DE SIMONE, Nicolò (Nicolò Fiammingo, Nicolò Lo Zet)
Figlio di Simon Pietro, di cui s'ignora se fosse a sua volta pittore, originario di Liegi, come si desume dalla firma sul Baccanale in coll. priv. genovese (ripr. in Civiltà del Seicento..., 1984, p. 255), fu attivo a Napoli tra il 1636 ed il 1655, anno dell'ultima notizia certa su di lui.
Di derivazione fiamminga appare anche l'appellativo del D., variamente riportato come Lokel, Loket, Lopet, Lozet o Lo Zet, che va inteso piuttosto come soprannome. La versione più corretta sembra essere comunque "Lo Zet", appellativo che ricorre sicuramente almeno tre volte, in due documenti del 1653 e del 1655 (Filangieri, 1884, II, p. 165; Pacelli, 1986, p. 172; Delfino, 1986, p. 113) e nella firma "Nicolo Lozet di Simon Pietro F. 1654" sul dipinto Martirio di s. Potito (Napoli, chiesa di S. Potito). Altrove il D. appare citato con il solo patronimico: "di Simon Pietro", "de Simone" o anche solo "Nicola Simon Pietro"; sui dipinti firmati l'artista usava il suo nome per esteso ma, talora, preferì semplicemente la sigla "NDS".
Non si conosce la data dell'arrivo del D. a Napoli, né che età avesse, neppure si sa se andò a bottega presso qualche pittore locale o se era già un maestro indipendente, tuttavia l'esame della sua produzione rivela che egli partiva da una cultura figurativa di base che privilegiava il colore, la resa "espressionistica" del soggetto e l'attenzione analitica al particolare. A Napoli trovò un ambiente artistico agitato da una serie di novità, sintetizzabili nel rapporto con il vandyckismo circolante in area mediterranea, con l'arte di G. B. Castiglione detto il Grechetto, e con la pittura romana (Poussin, il neovenetismo); l'ipotesi verosimile che il D. stesso abbia soggiornato a Roma sull'esempio di artisti coevi non trova precise conferme né smentite (Bodart, 1970, I, p. 422, II; pp. s.).
In una prima fase, dal 1636 al 1645 all'incirca, il D. produsse dipinti notevolmente influenzati dal Poussin dei primi anni romani (soprattutto nella ripresa di motivi iconografici) e dal Grechetto: una Istoria di Atteone non identificata ma documentata nel 1636 (D'Addosio, 1913, p. 505), il Sacrificio di Noè del Prado della fine degli anni '30 (Spinosa, in Civiltà del Seicento..., 1984, p. 255), un Giudizio di Paride coevo (Creazzo, 1988, pp. 223 s.), il citato Baccanale di coll. privata genovese. Per più aspetti il D. dipingeva in maniera simile a quella di Andrea De Lione distaccandosene, tuttavia, per un maggiore nervosismo nella pennellata rapida, nel colorire violento, nel taglio netto e sommario delle grandi masse muscolari, nei volti aspramente caratterizzati, nella disposizione spaziale della scena piuttosto incerta; né mancano nel D., rispetto al più colto, lucido e razionale De Lione, elementi di una cultura figurativa composita che andava dal naturalismo alla grafica cinquecentesca. Nello stesso ambito culturale vanno posti il deleoniano Giosuè allabattaglia di Ai (Salerno, palazzo Pinto), databile al 1640-45 (Creazzo, 1988, pp. 224 s.), l'Adorazione dei magi più o meno coeva (Napoli, Museo naz. di S. Martino) e una più tarda Adorazione dei pastori (Montserrat, Museo) in cui il D., svolgendo un tema assai caro ai pittori naturalisti, inserì anche soluzioni vicine a quelle di Andrea Vaccaro e tipologie derivanti dal Maestro degli Annunci.
Per la loro alta qualità vanno citate, ancora tra le opere a soggetto biblico, un Mosèe il serpente di bronzo, siglato "NDSP", ed un Mosè fascaturire l'acqua dalla rupe, ora in collezione privata pugliese; nella stessa raccolta è un raro dipinto a soggetto storico, una concitata Battagliadi Orazio Coclite, firmata e datata 1647 (Creazzo, 1988, pp. 225 s.). La contiguità di lavoro col De Lione e, probabilmente, con il maestro di questo, Aniello Falcone, e con pittori della stessa cerchia come D. Gargiulo detto Micco Spadaro e C. Coppola, è confermata dalle due versioni della Decollazione di s. Gennaro e dei compagni martirinella solfatara (Napoli, Pio Monte della misericordia e Museo naz. di S. Martino) databili al 1645 c., la prima, e agli anni '50, la seconda, in cui, peraltro, il D. privilegiò al solito gli aspetti più drammatici e patetici.
