DAL DITO, Nicolò
Nacque a Rimini da Pietro intorno al 1416, come si deduce dal suo curriculum studii.
Il padre, "Petrus quondam Didi", era originario di Corpolò (prov. di Forli), ma si era trasferito a Rimini, dove esercitava la professione di notaio, a quanto risulta da alcune pergamene che vanno dal 1383 al 1433 conservate presso la Biblioteca civica Gambalunga di Rimini. Il patronimico dell'avo, usato ad es. nel 1436 ("Nicolaus quondam ser Didi"), divenne poi cognome, tanto è vero che nel 1474 il D. si firma "Ego Nicolaus Dido de Ariminio".
Da Rimini il D. si trasferì nella vicina Bologna per frequentare la facoltà delle arti, e la sua presenza nella città come "studens in artibus" è confermata dal testamento (21 luglio 1436) di Giacoma, vedova di Bartolomeo Ghislardi, in cui Nicolò era designato a ricevere un lascito di 25 lire di bolognini (Chartularium, p. 316). Per il 1438-39 fu incaricato "ad. lecturam astrologiae", un corso che secondo gli statuti prevedeva la redazione annuale di un o "iudicium" e di un "tacuinus", cioè le previsioni e la descrizione dell'aspetto dei pianeti: quindi è probabile che a questa data avesse già conseguito la laurea. Non sono registrati altri suoi insegnamenti, ma nel 1442, ormai "doctor artium", nonché "rector medicorum et artistarum. Bononiae studentium", è presente a Bologna come testimone alla laurea in diritto civile (17 maggio 1442) di Galeazzo Butrigariis (Bottrigari: cfr. Piana, II, p. 259).
Lasciato l'insegnamento, dovette ben presto tornare a Rimini, dove svolse esclusivamente la professione di medico: il 2 giugno 1446 Sigismondo Pandolfo Malatesta, signore di Rimini, gli donò un pezzo di terra (Rimini, Archivio notarile, Atti Francesco Papone, filza 1445-47, c. 57r), segno questo che il D. aveva già probabilmente iniziato ad esercitare come medico presso la corte.
Alla nascente e sempre più rigogliosa vita letteraria e artistica, patrocinata e voluta da Sigismondo, il D. si mostrò particolarmente legato e forse, non sappiamo in quale misura, ne fu anche protagonista. Infatti Benedetto da Cesena nel De honore mulierum composto tra il 1452 e il 1455 (v. Diz. biogr. d. Ital., VIII, p. 428) lo definisce "docto et prudente et in ogni gesto humile" (Bibl. Apost. Vat., Barb. lat. 4004, f. 104v) e lo stesso Roberto Orsi gli indirizza un'elegia di 34 versi in cui ne esalta la cultura e le capacità professionali (Ibid., Ottob. lat. 2863, ff. 28r-29r). È certo che il D. apparteneva al gruppo dei personaggi più eminenti di Rimini: già il 15 febbr. 1448 egli, come registra l'anonima Cronaca malatestiana, accoglieva nella sua casa, "in lo borgo de San Giuliano", uno dei quartieri più antichi (cfr. L. e C. Tonini, Guida stor.-artist. di Rimini, Rimini 1904, pp. 52 s.), Giovanni Francesco da Piagnano, condotticro di Malatesta de' Malatesti di Cesena. Il 3 dic. 1451, negli anni in cui a Rimini si costruiva il tempio malatestiano, il D. fu arbitro di una lite tra Matteo de' Pasti e il fratello Bartolomeo (Rimini, Arch. not., Atti Gaspare Fagnani, filza 1446-54, c. 27r). Il 20 luglio 1462 fu designato esecutore testamentario del vescovo di Rimini, Egidio da Carpi.
La sua fama si estese anche al di fuori di Rimini: Francesco Filelfo, infatti, gli scriveva da Milano l'11 febbr. 1455 perché aveva saputo che il D. possedeva un codice del De angelis di Alberto Magno; e i rapporti tra i due non dovevano essere episodici se il Filelfo nella medesima lettera gli preannunciava che sarebbe giunto da lui il figlio Senofonte, di ritorno da Napoli, cui il D. avrebbe potuto affidare il codice stesso oppure una lettera (F. Philelphi Epistolarum familiarum libri XXXVII, Venetiis 1502, f. 88v). Ed è probabile che già a questa data il D. avesse frequenti contatti con un famoso riminese, quel Giovanni di Marco, raccoglitore di codici, che era al servizio dei Malatesta di Cesena. Al prestigio sociale si accompagnava per il D. anche quello economico: già il 5 maggio 1461 costituì una società "in arte et exercitio speciariae" (Rimini, Arch. notarile, AttiGaspare Fagnani, filza 1461-62, c. 65r), ed almeno dal 1463 cambiò la sua abitazione e si stabilì nella contrada S. Martino (ibid., filza 1454-573 c. 163v). Contrasse matrimonio, non sappiamo a quale data, con Francesca, figlia di ser Giuliano di Santarcangelo, e da lei ebbe due figli, Raffaele, che sposò Isotta. figlia dei conte Taddeo Manfredi, e Maddalena, che sposò il medico riminese Giuliano di Gentile Arnolfi.
Dopo il 1465 il D. si trasferì a Roma al servizio del pontefice: 2, tale decisione aveva contribuito senza dubbio la sua fama di medico, ma, forse indirettamente, anche la fine del sogno di Sigismondo Pandolfo Malatesta, ormai sconfitto da Federico da Montefeltro e assoggettato alla Chiesa.
