FOSCARI, Nicolò
Nacque nel 1447 da Jacopo, lo sventurato figlio del doge Francesco, e da Lucrezia Contarini di Leonardo, del ramo a S. Barnaba.
Che l'infanzia del F. sia stata solitaria e segnata da amarezze, è facile congettura: l'unico fratello, di nome Francesco, morì bambino. Quanto al padre, poté conoscerlo solo nei primi anni della propria esistenza: dopo varie traversie, a partire dal 1451 questi fu infatti definitivamente relegato alla Canea, nell'isola di Creta, dove sarebbe morto all'inizio del 1457.
Del giovane F. dovettero dunque occuparsi la madre e la nonna, Marina Priuli: fu quest'ultima, il 26 giugno 1461, a inoltrare alla Signoria la richiesta di poter uscire dalla città col nipote a causa della peste e, probabilmente, anche in considerazione della sua debole complessione fisica. Per queste ragioni - precaria salute e mancanza di fratelli - si provvide assai per tempo al suo matrimonio, nell'intento di evitare al casato il rischio di una rapida estinzione: nel 1464, infatti, quand'era poco più che diciassettenne, il F. sposò Caterina Corner del ramo denominato Piscopia, dalla quale ebbe numerosi figli.
La sua carriera politica fu relativamente modesta, nonostante il nome prestigioso e le ingenti ricchezze: il 7 genn. 1477 rifiutava la nomina ad auditor delle Sentenze Nuove e solo quattro anni più tardi veniva rieletto a un'altra carica, quella di savio agli Ordini, che ricoprì nel secondo semestre del 1481. Confermatovi nuovamente per il periodo settembre 1482-marzo 1483, l'8 apr. 1483 fu destinato a subentrare a Giovanni Morosini nell'ufficio di esecutore delle deliberazioni senatorie per le questioni attinenti la guerra del Polesine.
Qualche mese più tardi, il 12 giugno, veniva sostituito in un'ambasceria presso il duca di Borgogna, che in un primo tempo gli era stata affidata, ma della quale, in considerazione del cattivo stato di salute, fu invece poi incaricato Nicolò Foscarini. La quasi omonimia del F. con la persona scelta a subentrargli nell'incarico ha fatto cadere in errore sia alcuni cronisti coevi, sia eruditi e genealogisti posteriori i quali hanno attribuito al F. lo svolgimento di questa legazione.
Ma non è tanto agli impegni diplomatici o alla capacità dimostrata nel campo politico che sono riconducibili i meriti e la fama del F., quanto piuttosto ai replicati, cospicui esborsi in denaro da lui effettuati per sovvenzionare la Repubblica nelle emergenze della difficile guerra di Ferrara. Proprio agli inizi del conflitto il F. fornì al governo veneziano la cospicua somma di 5.000 ducati d'oro: per questo il Senato gli rese, nel luglio 1483, pubblici ringraziamenti. Il F. versò forti somme anche nei mesi successivi: 1.000 ducati nell'autunno, e altri 2.000 ai primi dell'anno seguente; si trattava comunque di prestiti garantiti sulle entrate fiscali dello Stato, ma una condotta tanto esemplare convinse il Senato a rinnovare, con enfasi crescente, i propri elogi al F., il 17 ott. 1483 e il 2 genn. 1484.
Nel gennaio del 1484 il F. fu chiamato a ricoprire, insieme con Antonio Tron, una magistratura straordinaria, quella dei Due savi cassieri, allora istituita per la durata di quattro mesi, appunto con il compito di far fronte alle crescenti esigenze finanziarie. Quali fossero l'ampiezza e la portata dell'incarico attribuito ai due "cassieri"; quali responsabilità e quali obiettivi fossero stati loro affidati in quella circostanza possiamo facilmente desumere da una delibera presa dal Senato alla scadenza della magistratura, il 9 apr. 1494: in forza di essa si obbligavano i capitali del nuovo deposito in Zecca in favore del F. e del Tron, i quali - vi si precisa - avevano preso a prestito "sopra la lor fede" la somma di 30.000 ducati, per assicurare il pagamento delle truppe al soldo della Repubblica.
Dati questi precedenti, non desta stupore trovare il F., nell'agosto del 1486, tra gli elettori del doge Agostino Barbarigo, né la circostanza che due anni dopo, nell'ottobre del 1488, egli fosse tra i membri del Consiglio dei dieci. In questa sede tornò a dar prova di energia, proponendo nel maggio 1489 la condanna a morte di Rizzo da Marino.
Questi, con l'appoggio del sultano d'Egitto, aveva tentato di fare sposare la regina di Cipro, Caterina Corner, al figlio del re di Napoli, Alfonso d'Aragona: il progetto mirava a estromettere la Repubblica dal controllo dell'isola. Senonché il piano era stato scoperto e il Rizzo tradotto a Venezia e processato; poiché formalmente risultava essere un ambasciatore del sultano del Cairo, una sua eventuale condanna a morte avrebbe potuto suscitare pericolose complicazioni. Fu il F., allora, a rompere gli indugi, spianando in qualche modo la via che di lì a qualche mese avrebbe portato il governo veneziano alla diretta annessione dell'isola; lasciata anzitempo la carica di membro del Consiglio dei dieci ed entrato savio di Terraferma il 5 luglio 1489, si fece promotore di una serie di iniziative volte a tranquillizzare il sultano, che culminarono con l'invio di un'ambasceria straordinaria al Cairo.
Non risultano su di lui altre notizie per gli anni successivi, se non che provvide a far erigere al nonno doge il monumento funebre tuttora visibile nella chiesa dei Frari. Il F. morì a Venezia alla fine del 1490, come si ricava da un'annotazione nei registri del Segretario alle Voci.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd., I, Storia veneta 19: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de' patrizi…, III, c. 510; Avogaria di Comun. Balla d'oro, reg. 164, c. 174r; Avogaria di Comun: G. Giomo, Indice dei matrimoni patrizi per nome di donna, s.v.Corner, Caterina; Segretario alle Voci. Misti, regg. 6, c. 9r; 15, cc. 25r, 124r; 16, sub 2 genn. 1491 (è riportata l'elezione del successore del F. defunto); Senato. Terra, regg. 8, cc. 125r, 161r, 171r e passim; 182r, 193v e passim; 9, cc. 8v, 34r, 49r, 52r e passim; 70v; 10, c. 151r; 11, cc. 6v, 42r; D. Malipiero, Annali veneti dall'anno 1457 al 1500, a cura di F. Longo - A. Sagredo, in Arch. stor. italiano, VII (1843), 1, p. 264; VII (1844), 2, pp. 608, 611; Ambasceria straordinaria al sultano d'Egitto (1489-1490), a cura di F. Rossi, Venezia 1988, pp. 246, 248, 250, 260, 267, 271, 281. Si veda ancora: E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, IV, Venezia 1834, p. 511.