NICOLO di Pietro
NICOLÒ (Niccolò) di Pietro. – Non si conoscono la data e il luogo di nascita di questo pittore documentato a Venezia dal 1394, anno in cui firmò e datò la Madonna col Bambino e donatore delle Gallerie dell’Accademia di Venezia. All’inizio dell’Ottocento Giovan Maria Sasso identificò con lui Nicoletto Semitecolo, dando luogo a una confusione che avrebbe avuto seguito nel corso del secolo (De Marchi, 1997, p. 14 n. 8).
Del padre Pietro, anch’egli pittore, non si conoscono opere: il primo documento noto nel quale è nominato è il testamento di Nicola, suo genitore, datato 1365, nel quale «Petrus Nicolai pictor de contrada Sancte Marine» (Testi, 1909, pp. 133 s.) risulta residente a Venezia insieme al fratello Lorenzo, identificabile con il noto pittore Lorenzo Veneziano; in un secondo documento del 1386 è posto in relazione, insieme ai due pittori Donato Veneziano e Catarino di Marco Veneziano e all’intagliatore Andrea Moranzon, a un crocifisso e a due ancone da realizzare per i domenicani di S. Platone a Zara (Prijatelj, 1962); infine, nel 1389, compare nell’attestazione di una commissione da parte della Scuola grande della Misericordia (Testi, 1909, p. 330), la stessa per cui avrebbe dipinto il figlio nel 1414-16 (ibid., p. 328 n. 1).
Formatosi con il padre, Nicolò fu a capo di una delle botteghe più prestigiose di Venezia, con sede in «chapite pontis paradixi» nella parrocchia di S. Marina (ibid., pp. 133 s.); inoltre lavorò per Verona (Maffei [1731-32] ricorda un’ancona perduta in S. Pietro di Castello), forse per Mantova, per Verrucchio in Romagna, per Pesaro e per Zara. Nella sua cerchia si formarono il Maestro della Madonna del Parto, il Maestro del Dossale Correr e probabilmente Michele Giambono.
Educato in un contesto lagunare di diffuso interesse per la pittura di terraferma, Nicolò si interessò presto alle novità del gotico internazionale provenienti dalle corti oltrealpine, novità che già si manifestano in opere databili al penultimo decennio del Trecento (De Marchi, 1987, p. 35) come una Madonna dell’Umiltà di collezione privata (Id., 2009, p. 55) e l’Incoronazione della Vergine della Galleria nazionale d’arte antica di Palazzo Barberini di Roma, riconosciuta a Nicolò da Longhi (1946) e a cui De Marchi (1997, pp. 10, 19 s. n. 55) ha collegato la predella con i Dodici apostoli della Galleria nazionale d’arte antica di Palazzo Corsini a Roma. Allo stesso momento dovrebbero appartenere le tavole di un polittico, oggi smembrato, costituito dalla Madonna con il Bambino del Fogg Art Museum di Cambridge (Sandberg Vavalà, 1930), dal S. Ludovico di Tolosa e dal S. Nicolò, già in collezione Cini (De Marchi,1987, p. 36) e dai S. Giovanni Battista e S. Pietro, quest’ultime passate a un’asta di Sotheby’s a Londra (31 ottobre 1990).
Le prime opere di Nicolò si caratterizzano per alcune figure dai contorni nitidi e nettamente segnati in cui si «addensano ombre delicatissime, ma vere e puntuali» (De Marchi, 1987, p. 27), realizzate per mezzo di una stesura pittorica estremamente liquida. Questo interesse per la resa ottica della materia, testimoniata anche dal costante sperimentalismo nella lavorazione della foglia d’oro, è, a queste date, per Venezia, una novità assoluta. De Marchi (1997, pp. 6 s.) spiega questa attenzione al vero come una rilettura dell’operato di Tommaso da Modena a Treviso, città con cui Nicolò ebbe rapporti anche per via del probabile legame con Giovanni da Bologna documentato nella medesima città tra il 1377 e il 1382 (M. Leoni, Proposte per un soggiorno trevigiano di Giovanni da Bologna e note al testamento, in Arte veneta, XL (1986), pp. 151-153). Nel testamento di quest’ultimo, redatto nel 1389, è inoltre menzionato un certo «Nicolao suo disipulo» a cui viene lasciata una piccola eredità (ibid.). Se l’identificazione fosse sicura sarebbe il primo documento relativo a Nicolò, da cui si ricaverebbe anche la notizia che sarebbe stato allievo di Giovanni da Bologna.
