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NIGERIA

di Paolo Migliorini, Emma Ansovini - Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)
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Nigeria

Paolo Migliorini
Emma Ansovini
ENCICLOPEDIA ITALIANA VI APPENDICE TAB nigeria 01.jpg

(XXIV, p. 814; App. I, p. 898; II, ii, p. 407; III, ii, p. 267; IV, ii, p. 596; V, iii, p. 672.)

geografia umana ed economica

di Paolo Migliorini

Popolazione

I dati relativi alla consistenza demografica indicano che la popolazione della N. ha superato i 100 milioni di abitanti nel corso della prima metà degli anni Novanta (nel 1991 erano stati censiti 88.514.501 ab., saliti nel 1998, secondo una stima, a 106.409.000). Il tasso di crescita è molto sostenuto, nonostante il persistere di un'elevata mortalità, e la N. si avvia a diventare uno dei paesi più popolati del mondo. La capitale, Abuja, contava oltre 423.000 ab. nel 1995; il tasso medio di urbanizzazione nel 1998 aveva raggiunto il 42%, con punte molto più alte nelle regioni del Sud-Ovest.

Nel 1996 sono stati costituiti sei nuovi Stati federati (Bayelsa, Ebonyi, Ekiti, Gombe, Nassarawa, Zamfara) per distacco, rispettivamente, dagli Stati di Rivers, Abia e Enugo, Ondo, Bauchi, Plateau, Sokoto; con capitali Yenagoa, Abakaliki, Ado Ekiti, Gombe, Lafia, Gusau. Non sono ancora state rese note le conseguenti variazioni di superficie e di popolazione.

Condizioni economiche. - Il lento processo di transizione da un'amministrazione militare a istituzioni elette democraticamente, avviato nel 1996, dovrebbe creare le premesse per un rilancio dell'economia nigeriana, tanto più che la struttura produttiva del paese è una delle più diversificate dell'intero continente, e può contare su una buona dotazione di risorse naturali (agricole e minerarie), nonché sulla disponibilità di un'abbondante forza di lavoro e su un mercato interno assai consistente. Nel 1996 il tasso di crescita del PIL è stato del 2,1%, tuttavia la popolazione nigeriana rimane assai povera: secondo stime della Banca mondiale, circa il 51% degli abitanti vive al di sotto della soglia di povertà, e il reddito medio pro capite è crollato dai 1000 dollari del 1980 ai 300 del 1998.

Il settore primario ha contribuito nel 1997 a formare il 32,7% del PIL, occupando il 48% delle forze di lavoro. Tra le colture commerciali mantiene una notevole importanza il cacao (1.550.000 q nel 1997), che pure ha registrato un netto calo rispetto agli anni Ottanta, in termini sia quantitativi sia di contributo al valore complessivo delle esportazioni. In ripresa è la produzione di arachidi (23.310.000 q nel 1997), come pure quella del cotone; quanto al riso, la N. registra la più forte produzione di tutta l'Africa Nera (32.680.000 q).

Tra le colture di sussistenza predominano quelle tradizionali: cereali poveri (miglio e sorgo) nelle regioni più aride, mais nella zona intermedia e manioca nella fascia equatoriale. Tuttavia, malgrado i complessivi buoni risultati delle principali coltivazioni, è giocoforza ricorrere a consistenti importazioni di cereali (1.600.000 t nel 1994).

Nel 1997 il settore minerario ha concorso alla formazione del PIL nella misura del 41,4%, impiegando meno dello 0,1% delle forze di lavoro complessive. Dai giacimenti di petrolio sono stati estratti oltre 112 milioni di t di greggio nel 1997, che hanno assicurato in quello stesso anno il 97,6% dei ricavi complessivi delle esportazioni e rappresentato il 17% del PIL.

