BARBATO, Nicolò (Nicola)
Nacque a Piana dei Greci (od. Piana degli Albanesi) da Giuseppe e da Antonina Mandalà il 5 ott. 1856. Piccolo centro agricolo dell'entroterra palermitano, circondato dal latifondo, Piana dei Greci era caratterizzata da una vita econorni*ca arcaica; patti agrari angarici e salari bassissimi rendevano assai precarie le condizioni dei contadini, cioè della intera popolazione del paese. Il B., che, morto il padre, era stato costretto a ritardare gli studi per occuparsi della famiglia, aveva caminciato a formarsi in questo ambiente; ma ricevette nuovi apporti culturali presso l'ateneo palermitano, dove, allora, erano molto diffuse le dottrine evoluzionistìche, delle quali divenne ben presto neofita entusiasta. Verso il 1878 entrò nel movimento socialista. Laureatosi in medicina, esercitò dapprima presso l'ospedale di Palermo, dedicandosi in particolare agli studi di psichiatria. Gli Appunti sulla psicopatologia delle paranoie, pubblicati sulla rivista del manicomio palermitano nel 1890, furono giudicati positivamente da C. Lombroso e da E. Morselli. Vicino a Napoleone Colajanni, sostenitore della interpretazione socialistica del positivismo, insieme con altri giovani intellettuali palermitani fu collaboratore de L'Isola (Palermo 1891-92), il il quotidiano di avanguardia repubblicana diretto dal Colajanni stesso.
Ritornato a Piana dei Greci come medico condotto, il quotidiano contatto con la miseria e l'intensa opera di agitatore sociale affiancarono, nella personalità del B., alla componente scientista e positivista una spiccata componente apostolica che rimase sempre viva e operante lungo tutta la sua vita.
Quando in Sicilia nacque e si diffuse impetuosamente il movimento contadino dei Fasci dei lavoratori, il B. ne divenne uno degli esponenti più qualificati. Il Fascio di Piana dei Greci, che egli aveva costituito nel marzo del 1893, era uno dei più numerosi e meglio organizzati: contava più di duemila soci e curava in particolare il reclutamento delle donne.
La sua struttura offre interessanti spunti di sociologia e di psicologia contadina. Mostrava l'impronta positivistica e insieme evangelica del B., che aveva tentato di fare dei Fascio un'alternativa alla Chiesa, compene trato di quello spirito di fratellanza proprio delle primitive comunità cristiane. Egli parlava alle plebi rurali un linguaggio ispirato, punteggiato da scoppi violenti, pervaso di attesa messianica. Non era, però, un sostenitore dell'azione immediata e diretta. La lunga dimestichezza con la sociologia evoluzionistìca lo portava verso il gradualismo politico, imperniato sulla elevazione delle masse mediante l'educazione e l'organizzazione; con i suoi modi semplici e patriarcali fu considerato un maestro di libertà e di democrazia per la sua gente.
Il movimento dei Fasci, sotto il primo governo Giolitti (15 maggio 1892-15 dic. 1893), se pur non represso, fu particolarmente vigilato dalla polizìa, che ebbe precise istruzioni di applicare le severissime norme del codice penale a tutti quegli aderenti che ne avessero offerto la minima occasione. Anche il B., il 12 maggio 1893, fu arrestato per istigazione all'odio tra le classi e per associazione a delinquere; nel giugno ottenne la libertà provvisoria, e il 16 novembre, dal tribunale di Palermo, venne condannato, con il beneficio della condizionale, a sei mesi di reclusione e ad una forte ammenda per il primo reato, mentre fu assolto della seconda imputazione.
Non poté così partecipare ai due grandi congressi che ebbero luogo a Palermo, il 21 e il 22 maggio, nel corso dei quali si costituiva in Sicilia la struttura del partito socialista, sulla base del programma di Genova, e si procedeva all'organizzazione e al coordinamento regionale del movimento dei Fasci. Nonostante la forzata assenza, il B. fu eletto nel comitato centrale della sezione siciliana dei Partito dei lavoratori italiani.
