiglia: si tratta di un’innovazione che anticipa (e forse suggerisce) la legge del 13 dicembre 1581, che impose, appunto, questo obbligo di fine missione ai diplomatici (Sabbatini, 2012, p. 55).
Negli anni Ottanta agli incarichi diplomatici si intrecciarono gli impegni, sia pur brevi e contrastati, in qualità di protonotario apostolico. Dopo un primo, deludente, viaggio a Roma, fu eletto nell’Offizio sopra le differenze dei confini (una sorta di ministero degli Esteri lucchese) e poi di nuovo inviato a Genova e a Parma in occasione di tumulti in Garfagnana.
Per la morte di Gregorio XIII e l’elezione di Sisto V nel 1585, Tucci tornò in Curia dove gli furono offerte sia la carica di assistente al vescovato di Chieti da Giovan Battista Castrucci, sia il ruolo di vicario del vescovato di Ravenna da Cristoforo Boncompagni. Rifiutò entrambe le proposte. Non poté invece sottrarsi dal seguire a Genova per alcuni mesi Antonio Sauli, nominato vescovo ausiliario. Del neocardinale Tucci accettò poi di fungere da vicario generale tra il 1587 e il 1590 quando, per motivi di salute, rientrò a Lucca. A Genova stabilì ottimi rapporti con i governanti, e nel contempo non cessò d’inviare numerose lettere, in qualità di informatore, alla sua Repubblica (ASL, Anziani, 597, 598, 624). Del resto, nell’intervallo tra i due periodi di impegno a fianco di Sauli, il governo lucchese lo aveva inviato alla corte di Parma per la cerimonia di felicitazioni al duca Ranuccio (ibid., 597).
Nell’estate del 1590, anche a nome pubblico, frequentò ai Bagni di Lucca i cardinali Antonio Carafa e Federico Cornaro, fratello di Luigi, presto richiamati in Curia per il conclave che elesse Urbano VII e, poco dopo, Gregorio XIV. Sarebbe stato proprio Tucci a capitanare l’ambasceria d’obbedienza al nuovo pontefice; la missione venne gestita con gran pompa e l’orazione pronunciata fu particolarmente apprezzata, tanto da meritare la luce a stampa (N. Tucci - M. Vestri Barbiani, Ad S.mum D.N. Gregorium XIV..., Romae, ex typographia Dominici Basae, 1591). Nel 1592 fu eletto in patria nell’esclusivo e quasi onnipotente Magistrato dei segretari (l’occhiuto ministero dell’Interno) e l’anno successivo nell’Offizio sopra le differenze.
Durante gli anni Novanta Tucci continuò a resistere alle profferte d’impiego che gli venivano da alti esponenti della Curia; mise ordine nella propria situazione economica, impostando un nuovo terrilogio; visse una forte dimensione spirituale, con ritiri di preghiera e attività di beneficenza; si dedicò alla scrittura, di argomento sia religioso sia profano: epigrammi, elegie, sonetti, canzoni, madrigali, odi, ottave e discorsi (BSL, ms. 103). Non cessò di avere un ruolo pubblico, intervenendo in particolare nei dissidi tra la Repubblica e il vescovo, e perorando la moralizzazione dei cambi mercantili e un esplicito intreccio tra potere civile e religione (quella che sarebbe divenuta in seguito la prassi di invitare in Senato i predicatori quaresimali a tenere orazioni politico-morali, che si sarebbe mantenuta fino al 1799; Sabbatini, 2014). Sebbene rivendicasse con forza di non indossare l’abito e di non godere di esenzioni ecclesiastiche, nel 1596 dovette però subire l’espulsione dal Consiglio generale in quanto protonotario (ASL, Consiglio generale, 79). Emarginazione che gli dovette pesare immensamente, a giudicare dal fortissimo sentimento patriottico cui dette voce nell’ultimo testamento del 1607.
La stesura della Storia di Lucca (le Historie, come egli le chiama), preparata da un meticoloso lavoro di ricerca documentaria, anche nell’archivio vescovile, fu portata a termine in pochi mesi, dal luglio del 1598 all’aprile del 1599, con aggiunte di poco successive. Assieme a quella di Giuseppe Civitali è indubbiamente la più ampia e solida tra le molte cronache che si conservano negli archivi lucchesi. A giudizio di Cesare Lucchesini (1825) «egli fu il primo fra i nostri, che esaminasse gli archivi [...] Alle cognizioni, che quindi attinse unì qualche lume di critica il quale lo rendette superiore a quanti storici produsse Lucca innanzi a lui» (pp. 199 s.). E un giudizio lusinghiero esprime anche Fiorentini: «più diligente, e giuditiosamente degli altri ha scritto quell’Historie Lucchesi» (Memorie di Matilda..., cit., l. III, p. 8).