Nel 1394 firmò e datò la Madonna col Bambino e donatore delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, opera commissionata dallo zaratino Vulciano Belgarzone per la chiesa di S. Platone a Zara (De Marchi, 1997, p. 15 n. 10). Di qualche anno successiva è la tavola con l’Arrivo dei magi, conservata nelle medesime Gallerie veneziane (Cuppini, 1964), opera che rivela già «un’assonanza col filone più fantastico e notturno del gotico internazionale europeo, boemo e renano» (De Marchi, 1987, p. 38).
Nel 1404 realizzò per le monache agostiniane di Verrucchio, insieme con l’intagliatore Catarino di Andrea Moranzone (De Marchi, 1997, p. 15 n. 12), il Crocifisso, firmato e datato, nella parrocchiale. Poco dopo dovette realizzare la tela con la Madonna tra due sante delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, un S. Agostino, già della collezione Pietro Corsini di New York (Santangelo, 1947) passato a un’asta di Sotheby’s a Monaco di Baviera nel 1989 e l’Incoronazione della Vergine della Pinacoteca dell’Accademia dei Concordi di Rovigo, probabilmente tavola centrale di un polittico realizzato per una chiesa di agostiniani.
Ritorna nell’Incoronazione della Vergine l’attenzione per la superficie della materia che si manifesta nel nuovo uso delle decorazioni a pastiglia, realizzate a stampo o a mano libera, e dorate. Ai piedi del trono si assiepano i devoti ritratti con naturalezza di pose ed espressioni. Il ribaltamento dei piani (De Marchi, 1987, p. 40) testimonia lo scarso interesse di Nicolò per una definizione coerente e puntuale dello spazio entro cui inserire i vari personaggi.
Di poco successive all’Incoronazione rodigina dovrebbero essere le tavole con un Angelo simboleggiante s. Matteo, di collezione privata, terminale di una croce (Tartuferi, 2004), l’Incoronazione della Vergine della Pinacoteca di Brera di Milano (Ferrari, 1953) e la Madonna dell’Umiltà dello Szépmüvészeti Múzeum di Budapest (Sandberg Vavalà, 1930).
Ai primi decenni del Quattrocento dovrebbe risalire la tavola con la Nascita e lo Sposalizio della Vergine del Museo del Cenedese di Vittorio Veneto, la cui carpenteria fuprobabilmenterealizzata da Matteo di Andrea Moranzone (Buttus, 2002-03, p. 154), documentato dal 1412 al 1462 (De Marchi, 1997, p. 15 n. 12).
Il 12 giugno 1405 «Nicolaus filius Petri pictoris» compare come testimone nel testamento di Margherita vedova di Bartolomeo Fustagnari (per gentile segnalazione della dott. A. Pizzati).
Nel 1408 gli fu commissionata dal ricco mercante di origine lucchese Francesco Amadi un’ancona (Scarpa Sonino, 1975-76, p. 787), che doveva fare da pendant a un’opera, ora dispersa, di Gentile da Fabriano. Il contatto con quest’ultimo è evidentenelle opere che si collocano nella seconda metà del primo decennio. A questa fase dovrebbero essere riconducibili una Crocifissione di collezione privata milanese (De Marchi, 1987) e un polittico dipinto per la chiesa di S. Agostino a Pesaro, oggi diviso tra la Pinacoteca civica di Pesaro (S. Paolo, S. Lorenzo e Nicola da Tolentino, S. Pietro) e l’Institute of arts di Detroit (S. Giovanni Battista), a cui già Longhi (1935-36) aveva collegato quattro pannelli di predella della Pinacoteca vaticana raffiguranti S. Monica che conduce s. Agostino fanciullo alla scuola di Tegaste, S. Agostino in cattedra mentre insegna retorica, S. Agostino battezzato da s. Ambrogio e la consegna della regola. De Marchi (1997) collega a essi anche il pannello con la Conversione di s. Agostino ora nel Musée des beaux-arts di Lione.