In questi congressi si delinearono due tendenze. La prima, che faceva capo a Rosario Garibaldi Bosco, sosteneva lo stretto coordinamento dei socialismo siciliano e del movimento dei Fasci con la centrale operaia di Milano e propugnava la tattica partecipazionista e gradualista propria degli appartenenti al gruppo turatiano de La Critica Sociale. La seconda tendenza, sostenuta da Giuseppe De Felice Giuffrida, proponeva la costituzione di un'organizzazione autonoma da quella nazionale ed era fautrice della tattica insurrezionale. Pur movendo da premesse teoriche diverse, il B. si avvicinava alla linea politica del gruppo di Bosco. Egli, infatti, come poi spiegherà ai giudici del tribunale militare, non credeva nella possibilità di una rivoluzione senza insurrezioni artnate, possibilità che era invece sostenuta dal Bosco e dalla maggioranza dei movimento dei Fasci; considerava, però, le rivoluzioni non eventi isolati, ma fattori del processo evolutivo dell'umanità, la cui attuabilità era condizionata dalla maturazione dell'ambiente economico e sociale, dalla quale non era lecito prescindere; tale maturazione, per il B., era ancora ben lontana dal compimento.
A fondamento dello sviluppo dei Fasci era il profondo e crescente disagio economico dei ceti isolani, sia artigiani sia bracciantili sia di piccoli proprietari. La rapida, impetuosa espansione, dai centri urbani in quelli rurali, che poneva problemi non semplici di coordinamento e di direzione, significava comunque che, nei Fasci, il malcontento trovava non solo una via di sbocco, ma, principahnente, il passaggio del movimento operaio siciliano da una fase generica, di indeterminatezza, a una forma politicizzata e organizzata. Ancora più di qualche successo socialista nelle elezioni amministrative svoltesi il 9 luglio 1893, spaventava la crescente, e ben presto estesissima e tumultuosa, agitazione per aumenti di mercede, miglioramenti di contratti agrari e - rivendicazione che ben presto diventò generale - diminuzioni dei dazi di consumo e delle tasse. Da una statistica infatti delle dimostrazioni e tumulti, sfociati spesso in conflitti sanguinosi con la forza pubblica, tra l'ottobre 1893 e il gennaio 1894 (cfr. E. La Loggia, I moti di Sicilia, in Giorn. degli Economisti, marzo 1894, pp. 230 ss.), appare che, sui 68 casi registrati, almeno 48 avevano questa motivazione.
Dopo la caduta del governo Giolitti (dimessosi il 28 nov. 1893), si ebbe un inasprimento dell'intervento della forza pubblica e della truppa. Il nuovo presidente del Consiglio Crispi fece approvare, il 25 dicembre, dal Consiglio dei ministri la proclamazione dello stato d'assedio in Sicilia.
Nella drammatica riunione del comitato centrale dei Fasci, che ebbe luogo il 13 genn. 1894, quando il generale R. Morra di Lavriano aveva assunto i pieni poteri, il B. fu contrario alla insurrezione immediata proposta da De Felice Giuffrida e sostenne la permanenza nella legalità con una semplice, anche se clamorosa, protesta contro la sanguinosa repressione in atto in vari centri rurali.
Arrestato, fu processato, insieme agli altri dirigenti dei Fasci, dal tribunale militare di Palermo, sotto l'accusa di cospirazione contro i poteri dello Stato e di eccitamento alla guerra civile, e condannato a dodici anni di reclusione e a due anni di sorveglianza speciale.
Dinanzi ai giudici il B. fu dignitoso e fiero: la sua Autodifesa, entrata nella agiografia socialista, fu una professione di fede nella cultura positivistica e negli ideali del movimento operaío, oltre a costituire un vero e proprio atto di accusa contro la borghesia. In essa egli fece l'apologia del nuovo significato, che, per il socialismo, assumevano le istituzioni civili, significato profondamente diverso da quello elaborato dalla borghesia che, dimentica della propria lotta contro le forme superate del passato, certa della immutabilità delle sue concezioni etiche e sociali, non avrebbe certo rinunciato a difenderle, con l'assoluzione dei nemici più conseguenti di esse. Il B. rinunciava, quíndi, a difendersi sul piano giuridico e, considerando la propria condanna un atto di legittima difesa da parte della borghesia, affidava alla storia la valutazione morale della sua condotta.
