UBALDI (Baldeschi), Nicolo (Nicola) degli
UBALDI (Baldeschi), Nicolò (Nicola) degli. – Nacque a Perugia nella prima metà del Quattrocento, in data imprecisata. Figlio di BaldoII (Baldo iuniore) e di Roberta Barigiani (figlia del canonista perugino Dionigi di Nicolò Barigiani), con i fratelli Matteo (v. la voce in questo Dizionario) e Sigismondo si colloca nella quarta generazione della dinastia dei giuristi perugini Ubaldi o Baldeschi (il secondo cognome si afferma a partire dal Cinquecento).
Gli Ubaldi della prima generazione (Baldo, Angelo e Pietro) sono ricordati con orgoglio da Nicolò nei suoi scritti, insieme con i discendenti della «celeberrima Ubaldorum familia de Perusio, quae tamquam in domo Domini plantata continue fructuosos palmites germinat» (Nicolaus de Ubaldis, De successionibus..., 1473, c. 21v). Egli appartiene alla linea di Pietro, di cui è pronipote, attraverso il nonno Matteo e il padre Baldo. Anche l’avo materno Dionigi di Nicolò Barigiani è ricordato da Nicolò come un’auctoritas nel campo degli studi giuridici (ibid., c. 22r).
Studiò diritto a Perugia e tra i suoi maestri cita il celebre legista Giovanni di Petruccio Montesperelli, che dice di aver ascoltato mentre leggeva il titolo De codicillis del Codice (C 6.36) (ibid.); poiché questi è attestato nello Studio perugino per un lunghissimo periodo, dal 1415 al 1462, la notizia non aiuta a formulare ipotesi sulla data di nascita, che resta sconosciuta.
Il 30 ottobre 1452 ricevette dal padre Baldo, insieme con il fratello Matteo, una donazione di case; nell’atto i due sono definiti peritissimi iuvenes (Vermiglioli, 1829, p. 251 nota 3). La carriera di studi si concluse certamente con un dottorato in entrambi i diritti: doctor in utroque è il titolo che gli viene sempre attribuito e d’altra parte era quello richiesto per l’ufficio che sarà chiamato a ricoprire nella Curia romana. Sempre in ragione dell’ufficio, riservato ai chierici, dobbiamo ritenere che avesse abbracciato lo stato ecclesiastico, anche se ignoriamo la data e le circostanze.
Dopo il dottorato Nicolò insegnò a Perugia per alcuni anni; è certo che professò il diritto canonico, poiché egli stesso scrive (Nicolaus de Ubaldis, De successionibus..., cit., c. 1v) di aver tenuto in quello Studio, in data non precisata, una repetitio sulla prima decretale del titolo De testamentis et ultimis voluntatibus del Liber Sextus (VI 3.11.1). Dalle registrazioni dei pagamenti effettuati ai professori dello Studio sappiamo che ebbe una cattedra nel 1459 (Archivio di Stato di Roma, Camerale I, Tesoreria provinciale di Perugia e dell’Umbria, IV, c. 141).
Secondo alcuni autori, avrebbe insegnato ancora a Perugia nel 1462; ma l’opinione più diffusa è che a quell’epoca si fosse già trasferito a Roma, avviandosi a una lunga e prestigiosa carriera curiale.
L’occasione per questa svolta nella vita e nella carriera gli fu forse offerta dalle relazioni che egli poté stringere con personaggi dell’entourage di Pio II durante il soggiorno del pontefice a Perugia nel 1459. Come riferisce Michele Ferno nella Vita di Giovanni Campano, la casa di Matteo degli Ubaldi, fratello di Nicolò, ospitò spesso in quei giorni membri eminenti del seguito papale, quali il cardinale di Pavia Iacopo Ammannati e Francesco Aretino (secondo di Bernardo, 1975, da identificarsi con Francesco Griffolini, e non con Francesco Accolti come nella maggior parte della letteratura), offrendo loro l’opportunità di intrattenersi in serene conversazioni letterarie con l’élite colta perugina, lontano dalla concitazione che caratterizzava, a detta di questo autore, i conviti organizzati presso il palazzo del signore della città, Braccio Baglioni.
