Nigeria
'
Geografia umana ed economica
di Paolo Migliorini
Stato dell'Africa centro-occidentale. Con una popolazione stimata in 131.530.000 ab. nel 2005 (a fronte degli 88.514.501 censiti nel 1991), la N. è la nazione più popolosa dell'Africa, con un tasso di accrescimento medio annuo del 2,2% (2000-2005). È suddivisa in 374 etnie, alcune delle quali contano meno di 10.000 individui; i sette gruppi principali riuniscono il 78% della popolazione totale (Hausa e Fulani 29%, Yoruba 21%, Igbo 18%, Kanuri 4%, Ibibio 3,5%, Tiv 2,5%). Lo sviluppo economico ha determinato un'emigrazione su larga scala dalle campagne verso le grandi città, e di conseguenza il tasso di urbanizzazione è cresciuto notevolmente (46,7% nel 2003). L'agglomerato di Lagos, la maggiore città e fino al 1991 capitale del Paese, che nel 1996 contava 13.427.000 ab., è probabilmente destinato a raggiungere i 23 milioni nel 2020, diventando così la più grande area metropolitana del mondo. Sulla base dell'HDI (Human Development Index), un indicatore aggregato che le Nazioni Unite considerano particolarmente espressivo del livello di sviluppo sociale ed economico di un Paese, nel 2004 la N. (speranza di vita alla nascita 43/44 anni, tasso di alfabetizzazione degli adulti 67%) si collocava al 159° posto nella graduatoria che comprende 177 Stati del mondo.
La N. presenta le caratteristiche di un'economia dualistica: un settore moderno, dipendente dagli introiti del petrolio, si sovrappone a uno più tradizionale, orientato verso l'agricoltura e il commercio. Al momento dell'indipendenza (1960) il settore agricolo forniva ben più della metà del PIL e costituiva la principale fonte di introiti delle esportazioni. Successivamente il ruolo di motore dell'economia è stato assunto dal settore petrolifero, guidato dalla compagnia nazionale creata nel 1977, la Nigerian National Petroleum Corporation; nel 2004 il petrolio ha rappresentato l'88,5% del valore delle esportazioni.
L'agricoltura rimane comunque un'importante attività economica (30,6% della forza lavoro e 26,4% del PIL nel 2003). La FAO attribuisce ai terreni della N. una produttività potenziale da bassa a media, ma sottolinea che esiste un ampio margine per l'incremento della produttività e per l'espansione delle colture in terreni non coltivati in precedenza. Malgrado la presenza di grandi fiumi, il Niger e il Benue, l'agricoltura irrigua è ben poco diffusa; d'altra parte la prevedibile intensificazione dell'attività agricola conseguente alla crescita demografica è destinata a incontrare un limite nelle terre ecologicamente più fragili, in particolare nella fascia settentrionale del Paese, dove i suoli sono soggetti al rischio di degradazione e di desertificazione. Yam, cassava, riso, mais, sorgo, miglio costituiscono le principali coltivazioni destinate all'autoconsumo, la cui produzione complessiva non riesce a tenere il passo con l'aumento demografico, e la N., un tempo forte esportatrice di derrate alimentari, è costretta a ricorrere alle importazioni. Fino al 1991 il Paese è stato il quarto maggiore esportatore mondiale di cacao in grani, accentrando più del 7% del commercio mondiale di questo bene, anche se in seguito tale produzione si è sensibilmente ridotta (380.000 t nel 2004), in primo luogo a causa dell'invecchiamento delle piantagioni e delle malattie che le hanno colpite, nonché dei prezzi poco remunerativi per i contadini. Discreta è la quantità di caucciù ricavata dagli alberi della gomma (112.000 t nel 2004), per la quale la N. si è affermata come secondo Paese produttore del continente africano, dopo la Costa d'Avorio e prima della Liberia. Sono in corso di attuazione programmi per aumentare la produzione di questo prodotto e della palma da olio, con il sostegno della Banca mondiale.
La maggiore risorsa del Paese, come si è detto, è rappresentata dagli idrocarburi. Le riserve di petrolio, prevalentemente localizzate nel Sud-Est del Paese e nell'area costiera, sono stimate in 32 miliardi di barili, mentre la produzione, controllata in gran parte da multinazionali straniere, nel 2004 aveva superato i 125 milioni di t, grazie ai quali la N. si affermava quarto produttore all'interno dell'OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries). Le riserve accertate di gas naturale ammontano a 4007 miliardi di m3, con un contenuto energetico di poco superiore a quello delle riserve di petrolio; nel 2003 sono stati estratti 19.200 milioni di m3, in parte convogliati, mediante due gasdotti, dalle aree di estrazione alla centrale termica di Afam e alla zona industriale di Port Harcourt. Il sottosuolo racchiude, inoltre, abbondanti depositi minerari (carbone, minerali di stagno, caolino, gesso, columbite, tantalite, oro, pietre preziose, barite, grafite, marmi, zolfo e uranio). Nel 2004 le esportazioni sono state prevalentemente assorbite dal mercato statunitense (47,5%), dal Brasile (10,7%) e dalla Spagna (7,1%). Le importazioni (macchinari, mezzi di trasporto, prodotti chimici ecc.) sono state fornite soprattutto da Cina (9,4%), Stati Uniti (8,4%) e Regno Unito (7,8%); l'apporto dell'Italia è stato pari al 4%.