I campi petroliferi sono in prevalenza concentrati nella zona del delta del Niger, dove le popolazioni locali, e specialmente la minoranza etnica degli Ogoni (un gruppo di circa 500.000 persone), mal sopportando di vedere il loro ambiente di vita sconvolto dall'intensificarsi dell'attività estrattiva senza ricevere nessuna contropartita, hanno dato vita nel 1995 a manifestazioni antigovernative sanguinosamente represse dal governo centrale. Importanti giacimenti petroliferi off-shore sono stati scoperti di recente (Oyo, 1995; Bonga, 1996), mentre ci si orienta sempre più verso ricerche in acque profonde.

La N. estrae anche gas naturale (4130 milioni di m³ nel 1995), convogliato tramite due gasdotti dai giacimenti del Sud-Est alla centrale di Afam e nella zona industriale di Trans-Amadi (Port Harcourt). Le esigenze energetiche interne sono coperte dalle raffinerie di Port Harcourt, Warri e Kaduna; ma è ancora importante l'apporto delle centrali idroelettriche, e in particolare di quella collegata al grande sbarramento di Kainji, sul fiume Niger. L'industria manifatturiera nigeriana è piuttosto debole e disarticolata, volta prevalentemente alla produzione di beni di consumo (alimentari, tessuti, calzature, prodotti farmaceutici, carta, cemento). La scarsa produzione di acciaio (20.000 t nel 1995) dei due impianti di Ajaokuta e Aladja, le cui capacità produttive sono rimaste sottoutilizzate, è sintomatica della mancanza di una solida base industriale nazionale e della dipendenza dall'estero per i beni strumentali (macchinari, mezzi di trasporto ecc.) e i prodotti manifatturieri di base.

Il debito estero ammontava nel 1997 a circa 28,5 miliardi di dollari statunitensi. Nel 1986 il governo aveva avviato un programma di aggiustamento strutturale a lungo termine, che solo nel 1995 tuttavia ha cominciato a sostanziarsi in concrete riforme economiche e provvedimenti di politica monetaria coerenti con i precetti delle istituzioni di Bretton Woods.

bibliografia

L. Diamond, Essays on Nigerian democracy, London 1996. 

T. Falola, Development planning and decolonization in Nigeria, Gainesville 1996. 

G.G. Moser et al., Nigeria, experience with structural adjustment, Washington 1997.