A eccezione, come detto, dell’orazione gratulatoria per papa Gregorio XIV, dell’elenco dei vescovi lucchesi (peraltro contenente errori e fraintendimenti, in parte dovuti al copista che aveva assoldato) uscito in appendice alle Historie delle miracolose imagini di Cesare Franciotti (Lucca 1613), e di alcune ottave in onore della Vergine contenute nella raccolta di Bruto Guarini (Alcune ottave rime in lode del santissimo Sacramento [...] Et alcune altre in honore della Beatissima Vergine del s. Nicolao Tucci Lucchese, Siena, appresso Luca Bonetti, 1592), l’intera produzione di Tucci resta manoscritta, come gli Illustrium lucensium elogia (ASL, Biblioteca manoscritti, 71; BSL, mss. 99, 930). Tale produzione, in volgare come in latino, in gran parte è andata dispersa, come quei Discorsi politici sopra Cornelio Tacito a cui lavorò negli ultimi anni della sua vita e che avevano strappato le lodi di Angelo Grillo (l’amico di Torquato Tasso), con il quale Tucci aveva intrecciato un nutrito scambio epistolare (Grillo, 1612).
Dell’opera maggiore si conservano nell’Archivio di Stato e nella Biblioteca statale di Lucca diverse copie complete o parziali con titoli leggermente diversi: Storia della città e Repubblica di Lucca (BSL, mss. 123-127); Storia di Lucca [...] Dall’origine di essa città sino all’anno 1600 (ASL, Biblioteca manoscritti 68-69, 70; BSL, mss. 108, 123-127, 716, 844, 1559, 1632; Archivio Sardini, 23). La Storia era stata sottoposta al cardinale Buonviso Buonvisi e, per suo tramite, al gesuita Giampietro Maffei. Quest’ultimo, nel lodarla, prospettava il taglio di qualche digressione, mentre Buonvisi invitava l’amico autore a toni di minore parzialità verso il proprio casato, in particolare nel rievocare la ‘sollevazione degli straccioni’ del 1531-32. Ma Tucci non accettò di rimettere mano all’opera.
Dettando l’ultimo testamento, nel 1607 con codicilli nel 1610, Tucci lasciò al Senato lucchese «il volume ultimamente transcritto delle Historie di Lucca fatte da me l’anno 1599, assicurando che sì come nel farle non ho havuto altra mira che della unità et della reputatione publica, così in questo mio legato non tengo altro fine che di lassare alla patria mia questo vero testimonio della perpetua mia devotione verso di lei» (ASL, Testamenti, 135, c. 300v). Uno zelo patriottico che non trovò corrispettivo. Tre anni dopo la sua morte, nel luglio del 1618, in Consiglio generale si discusse di stampare le Istorie, ma – per ragioni di Stato – la decisione fu negativa: «essendo opera assai nuova et moderna [...], ci è parso che convenga, nel vederle, usare ogni possibile et esatta diligenza acciò prima di licenziarle siano ridutte in quello stato di perfettione che per interesse e honorevolezza publica si deve desiderare» (ibid., Consiglio generale, 495, c. 69v, 5 luglio 1618).
Morì a Lucca il 6 marzo 1615 e fu sepolto in abito ecclesiastico di protonotaro nella sepoltura di famiglia in S. Agostino, dove gli eredi posero la lapide in marmo nero (tuttora visibile) con il testo da lui stesso dettato nell’ultimo testamento.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Lucca (ASL), Anziani, 593, 597, 598, 599, 600, 623, 624; Archivio Guinigi, 31, 264; Archivio Tucci, perg. 110, 15 ottobre 1563; Biblioteca manoscritti, 71; Consiglio generale, 79, 495; Offizio sopra le Differenze di confine, 259; Notarile, Testamenti, 135; Lucca, Biblioteca statale (BLS), ms. 103: F.M. Fiorentini, Memorie degl’uomini di molta stima, che siano stati per nascimento, ovvero abitazione lucchesi, e conosciuti da me (1657); ms. 926: B. Baroni, Memorie e vita di alcuni illustri lucchesi; mss. 1136, 1137: G.V. Baroni, Notizie genealogiche delle famiglie lucchesi (sec. XVIII); ms. 577: Origine, progressi, e vicende dell’Accademia degli oscuri. Dissertazione istorica di Tommaso Trenta (inizio sec. XIX).
A. Grillo, Lettere, Venezia 1612, passim; C. Lucchesini, Della storia letteraria del ducato lucchese, Lucca 1825, pp. 198-200; R. Sabbatini, Le Mura e l’Europa. Aspetti della politica estera della Repubblica di Lucca (1500-1799), Milano 2012, p. 55; Id., Immagini di una città-stato, Lucca nello specchio delle orazioni sacro-politiche recitate in Senato, in La città nel Settecento: saperi e forme di rappresentazione, a cura di M. Formica - A. Merlotti - A.M. Rao, Roma 2014, pp. 269-294; Archivio Tucci, inventario a cura di S. Nelli, in corso di stampa.