SAGREDO, Nicolò
– Nacque il 18 dicembre 1606 da Zaccaria e da Paola Foscari, nell’alveo di una prestigiosa casata veneziana di antica ascendenza dalmata, i Sagredo del ramo di S. Sofia, che si facevano risalire addirittura a epoca romana. La famiglia abitava nel palazzo Trevisan, in rio di Palazzo, fin d’allora rinomato per la bellezza degli arredi, appartenuti agli antichi proprietari, i fratelli Cappello, nipoti della celebre Bianca, granduchessa di Toscana, ma reso ancor più celebre per essere stato ambientato in esso il Dialogo sopra i due massimi sistemi (1629) di Galileo Galilei con Giovan Francesco Sagredo, zio di Nicolò.
Non fu certo aiutato nella carriera dal padre, che agli occhi dei concittadini si era coperto di vergogna per la viltà mostrata il 25 maggio 1630 nella battaglia di Valeggio, durante la guerra di successione di Mantova e Monferrato, quando era fuggito di fronte al nemico e perciò era stato condannato a dieci anni di prigione e alla revoca del grado di procuratore. Altri membri della famiglia provarono a riscattarne l’onore, come il fratello Bernardo, che comandò la cavalleria oltramarina nel 1645 trovandovi la morte, e l’altro fratello, Paolo, che fu governatore di navi e morì nel 1646, durante la guerra di Candia.
Nicolò percorse in maniera dimessa la carriera pubblica, prestando anche servizio diplomatico nelle principali corti d’Europa, dove fu ambasciatore sia ordinario sia straordinario della Serenissima (la carriera diplomatica fu intrapresa anche dal fratello Alvise, di dieci anni più giovane, che fu ambasciatore straordinario in Savoia e ordinario in Francia, prima di abbracciare la vita ecclesiastica).
Tra le più importanti esperienze diplomatiche della sua carriera vi fu quella di ambasciatore ordinario a Roma, dopo aver già tenuto uffici simili in Spagna, Germania e Francia. Con delibera del 30 aprile 1650 il Senato veneto lo designò ambasciatore a Roma, successore di Giovanni Giustinian. L’incarico gli fu conferito il 12 ottobre 1651 e ai primi di dicembre egli si trasferì nella capitale dello Stato pontificio, dove fu ricevuto in udienza da Innocenzo X Pamphili il 7 dicembre insieme al predecessore.
Per l’anno 1653, facendo una ricognizione delle vicende relative alla corte di Roma, Giovan Battista Nani ricorda: «Queste private faccende incredibilmente distraevano l’animo d’Innocentio, il quale ancorche con tenerezza, e con le lagrime udisse dall’Ambasciatore Niccolò Sagredo l’espressioni del rispetto della Republica, scarso ad ogni modo di ajuti, solamente permise una leva di duemila fanti dello Stato Ecclesiastico, et impose al Clero Veneto un’estraordinario sussidio» (Historia della Repubblica veneta, 1679, p. 370).
Sagredo rimase presso il papa fino al 1655, tornandovi come ambasciatore straordinario sia nel 1655 sia nel 1660, per ottenere il sostegno pontificio alla guerra di Venezia contro i turchi.
In quegli anni riuscì a fare importanti incontri politici, ma venne anche in contatto con l’effervescente ambiente culturale romano, specie con alcuni dei maggiori artisti del tempo, come Jacques Courtois (detto il Borgognone), Viviano Codazzi, Michelangelo Cerquozzi, Giovanni Ghisolfi, Pietro da Cortona, Salvator Rosa. Alcuni di essi gravitavano intorno alla chiesa romana di S. Marco, adiacente al palazzo del residente veneto a Roma, ai piedi del Campidoglio, e di questa antica e malridotta basilica egli si prese cura, commissionando il rifacimento del pavimento e degli stucchi, ordinando nuovi dipinti, facendo aprire varie finestre e sfondando cappelle. Nella sagrestia si conservava ancora nell’Ottocento un suo ritratto a olio.
