BETTONI, Nicolò
Nato il 24 apr.1770 a Portogruaro (Venezia) da Giampietro e da Angela Zanon, figlia di Antonio, industriale e noto economista friulano, frequentò per un solo anno la facoltà giuridica dell'università di Padova; diciottenne cominciò a ricoprire incarichi amministrativi a Verona e a Udine, della cui provincia divenne poi amministratore: come tale ebbe più volte occasione d'intrattenersi con Napoleone, che a Udine aveva il suo quartier generale. Dopo la fine della Repubblica veneta (1797), non addolorato, come crede il Barbèra, anzi esaltato dall'astro napoleonico, si dimise dall'ufficio e fissò il domicilio nel territorio della Repubblica cisalpina. Fu chiamato nel 1800 a Brescia a ricoprire la carica di segretario generale della prefettura dei Mella; insoddisfatto di tal genere di lavoro, poiché gli era nato interesse per l'editoria chiese e ottenne (1803) la carica d'ispettore della tipografia dipartimentale insieme con la direzione dei Giornale ufficiale del Dipartimento. Le doti intellettuali del B. e la passione ch'egli mise nella nuova professione fecero della tipografia la migliore della Lombardia e del Veneto. Rifiutò la nomina a direttore della stamperia reale di Milano e ottenne nel i806 la proprietà di quella bresciana.
Intensa fa per circa un ventennio l'attività tipografica ed editoriale a Brescia, città che il B. considerò sempre come sua seconda patria.
L'infortunio di un arresto di otto giorni, subito nel 1806 perché, quale editore del Giornale ufficiale, aveva messo in bocca al viceré d'Italia una notizia non vera, non intaccò la stima generale né i favori dell'autorità politica, dalla quale nel marzo 1807 il B. ricevette una gratilica di 2000 lire milanesi. Del Foscolo fu ammiratore, amico e editore; ma i rapporti tra i due si guastarono in seguito alla disapprovazione manifestata dal poeta della pubblicazione bettoniana della tragedia postuma dell'Alfieri, Alceste, e a una incresciosa polemica, che si alimentò di motivi personali. Altra vivace polemica il B. sostenne con la vedova Pomba di Torino a proposito delle collezioni rivali, iniziate dai due editori, di classici latini (Saggio & guerra tipografica, Milano 1820).
Nel luglio 1809 il B. aveva aperto una seconda tipografia a Padova, col nome di "Nicolò Zanon Bettoni". Per incarico del prefetto del dipartimento del Brenta organizzò anche, in questa città, nel 1809 due compagnie scelte della Guardia nazionale su cui scrisse un opuscolo meritandosi gli elogi del Di Breme, ministro dell'Interno. Il ritorno degli Austriaci, nel novembre del 1813, non recò fastidi al B., sostenitore dei principio "che si deve obbedienza al governo sotto cui si vive"; nel dicembre 1815 la tipografia fu visitata dall'imperatore Francesco I. L'alto costo di alcune edizioni e l'incapacità amministrativa del B. lo involgevano, intanto, "nelle più noiose ed Miquietanti economiche faccende"; dové appoggiarsi ad alcuni soci, che divennero proprietari dell'officina: pur conservando il nome del B., essa aggiunse nel 1819 quello di Tipografia della Minerva, col quale visse ancora due anni.
Già dal 2 apr. 1810 una terza "tipografica colonia" il B. aveva aperto nel nascente centro industriale e culturale di Alvisopoli, voluto da Alvise Mocenigo; al fratello Giovanni cedette poi la direzione dell'azienda, di cui presto si disfece; nel 1814 l'officina fu trasferita a Venezia, dove mantenne il nome di Tipografia di Alvisopoli, acquistando fama per merito di Bartolomeo Gamba.
Nel 1810 il B. aveva preso in moglie la bresciana Maddalena Bellegrandi, l'unione fallì dopo otto anni; nacquero da essa quattro figli (Mémoires, p.12; il Barbera, p. 38, ne nomina cinque).
