VALLA, Nicolò
– Nacque ad Agrigento, come attestano il costante riferimento alla città di origine nell’intestazione delle epistole prefatorie delle sue opere a stampa e il rimando alla «lingua nostra agrigentina» nella dedica del suo dizionario latino-volgare a Matteo Loisio Falco, «ex eadem clarissima agrigentina oriundus patria» (Vallilium, Firenze 1500, c. [a2]v). L’epiteto di «flamen ordinis seraphicalis», che compare accanto al nome di Valla nella stampa di un’orazione recitata nel 1502 (Oratio de unione ypostatica Christi coram Alexandro VI pontifice maximo et sacro cardinalium senatu habita in urbe Roma dominica secunda adventus 1502, [Roma 1502], c. a[1]rv), lascia intendere che a quella data il monaco avesse superato i ventiquattro anni (età utile per assurgere a tale dignità monastica); nacque, pertanto, intorno al 1475.
Compì i primi studi nel seminario del convento di S. Francesco ad Agrigento, diventando minore conventuale, ma frequentò pure scuole di altre città siciliane. Da alcune voci della seconda edizione del suo vocabolario si trae notizia di un apprendistato a Piazza Armerina e a Mazarino, sede di uno Studio avviato dal principe Melchiorre Branciforte. Studiò pure con l’umanista marsalese Tommaso Schifaldo a Mazara, ove costui insegnava nel 1494. Del tirocinio presso il domenicano resta traccia in un trattatello metrico, nel quale Valla ricorda il «lauriger Schifaldus», cui tanto «sua adolescentia debet» (Ars metrica, Firenze 1500 circa, cc. [a1]v-a2r), e ne sottolinea la «magna au‹c›toritas» (ibid., c. [a7]r). È al maestro di Marsala inoltre che il giovane Valla conferì l’investitura della trasmissione dell’arte della versificazione bucolica sacra, come attestano alcuni suoi versi (Seraphica sylva, Firenze 1498, cc. [d2]v-d3r; Resta, 1990, p. 50). Agli ultimi anni del Quattrocento è probabilmente da ricondurre anche l’esperienza di studio del greco a Messina sotto l’egida di Costantino Lascari.
Sullo scorcio del XV secolo Valla perfezionò i suoi studi. Fu a Siena al seguito dell’inquisitore e ministro generale dell’Ordine minorita Francesco Sansone, che in quello Studio insegnava teologia e filosofia, e il 29 marzo 1502 vi conseguì lui stesso la laurea in teologia (Piana, 1970, p. 123, n. 5). Tra Siena e Chiusi, città in cui raccolse il materiale per l’allestimento del lessico (cfr. Vallilium, cit., c. [b6]v), su sollecitazione di Falco, che da Agrigento lo aveva seguito nella città toscana «ad‹d›iscendi gratia» (ibid., c. [a2]v), Valla si dedicò alla stesura del primo vocabolario latino-volgare stampato in Italia.
È a questa altezza che il minorita avviò un’intensa attività oratoria e di predicazione, come attesta, alla fine di un elenco di sue opere perdute, tale passo: «[...] in plaerisque Siciliae atque Thus‹c›iae civitatibus disputavit et praedicavit cum laude; praesertim Romae in Sancto Celso anno a Parthenio partu 1502» (Gymnastica literaria, Venezia 1516, c. [49]v). Il ricordo dell’orazione recitata nel 1502 a Roma in presenza di papa Alessandro VI e del consesso dei cardinali avrebbe costituito in anni successivi esplicito motivo di orgoglio di fronte a malevoli detrattori.
Attraverso tre epistole riconducibili al 1510 che, all’interno della raccolta di Lucio Cristoforo Scobar De rebus praeclaris syracusanis opuscula (Venezia 1520), precedono l’operetta di Giovanni Antonio Salonia In Callilia carcinomata elegans annotatio (cc. 6r-7v), è possibile definire le coordinate di una polemica che vide il teologo agrigentino oggetto di un pesante attacco da parte di Salonia, allievo del sodale degli anni lascariani Scobar (con ogni probabilità non estraneo alla provocazione del discepolo), circa la sua presunta ignoranza della lingua latina, messa a nudo attraverso ventotto criticità prelevate dal testo della prima delle tre lettere, che Valla aveva inviato da Pietraperzia all’umanista spagnolo.
Di Valla, di nuovo in Sicilia, già dal 1509 è accertato il ruolo di predicatore e pedagogo presso la potente dinastia siciliana dei Barresi a Pietraperzia. Due documenti notarili del marzo e del settembre di quell’anno lo vedono infatti testimone in relazione a questioni riguardanti tale famiglia, mentre in un’altra fonte del 26 ottobre 1510 appare precettore di Alfonso e di Ferdinando, rampolli di questa nobile casata (v. Giunta, 1957, p. 345). Forse proprio l’impegno di magister nella cittadina ennese indusse Valla a rielaborare il suo dizionario, ristampato nel 1512.