Solo nei primi anni del 21° sec. la N. ha cominciato a intraprendere le indispensabili riforme economiche, orientate verso la privatizzazione e i non facili obiettivi di ridurre l'inflazione, di ammodernare il sistema bancario e di risolvere gli annosi conflitti sulla ripartizione tra i vari Stati federati dei proventi dell'industria petrolifera. Tali proventi rappresentano più del 90% delle entrate in valuta straniera, ma sono in larga parte dissipati dai governi dei 36 Stati e delle 774 circoscrizioni amministrative locali, a causa del cattivo funzionamento degli apparati burocratici e della diffusa corruzione, più volte denunciata dagli organismi internazionali.
Il problema dell'indebitamento con l'estero, che condiziona fortemente il possibile sviluppo del Paese, è stato affrontato mediante lunghi e complessi negoziati con le istituzioni finanziarie internazionali e ha trovato parziale soluzione solo nel 2005 (v. oltre: Storia).
di Giulia Nunziante
La particolare dipendenza dell'economia nazionale rispetto all'andamento dei prezzi del petrolio, la scarsa presenza di operatori privati attivi sul mercato e l'insufficiente dotazione di infrastrutture, spinsero il governo nigeriano a promuovere, dall'inizio del 21° sec. e con maggiore vigore dal 2003, un vasto programma di riforme, che tuttavia conseguì risultati positivi solo in termini di crescita della produzione e di miglioramento del saldo delle partite correnti, senza trovare soluzione alle numerose contraddizioni che segnavano profondamente l'economia del Paese.
L'obiettivo principale proclamato dal governo fu la creazione di un ambiente favorevole allo sviluppo del settore privato; obiettivo che si intendeva perseguire diversificando i settori di attività, promuovendo la crescita della produttività e la competitività esterna, riducendo il ruolo del settore pubblico, 'liberando' le forze del mercato dalla gravosa regolamentazione vigente. Nei piani del governo, l'agricoltura in particolare, ma anche il comparto manifatturiero e il settore minerario, avrebbero assicurato la rinascita economica del Paese contribuendo all'aumento delle esportazioni e alla creazione di occupazione. Nei fatti, tuttavia, tali orientamenti conobbero applicazioni limitate.
Per far fronte all'estrema carenza di dotazioni infrastrutturali, le autorità sottoscrissero alcuni accordi con il settore privato per il reperimento dei necessari investimenti. Il settore bancario, reso instabile da una struttura fragile dovuta all'eccessiva presenza di piccoli istituti di credito a gestione familiare, doveva assumere, nelle intenzioni del governo, un ruolo strategico nel processo di riconversione dell'economia e di sviluppo del risparmio privato. In particolare, le banche furono invitate da una parte a fondersi, per dare vita a gruppi bancari di maggiori dimensioni, e dall'altra a concentrarsi nella normale attività di intermediazione creditizia, tralasciando le attività di investimento sui mercati dei cambi e dei titoli del debito pubblico. Fu inoltre rafforzata la funzione di supervisione sulle istituzioni finanziarie non bancarie e consolidata l'autonomia e la credibilità della Banca centrale.
Relativamente al settore pubblico, la sua presenza rimaneva significativa ancora alla vigilia del 21° sec., nonostante l'avvio, a partire dall'inizio degli anni Novanta, di alcune importanti operazioni di privatizzazione e di alcuni timidi tentativi di liberalizzazione. Questa situazione incideva gravemente sui risultati economici del comparto, in quanto le inefficienze delle imprese pubbliche contribuivano all'innalzamento dei costi dei fattori di produzione e al declino della produttività. Nuove spinte per ridare vigore alle forze del mercato furono impresse a partire dal 2004, ma i risultati furono per lo più insufficienti.
Il governo si impegnò, ma solo moderatamente, nella lotta alla corruzione e nella promozione della qualità del servizio prestato dall'amministrazione pubblica, alla quale fu richiesta maggiore trasparenza e responsabilità. La stessa amministrazione fu oggetto di una complessa riforma che comportò la ristrutturazione organizzativa dei ministeri e la riqualificazione professionale dei dipendenti.