La fantasiosa intraprendenza dei B. guardava però a Milano come a sede ideale per ulteriori sviluppi della sua attività, e mentre decadevano o passavano in mani altrui le due tipografie di Padova e di Alvisopoli, nel 1819 fondò in quella città un nuovo stabilimento, che dopo solo due anni lavorava già con sedici torchi e cento operai. Nel 1826 egli ne creava un altro a Portogruaro coi nome di "N. Bettoni e figli" e con capitale fornito da una locale Società tipografica. Anche questa officina venne più tardi ceduta e trasferita a San Vito al Tagliamento.
Il decennio 1820-30 fu il più intenso e fecondo della sua attività, ma, nonostante il largo favore incontrato da edizioni generalmente indovinate, che s'indirizzavano a un pubblico vario, sollecitato da abili campagne pubblicitarie, e la devota, oculata collaborazione di Giacomo Mariutti, l'azienda milanese risentì dell'espansione eccessiva e della negligenza amministrativa dei Bettoni.
In una lettera dei 28 febbr. 1828 diretta a E. Carnevali il B. descrive lo stato di abbandono in cui aveva trovato la tipografia al ritorno da un soggiorno di alcuni mesi a Portogruaro e lo sforzo costatogli per riattivaria: il che gli riuscì assai bene, se in meno di un anno stampò oltre centomila volumi (soprattutto della Biblioteca Universale), venduti per i nove decimi.
Nel 1825, in occasione di una visita che Francesco I fece allo stabilimento per conoscere il nuovo torchio bettoniano Vite-et-bien, protetto dal brevetto imperiale, ottenne in prestito dal demanio la somma di 4.000 fiorini che non fu in grado di restituire.
Seguirono le varie tappe della decadenza della tipografia milanese: dai sequestri e dalle. spoliazioni da parte di un disonesto procuratore-cassiere alla cessione dell'amministrazione ai fratelli Ubicini, al ridimensionamento (giugno 1833), alla sospensione, per ordine superiore, della ditta Nicolò Bettoni e C. (21 nov. 1834) e alla gestione dell'officina, ancora per qualche anno, da parte degli incompetenti Ubicini. Per cause analoghe rovinavano contemporaneamente le tipografie di Brescia e di Portogruaro.
Nel maggio 1832 il B. aveva lasciato Milano per Firenze, dove si proponeva di dar vita a un nuovo grandioso progetto: la pubblicazione del Pantheon delle Nazioni, serie di ritratti di uomini illustri, incisi da noti artisti (pagò al Morghen 8.000 franchi un ritratto di Galileo) e accompagnati ciascuno da un elogio. Diffidenza di censori e lungaggini burocratiche nel sonnolento granducato ebbero ragione degli inguaribili entusiasmi del B., il quale però non partì da Firenze senz'avervi pubblicato, per la tipografia della Speranza, alcuni volumi di un Corso di studi per la gioventù italiana, che avrebbe dovuto comprenderne cinquanta. Nel settembre s'imbarcava per la Francia.
Il sessantaduenne B. giungeva a Parigi con intatto il carico d'illusioni circa il suo Panthéon des Nations e una collana di quaranta volunii, Cours d'étudès pour la Jeunesse franfaise: pubblicazioni per associazione e con vistosi premi, reclamizzate per mezzo di programmi e opuscoli.
La fama di cui il B. godeva negli ambienti intellettuali parigini (dov'era chiamato "le Didot d'Italie"), i contatti con illustri esponenti della colonia italiana, quali Piero Maroncelli e Giuseppe Orioli, gli approcci verso la corte e personalità politiche, i pro-memoria al ministro degli Interni A. Thiers, non ottennero i risultati sperati. I fratelli Didot, favorevoli in un primo momento ad associarsi con l'editore italiano per il Panthéon des Nations, non vollero poi più saperne; un articolo sul Constitutionnel biasimava aspramente il sistema dei premi e metteva in guardia il pubblico. Il B. non riuscì a collocare in anticipo un numero conveniente di copie del Panthéon, del quale uscirono solo quattro quaderni. Nel 1836 la sua immaginazione precipitosa gli fece concepire in un sol giorno, in tutti i particolari, il progetto (non realizzato) di una pubblicazione Faits et mémoires du général La Fayette, con premi da sorteggiare tra i sottoscrittori, e persino l'erezione di una statua in bronzo all'eroe. Pensava di fondare una Tipografia sociale, che desse lavoro a operai italiani; annunziò la ripresa del giornale L'Ape italiana rediviva (1836), la pubblicazione di sei tavole incise Panorama monumental de Paris,di una serie di trenta dedicate alla Iconographie et biographie des Francais illustres (1835).