Fu procuratore di S. Marco (18 giugno 1655) e riformatore dello Studio di Padova (1659, 1668). Dal re di Spagna ottenne il titolo di cavaliere. Come primo grande collezionista d’arte della famiglia, nel 1661 acquistò il palazzo sul Canal Grande che, dalla sua edificazione nel XIII secolo, era stato proprietà dei Morosini, e lo destinò a residenza privata.
Quasi settantenne, eletto con ampia maggioranza, salì al soglio dogale il 6 febbraio 1675, succedendo a Domenico Contarini. Il suo governo fu breve, ma prospero e tranquillo per Venezia, malgrado i tagli di spesa cui costringeva la recente perdita di Candia. Si dedicò comunque ad abbellire il Palazzo ducale e a lastricare le principali strade cittadine.
Morì il 15 agosto 1676 (Venezia, Archivio storico del Patriarcato, Chiesa di S. Marco, Libri dei morti, reg. 4, Morti 1665-1691, 15 agosto 1676; Archivio di Stato di Venezia, Provveditori alla Sanità, Necrologi, reg. 887, necrologio 1676, alla data 15 agosto 1676).
Come conferma Andrea da Mosto, a seguito delle informazioni offerte da Antonio Nani, la causa della morte fu la riapertura di un’antica piaga al ventre, forse un’ernia ombelicale, che provocò la fuoriuscita dell’intestino e dopo qualche giorno il decesso; un contemporaneo, riferendosi al suo sbiadito dogato, osservò amaramente che questa strana morte giunse al momento opportuno. Secondo i suoi desideri, fu sepolto nella cappella di famiglia in S. Francesco della Vigna, dove avrebbe trovato sepoltura anche il fratello Alvise, patriarca di Venezia. Il busto marmoreo che orna il suo sepolcro fu scolpito da Antonio Gai (1746). Andrea Celesti ne realizzò un ritratto per la sala dello scrutinio nel Palazzo ducale.
Il ramo dei Sagredo di S. Sofia si estinse nel 1738, con la morte senza eredi maschi di Gerardo, nato nel 1692.
Fonti e Bibl.: La gran parte delle fonti primarie per la vita di Sagredo si conserva nell’Archivio di Stato di Venezia (Senato, Dispacci Ambasciatori, Notarile, Testamenti), nell’Archivio storico del Patriarcato, nella Biblioteca del Museo Correr (Fondo Cicogna e Miscellanea Correr), nella Biblioteca della Fondazione Querini Stampalia, nella Biblioteca Marciana. Antonio Bulifon pubblicò alcuni suoi rapporti diplomatici al duca di Baviera (1650): due sul recupero delle fortezze di S. Todero (A. Bulifon, Lettere storiche, politiche ed erudite, Pozzoli 1685, pp. 209-213) e una sulla conquista di Clissa (Id., Lettere memorabili, istoriche, politiche ed erudite, Pozzuoli 1693, pp. 157-159). Anche la sua Promissione (Venezia 1675) è stata stampata. Il testamento, conservato in Archivio di Stato di Venezia, Notarile, Testamenti, b. 1167/250 (notaio Alessandro Contarini), 12 agosto 1676, è stato pubblicato da C. Mazza, I Sagredo. Committenti e collezionisti d’arte nella Venezia del Sei e Settecento, Venezia 2004, pp. 280-282. P. Galuffi, L’echo panegirico [...] nel ritorno in Roma dell’illustriss.mo & eccellentiss.mo sig. caualier, et procuratore N. S., ambasciator veneto, Ronciglione 1659; G. Cornaro, Oratione al Serenissimo Prencipe di Venetia N. S., segno d’ossequio della fedelissima natione oltramarina, Padova 1675; G. Corner, L’Apice Sagreda, Venezia 1675; Omaggio al doge N. S. in lingua greca cogli stemmi del doge e dei nobili dei domini veneti in Levante, Padova 1675; F. Almerighi, Relazione dell’ambasciata di Padova al nuovo Doge N. S., Padova 1676; G. Leti, L’Italia regnante, o vero Noua descritione dello stato presente di tutti prencipati, e republiche d’Italia. Dedicata al Re Christianissimo, IV, Geneva 1676, p. 96; G.B. Magnavino, In funere serenissimi Venetiarum ducis Nicolai Sagredi..., s.n.t. [1676]; V. Todeschini, In funere serenissimi principis Nicolai Sagredi Venetiarum ducis..., Venetiis 1676; L’eloquenza tributaria. Orazioni di ambasciatori di città suddite per la sua elezione a doge, Venetia 1676; G.B. Nani, Historia della Republica veneta, Parte II, Venetia 1679, pp. 311, 395, 406, 491, 575, 602, 717; A. Valiero, Historia della guerra di Candia, Venetia 1679, pp. 176, 486.