Tra il 1642 e il 1643 il D. fu incaricato di decorare con tele ed affreschi a soggetto mariano la cappella Anastasio in S. Teresa degli Scalzi (Ruotolo, 1983, pp. 58 s.); nel ciclo, già attribuito a Giuseppe Marullo o a Pacecco de Rosa, mirò a raggiungere insolite qualità di compostezza e grazia accademica sull'onda della temperie purista e accademizzante circolante nella pittura napoletana degli anni '40 soprattutto ad opera di Massimo Stanzione. Particolarmente nelle tele, pur memore di certe tipologie naturalistiche, si mostrò innovatore nell'impostazione di tipo romano e nell'uso di rapide luminose pennellate "a macchia" che lo pongono quale mediatore a Napoli dell'arte di Van Dyck accanto ai più celebrati C. Fracanzano, P. Novelli, G. Ricca. Alla stessa sfera di influenza appartengono anche un'ImmacolataConcezione (Napoli, chiesa di S. Agostino degli Scalzi) di qualche anno posteriore, già attribuita a Bernardo Cavallino (Creazzo, 1988, p. 228) e la più tarda Decollazione del Battista (Napoli, coll. priv.; Brejon, in Civiltàdel Seicento..., 1984, p. 256) in cui quella sorta di "espressionismo" tipico del D. riappare carico di intenti ormai caricaturali nel guizzare delle membra empiricamente chiaroscurate e nelle grottesche caratterizzazioni di carnefici e astanti. Vicende cruente affrontano con sempre maggiore esagitazione anche il Martirio di s. Potito firmato e datato 1654 (Napoli, chiesa di S. Potito), un piccolo affresco con il Martirio di s. GregorioArmeno (Napoli, chiesa di S. Gregorio Armeno) documentato al 1655 (Delfino, 1986, p. 113), la tarda Stragedegli innocenti (Napoli, Museo di Capodimonte) che il D. ambientò in una architettura classicheggiante sul tipo delle inquadrature di Viviano Codazzi ma assai più fantasiosa e ricca.
Per chiese e cappelle il D. dipinse ancora la pala del 1645 con la Vergine, il Bambino e i ss. Nicolae Giuseppe a Lecce (chiesa delle carmelitane scalze) e la tela del 1655, distrutta durante l'ultima guerra, con la Vergine in gloria traangeli e i ss. Aspreno e Agnello abate (Napoli, chiesa di S. Maria Antesaecula), opere in cui la destinazione devozionale condizionò il pittore a inserire stilemi moderni in impianti ancora manieristici (cfr. Pugliese, 1984, pp. 214 s.). Del 1653 sono gli affreschi della cappella Cacace in S. Lorenzo Maggiore che il D. decorò al posto dello Stanzione, avendo chiesto metà del compenso di quest'ultimo (Filangieri, 1884, p. 165), con la Trinità e laVergine in gloria (cupola), Santi (pennacchi), Storie dei ss. Francesco e Domenico (lunette) dipingendo con un fare più largo e sommario rispetto a quello di S. Teresa (Pacelli, 1986, pp. 172, 176 s.).
Qualche utile notizia biografica è fornita dal De Dominici (1743) che lo definì artista "ragionevole", che operava "con studio e con amore", e fornì uno scarno elenco di opere. Secondo il biografo, il pittore avrebbe molto viaggiato all'estero e specialmente in Spagna e Portogallo: la notizia trova forse conferma nelle ricerche del Perez Sanchez (1965, p. 61) e dello Spinosa (1984, tavv. 286 e 295) che hanno rintracciato alcune opere esistenti ab antiquo in Spagna. Dice ancora il De Dominici che, al ritorno a Napoli, il D. oramai vecchio avrebbe dipinto saltuariamente qualche immagine sacra per farne regalo ad amici. Si tratta, con tutta probabilità, di quella produzione di mezze figure allegoriche e di sante e Madonne con Bambino che costituiscono tuttora l'aspetto più noto della sua arte e che dovevano essere sparse tra i collezionisti, come parzialmente confermano gli inventari di collezioni private napoletane dei secoli XVII e XVIII (Colonna di Stigliano, 1895; Rubsamen, 1980; Pacelli, 1986, p. 180 e 1987, p. 150; Ruotolo, 1987, pp. 188 s.).
La produzione desimoniana più popolare è infatti costituita dalle telette per devozione privata con mezze figure femminili che il pittore iniziò a dipingere all'incirca dal 1645, un genere coltivato a Napoli da numerosi artisti, ma soprattutto da Stanzione, Vaccaro, Cavallino, ai quali il D. guardò con attenzione restando tuttavia lontano dall'affettuosa partecipazione del primo, dal poderoso naturalismo del secondo e dal coinvolgimento emotivo e colto dell'ultimo. Vanno ricordate almeno la Madonna colBambino (Napoli, Quadreria dei gerolamini), di un fare ancora tagliente e realistico, una Madonna della Rosa (Napoli, Museo di Capodimonte), che riprende appesantendolo un motivo stanzionesco, S. Caterina d'Alessandria (siglata) e S. Dorotea (ambedue ibid.), vaccariana la prima, classicista la seconda, ma entrambe caratterizzate da un prezioso colorismo, l'Allegoria della Poesia firmata (Napoli, coll. priv.), dagli stupendi effetti serici ancora vandyckiani nel panneggio.