Un "labirinto di disgrazie" - lunga malattia, debiti, usurai, false promesse, perdita di stima, miseria, perfino beffe e due giorni di prigione - afflissero gli ultimi tempi della vita del Bettoni. Tuttavia riuscì ancora a trovare qualcuno che riponesse fiducia in lui; sognava di poter dare esecuzione ai suoi due più ambiti progetti editoriali e ad altri che veniva ideando, pensando a un certo momento di trasferirsi in Inghilterra, quando, ammalatosi, mori il 19 nov. 1842.
Il B. incarna un tipo singolare d'industriale e di artigiano del libro, il quale, pur dovendo la fama alle opere in cui si distinse, suscita interesse per le circostanze e i modi delle realizzazioni e per la sua stessa personalità. Fu uomo di indubbia genialità e di ricca fantasia: ne son prova il torchio tipografico da lui ideato, che anticipava in qualche modo le moderne macchine tipografiche, ma soprattutto le molteplici, spesso fortunate iniziative editoriali e idee pubblicitarie, alcune delle quali precorritrici del futuro (numerosi Pantheon e Iconografie furono realizzati nel secolo, con successo, da editori italiani e francesi). Oltre al felice intuito dell'editore e al gusto dei tipografo procurarono al B. successo e fama tra i contemporanei il fascino personale e le eccezionali capacità.
Costose imprese, che lo accendevano di entusiasmo e nelle quali insistette oltre ogni ragionevolezza; mancanza di senso del liniite e delle proprie reali possibilità; incapacità amministrativa; fiducia riposta in individui che non la meritavano; prodigalità, ma anche "smania" di pagare i debiti; infine una vita di gaudente: furono queste le cause della sua rovina. Nel frequente cambiar di sede, più che un tradizionale costume di tipografo, è da vedere, insieme con la moltiplicazione incontrollata di case e officine, l'irrequietezza di uno spirito mai pago.
Nessun conto è da fare delle cosiddette opinioni filosofiche del B. - un volgare fatalismo con pretesa scoperta di una "grande verità" -, né delle sue qualità di scrittore, benché lo stile ridondante delle lettere, delle molte prefazioni, dei programmi e degli opuscoli pubblicitari sia sciolto e meno incondito di quello del Bodoni. Tradiscono notevoli letture, ma insieme una congenita illusione di grandezza, le numerose citazioni di celebri autori, che amava premettere a mo' di epigrafe in testa ai suoi brevi scritti, con scoperta allusione a sé e ai casi propri. Il modello foscoliano agì fortemente sul B.; dominato da ambizione, febbrile attività, fantasticherie e preoccupazioni finanziarie, egli non era uomo da atteggiamenti risoluti e coerenti in un periodo di sconvolgimenti politici. Seguì con giovanile entusiasmo Napoleone, che solo dopo il suo tramonto chiamò spergiuro; tributò poi ossequio, sollecitandone sussidi, all'imperatore d'Austria. Il servilismo verso i potenti gli fu aspramente rimproverato dal Foscolo nell'Ipercalisse.
Delle numerose amicizie e della profonda stima che professionalmente il B. godeva tra gli uomini politici e i maggiori esponenti della scienza e della letteratura sono testimonianza le centoquarantotto lettere indirizzategli e da lui pubblicate a Parigi nel 1836 col titolo Memorie biografiche di un tipografo italiano (seconda parte dei Mémoires biographiques): s'incontrano tra i corrispondenti i nomi di Bettinelli, Botta, Cesarotti, Monti, Pindemonte, Alessandro Verri e altri illustri, con apprezzamenti entusiastici per la sua arte: v'era chi esprimeva il parere, evidentemente errato, che le stampe bettoniane superassero quelle dei Bodoni; il nome di costui, accanto a quelli di Aldo e dei Didot, ricorre sovente in lusinghieri confronti.