M. Foscarini, Historia della Republica Veneta, Venetia 1696, pp. 58, 79, 82; P. Daru, Storia della Repubblica di Venezia. Traduzione dal francese con note ed osservazioni, VIII, Capolago 1834, p. 18; L. Manin, Illustrazione delle medaglie dei dogi di Venezia denominate oselle, Venezia 1834, pp. 30 s.; A. Nani, Serie dei dogi di Venezia intagliati in rame [...] giuntevi alcune notizie biografiche estese da diversi, I, Venezia 1840, n. CV; Venezia. Colpo d’occhio letterario, artistico, storico, poetico e pittoresco sui monumenti e curiosità di questa città. Prima versione italiana, Venezia 1844, pp. 147, 216 s., 426; Ambasceria della città di Capodistria al doge N. S., in Almanacco istriano, Capodistria 1864; Relazioni degli Stati europei lette al Senato dagli ambasciatori veneti, Serie III, 1-2, Roma, a cura di N. Barozzi - G. Berchet, Venezia 1877, pp. 163-192, 227-256; A. Pilot, Spunti satirici in versi alla morte di N. S. (1676), in Fanfulla della domenica, XXVII (1911), pp. 24 s.; A. Da Mosto, L’Archivio di Stato di Venezia. Indice generale, storico, descrittivo ed analitico, Roma 1937, p. 19; Id., I dogi di Venezia nella vita pubblica e privata, Milano 1977, p. 92; W.L. Barcham, The cappella Sagredo in San Francesco della Vigna, in Artibus et historiae, IV (1983), 7, pp. 101-124; G. Cozzi, Il Palazzo di Venezia a Roma, in Venezia e la Roma dei Papi, Milano 1987, pp. 57-73; L. Borean, “In camera dove dormo”. Su alcuni quadri di N. S., in Arte veneta, 1997, n. 50, pp. 122-130; C. Mazza, La committenza artistica del futuro doge N. S. e l’inventario di Agostino Lama, ibid., 1997, n. 51, pp. 88-103; E. Zucchetta, La cappella Sagredo nella chiesa di San Francesco della Vigna. Storia, arte e restauro, Padova 2003; C. Mazza, I Sagredo..., cit., 2004, pp. 48-66; A. Cherini - P. Valente, Il doge N. S. e il collegio di Capo d’Istria, s.l. 2006; Pietro da Cortona. Piccole e grandi architetture. Modelli, rilievi, celebrazioni, a cura di S. Benedetti - A. Roca De Amicis, Roma 2006, pp. 87-97; La storia del Palazzo di Venezia dalle collezioni Barbo e Grimani a sede dell’ambasciata veneta e austriaca, a cura di M.G. Barberini - M. De Angelis d’Ossat - A. Schiavon, Roma 2011, pp. 97, 108, 172-176, 186; S. Negruzzo, Europa 1656. Memorie dalla corte di Francia, Milano 2015, pp. 38-41.