Nelle elezioni del maggio 1895, mentre era ancora detenuto, fu candidato protesta del Partito socialista nel V collegio di Milano e nel collegio di Cesena; vittorioso in entrambi, la sua elezione fu annullata dalla Giunta della Camera; ripetute le votazioni nel settembre dello stesso anno, il B. fu eletto ancora una volta nei due collegi. Non avendo optato, fu assegnato per sorteggio al collegio di Cesena; nel V collegio di Milano, rimasto libero, gli succedeva F. Turati, eletto per la prima volta alla Camera. Frattanto il B., amnistiato il 14 marzo 1896, si dedicava con impegno alla riorganizzazione del partito in Sicilia, che nel 1897 abbandonava temporaneamente per recarsi volontario a Candia durante la guerra greco-turca; rientrato in patria nel '98, veniva condannato ancora una volta a un anno di reclusione per attività sovversiva.
Nel settembre del 1900 fu eletto dal congresso di Roma membro della direzione nazionale del Partito socialista, secondo, con 102 voti, dopo Arnaldo Lecci che ne ebbe 108; nello stesso anno fu eletto deputato per la XXI legislatura dal collegio di Corato; era stato infatti scelto dal partito, a causa della sua profonda esperienza del mondo contadino, per diffondere le idee socialiste tra i braccianti pugliesi.
Sviluppando conseguenzialmente la sua concezione gradualistica del socialismo, appoggiò la linea politica di Turati, facendo blocco con questo e con Costa al congresso di Roma contro la corrente intransigente di E. Ferri. Fu, però, del pari avverso al riformismo, rappresentato in Sicilia da Alessandro Tasca di Cutò, l'aristocratico socialista. A causa di un violento scontro con questo, il B., alla fine del 1901, si dimise da deputato. A sostegno delle tesi ufficiali del partito ? intervenne anche nei dibattiti ideologici del tempo: notevole la sua partecipazione all'attacco condotto dai socialisti, tra la fine dell'800 e gli inizi del '900, contro Francesco Saverio Merlino, sostenitore di un socialismo anticollettivista e non classista che egli cercava di innestare sul vecchio ceppo dell'anarchismo meridionale.
Al congresso di Imola, nel settembre del 1902, nel corso del quale appoggiò ancora Turati contro Ferri, il B. tenne insieme con R. Rigola la vice presidenza dei lavori congressuali; ma non fu rieletto alla direzione del partito.
A partire dal 1903 si aprì un difficile periodo nella sua vita: egli venne in violento contrasto con gli organi centrali del Partito socialista, sempre in misura maggiore controllati dalla corrente intransigente del Ferri. A ciò si aggiunga una serie di screzi personali con i dirigenti della sezione socialista e con gli anuninistratori del comune di Piana dei Greci, che avevano preso il suo posto nel periodo in cui il B. si era trasferito in Puglia. La perdita della numerosa clientela professionale, infine, lo spinse a emigrare, nel 1904, negli Stati Uniti. Stabilitosi prima a New York e poi a Philadelphia, rimase coerente alle sue convinzioni: prese contatto con gli emigrati italiani anarchici e socialisti e divenne uno degli esponenti del movimento antireligioso che gli aderenti ai partiti operai, secondo i metodi di quel tempo, sostenevano negli Stati Uniti, in funzione classista e rivoluzionaria.
Nell'ottobre del 1907 ebbe un pubblico contraddittorio a Philadelphia con un pastore protestante, certo Buggelli, "sull'utilità della esistenza dell'idea di Dio, secondo le religioni rivelate"; i concetti sostenuti in questa occasione furono successivamente elaborati in una pubblicazione dal titolo Scienza e Fede, edita in lingua italiana dalla Social Printing Company di Philadelphia nel 1908. Essa continua a sostenere la teoria evoluzionistica applicata al problema, religioso. Di rilievo una Nota personale posta in appendice, nella quale il B. narra con accenti polemici le vicende che determinarono il suo allontanamento dall'Italia.