Non esiste un catalogo completo delle edizioni bettoniane; l'unico parziale è quello pubblicato in appendice alla monografia del Barbera, dovuto alle ricerche di Levino Robecchi. Il B. stesso assicura che dai suoi numerosi torchi uscirono più di cinque milioni di libri: il che significa poco, non conoscendosi delle varie edizioni le relative tirature.
Della produzione delle differenti tipografie del B. si accenna qui separatamente. Quella della bresciana Tipografia dipartimentale del Mella ha un doppio carattere, ufficiale-amministrativo e culturale: al primo appartiene anzitutto il Giornale ufficiale del Dipartimerito; il secondo prevale dopo che nel 1806 il B. divenne proprietario dell'officina e editore per proprio conto; nel 1509 egli assunse anche la stampa dei Commentarii dell'Accademia di lettere, scienze… del Dipartimento (dal 1812 Ateneo di Brescia). Le edizioni bresciane sono in parte d'interesse locale: autori, storia, letteratura, agricoltura; in parte di letteratura italiana e straniera, medicina, scienze varie, diritto. Della collezione Classiciitaliani volgarizzati con testo a fronte (1805-1808) uscirono pochissimi volumi; dell'altra Classicorum latinorum nova editio cum notis et commentariis (1819 ss.) solo il primo fu pubblicato a Brescia e altri quattro a Milano. Si segnalano tra le edizioni bresciane, per mole o importanza: Storia romana di Livio, tradotta da L. Mabil (1804-18, voll. 39), Esperimento di traduzione della Iliade d'Omero del Foscolo (1807), Dei Sepolcri dello stesso (1807) e Iliade tradotta dal Monti (1810, voll. 3), I secoli della letteratura italiana di G. B. Corniani (1818-19, voli. 9). La Storia ecclesiastica di C. Fleury (voll. 52), tradotta da G. Gozzi, uscì negli anni 1825-34, dopo cioè che il B. aveva lasciato l'azienda.
La produzione della ditta padovana "N. Zanon Bettoni" copre poco più di un decennio ed è notevolmente inferiore a quella di Brescia. Nello stesso anno in cui fondò la tipografia il B. dette vita al settimanale Telegrafo del Brenta, avente carattere ufficioso: benché compilato per lo più di seconda mano, esso fu il primo giornale padovano di qualche rilievo (Cella); dopo il ritorno degli Austriaci, assunse il titolo Il Nuovo Postiglione.Oltre a stampe di carattere aniministrativo e ufficiale e agli Atti dell'Accademia di scienze, lettere ed arti, uscirono dalla officina padovana opere di vario carattere locale, letterario e scientifico, d'interesse universitario; inoltre, a dispense, serie illustrate da ottimi artisti di vite e ritratti, che per l'alto costo delle incisioni e lo scarso successo di vendita furono in parte presto interrotte e si dimostrarono tra le più sfortunate imprese editoriali del B., anche se ne accrebbero la fama di eccellente tipografo: Vite e ritratti di illustri italiani (Padova e Milano 1812-20); Vite e ritratti di cento uomini illustri (18 16 ss.); Venti ritratti d'illustri italiani viventi (1816); Vite e ritratti di donne illustri (1817 ss.). Appartengono all'ultimo periodo della tipografia padovana, quando già aveva cambiato nome, i sedici voli. delle Opere di Gaspare Gozzi (1818-20) e i tredici delle Lettere di Cicerone tradotte dal Mabil (1819-21).
Per il triennio della stentata azienda alvisopolitana sono da ricordare il poemetto Il Friuli di P. Maniago (1810) e Le api panacridi in Alvisopoli di V. Monti (1811, pubbl. col nome dei tipografo G. Zambaldi).