Storia

di Emma Ansovini

Al momento dell'indipendenza, nel 1960, la N. appariva uno dei paesi più promettenti di tutta l'Africa. I suoi punti di forza erano rappresentati da una società civile vivace, un elevato livello di istruzione superiore, anche universitaria, un'agricoltura che, per quanto arretrata, assicurava l'autosufficienza alimentare, nonostante un territorio povero di infrastrutture e una popolazione in forte crescita. A questi elementi positivi facevano però riscontro alcuni fattori di instabilità che avrebbero finito per condizionare tutta la storia successiva della Nigeria. Si trattava, da un lato, del difficile rapporto tra i molteplici gruppi etnici, le differenti realtà regionali, un Sud ricco, già divenuto durante il colonialismo parte integrante del commercio mondiale, e un Nord povero; dall'altro, dell'impatto, su di un'economia prevalentemente agricola, della scoperta (1956) e dello sfruttamento dei più importanti giacimenti petroliferi dell'Africa subsahariana, situati tutti nel Sud tra il delta del Niger e il Biafra. Le tensioni e le contraddizioni generate da questi fattori sono state di rado ricomposte, determinando frequenti crisi politiche e una cronica instabilità economica e sociale. La N. superava già nel 1995 i 100 milioni di abitanti, distinti in 250 etnie (tra le principali, gli Haussa Fulani a N, gli Yoruba a S-O, gli Ibo a E e gli Ogoni a S-E, gli Ijawa a S) e appartenenti a religioni diverse (cristianesimo, Islam e animismo). La convivenza da sempre difficile tra le diverse etnie non trovava una convincente soluzione nella scelta federalista, adottata al momento dell'indipendenza sulla scorta della divisione regionale del periodo coloniale, abolita nel 1966 e poi subito dopo ripristinata fino al riconoscimento nel 1998 di 36 Stati. L'incapacità di garantire un'adeguata rappresentanza alle diverse etnie - il potere e il governo sono stati pressoché a totale appannaggio del Nord islamico e in particolare degli Haussa, in continuità, del resto, con la tradizione coloniale - determinava una costante tensione tra i gruppi sfociata in contrasti, sommosse e, nel 1967, con la secessione del Biafra (la regione orientale a dominanza Ibo), in una lunga e drammatica guerra civile. Questa guerra fu scontro non solo tribale ma anche economico, e un confronto cruento tra élites più modernizzate e gruppi più tradizionali. L'altro problema nodale era rappresentato dal petrolio che, se assicurava ingenti risorse, finiva altresì per monopolizzare la struttura economica, rendendola particolarmente vulnerabile alla variazione dei prezzi sui mercati internazionali, oltre a costituire una potente fonte di corruzione e ad assoggettare la N. all'ingerenza delle grandi multinazionali del settore, tutte presenti nel paese. La contraddittorietà di questa vicenda può trovare esemplificazione nell'andamento del reddito pro capite, che dai valori relativamente elevati dei decenni precedenti (nel 1980 era di 1000 dollari) è sceso nel 1998 sotto i 300, facendo della N. uno dei 20 paesi più poveri del mondo, o nel tasso di crescita del PIL giunto negli anni Settanta fino al 10% annuo e sceso negli anni Ottanta all'1%, fino al paradosso della benzina: la N. è il sesto esportatore mondiale di petrolio, ma è anche il paese in cui è quasi impossibile trovare carburante, se non ricorrendo al mercato nero, e in cui le raffinerie gestite dallo Stato utilizzano meno della metà del loro potenziale produttivo in una combinazione di inefficienza e di corruzione. I contrasti etnici e regionali, da un lato, e la fragilità della rendita petrolifera, dall'altro, sono stati dunque all'origine di tutte le innumerevoli convulsioni del più popoloso paese dell'Africa subsahariana. Dal 1960 al 1998 ci sono stati, in tutto, solo 10 anni di governo civile, tra il 1960 e il 1966 e tra il 1979 e il 1983; per il resto si sono succeduti governi militari con l'affermazione di singole personalità forti. Il peso demografico e quello economico, ma soprattutto quello militare (un esercito di quasi 80.000 uomini nel 1997) facevano inoltre della N. una sorta di 'gendarme' regionale, che progressivamente accresceva il suo intervento negli affari dei vicini, servendosi in modo spregiudicato delle forze dell'ECOMOG (ECOWAS Monitoring Group), la forza militare di monitoraggio dell'ECOWAS (Economic Community of West African States), per appoggiare, nelle situazioni di crisi, gruppi e fazioni in lotta, come, per es., in Sierra Leone o in Liberia.

