BARIANI, Nicolò
Figlio di Giovanni, nacque a Piacenza intorno alla metà del sec. XV. Entrato nell'Orcúne degli agostiniani eremiti, si addottorò in filosofia, teologia e diritto canonico. Nel 1482 lo troviamo a Pisa, reggente dei ginnasio nel convento di S. Nicolò; nello stesso anno tenne la "lectura philosophiae" nell'ateneo pisano.
La sua fama è legata principalmente alle controversie tra l'Ordine dei frati minori e quello degli agostiniani eremiti sul tema dell'usura, nelle quali si inserì cm un trattatello De Monte impietatis, l'opera sua più nota, dedicata al vescovo G. Albanesi e stampata a Cremma nel 1496 (l'epistola dedicatoria reca la data 10 giugno 1494), notevole espressime della problematica teorica provocata dal nuovo sviluppo dei Monti di Pietà.
L'istituzione francescana, infatti, sorta con finalità di beneficenza e caratterizzata nei primi decenni di vita dalla gratuità del prestito, si trovò ben presto a dover richiedere un interesse, sia per coprire le spese di esercizio, sia per assicurarsi contro il rischio della mancata restituzione. L'apposizione dell'interesse fu causa di violente dispute intorno alla natura giuridica e morale del fenomeno stesso, nelle quali furono parti i frati minori, da un lato, e, dall'altro, agostiniani e domenicani ligi alle interpretazioni più rigide della legislazione ecclesiastica e della scienza canonistica intorno al divieto evangelico dell'usura: la controversia fu risolta, come è noto, nel 1515 con la bolla Inter multiplices di Leone X. L'opera del B: si pone nella scia delle più intransigenti dottrine canonistiche medievali, facendo appello all'autorità del Panormitano e dell'Ostiense, oltreché di Girolamo, di Ambrogio, di Agostino e di Tommaso d'Aquino, per condannare il prestito feneratizio secondo la legge canonica e secondo la legge naturale.
Il nucleo del De monte impietatis è dunque rappresentato dalle argomentazioni intorno all'iwceità dell'interesse, contro le quali rivolgerà la sua polemica il minorita Bernardino de'Busti nell'operettadefensorium montis pietatis, Mediolani 1497- Per il B., che si rifà alle concezioni aristoteliche, il denaro altro non è che un mezzo di scambio e quindi per sua natura non può produrre frutti. Nel caso specifico dei "Montes", dunque, il versamento degli interessi da parte del debitore è sempre da considerarsi come compenso usurario: "Omnis realis venditio usus rei, que mutuatur est usura, quicquid de pretio ipsius sive bonum sive malum fiat" (p. 56). Né vale l'argomento dei minori, secondo i quali solo occasionalmente l'interesse appare come accessorio del prestito, essendo in realtà la controprestazione per l'opera degli impiegati dello stesso monte ("de summa illi denari qui exigitur pro Smigula libra pecuniae mutuatae a mutuatario singulo mense datur congruum salarium operariis et residuum restituitur aut datur pro dote pauperuni foeminarum"). Il B. oppone a questa tesi la constatazione che non si tratta d'un "duplex contractus", ma d'uno soltanto, giacché al variare della somma prestata corrisponde il variare dell'interesse p. 204).
Oltre a questo, altri problemi, tutti connessi in vario modo, vengono vagliati dal B. nel suo trattatello: i poteri normativi del papa in materia di usura e la più ampia questione sulla possibilità che il pontefice deroghi in un suo atto legislativo alla regolamentazione contenuta nella Scrittura che condanna il mutuo feneratizio; il prestito esercitato dagli ebrei e il potere che i governanti hanno di consentire tale attività se essa sia utile "ex causa publici boni"; l'eventuale liceità dei Monti, argomentata da una prassi che i frati minori fanno risalire ai miracoli avvenuti durante la vita di s. Francesco.
Nella stessa impostazione dei problemi morali e giuridici costruita dal B. si scorge il. contrasto, profondo,. tra due ordini religiosi nati in momenti storici diversissimi. L'uno, l'agostiniano, fondato su una regola dell'età patristica, aduso da secoli a una tradizione culturale permeata dall'esperienza classica greco-romana; l'altro, il minoritico, di formazione recente, aperto mediante la predicazione alle esigenze delle masse più bisognose. Ai frati minori l'istituzione assistenziale dei Monti appariva un rimedio necessario, e in quel momento l'apposizione dell'interesse costituiva la condizione imprescindibile per continuare, con qualche sicurezza, un'attività innovatrice estremamente esposta, per le sue stesse caratteristiche, al rischio d'una progressiva polverizzazione dei fondi.
Oltre all'edizione cremonese del 1496 l'opera del B. è riprodotta in un volume stampato a Lipsia nel 1670, che accoglie insieme i Montes pietatis di Doroteo Asciano (Mattia Zimmermann) e una Decisio contra Montes pietatis di Michele Papafava.
Un'altra controversia con i frati minori condusse ancora il B. a difendere le ragioni del suo Ordine. Una questione di precedenza era infatti sorta nel 1477 tra un convento di minori e uno di agostimani in una tale "terra Vitaliana": gli agostiniani allegavano la loro fondazione, più antica di trent'anni rispetto a quella del convento avversario, come titolo per essere anteposti ai minori nelle processioni e in altre pubbliche cerimonie. Nel corso della causa, "dellegata" a Cremona, noti giuristi del tempo e personalità illustri si pronunciarono a favore degli eremiti agostiniani, le cui ragioni furono sostenute dal B. in veste di avvocato. La sentenza, favorevole al suo Ordine, venne emanata dal delegato apostolico il 17 febbr. 1499. Il B. stesso volle raccogliere gli atti della controversia in un opuscolo dal titolo Causa Vitaliana de praecedentia heremitarum et minorum, dedicato al cardinale protettore del suo Ordine, R. Riario (Cremona 1508).
Volgendo al termine l'esposizione dei motivi da lui posti a fondamento della pretesa, il B. riporta i consilia scritti da quattro Viri illustres "in favorem nostrum": A. Stanga protonotario apostolico, G. Incisa della Rocchetta, A. Bassignaga professore "ordinario" di diritto canonico dell'università di Pavia, L. Decio professore "ordinario" di diritto civile nella stessa università; G. P. Sforzosi delegato apostolico e A. Manna sono pure ricordati per il loro parere favorevole al convento agostiniano. Non v'è traccia, in questa edizione, dei consigli di F. Decio, Giason del Maino e Felino Sandeo, che secondo alcuni biografi del B. (Mazzuchew, Fabroni, Perini) furono apposti in calce alla sentenza.
D'intenti pastorali è l'opera del B. Quadragesimale et Quodlibeta LXXVII Quaestionum Praedicabilium, Bononiae 1501.Altre due opere cita egli stesso nel De Monte impietatis e nel Quadragesimale: Commentaria super Logica Pauli Veneti (forse il testo delle sue lecturae pisane di filosofia) e Sanctuarium, Agiologius dietus, seu Conciones in festis Sanetorum.
Non si hanno altre notizie del B., se non che morì dopo il 1515.
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