Gli strumenti di politica monetaria furono adoperati per contenere le pressioni inflazionistiche e garantire maggiore stabilità al mercato interno. Ciononostante, i primi anni del 21° sec. furono segnati da una crescita incontrollata dei prezzi.
La riforma del sistema previdenziale, avviata nel 2004, rappresentò uno degli interventi strutturali più significativi per contenere la spesa pubblica. In particolare, il governo assicurò un quadro regolamentare di riferimento e unificò il trattamento previdenziale del settore pubblico e di quello privato. La politica commerciale realizzata dal governo fu di tipo protezionistico. Tra il 2001 e il 2003 fu allargata la lista dei beni di importazione soggetti a barriere all'entrata, con l'intento di indirizzare il consumo verso prodotti di fabbricazione nazionale. Per converso, le esportazioni furono promosse con provvedimenti volti a ridurre i costi di produzione e a offrire finanziamenti adeguati e mirati. A partire della seconda metà del 2005, la N. adottò il sistema di tariffe esterne dell'ECOWAS (Economic Community of West African States) e si impegnò a realizzare la graduale rimozione delle barriere alle importazioni. Anche l'andamento dei tassi di cambio, che contribuiva a creare instabilità e pressioni sui prezzi, fu oggetto di attenzione da parte delle autorità, che dichiararono nel 2005 la volontà di unificare i sistemi in vigore.
Storia
Emma Ansovini
All'inizio del 21° sec., celebrato il ritorno alla democrazia dopo 15 anni di potere militare, con l'arrivo alla presidenza in libere elezioni del generale O. Obasanjo (febbr. 1999), la N. si doveva confrontare con una serie di gravi problemi che né i governi autoritari succedutisi negli anni, né una cospicua rendita petrolifera erano riusciti a risolvere. Si trattava in gran parte di problemi strutturali della società e dell'economia che per certi versi l'espansione del settore petrolifero e la sua crescente centralità, con il ruolo dominante delle grandi compagnie e la diffusione di fenomeni di corruzione e di clientelismo, avevano addirittura contribuito ad aggravare.
Un fattore importante di crisi era rappresentato dalle persistenti tensioni etniche e religiose, che contrapponevano un Nord musulmano a un Sud cristiano o animista; questo contrasto si accentuava anche in seguito al diffondersi di forme di integralismo islamico in molti Stati del Nord, alcuni dei quali arrivarono, sul finire del 1999, a introdurre nei loro sistemi giuridici la legge coranica, minacciando la stessa impalcatura giudiziaria e costituzionale dello Stato federale. I problemi religiosi si affiancavano e si sovrapponevano a quelli politici ed economici: le aree meridionali e sud-orientali erano infatti tradizionalmente sottorappresentate nelle istituzioni e, pur ospitando la maggioranza dei giacimenti petroliferi, non avevano mai espresso esponenti di rilievo nel governo del Paese, godendo in minima parte dei benefici della rendita petrolifera, ma sopportando i costi ambientali e sociali dell'estrazione del petrolio. I diffusi livelli di corruzione impedivano inoltre sia il pieno utilizzo degli impianti petroliferi sia la destinazione della rendita petrolifera agli investimenti e alla crescita economica del Paese. Infine la fragilità di un sistema democratico privo di tradizioni, con una società civile debole e con un quadro politico fortemente condizionato dalle appartenenze etniche, rendeva difficile la definizione di politiche nazionali coerenti e orientate su comuni obiettivi strategici.