In ogni caso la carriera in Curia di Nicolò si iniziò già durante il pontificato di papa Piccolomini, non sotto Paolo II, come ritennero erroneamente alcuni autori antichi. Fu dapprima avvocato concistoriale, per poi entrare a far parte del massimo tribunale della S. Sede costituito da Giovanni XXII e riformato da Martino V, che ne aveva ufficializzato il nome di Rota. La storiografia antica, con l’eccezione di Giovan Battista Vermiglioli (1829, p. 152 nota 1), e quella più recente (Treggiari, 2009, p. 168) ritengono che Nicolò sia stato il primo perugino ammesso nel ristretto numero (fissato a dodici da Sisto IV nel 1472) degli auditores Rotae.
Come membro del tribunale papale Nicolò è citato già in una delibera del comune perugino del 3 ottobre 1464: gli ambasciatori inviati a Roma per omaggiare il nuovo pontefice Paolo II sono incaricati di raccomandargli in modo speciale quel loro illustre concittadino (Archivio di Stato di Perugia, Consigli e Riformanze, c. 96). Il primo documento papale in cui compare come titolare dell’ufficio rotale – con la designazione di auditor Sacri Palatii – è del 6 novembre 1464 (Hofmann, 1914, p. 26, n. 114).
Nel 1470 Nicolò è nell’elenco degli ecclesiastici che vengono iscritti nell’importante confraternita del SS. Salvatore ad Sancta Sanctorum (Liber fraternitatis..., a cura di P. Egidi, 1914, p. 459): segno che, pur mantenendo forti legami con la patria d’origine, egli era ormai pienamente inserito nella realtà romana.
Ancora sotto Paolo II, e poi sotto Sisto IV, oltre a prestare servizio presso la Rota, fu incaricato di importanti missioni diplomatiche. Negli anni 1470-71 fece parte della delegazione di esperti giuristi inviata al re di Francia per rappresentare il punto di vista romano nella questione del cardinale Jean Balue, il potente consigliere e sostenitore di Luigi XI, dal 1469 caduto in disgrazia e detenuto in carcere per sospetti di tradimento. Nel descrivere nei suoi Commentari le prime fasi della vicenda, Iacopo Ammannati riserva una menzione elogiativa a «Nicolaus Ubaldus patria Perusinus, mansueti animi vir, et cuius summa iuris scientia haberetur» (Iacobi Picolomini cardinalis Papiensis Epistolae et Commentarii, 1506, c. 411r [sed 511r]).
Alla fine del 1471 Nicolò è di nuovo a Roma, dove il 29 settembre sottoscrive l’explicit del già menzionato scritto dottrinale De successionibus ab intestato. Nella lettera di dedica, datata 16 maggio 1472, vigilia di Pentecoste, egli offre la sua fatica al cardinale Latino Orsini, camerario papale, indicato qui come vescovo di Frascati (nello stesso 1472 diverrà titolare della sede di Taranto); sempre a lui dedicherà un anno dopo un breve lavoro scritto a completamento del primo che tratta in particolare della successione dei chierici. Il legame con il potente cardinale che, dopo aver aspirato egli stesso al soglio pontificio, era stato fra i grandi elettori di Sisto IV nel conclave del 1471, è segno, e probabilmente tra le cause, dell’alta posizione che Nicolò aveva raggiunto in Curia. Inoltre, fu forse il patronato di Orsini ad assicurare al giurista perugino la più cospicua delle rendite che vennero ad aggiungersi ai proventi del suo ufficio curiale: se l’appellativo di prior Assisinates con il quale Nicolò è talora ricordato si riferisce al fatto che egli ebbe in commenda l’abbazia di S. Pietro di Assisi, non si può non ricordare che tale redditizio ufficio era stato occupato prima di lui proprio da Latino Orsini (Sensi, 1981, nota 81). Per altro verso, si è notato come Nicolò non sia il primo della famiglia Ubaldi ad aver stabilito relazioni con membri della famiglia Orsini (Colli, 1999, p. 117).