Nelle tavole appartenenti al polittico per S. Agostino, si manifesta l‘influenza della pittura di Gentile su Nicolò. La sua pennellata così nitida e compatta delle prime opere si fa ora più libera, «soffice e sprezzata» (De Marchi, 1987, p. 49) mentre i trapassi chiaroscurali diventano più morbidi e meno netti.
Un rapporto ormai consolidato con Gentile sembra testimoniato anche dai quattro pannelli con Storie di s. Benedetto, databili allo scadere del secondo decennio, realizzati per il monastero benedettino del Polirone a Mantova (Id., 1997, p. 14 n. 5), e ora divisi tra gli Uffizi a Firenze e il Museo Poldi Pezzoli di Milano. L’impostazione delle scene dovette avvenire sulla base di disegni gentiliani mentre l’esecuzione pittorica fu probabilmente affidata a Nicolò.
Agli ultimi anni del secondo decennio dovrebbero essere riferibili il S. Lorenzo delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, la tavola con S. Orsola e le compagne del Metropolitan Museum of art di New York (Sandberg Vavalà, 1930) e il Cristo benedicente di collezione privata, probabile centro di un’iconostasi (De Marchi, 1997).
In queste opere la lezione di Gentile è tradotta in una pittura pastosa, di un nordicismo intenso in cui si fa evidente un’interpretazione un po’ «deformata e caricaturale che prenderà il sopravvento nell’estrema produzione del maestro» e in cui riaffiorano «più esplicite di prima, quelle memorie boeme che avevano avuto la loro parte nella stessa formazione di Nicolò» (Id., 1987, p. 49).
Il 22 luglio 1414 la Scuola Grande della Misericordia gli commissionò uno stendardo processionale, ora perduto, che gli fu saldato il 21 marzo 1416 (Scarpa Sonino, 1975-76, p. 787). Nel 1419 presenziò, in qualità di testimone, in un atto della Confraternita dei «ligatori» del Fondaco dei Tedeschi (ibid.).
All’estrema produzione di Nicolò appartengono gli affreschi con gli Evangelisti nell’abside della basilica di S. Maria e Donato a Murano (Pallucchini, 1956) e i cartoni per gli arazzi con Storie della Passione (ibid.; Dolcini, 1999) destinati alla basilica di S. Marco (Tesoro della basilica).
Morì prima del 1427 anno in cui in un documento datato 14 aprile viene nominato il figlio Marco «paradixi filius quondam Nicolai pictoris» (Coletti, 1953, p. LXXVIII n. 4).