I primi anni del governo di Obasanjo riuscirono a garantire le condizioni minime di funzionamento del sistema democratico, con il rispetto delle scadenze elettorali, anche se numerose irregolarità nello svolgimento delle consultazioni furono ripetutamente denunciate sia all'interno del Paese sia dagli osservatori internazionali. Tra le prime misure del governo ci furono la rimozione dei vertici militari, compromessi con il precedente regime, e la sospensione dei contratti con le società petrolifere legate all'ambiente militare. Il credito e il consenso di cui godeva il presidente non riuscirono però a tradursi, in questa prima fase, in scelte politiche particolarmente incisive, anche per la costante ricerca di equilibrio e di compromessi tra le diverse componenti del governo, e soprattutto per la difficile definizione dei rapporti tra potere centrale e potere locale, soprattutto a partire dalla fine del 1999. Nell'aprile 2003 si tennero le elezioni presidenziali e legislative. Le prime videro la conferma di Obasanjo con il 62% dei voti, le seconde diedero la vittoria al partito del presidente, il People's Democratic Party, che conquistò 223 seggi su 360 alla Camera e 76 su 109 al Senato, seguito da All Nigeria People's Party con 96 e 27 seggi e da Alliance for democracy con 34 e 6. Dopo le consultazioni si registrò un mutamento di rotta: Obasanjo varò un programma incentrato sull'accelerazione delle riforme economiche e della lotta alla corruzione, e inserì nella nuova compagine governativa alcuni tecnici con vasta esperienza negli organismi finanziari internazionali. Il governo si trovava comunque a operare in un contesto molto difficile, contrassegnato da un fortissimo disagio sociale e da continue esplosioni di violenza. I conflitti interetnici si ripeterono infatti con preoccupante regolarità durante tutte e due le presidenze Obasanjo: nel 2001 uno scontro tribale nella regione centro-orientale di Benue costrinse alla fuga migliaia di persone; nel 2002 si registrarono a Lagos circa 100 morti, come risultato di un violento confronto tra Hausa, musulmani, e Yoruba, cristiani; nell'agosto 2003 scontri sanguinosi nella regione del delta del Niger tra Ijaw e Itsekiri portarono alla morte di circa 100 persone e al ferimento di oltre 1000; nel febbraio 2006 violenti disordini in numerose città settentrionali e nella città meridionale di Onitsha si conclusero con un bilancio di oltre 100 morti. Alcuni episodi di violenza si connotarono inoltre per il sovrapporsi agli aspetti etnici di componenti sociali ed economiche: gli scontri tra bande rivali nel porto petrolifero di Port Harcourt nell'estate del 2004, i rapimenti nel 2006 di lavoratori stranieri delle industrie petrolifere, i ripetuti attacchi agli oleodotti per appropriarsi di quantità talvolta ingenti di petrolio (nel maggio 2006 un tentativo di manomissione di un oleodotto determinò un'esplosione nella quale morirono circa 200 persone). Questi rapimenti e questi attacchi, in parte interpretabili come semplici comportamenti illegali sia di singoli sia di bande operanti all'interno di un vero e proprio mercato clandestino del petrolio, erano però in parte anche inseriti in un tentativo da parte di gruppi di ribelli del Sud di esercitare pressioni sul governo per ottenere maggiori risorse per le regioni meridionali.
I temi economici si imposero come un altro elemento persistente di tensione per il governo: ripetuti rialzi del prezzo del petrolio per il mercato interno furono accolti da proteste e disordini, con la proclamazione da parte dei sindacati di scioperi nazionali nel giugno 2003 e nel giugno 2004, finché l'aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi sui mercati internazionali non sembrò migliorare la situazione economica del Paese. Altro punto fondamentale del programma governativo era quello relativo alla rinegoziazione di un ingente debito estero (37 miliardi di dollari), contratto dai governi dittatoriali succedutisi fino al 1999. Il debito rappresentava un ostacolo a qualsiasi iniziativa riformatrice, se si tiene conto che nel 2005 il servizio sullo stesso debito corrispondeva a cinque volte il budget per l'istruzione e a quindici volte quello per la sanità. La N. inoltre, in quanto possessore di materie prime pregiate, non poteva accedere, in base ai criteri stabiliti dalla Banca mondiale e dal Fondo monetario internazionale, allo status di Paese povero altamente indebitato e quindi godere della cancellazione del 90% del debito. Dopo una lunga trattativa e a seguito del fermo rifiuto del Parlamento di onorare il debito, nell'ottobre 2005 la N. ottenne dal Club di Parigi (il gruppo più consistente dei Paesi creditori) la cancellazione del 67% del debito, a fronte di un impegno a restituire la parte restante con i proventi del petrolio.
In politica estera la presidenza Obasanjo si caratterizzò per un notevole dinamismo: la N., riammessa a pieno titolo nel Commonwealth, stabilì buoni rapporti con gli Stati Uniti e con l'Unione Europea (visita di B. Clinton in N. nell'ag. 2000, visita di Obasanjo a Roma nel sett. 2000), e strinse accordi con la Cina, interessata allo sfruttamento delle risorse petrolifere (genn. 2006). Migliorò inoltre le relazioni con i Paesi dell'area, partecipando alle missioni di pace in Sierra Leone e Liberia, e firmò un accordo con il Camerun per la ridefinizione del confine della regione di Bekassi, un territorio di grande interesse minerario, avviando a soluzione un lungo contenzioso.
Nel giugno 2006 il senato bocciò una modifica costituzionale presentata dal People's Democratic Party e finalizzata a consentire a Obasanjo una terza candidatura alla presidenza.
bibliografia
M. Emiliani, La maledizione del petrolio: il caso Nigeria, in Aspenia, 2005, 29, pp. 191-98.
I. Okonta, Nigeria's death throes, in Current history, 2005, 682, pp. 203-08.