RIO, Nicolo da
RIO, Nicolò da. – Nacque a Padova il 5 agosto 1765, primogenito di Girolamo, membro di nobile famiglia padovana, e di Maria Campelli.
Con il fratello Girolamo ebbe come precettori l’abate Girolamo Ruggia e il gesuita Clemente Bondi, che lo guidarono nello studio del latino e della letteratura classica. In seguito, gli interessi del giovane conte da Rio si incentrarono sulle scienze naturali, in particolare su geologia e mineralogia. Verso la fine degli anni Ottanta, i fecondi rapporti intellettuali con alcuni naturalisti veneti – tra cui Alberto Fortis, Giuseppe Olivi e Antonio Carlo Dondi Orologio – lo introdussero alla pratica della ricerca geologica sul campo e lo sollecitarono a intraprendere le prime ‘montanistiche escursioni’ sui Colli Euganei (di cui iniziò anche a misurare l’altitudine), nelle Prealpi vicentine e in altre aree montuose del Veneto e del Friuli.
Nel 1791, all’età di 26 anni, da Rio fu nominato socio dell’Accademia di scienze, lettere ed arti di Padova, dove presentò una memoria (Alcune colline ghiajose del Friuli), rimasta inedita. Nello stesso anno pubblicò il suo primo saggio scientifico, le Notizie oritografiche sopra la valle di Valdagno, indirizzate a Giuseppe Olivi in una lettera del 27 agosto 1791, pubblicata nel periodico milanese Opuscoli scelti sulle scienze e sulle arti (XIV (1791), pp. 346-357).
Qui – riprendendo e verificando sul terreno le osservazioni litologiche del medico valdagnese Girolamo Festari, la classificazione litostratigrafica che Giovanni Arduino aveva elaborato proprio sui rilievi di questa valle vicentina nel 1758 e le teorie vulcaniste di Fortis – da Rio confermava l’esistenza di «monti marino-vulcanici», «frequenti vene di lava», «un’alternativa di strati calcarei, e strati vulcanici» con continui «innesti della lava», a dimostrazione non solo di «interrotte eruzioni submarine», ma soprattutto di un’intensa azione orogenetica dei «fuochi sotterranei», che aveva determinato fratture, sollevamenti, capovolgimenti e sconnessioni nell’ordine degli strati, fino all’innalzamento di «pichi vulcanici» (pp. 349-353). La posizione vulcanista di da Rio veniva confermata anche dalle sue riflessioni sull’origine dei gruppi di basalto colonnare osservati sui monti del Vicentino, definiti «lave figurate» prodotte dal «fuoco di sotterra», diversamente dai basalti formatisi in seguito a una «precipitazione per via umida» descritti dal celebre mineralista tedesco Abraham Gottlob Werner a Scheibenberg in Sassonia (pp. 354 s.). L’apprezzamento, sia pure parziale, di Alberto Fortis per i risultati delle ricerche del giovane studioso padovano si concretò nella traduzione in francese delle Notizie oritografiche e nella loro pubblicazione all’interno delle Mémoires pour servir à l’histoire naturelle, et principalement à l’oryctographie de l’Italie et des pays adjacents (I, Paris 1802, pp. 340-359).
Nel corso degli anni Novanta, dopo il matrimonio, nel 1795, con la marchesa Anna de’ Lazzara Brusantini Roberti, da Rio si avvicinò allo studio della chimica, al fine di approfondire le sue ricerche mineralogiche, adottando le teorie di Antoine-Laurent de Lavoisier e di Louis Nicolas Vauquelin. Nei pressi della sua abitazione in Padova, attrezzò a proprie spese un laboratorio dove, oltre a replicare gli esperimenti degli scienziati francesi, teneva regolarmente lezioni pubbliche sull’utilità pratica delle scienze chimiche. La sua adesione alla nuova chimica lavoisieriana gli valse l’avversione di Marco Carburi, professore di chimica all’Università di Padova dal 1760 al 1798, anno in cui da Rio pubblicò per i suoi allievi un agile manuale dal titolo Introduzione alla chimica, non a caso definito da Ignazio Cantù «libretto elementare che si trovò utilissimo per la diffusione de’ principi chimici lavoisiani che in allora rinnovarono la faccia della chimica» (1845, p. 163). Questi interessi condussero da Rio a presentare nel 1804 una memoria Intorno la denominazione e la classificazione degli odori alla prestigiosa Società italiana delle scienze, che la pubblicò nelle Memorie di matematica e di fisica (XI (1804), pp. 564-578).