L'ampio sviluppo dell'azienda milanese, oltreché dalle sue dimensioni, è documentato dal numero delle edizioni, concepite e inserite in numerose collane, differenti per carattere, consistenza e fortuna. Delle quindici progettate o iniziate ricorderemo soltanto: Biblioteca storica di tutte le nazioni,dalla quale furono esclusi gli storici greci, oggetto di una contemporanea collana del Sonzogno; Biblioteca portatile latina, italiana e francese; Classica biblioteca italiana antica e moderna, "senza errori di stampa" (sette autori in sedici volumi); Biblioteca universale di scelta letteratura antica e moderna…, che accolse il maggior numero di opere; Biblioteca enciclopedica italiana, iniziata nel 1828: ogni volume in 40, a due colonne, comprendeva più testi, spesso più autori affini; la stessa composizione tipografica, diversamente impaginata, serviva alla Libreria economica, di cui usciva un volumetto per settimana; Teatro portatile economico (100 volumetti), di cui una seconda serie fu dedicata alle Commedie del Goldoni.
Delle numerose opere fuori collezione ricordiamo Dictionnaire abrégé des sciences médicales (1821-26, voll. 14), Corso di storia generale antica e moderna di C. Millot (1823-30, voll. 15) e Opere di E. Q. Visconti in due separate edizioni, in italiano e in francese: il B. ideò e diresse "fin da principio il lavoro, la forma e le particolarità dell'edizione", che affidò alla tipografia De Stefanis, e di cui il solo primo volume reca il nome del B., mentre gli altri furono editi dal Giegler e dalla Società dei classici italiani (1818-35, voll. 18).
Insignificante per mole è la produzione della tipografia di Portogruaro: di una Biblioteca portatile di agricoltura pratica (1826) uscirono appena due volumi; riprendendo l'attività nel 1829 iniziò la raccolta Fiore degli oratori sacri italiani. Dei tentativi, più che vere e proprie realizzazioni editoriali, di Firenze e Parigi s'è già fatto parola.
Nessuna delle numerose collane del B. raggiunse la mole e la diffusione della celebre Biblioteca scelta di opere italiane antiche e moderne del Silvestri (736 voll.), la produzione dei quale, se non per qualità di testi, presenta per concezione editoriale e veste tipografica un'assai maggiore omogeneità - sia pure a un livello modesto - di quella bettoniana. Col Silvestri, comunque, oltreché col Sonzogno e con lo Stella di Milano, col torinese Pomba, coi veneziani Antonelli e Gamba, il B. divide il grande merito di avere, nella prima generazione del Risorgimento, divulgato quel che si poteva della moderna cultura europea e del patrimonio intellettuale della nazione. La grande varietà nel carattere editoriale, nei formati, e quindi nei costi, delle collezioni bettoniane dimostra, oltre all'inventività dell'editore, il suo proposito di raggiungere un pubblico di differenti livelli e possibilità economiche: la Divina Commedia è presente in cinque diverse collane, l'Orlando furioso e la Gerusalemme liberata in quattro; più volte furono pubblicati Cicerone, Sallustio, Virgilio. I tempi non erano ancora maturi per accogliere certe idee innovatrici del B. in campo editoriale e commerciale; né il mercato librario, in Italia e in Francia, era in grado di assorbire nella misura, necessaria, per ripagarne l'alto costo, eleganti, vistose collane, differenti dalle ricercatissime edizioni bodoniane per bibliofili, in pochi esemplari.
L'ingenua presunzione, più volte espressa, di produrre edizioni * senza errori * dimostra l'impegno che il B. metteva nel curarle; quanto alla correttezza dei testi, benché manchino studi in proposito, è suo merito l'avere sollecitato la collaborazione di illustri letterati; dal 1830 Achille Mauri diresse le collezioni Biblioteca enciclopedica italiana, Libreria economica e Biblioteca universale, scrivendo apprezzate prefazioni a tutte le opere.