Il governo di E. Shonekan, nato in una situazione di drammatica frattura tra apparato dello Stato e società civile, dopo l'annullamento delle elezioni del 1993 e le conseguenti dimissioni del generale I. Babangida, ebbe una vita breve e travagliata. Nel novembre 1993, infatti, incapace di far fronte a una nuova ondata di proteste sociali causata dall'eliminazione dei sussidi statali ai prodotti petroliferi e dal conseguente aumento dei prezzi di questi ultimi, Shonekan si dimise e i pieni poteri furono assunti dal capo di Stato maggiore delle forze armate, generale S. Abacha, il quale proibì nuovamente lo svolgimento di qualsiasi attività politica, diede vita a organi provvisori di governo e promise la convocazione di una Conferenza nazionale per decidere del futuro assetto costituzionale del paese. Nel tentativo di contenere il diffuso malessere sociale il regime annunciò (febbr. 1994) l'abbandono del programma di riforme economiche, varato nel 1986 in accordo con il Fondo monetario internazionale, ma nel contempo assunse caratteri sempre più repressivi e dittatoriali. Arresti arbitrari (M. Abiola fu incarcerato, con l'accusa di tradimento, nel giugno 1994), esecuzioni sommarie di oppositori, soppressione di giornali e aperte violazioni dei diritti umani furono più volte denunciati da Amnesty International, mentre nella prima metà del 1994 il paese veniva di nuovo attraversato da scontri religiosi ed etnici, tra cristiani e musulmani nella N. centrale e tra diversi gruppi etnici negli Stati sud-orientali. In un'apparente reazione alle pressioni diplomatiche, il regime sembrò avviare nel giugno 1995 una parziale liberalizzazione con la rimozione del divieto di svolgere attività politica, ma l'esecuzione, nel novembre 1995, dello scrittore K. Saro Wiwa e di altri otto attivisti del movimento per la tutela della minoranza etnica degli Ogoni, in spregio agli appelli dell'opinione pubblica internazionale, mobilitatasi contro la condanna a morte, costò alla N. la sospensione dal Commonwealth, l'inasprimento delle sanzioni, già imposte dall'Unione Europea nel 1993, e una crisi diplomatica con Stati Uniti e Repubblica Sudafricana. La vicenda di Saro Wiwa, arrestato nel 1994, aveva attirato l'attenzione internazionale sulle condizioni degli Ogoni, un gruppo etnico poco numeroso dell'area costiera della N. meridionale, in lotta da anni per la sua stessa sopravvivenza contro la minaccia rappresentata dallo sfruttamento selvaggio delle risorse petrolifere da parte delle compagnie internazionali.

Nel gennaio 1996 Abacha indicò nel 1998 la data per il ritorno a un'amministrazione civile e annunciò la creazione di 6 nuovi Stati, ma gli spazi reali di espressione continuarono a essere assai precari, mentre aumentavano enormemente i livelli di corruzione del regime. Il clima politico subì un ulteriore peggioramento quando tra il dicembre 1996 e il maggio 1997 Lagos fu teatro di numerosi attentati indirizzati contro obiettivi militari. La morte improvvisa di Abacha nel giugno 1998 (nel luglio moriva in carcere anche Abiola) accelerò i tempi della transizione verso il potere civile. Il suo successore, il generale A. Abubakar, infatti, avviò rapidamente un programma di liberalizzazione della vita politica con l'appoggio degli Stati Uniti e dell'Unione Europea, scarcerò molti prigionieri politici e fissò i tempi e le procedure per le consultazioni legislative e presidenziali. Le elezioni videro il ritorno in campo del generale in pensione O. Obasanjo, uno yoruba cristiano, imprigionato da Abacha nel 1995, che aveva in precedenza governato il paese dal 1976 fino al 1979, anno in cui aveva ceduto la presidenza ai civili, e la cui candidatura trovava molti appoggi anche nel Nord del paese. Svoltesi nel febbraio 1999, nel complesso regolarmente secondo gli organismi internazionali di controllo, le consultazioni legislative segnarono la vittoria del People's Democratic Party, che conquistò 59 su 109 seggi al Senato e 206 su 360 alla Camera, seguito da All People Party (24 e 74) e da Alliance for Democracy (20 e 68). Obasanjo, leader del partito vincitore, fu eletto nello stesso mese di febbraio, con il 62% dei suffragi, alla presidenza della Repubblica. Il nuovo presidente entrò in carica ufficialmente il 29 maggio 1999.

bibliografia

R. Joseph, Nigeria: inside the dismal tunnel, in Current history, 1996, pp.195-200. 

W. Soyinka, The open sore of a continent, a personal narrative of the Nigerian crisis, Oxford 1997. 

O. Abarisade, R.J. Mundt, Politics in Nigeria, New York 1998. 

O. Obasanjo, The country of anything goes, in New York review of books, 24 sett. 1998. 

F. Olonisakin, Mercenaries fill the vacuum, in The world today, 1998, pp.146-48.

Vedi anche
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