All’inizio dell’Ottocento da Rio intraprese inoltre con il fratello Girolamo la compilazione di un nuovo periodico, il Giornale dell’italiana letteratura, che fu pubblicato a Padova dal 1802 al 1828 con l’intento di presentare soprattutto recensioni di libri di autori italiani, ma anche «notizie letterarie», «produzioni dell’arti» e «alcuni nuovi opuscoli», ovvero saggi originali soprattutto di carattere scientifico (Discorso preliminare, I (1802), p. 13). Negli scritti di argomento geologico, inseriti nei primi volumi del Giornale, da Rio mostrava di aver gradualmente maturato una convinta adesione alle teorie litogenetiche werneriane, che lo avevano condotto a una decisa revisione delle sue iniziali riflessioni sulla formazione delle rocce vulcaniche: non a caso, nel recensire le Mémoires pour servir à l’histoire naturelle di Fortis (Giornale, XI (1805), pp. 34-50), ne criticava l’impostazione eccessivamente vulcanista richiamando invece la validità dei «principi werneriani» nell’interpretazione dell’origine sedimentaria del basalto di «duplice formazione», precedente e posteriore alle rocce calcaree.
Negli anni seguenti queste posizioni si rafforzarono con la pubblicazione del saggio Dell’origine dei ciottoli (Giornale, XXIII (1808) pp. 97-113).
I ciottoli sono considerati non prevalentemente come il prodotto di un’attività erosiva e modellatrice delle acque dei torrenti e dei fiumi, ma in quanto materiale costitutivo di veri e propri rilievi collinari («colline ghiajose»), «come effetto di quella grande rivoluzione terrestre accaduta nell’epoca in cui il mare che copriva per lo meno le più alte montagne del globo, nelle quali si rinvengono vestigj di corpi marini, precipitossi all’improvviso con orrenda fuga negli spalancati abissi» (pp. 108 s.). A questa impostazione nettunista da Rio continuò a far riferimento anche in scritti successivi, in particolare nella memoria Sopra la così detta masegna dei monti Euganei, pubblicata nelle Memorie di matematica e fisica della Società italiana delle scienze (XV (1810), 2, pp. 139-165) con l’approvazione dell’autorevole geologo diluvialista Ermenegildo Pini: qui si negava decisamente l’origine ignea della trachite o «masegna», considerata non una lava, ma un porfido primitivo «d’antichissima formazione» e quindi, come affermava Werner, formatosi per cristallizzazione in un fluido, «che ha preesistito ai vulcani, i quali in tempi posteriori, benché peraltro da noi remotissimi, arsero sui Monti Euganei» (p. 165).
Negli anni successivi, la riconsiderazione sul terreno di questi fenomeni vulcanici (peraltro mai completamente negati) in seguito a nuove indagini sulla litologia e sulla stratigrafia dei Colli Euganei, condusse tuttavia da Rio ad abbandonare gradualmente le teorie nettuniste. Tale scelta fu favorita anche dal contestuale declino della ‘scuola di Freiberg’ werneriana in Europa nel corso soprattutto degli anni Venti. Ne sono testimonianza nuovi studi sulla trachite in rapporto alle sedimentazioni calcaree negli Euganei, presentati all’Accademia delle scienze di Torino nel giugno del 1831 (in Memorie della Reale Accademie delle scienze di Torino, XXXVI (1833), pp. 217-214), ma soprattutto la pubblicazione della Orittologia euganea (Padova 1836).
In questa monografia, arricchita da una carta topografico-petrografica e da alcuni profili geologici dei Colli Euganei (con indicazioni delle diverse altitudini), da Rio tornava a sottolineare l’importanza dell’origine vulcanica («vulcaneità») di questi rilievi, evidenziando correttamente la loro formazione, dovuta a un sollevamento magmatico senza espansione, in cui la trachite «emerse dal suolo senza espandersi o colare […] sollevò, e fece deviare dall’orizzontale posizione originaria le stratificazioni calcarie» (p. 130). Inoltre, da Rio individuava una serie di eruzioni vulcaniche, successive all’emersione della trachite, che avevano modificato quest’ultima e altre rocce producendo perlite, basalti, «lave porose» e «trappi». L’Orittologia ricevette una buona accoglienza da parte di diversi geologi emergenti come Lodovico Pasini (che lo definì «eccellente libro», 1845, p. 420), Achille de Zigno (un «bel ouvrage», 1845, p. 2) e più tardi Giovanni Omboni (1863).
Nel 1842 da Rio partecipò attivamente, in qualità di assessore, all’organizzazione del quarto Congresso degli scienziati italiani a Padova e contribuì alla preparazione della guida offerta ai partecipanti con un testo sulla geologia, sull’idrografia, sull’agricoltura, sul commercio e sull’industria del territorio patavino.