In qualità di medico di Paolo II, il D. ricevette il 19 sett. 1467 dal tesoriere della Camera apostolica la somma di 11 fiorini destinata ad un viaggio a Rieti, dove fu inviato Per curare Sigismondo allora malato (Arch. Segr. Vat., Introitus et exitus.; 471, c. 137v); ed è probabile che con Sigismondo, residente a Roma nel 1467 e nel 1468 presso la casa di Giovanni Toscanella nel rione Colonna (Arch. di Stato di Roma, Camerale, I, 841, cc. 176v, 261v; 842, c. 43r), il D. si fosse più volte incontrato, in nome dell'antica amicizia e nel ricordo della splendente corte riminese. A Roma insegnò allo Studium Urbis; a suo nome è registrato un pagamento di 133 fiorini per il 1473 come lettore di medicina pratica e una identica somma per il 1474 come straordinario di medicina per la mattina. Tra i suoi discepoli ne ricordano l'insegnamento johannes Vynck (cfr. Th. Reinesii Epistolae ad Christianum Daumium, Jenae 1670, p. 193) e lo stesso Giovanni da Itri che nel suo Libellus de peste stampato a Roma il 10 maggio 1476 (c. 10v; cfr. Hain, n. 9404) definisce l'"Ariminensis" come "pater meus".
Il D. rimase al servizio del pontefice anche Sotto Sisto IV, e probabilmente su suo intervento si deve, per un consulto per la malattia del papa, la chiamata di Giovanni di Marco, prestigioso medico che morì a Roma il 23 febbr. 1474; fu il D. che prese in consegna, rilasciandone ricevuta (4 marzo 1474), alcuni libri che Giovanni di Marco aveva portato con sé nel viaggio, preoccupandosi che venissero adempiute le volontà testamentarie del collega che prevedevano il lascito della sua raccolta libraria di oltre 120 codici alla biblioteca del convento di S. Francesco di Cesena, l'attuale Malatestiana (cfr. A. Campana, Origine, formazione e vicende della Malatestiana, in Accademie e bibl. d'Italia, XXI [1953], p. 14). La ricevuta autografa del D. fu trascritta alla fine dell'inventaflo dei libri lasciati da Giovanni di Marco, redatto a Rimini su istanza della vedova il 20 luglio 1474 (L. Tonini, V, app., pp. 262-69). È certo che i dieci volumi avuti in consegna furono restituiti dal b., in quanto è possibile identificarne alcuni, Textum Avicenne in tribus voluminibus (Cesena, Bibl. Malatestiana, mss. D.XXV. 3e D.XXV.6), Conciliatorum inpergameno (ms. D.XXV.7), Galienum in pergameno (ms. D. XXIII.1), Cirurgiam Guiglielmi (ms. D. XXIV.4), Avenzoar et Coliget simul, Almensorem (ms. D.XXIV.5) e Receptas Argelate, cioè ricette di Pietro di Argelata.
Non sappiamo fino a quando il D. rimase a Roma: probabilmente per tutto il pontificato di Sisto IV. La sua presenza è registrata a Rimini il 12 nov. 1484; morì nella sua città natale nell'aprile 1487 (Rimini, Arch. notar., Atti Nicolini Tabellioni, Testamenti 1469-93, n. XXXV).
Fonti e Bibl.: Le vite di Paolo II di Gaspare da Verona e Michele Canensi, in Rerum Italic. Script., 2 ed., III, 16, a cura di G. Zippel, p. 47; Cronache maiarestiane dei secc. XIV e XV..., ibid., XV, 2, a cura di A. F. Massera, pp. 123 s.; Chartularium Studii Bononiensis, I, Bologna 1909. pp. 3 16 s.; I Rotuli... dello Studio bolognese..., a cura di U. Dallari, I, Bologna 1978 p. 12; G. M. Muccioli, Catalogus codicum manuscriptorum Malatestianae Caesenatis Bibliothecae..., I. Cesenae 1780, pp. 81, 86. 88 s.; G. Marini, Degli archiatri pontifici, I, Roma 1784, pp. 203 ss.; A. Battaglini, Della corte letteraria di Sigismondo Pandol/o Malatesta.... in Basini Parmensis Opera praestantiora, II, Rimini 1794, pp. 187 s.; L. Tonini, Storia civile e sacra riminese, V, Rimini 1882, pp. 569-72; C. Tonini, La coltura letter. e scient. in Rimini dal sec. XIV ai primordi del XIX, I, Rimini 1884, pp. 134 ss.; R. Zazzeri, Sui codici e libri a stampa d. Bibl. Malatestiana di Cesena, Cesena 1887. pp. 188 ss.; 203 s.; A. Campana, Biblioteche della provincia di Forlì, in Tesori delle Biblioteche d'Italia. Emilia e Romagna. a cura di D. Fava, Milano 1932, p. 96; A. Sorbelli, Storia d. univers. di Bologna, I, Bologna 1940, p. 260; C. Piana, Nuove ricerche su le Università di Bologna e di Parma, Quaracchi-Florentiae 1966, pp. 259, 504; M. C. Dorati da Empoli. I lettori dello Studio e i maestri di grammatica a Roma da Sisto IV ad Alessandro VI, in Rass. d. Archivi di Stato, XL (1980), p. 131; P. O. Kristeller, Iter Italicum. II, pp. 355. 438.