Rientrato in patria, il B. si inserì di nuovo nella lotta politica in occasione del congresso di Reggio Emilia dei luglio 1912, che sancì l'espulsione dei riformisti guidati da Bissolati e da Bonomi. Ancora una volta fu accanto a Turati, a differenza della stragrande maggioranza dei socialisti siciliani, che dettero vita a una delle più forti organizzazioni regionali del Partito socialista riformista; prese pubblicamente posizione contro Bissolati in una intervista a La Tribuna,concessa nel corso dei lavori congressuali.
Nel 1913 il Partito socialista italiano, per marcare il distacco di De Felice Giuffrida dal socialismo, portò il B. come proprio candidato nel collegio di Catania. Fu battuto (ebbe mille voti contro i cinquemila del suo avversario), ma gli elettori condannarono l'atteggiamento politico di De Felice Giuffrida con l'astensione in massa: su trentamila iscritti si ebbero, infatti, solo seimila votanti.
Gli ultimi anni di vita del B. non offrono avvenimenti di rilievo, ad eccezione del suo ultimo rientro alla Camera, nelle elezioni del 1919, quale deputato del collegio di Bari. In occasione del congresso di Livorno, del gennaio 1921, al quale non partecipò personalmente, appoggiò la linea del vecchio Costantino Lazzari, cui indirizzò una lettera per criticare la frazione scissionista.
Morì a Milano il 23 maggio 1923.
Tra le sue opere si ricordano: Scienza e fede, Philadelphia 1908; Nota personale, in app. a Scienza e Fede; Autodifesa dinanzi al Tribunale militare di Palermo, in Giornale di Sicilia,16-17 apr. 1894, parzial. riprodotto in Autodifese di militanti operai e democratici italiani davanti ai Tribunali, a cura di S. Merli, Milano 1958, pp. 65-72; Il socialismo difeso da N. B. al Tribunale di guerra, Roma 1895. Fu autore di numerosi articoli sociologici e politici, pubblicati in quotidiani e periodici come l'Avanti!, La Tribuna, L'Ora, la Rivista critica del Socialismo, la Rivista popolare ed altri, nel trentennio che va dal 1894 al 1920. Tra i più significativi: Perché e come sono socialista,lettera a F. S. Merlino, in Riv. critica del socialismo (Roma), febbraio-marzo 1899; Ai socialisti d'Italia, in Avanti!, 25 ag. 1902, riportato in L'Ora, 26-27 ag. 1902; Lettera di B. a Bissolati, in Avanti!, 4 sett. 1902, riportata in L'Ora,4-5 sett. 1902.
Bibl.: Molta bibliografia relativa al B. e ai Fasci, è indicata nelle note, cui si rimanda, dei lavori più utili, quali: S. M. Ganci, Il movimento dei Fasci nella provincia di Palermo, in Movimento operaio, VI (1954), pp. 859 ss., 974 s.; F. Renda, Il movimento contadino nella società siciliana, Palermo 1956, p. 124; L. Lotti, I Repubblicani in Romagna dal 1894 al 1915, Faenza 1957, pp. 68,79 ss. 89, 91 e passim; S.F. Romano, Storia della Sicilia post-unificazione, II, La Sicilia nell'ultimo ventennio del sec. XIX, Palermo 1958, passim; R. Colapietra, Leonida Bissolati, Milano 1958, pp. 60 nota 11, 68, 70; S. F. Romano, Storia dei Fasci siciliani, Bari 1959, passim; E.Santarelli, Il socialismo anarchico in Italia, Milano 1959, pp. 124 S.; Il Partito Socialista italiano nei suoi congressi, I, Milano 1959, pp. 48 ss., 64, 115, 146, 159, 164; 11, ibid. 1961, pp. 188, 206, 2 18; Quarant'anni di politica italiana, Dalle carte di Giovanni Giolitti, II, a cura di G. Carocci, Milano 1962, doc. 285, p. 176; Resoconto stenogr. del XVII Congresso Naz. del Partito Social. Ital. (Livorno 15-20 genn. 1921), Milano 1962,I, pp. 148, 150, s.