Alla stesura di testi come il De successionibus Nicolò non poteva tuttavia dedicare – lo dice egli stesso – che i ritagli di tempo. Dal trasferimento a Roma continuava infatti a essere impegnato principalmente nel servizio presso la Rota e nelle missioni diplomatiche. Nel 1472 fu inviato da Sisto IV a Urbino, in occasione dei funerali di Giovanna Battista Sforza moglie del duca Federico, come ricorda Giovanni Antonio Campano nell’orazione che recitò per la circostanza. Nel 1473-74 fu a Napoli, per una missione di cui non è ben chiaro lo scopo, ma della quale ci resta testimonianza in un documento del 30 gennaio 1474 indirizzato da re Ferdinando ai Priori di Perugia e consegnato loro da un fratello di Nicolò, Silvestro (Archivio di Stato di Perugia, Diplomatico, Diplomi, Bolle e Brevi, 356, trascr. in Consigli e Riformanze, c. 13): il sovrano assicura alla città il suo sostegno, facendo riferimento alla visita presso la corte napoletana di Nicolò.
Si tratta, dice il re, di una persona che egli stima grandemente per la sua amabilità, per la sua competenza in materia giuridica, e anche per la considerazione che merita la persona di cui fa le veci. Quest’ultima precisazione ha fatto pensare ad alcuni studiosi (Annibale Mariotti nel Settecento, e altri) che oggetto della missione fosse la richiesta di sostegno da parte dei perugini nella controversia che li opponeva in quel torno di tempo a Chiusi e a Siena circa la proprietà della preziosa reliquia del Santo Anello: a questo scopo i perugini avevano mandato ambasciatore al papa e al re di Napoli Mariano di Mariotto Baglioni, il quale, trattenutosi a Roma, potrebbe aver delegato Nicolò a sostituirlo nella seconda parte della missione.
Circa un’eventuale seconda ambasceria di Nicolò in Francia la letteratura erudita fornisce notizie confuse e contraddittorie, non verificabili. Anche la data e le circostanze della morte hanno dato luogo ad affermazioni contrastanti. Tra gli autori antichi, alcuni collocano il decesso nel 1477, ma i più nel 1484, e questa seconda data compare anche nella letteratura più recente. Tuttavia un’annotazione nei Libri rationum della Rota, redatta l’8 settembre 1477 dal tesoriere in carica, prova che Nicolò, suo predecessore nell’ufficio, era morto anteriormente a quella data (Cerchiari, 1919, p. 190, n. 115); il testamento di cui parla Mariotti, datandolo al 1477, sarebbe quindi stato scritto nell’imminenza della morte.
Non è possibile verificare la fondatezza dei vari racconti circolati sulle cause della morte: avvenuta per alcuni durante il ritorno dalla Francia, forse anche per avvelenamento; per altri a Roma, dove Nicolò sarebbe stato sopraffatto dalla disperazione per aver perso il favore del papa, a causa di un giudizio malevolo nei confronti di un cardinale.
Nel 1519 il nipote Giovanni Battista, sancendo definitivamente il radicamento a Roma di questo ramo della famiglia Ubaldi, fece erigere per lo zio Nicolò, per il padre Matteo e per la nonna Roberta Barigiani una tomba situata in una cappella della chiesa di S. Maria in Aracoeli. L’iscrizione funebre evoca per i due fratelli la memoria di Baldo e degli altri due gloriosi capostipiti della dinastia, sottolinea il favore dei pontefici, l’ottenimento della cittadinanza romana e il servizio prestato come auditores Rotae; per Nicola in particolare è ricordata la missione in Francia presso Luigi XI.