In un documento del 4 ottobre 1430 viene citata Antonia «filia de Nicholay militis pictoris» (Paoletti, 1893).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Cancelleria Inferiore, Notai, b. 22, f. III, notaio Bonfandini; S. Maffei, Verona illustrata (1731-32), IV, Milano 1826, p. 225; P. Paoletti, L’architettura e la scultura del Rinascimento in Venezia, I, Venezia 1893, p. 80 n. 3; L. Testi, Storia della pittura veneziana, I, Le origini, Bergamo 1909, ad ind.; E. Sandberg Vavalà, Maestro Stefano und Niccolò di P., in Jahrbuch der Preussischen Kunstsammlungen, LI (1930), pp. 94-109; W. Gronau, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, 1931, p. 438; R. Longhi, Il tramonto della pittura medievale nell’Italia del nord (1935-36), in Id., Opere complete, VI, Lavori in Val Padana dal Trecento al primo Cinquecento, Firenze 1973, pp. 91-154; E. Sandberg Vavalà, Niccolò di P. veneziano, in The Art Quarterly, II (1939), pp. 287-292; R. Longhi, Viatico…, in Ricerche sulla pittura veneta (1946-69), Firenze 1978, pp. 3-64; Museo di Palazzo Venezia. Catalogo, I, I dipinti, a cura di A. Santangelo, Roma 1947, p. 29; L. Coletti, Pittura veneta del Quattrocento, Novara 1953, pp. VI-VII, LXXVIII; O. Ferrari, Un’opera di Niccolò di P., in Commentari, IV (1953), pp. 228-230; S. Moschini Marconi, Gallerie dell’Accademia di Venezia. Opere d’arte dei secoli XIV e XV, Roma 1955, pp. 14 s. (con bibl.); R. Pallucchini, Nuove proposte per Niccolò di P., in Arte veneta, X (1956), pp. 37-55; F. Valcanover, Un’opera di N. di P., in Paragone, IX (1960), 123, pp. 27-30; K. Prijatelj, Un documento zaratino su Catarino e Donato, in Arte veneta, XVI (1962), pp. 145 s.; L. Cuppini, N. di P.: l’Arrivo dei magi, ibid., XVIII (1964), pp. 160 s.; A. Scarpa Sonino, Per un catalogo di Niccolò di P., in Atti dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, CXXXIV (1975-76), pp. 765-789 (con bibl.); M. Lucco, in Catalogo della Pinacoteca della Accademia dei Concordi di Rovigo, a cura di P.L. Fantelli - M. Lucco, Vicenza 1985, pp. 27 s. (con bibl.); A. De Marchi, Per un riesame della pittura tardogotica a Venezia: N. di P. e il suo contesto adriatico, in Bollettino d’arte, s. 6, LXXII (1987), 44-45, pp. 25-66; M. Lucco, N. di P., in La pittura nel Veneto. Il Quattrocento, I, Milano 1989, pp. 357 s.; A. De Marchi, Ritorno a N. di P., in Nuovi Studi, II (1997), 3, pp. 5-24; L. Dolcini, L’autore dei cartoni o il conflitto su una coerenza di stile, in Arazzi della basilica di S. Marco, a cura di L. Dolcini - D. Davanzo Poli - E. Vio, Milano 1999, pp. 81-93 (con bibl.); A. De Marchi - T. Franco, Il gotico internazionale: da N. di P. a Michele Giambono, in Pittura veneta nelle Marche, a cura di V. Curzi, Cinisello Balsamo 2000, pp. 53-85; P. Buttus, Punzonature ed altre decorazioni in oro nella pittura tardogotica veneziana, tesi di laurea, Università degli studi di Udine, facoltà di conservazione dei beni culturali, a.a. 2002-03, pp. 123-168; G. Fossaluzza, Gli affreschi nelle chiese della Marca trevigiana dal Duecento al Quattrocento, I, 4, Tradizione Muranese e Alvisiana, Cornuda 2003, pp. 209-219; A. Tartuferi, Un dipinto di Niccolò di P. appartenuto a Richard Offner, in Arte collezionismo conservazione. Scritti in onore di Marco Chiarini, Firenze 2004, pp. 152-154; M. Minardi, in Gentile da Fabriano. Studi e ricerche (catal., Fabriano), a cura di A. De Marchi - L. Laureati - L. Mochi Onori, Milano 2006, p. 177; C. Guarnieri, Lorenzo Veneziano, Cinisello Balsamo 2006A, pp. 224 s.; Id., Per un corpus della pittura veneziana del Trecento al tempo di Lorenzo, in Saggi e memorie, 30, 2006B, pp. 29 s.; A. De Marchi, N. di P.: Maria in Paradiesgärtlein, in Kronos, XIII (2009), 1, pp. 55-58; D. Thiébaut,in Revue des Musées de France, LIX (2009), 2, pp. 46 s.