Sebbene una lettera a Federico Abbatelli documenti un soggiorno di Valla a Napoli nell’agosto del 1513 e malgrado la carenza documentaria di tali anni, è verosimile che trascorse la stagione successiva nella sua isola, dedicandosi all’attività letteraria e alla predicazione. A questo periodo risale un soggiorno a Baucina, nel Palermitano, dove, in seguito a un dibattito con don Paolo Ventimiglia, il figlio Antonino e don Guglielmo Abbatelli, nacque l’idea di approntare un’editio minor del Vallilium, per offrire un aggiornato e agile strumento ai discenti: si tratta dell’edizione veneziana del 1516, non a caso dedicata proprio al giovane Martinello Abbatelli.
La produzione letteraria di Valla oggi disponibile, al di là dell’attività oratoria e di predicazione (di cui resta traccia nella citata Oratio del 1502), attesta al contempo interessi pedagogici e poetici. Il «Fratris Nicolai Vallae agrigentini ordinis minorum Extemporaneum hexasticon», che a c. [b4]r chiude l’opuscolo del professore senese Domenico Piccolomini In initio studii oratio (Siena 1491 circa), è probabilmente la più antica attestazione di un componimento in versi dell’umanista, risalente dunque agli anni toscani.
Allo stesso ambiente e alla metà degli anni Novanta del XV secolo, come attesta un elogio a Ferdinando il Cattolico per la presa di Granada (1492) e un cenno alla morte di Pico della Mirandola (1494), è da collocare la stesura del Liber seraphicae sylve de flosculis divi Francisci (Firenze 1498).
Dedicato dal giovane Valla a Francesco Sansone, è un poemetto in esametri diviso in sei libri, che ripercorre la leggenda francescana tentando di conciliare materia sacra e fonti classico-pagane.
Il richiamo a «epigrammata nostra, / quae puer exturxi [sic]» in un carme stampato in calce al Vallilium del 1512 (c. [M4]r) allude invece al giovanile Epigrammatum libellus, raccolta di versi eterogenei dedicata a Ponzio Santapace, marchese di Licodia, che ingloba pure cinque strambotti di Serafino Aquilano, qui editi per la prima volta e tradotti in distici da Valla.
Nell’esemplare (forse unico) custodito presso la Biblioteca comunale di Palermo (Esp. VII A 249 a-b-c), l’operetta è rilegata con l’Oratio de unione ypostatica Christi e il Liber seraphicae sylve e non riporta luogo e data di stampa; la presenza di un errata corrige del Libellus in calce all’Oratio, pronunciata e probabilmente pubblicata, si è detto, nel 1502, offre tuttavia un terminus ante quem.
Tracce più consistenti hanno lasciato le opere pedagogiche di Valla, che, avviate durante gli anni toscani, accompagnarono con costanza il magistero dell’umanista. È una stampa fiorentina del 19 maggio 1500 la princeps del Vallilium, un innovativo strumento lessicale che accompagna a lemmi volgari i corrispettivi latini, spesso con osservazioni etimologiche tratte dagli auctores latini.
Nato per fornire un ausilio alla comunità di studenti agrigentini in Toscana, Valla, consapevole che tra i senesi il siciliano doveva apparire ridicolo, costruì il lessico ponendo in intestazione la voce siciliana (e/o toscana), per indurre i discepoli a familiarizzare con il latino attraverso la mediazione delle lingue vernacolari. Il medesimo obiettivo connotò le fortunate edizioni successive: sono attestate almeno nove cinquecentine (l’ultima stampata a Venezia nel 1549) esemplate sulla seconda stampa. Allestita in Sicilia, tale edizione (Vocabularium vulgare cum latino, Venezia 1512), dedicata a Raimondo, figlio di Ugo Santapace, e «omnibus [...] trinacriis generosis et studiosis iuvenibus» (c. A[1]v), offre un lemmario più ampio rispetto alla princeps e presenta in calce un trattatello di metrica (introdotto da un In normulam componendi versus tetrastichon), approntato anch’esso a fini pedagogici con dedica al medesimo Raimondo (ibid., cc. [M4]v-[N4]r). Tali interessi sono attestati pure dall’Ars metrica, precoce opuscoletto dedicato al menzionato Ponzio Santapace, ed edito, probabilmente a Firenze, prima della princeps del Vallilium, alla fine della quale infatti Valla lamentò, in relazione alla stampa del suo libretto di metrica, «negligentiam et imperitiam librarii» (c. [g8]v).
Su richiesta di Federico Abbatelli, per gli studi del figlio Martinello l’agrigentino allestì, infine, un ulteriore strumento didattico: la Gymnastica literaria (Venezia 1516). Compendio di grammatica latina sulle otto parti del discorso, è corredato, a mo’ di quadri sinottici, di illustrazioni esplicative; in calce Valla vi aggiunse la citata editio minor del Vallilium.
La morte dell’umanista va collocata dopo l’11 agosto 1525, quando fu nominato vescovo titolare di Madaura, in Africa, al confine della Numidia e della Getulia, e vescovo suffraganeo a Malta.
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