Nell’ambito del diritto di scuola, gli scritti di Nicolò riguardano in particolare, come si è visto, la materia testamentaria. Il De successionibus ab intestato, come l’autore stesso dichiara espressamente nel proemio, riprende temi che egli aveva affrontato anni prima durante il suo insegnamento perugino; da tempo e a più riprese aveva cercato di scriverne, ma solo dopo il trasferimento a Roma trovò la possibilità di dare a quell’opus iamdiu absolutum et omissum una forma compiuta, sia pure in modo che non riteneva del tutto esaustivo, data la difficoltà della materia e il poco tempo libero che gli lasciavano i suoi impegni di giurista pratico: «quamvis et materia ipsa de qua agitur inter doctores nostros involuta sit satis et dubia, ac in tempore isto dato ad causarum discussionem nihil otii debili ingenio nostro supersit» [Nicolaus de Ubaldis, De successionibus..., cit., c. 31r). Per quanto riguarda i contenuti, la trattazione della disciplina che regola la trasmissione del patrimonio in caso di assenza di testamento è articolata in cinque parti principali: le prime quattro riguardano i laici, e sono dedicate ciascuna a un diverso grado di successione, la quinta riguarda le successioni degli ecclesiastici, tema che l’autore ritiene opportuno introdurre, anche se è consapevole che sarebbe meritevole di un’esposizione più ampia di quella che al momento è in grado di sviluppare. Sarebbe ritornato in effetti sull’argomento un anno dopo, con lo scritto De successionibus ab intestato clericorum regularium et secularium. Qui la materia è ordinata sulla base della tipologia dei diversi ordini ecclesiastici: regolari mendicanti, regolari non mendicanti (monaci, canonici), secolari. Questo secondo lavoro è considerato dall’autore, e da tutti gli editori, come un’additio al primo, e solo in qualche caso è trattato bibliograficamente come opera a sé stante.
Il De successionibus riscosse una buona fortuna: pubblicato per la prima volta a Roma da Antonio e Raffaele da Volterra, nel corso del Quattrocento fu ristampato sei volte; nel 1475 a Perugia, presso la tipografia di Pietro da Colonia, della quale il fratello di Nicolò, Matteo, era stato tra i fondatori; nel Cinquecento fu tra l’altro compreso nella raccolta dei Tractatus universi iuris. Una repetitio sulla prima decretale del titolo De testamentis et ultimis voluntatibus è conservata sotto il nome di Nicolò nel manoscritto Ravenna, Biblioteca Classense 373, cc. 61-112; non possiamo dire se sia in qualche modo testimonianza dell’insegnamento di Nicolò a Perugia nell’anno imprecisato in cui si trattenne sul titolo De testamentis del Liber Sextus. Per quanto riguarda il diritto dei tribunali, le decisioni stese da Nicolò nella sua veste di auditor Sacri Palatii sarebbero state date alle stampe secondo alcuni autori (Fontana, 1688, col. 202); ma il suo nome non compare in nessuna delle raccolte pubblicate a partire dagli anni Settanta del Quattrocento.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Perugia, Consigli e Riformanze, ad a. 1464, c. 96; Diplomatico, Diplomi, Bolle e Brevi, 356, trascr. in Consigli e Riformanze, c. 13; Archivio di Stato di Roma, Camerale I, Tesoreria provinciale di Perugia e dell’Umbria, IV, c. 141r; Nicolaus de Ubaldis, De successionibus ab intestato, Romae, in domo Antonii et Raphaëlis de Vulterris, 29 maggio 1473 (ISTC, iu00042000), cc. 1v-30r (cc. 31r-37v, De successionibus ab intestato clericorum regularium et secularium); Perusiae, Petrus Petri de Colonia, circa 1475 (ISTC iu00043000), cc. 1v-26r (cc. 27r-32v, De successionibus ab intestato clericorum…); in Tractatus [...] illustrium iurisconsultorum, VIII, 1, Venetiis 1584, cc. 337r-351v (cc. 351v-354v, De successionibus ab intestato clericorum …); Iohannes Antonius Campanus, Oratio funebris pro Baptista Sfortia, Cagli, Robertus de Fano e Bernardinus de Bergamo, 1 marzo 1476 (ISTC ic00077000); Michael Fernus, Iohannis Antonii Campani […] Vita, in Iohannis Antonii Campani Opera, Romae, per Eucharium Silber, 1495 (ISTC iu00042000), c. 11v; Iacobi Picolomini cardinalis Papiensis Epistolae et Commentarii, Mediolani 1506; Liber fraternitatis S. Spiritus et S. Marie in Saxia de Urbe, in Necrologi e libri affini della provincia romana, a cura di P. Egidi, II, Necrologi della città di Roma, Roma 1914, p. 459.
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