Nel corso della sua vita da Rio ricoprì diverse cariche istituzionali e pubbliche: durante il periodo napoleonico fu ispettore ai boschi dei dipartimenti Brenta, Bacchiglione e Adige; dopo il ritorno degli austriaci a Padova fu intendente delle finanze, sovrintendente alle vettovaglie, deputato all’oro e all’argento del Monte di pietà, provveditore alla Pubblica sanità, quindi direttore dello studio filosofico e matematico dell’Università di Padova. Fu inoltre insignito dell’onorificenza di cavaliere di terza classe dell’I. R. Ordine austriaco della corona ferrea. Fu membro di società e istituzioni scientifiche italiane ed europee, tra cui l’Istituto veneto, l’Accademia delle scienze di Bologna, l’Accademia delle scienze di Torino, l’Accademia Gioenia di scienze naturali di Catania, la Societät für die gesammte Mineralogie di Jena, la Société géologique de France, la Societas caesarea naturae curiosorum di Mosca.
Morì a Padova il 12 aprile 1845.
Fin dagli anni delle sue prime indagini sul terreno, da Rio aveva raccolto una notevole collezione geologica, ordinata secondo la classificazione mineralogica del cristallografo francese René-Just Haüy, composta di esemplari di rocce magmatiche e sedimentarie, fossili (in particolare coralli) e minerali provenienti prevalentemente dai Colli Euganei e da altre località venete (Notizia del gabinetto mineralogico del signor Nicolò da Rio, in Giornale dell’italiana letteratura, s. 2, II (1812), pp. 348-363). Nel 1888 la collezione, costituita da circa 4000 pezzi, fu donata dalla nipote Anna da Rio al Museo civico di Padova e dal 1989 si trova esposta, nelle sue bacheche originali, presso il Museo geopaleontologico di Cava Bomba a Cinto Euganeo.
Fonti e Bibl.: Lettere e manoscritti di Nicolò da Rio sono conservati in: Adria, Biblioteca comunale; Chioggia, Biblioteca civica; Firenze, Biblioteca nazionale centrale (Carteggi vari); Napoli, Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III (Carte Teodoro Monticelli); Padova, Biblioteca civica; Biblioteca universitaria (Carteggio Catullo); Rovigo, Biblioteca dell’Accademia dei Concordi (Fondo Concordiano); Venezia, Biblioteca del Museo di storia naturale (Fondo Contarini). Una lista dei manoscritti inediti (soprattutto memorie lette in varie sedute accademiche) e delle opere a stampa si trova in Vedova, 1836, pp. 159-163; Pasini, 1845, pp. 422-427; Menin, 1845, pp. 29-32.
L. Pilla, Cenno storico sui progressi della orittognosia e della geognosia in Italia, in Il Progresso delle scienze, delle lettere e delle arti, III (1832), pp. 206-208; G. Vedova, Biografia degli scrittori padovani, II, Padova 1836, pp. 159-163; I. Cantù, L’Italia scientifica contemporanea, notizie sugli italiani ascritti ai primi cinque congressi, Milano 1844, pp. 162 s.; L. Menin, Elogio funebre del cavalliere N. da-R., Padova 1845; A. de Zigno, Notice lue à la Société géologique de France, le 16 juin 1845, à l’occasion du décès de M. le comte de R., in Bulletin de la Société géologique de France, XII (1845), pp. 1-3 (inserto tra le pp. 492 e 493); C. Salina, Lettera al cav. prof. A. Alessandrini e L. Pasini, Lettera al signor prof. T. A. Catullo, con Nota delle memorie edite, ed inedite del c. N. da R., in Nuovi annali delle scienze naturali, s. 2, III (1845), pp. 417-427; G. Omboni, Bibliografia delle principali opere finora pubblicate sulla geologia del Veneto, in Atti della Società Italiana di scienze naturali, V (1863), pp. 377-379; G. Dal Piaz, L’Università di Padova e la scuola veneta nello sviluppo e nel progresso delle scienze geologiche, Padova 1922, p. 29; E. Vaccari, Geologia e attività mineraria in Italia settentrionale tra Settecento ed Ottocento: l’influenza della «scuola di Freiberg» su alcuni scienziati italiani, in Nuncius, VII (1992), 1, pp. 101-106; F. Colombara - A. Pignataro - A. Pettenella, Una giornata a Cava Bomba e Monte Cinto, Verona 1995, pp. 39-42; L. Pigatto, N. da R., in Professori di materie scientifiche all’Università di Padova nell’Ottocento, a cura di S. Casellato - L. Pigatto, Trieste 1996, pp. 215-217; L. Fabris, Mineralogia Euganea tra storia e scienza, Cittadella 2011, passim.