Come tipografo, il B. fu tra i primi bodoniani più intelligenti e più fini: romantico di temperamento, fu di gusto rigorosamente neoclassico. Anche se nella incisione e nella fusione i caratteri non possono competere con quelli del maestro (il B. non ebbe fonderia propria e, nonostante il proposito espresso nel 1821, non sembra acquistasse matrici bodoniane), lo stile bodoniano è evidente nel disegno dei caratteri stessi e nell'estetica dei frontespizi. Consapevole, anzi fautore dei nuovi indirizzi editoriali, divulgativi e perfino popolari, il B. fece del suo meglio per sposare il severo, aristocratico gusto del maestro di Parma a un'editoria commerciale; tuttavia il corpo dei caratteri di testo, l'impaginazione, la larghezza dei margini, la qualità stessa della carta non potevano non essere condizionati dalle tirature e dal basso costo delle edizioni. Tra le collezioni eccellenti sono quella padovana Vite e ritratti d'illustri italiani e la diversa Classica biblioteca italiana antica e moderna pubblicata a Milano. I libri appartenenti a collane avevano di solito doppio frontespizio coi due rispettivi titoli; le incisioni in antiporta. Anche la collana di piccolo formato Vite e ritratti di uomini celebri di tutti i tempi e di tutte le nazioni (duecento brevi biografie, con ritratti, raccolte in venti volumi, Milano 1820-22) è semplice, di buon gusto e con ritratti assai fini. Tra le edizioni fuori collana, oltre a quelle citate dei Sepolcri del Foscolo, dell'Iliade montiana, del Friuli del Maniago e delle Opere del Visconti, ci si limita a segnalare Il Calomero di F. Schizzi (Milano 1822). I piccoli fregi che adornano alcuni frontespizi sono di squisito gusto neoclassico: tale va considerata anche la elegante marca tipografica col medaglione di Franklin presente in alcune edizioni (l'altra è l'aquila).
Un'influenza del Bodoni è pure riconoscibile nell'uso di stampare copie su carta speciale: l'Esperimento di traduzione dalla Iliade di Omero del Foscolo fu tirato su carta ordinaria e velina, e in formati sotto-imperiale e in 4°; in pergamena alcune copie della Pronea del Cesarotti (Brescia 1807); esemplari di altre edizioni su carta grande, talune a tiratura limitata.
Un elenco dei numerosi, brevi scritti del B., pubblicati per la maggior parte in forma di lettere, intorno a fatti della propria vita, a illustrazione e a difesa delle proprie edizioni e su argomenti vari, è in Barbèra, pp. 104-107. Di quelli relativi all'attività editoriale si citano qui: Lettere sull'Alceste Seconda. Tragedia postuma di Vittorio Alfieri, Brescia 1808; Saggio di guerra tipografica, Milano 1820; Lettere tipografiche da Milano, Milano 1821; Sul nuovo torchio bettoniano con cilindro, Milano 1825; Ultima lettera tipografica da Milano (a Eutimo Carnevali), Milano 1828 (rist. da G. Cattaneo de' Figini in Arte della Stampa,III[1872], n. 11, pp. 84-85); Mémoires biographiques d'un typographe italien, Paris 1835 (contiene undici lunghe lettere di contenuto autobiografico e in appendice Dialogue possible entre le Ministre de l'Intérieur d'une grande et genéreuse Nation et l'éditeur du Panthéon des Nations); inoltre le Memorie biografiche, già citate.
Bibl.: Le vecchie Memorie biografiche di N. B.di A. Zambaldi, San Vito 1845 (per tacere di scritti più brevi), sono superate dalla monografia, tuttora fondamentale, di P. Barbèra, N. B. Avventure di un editore, Firenze 1892 (rist. in Editori e autori, Firenze 1904, pp. 28-105). Derivano in gran parte dalla monografia del Barbèra l'art. di T. Bozza, N. B. tipografo editore, in Emporium,LXXXIV (1936), pp. 337-45, e le notizie sulle principali collezioni dei B. contenute in G. Consoli Fiego. Le raccolte di classici italiani (1500-1914), Napoli 1939, I, pp. 158-171. Sul periodo padovano dell'attività del B. v. E. Cavallini, La stampa a Padova nei secc. XIX e XX, in Libri e stampatori in Padova…, Padova 1959, pp. 36-41, e S. Cella, N. B. a Padova. ibid., pp. 71-80. Sulla tipografia di Alvisopoli v. lo studio fondamentale di N. Vianello, La Tipografia di Alvisopoli e gli annali delle sue pubblicazioni, Firenze 1967. Osservazioni estetiche su B. tipografo in F. Riva. Il libro italiano. Saggio, storico tecnico,1800-1965, Milano 1966, p. 21 e passim.