Efficacemente definito da Causa (1972, p. 965) "geniale eclettico", il D. ebbe però personalità indipendente. Captando e rielaborando dalla multiforme cultura figurativa del tempo componenti anche le più diverse tra loro, dipinse, tra intuizioni geniali, aperture al nuovo e persistenti attardamenti, opere di qualità diseguale ma sempre folte di richiami e mai banali.
Fonti e Bibl.: B. De Dominici, Vite de'pittori, scultori ed architetti napoletani..., III, Napoli 1743, p. 243; G. Filangieri, Documenti per la storia, le arti e le industrie delle provincie napol., II, Napoli 1884, p. 165; F. Colonna di Stigliano, Inventario dei quadri di casa Colonna, in Napoli nobilissima, IV (1895), p. 31; G. B. D'Addosio, Docum. ined. di artisti napol. del XVI e XVII secolo, in Arch. stor. per le prov. napoletane, XXXVIII (1913), p. 505; La Madonna nella pittura del Seicento a Napoli (catal.), a cura di R. Causa, Napoli 1954, pp. 44 s.; F. Strazzullo, Documenti inediti per la storia dell'arte a Napoli, Napoli 1955, pp. 34 s., 53 s.; A. E. Perez Sanchez, Pintura italiana del siglo XVII en España, Madrid 1965, ad Indicem; D. Bodart, Les peintres des Pays-Bas méridionaux et de la Principauté de Liège à Rome au XVIIème siècle, Bruxelles-Rome 1970, I, p. 422; II, pp. 34 s. (non è accertata l'identificazione con il D. dei vari Nicolò fiammingo o Niccolò pittore); R. Causa, Opere d'arte nel Pio Monte della misericordia, Cava dei Tirreni 1970, p. 92; Id., Lapittura del Seicento a Napoli dal naturalismo al barocco, in Storia di Napoli, V, 2, Cava dei Tirreni 1972, pp. 918, 946, 949, 965 n. 8; M. D'Elia-P. D'Elia, Consideraz. sulla pittura del primo Seicento in Puglia, in Scritti in onore di R. Pane [1969-71], Napoli 1972, pp. 386 s.; M. Causa Picone, Disegni della Società napol. di storia patria, Napoli 1974, pp. 52 s.; M. Novelli Radice, Appunti per il pittore N. D., in Napoli nobilissima, XVII (1978), pp. 21-29; R. Rubsamen, The Orsini inventories, Malibu, Ca., 1980, pp. 47 n. 2, 50 n. 42; R. Causa, Le collez. del Museo di Capodimonte, Milano 1982, p. 106; M. D'Elia, La pittura barocca, in La Puglia tra barocco e rococò, Milano 1982, p. 191 tav. 222; B. Daprà, in La pittura napoletana dal Caravaggio a Luca Giordano (catal.), Napoli 1982, pp. 296 s.; D. Pasculli Ferrara, Arte napoletana in Puglia dal XVI al XVIII secolo, Fasano di Puglia 1983, pp. 232 s.; R. Ruotolo, in Ricerche sul '600 napoletano. Saggi vari, Milano 1983, pp. 58 s., 65-71, figg. 30-36; Civiltà del Seicento a Napoli (catal.), I, Napoli 1984, ad Indicem; V. Pugliese, Pittura napol. in Puglia, I, in Seicento napoletano. Arte costume e ambiente, a cura di R. Pane, Milano 1984, pp. 214 s.; N. Spinosa, Pittura napol. del Seicento, Milano 1984, tavv. 286-298; Id., in Bernardo Cavallino... (catal.), Napoli 1985, p. 183; P. Leone De Castris-R. Middione, La quadreria dei gerolamini, Napoli 1986, pp. 185 s.; A. Delfino, Documenti inediti tratti dall'Arch. stor. del Banco di Napoli, in Ricerche sul '600 napoletano, Milano 1986, pp. 113, 117; V. Pacelli, La cappella Cacace in S. Lorenzo Maggiore: un complesso barocco in una basilica gotica, ibid., pp. 172 s., 176 s., 180, 187, 190; Id., La quadreria di Vincenzo D'Andrea... da un inventario del 1649, in Ricerche sul '600 napoletano, Milano 1987, p. 150; R. Ruotolo, Artisti, dottori e mecenati napoletani del secondo Seicento. Sulle tracce della committenza borghese, ibid., pp. 188 s.; I. Creazzo, Alcuni ined. di N. D. e altre precisazioni sul pittore, in Scritti di storia dell'arte in onore di R. Causa, Napoli 1988, pp. 223-232; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, p. 336 (s.v. Loket, Nicola); XXXI, p. 69 (s.v. Simone, Nicolò de).