Vedi NIMRUD dell'anno: 1963 - 1996
NIMRUD
La collina di questo nome situata nell'Iraq settentrionale sulla riva sinistra del Tigri, non lontano dalla confluenza con il Grande Zab, circa 30 km a S di Mossul, ricopre i resti dell'antica Kalkhu, una delle capitali dell'impero assiro. Un passo biblico (Genesi, 10, 12) attribuisce la fondazione della città (ebr. Kālaḥ) a Nimrod, nipote di Noè. Le fonti tardo-assire e la esplorazione archeologica concordano nel mostrare che il sito non fu abitato da epoca molto antica: i primi reperti sono costituiti da un'ascia bronzea, una spada ed altri oggetti funerarî degli inizî del II millennio a. C., mentre un'iscrizione di Assurnasirpal II (883-859 a. C.) menziona la fondazione della città ad opera di un Salmanassar, che i recenti scavi hanno permesso di identificare con il primo di questo nome (1243-1207 a. C.); più tardi lo stesso Assurnasirpal II, mediante l'attuazione, pur parziale, di un organico piano di costruzioni riportò la città al ruolo di fastosa capitale dell'impero; dai testi risulta che furono impiegati anche operai del paese di Zamua, prigionieri di guerra. Nel 746 a. C. l'insurrezione di Kalkhu provocò la morte di Ashshur-nirāri V, la fine della dinastia e l'avvento al trono di Tiglatpileser III (745-727 a. C.). La città rimase residenza reale sotto Tiglatpileser III, mentre lo fu di nuovo al tempo di Asarhaddon (680-669 a. C.), per ordine del quale, riferisce una lettera, la corte si trasferì a Kalkhu da Ninive.
Gli scavi furono iniziati a N. nel novembre del 1845 da A. H. Layard (v.), che vi condusse ininterrottamente campagne fino al 1851; dopo l'esplorazione di H. C. Rawlinson nel 1852, le ricerche furono continuate da H. Rassam dal 1852 al 1854. Nel dicembre del 1854 W. K. Loftus iniziò gli scavi patrocinati dall'Assyrian Exploration Fund; dopo la sua morte (1858) l'esplorazione fu ripresa nel 1873 e nel 1876 da G. Smith che era giunto in Mesopotamia per operare a Quyungiq; quindi nel 1879 fu ancora H. Rassam a dirigere le ricerche. Dopo una lunga pausa, nel 1949 la British School of Archaeology in Iraq riprese gli scavi, che tuttora continuano, affidandone la direzione a M. E. L. Mallowan.
Il primo edificio monumentale che fu completato da Assurnasirpal II è il palazzo di N-O finito prima dell'anno sesto di regno. In esso una serie di vani di pianta rettangolare su due file si sviluppano intorno ad una corte centrale, il bitanu dei palazzi assiri; la corte pubblica, il babānu, doveva estendersi a N, come indica la grande sala, probabilmente del trono, che doveva appunto avere l'accesso direttamente da essa; i vani H e G sul lato orientale dovevano essere adibiti a sale da banchetto. Il palazzo presenta chiare analogie con gli edifici provinciali di Arslan TaŞ e Tell Aḥmar, i quali riflettono quindi in ambiente periferico l'avvenuta canonizzazione delle strutture dell'edificio residenziale in Assiria fin dal IX sec. a. C. Da due sale del complesso meridionale del palazzo - contrassegnate V e W - provengono la maggior parte degli avorî della Collezione Layard. L'attività di Assurnasirpal II non si limitò però all'edificazione del palazzo residenziale; i testi dànno notizia dell'erezione di diversi templi, di Ea e Damkina, di Adad e Shala, di Sin, di Gula, di Nergal: dei templi ricordati dalle fonti, e che furono finiti prima dell'879 a. C., quello di Ninurta e Bēl è stato ritrovato ed ha fornito oggetti di diversa età; il suo orientamento E-O e l'andamento allungato non sono infrequenti in Assiria. Il culto nel santuario, di cui alcuni arredi sacri erano assai sontuosi - un altare in oro e lapislazzuli, una statua in oro e pietre preziose -, era connesso con quello della ziqqurat che fu finita da Salmanassar III (858-824 a. C.). Il tempio di Ishtar bēlit māti ("signora della terra") sorgeva a N del palazzo di Assurnasirpal II e ad E del santuario di Ninurta; perpendicolarmente all'asse E-O era l'accesso sul lato S, fiancheggiato da leoni scolpiti; all'interno era una statua del sovrano. Nel settore meridionale della collina sono venuti alla luce i resti di quattro templi orientati secondo un asse E-O contrassegnati I-IV -, tra i quali notevole era l'Ezida di Nabū fondato da Assurnasirpal, ma costruito per la maggior parte da Adadnirāri III (809-782 a. C.). I recenti scavi di M. E. L. Mallowan hanno portato alla luce i resti del palazzo di S-E, da cui provengono gli avorî della Collezione Loftus ed altre lastre eburnee scoperte assai di recente e provenienti forse dalla sala del trono. Il complesso monumentale che è l'oggetto delle ultime campagne di scavo e nel quale si riconosce ora una fortezza, donde il nome di Fort Shalmaneser attribuitogli nelle relazioni degli scavi recenti, sembra essere stato fondato da Assurnasirpal II e completato nell'VIII sec. a. C.; la sala del trono reca un iscrizione del quindicesimo anno di regno di Salmanassar III; certo è che dopo che un incendio ne danneggiò gravemente le strutture forse al tempo di Sargon II (721-705 a. C.), l'edificio fu rioccupato e abbellito con pitture parietali sotto Sennacherib (704-681 a. C.) o Asarhaddon (680-669 a. C.). L'edificio, la cui sala del trono era situata sul lato N - mentre sul lato S erano ambienti da cerimonia -, presenta tracce di incendio e di distruzione che si devono probabilmente riferire alle due invasioni cui soggiacque l'Assiria nel 614 e nel 612 a. C. L'attività di Salmanassar III si sviluppò soprattutto nel completamento di edifici anteriori, come la ziqqurat, e nell'erezione del palazzo centrale di N., da cui proviene il cosiddetto Obelisco nero. Al regno di Adad-nirāri III si deve attribuire il complesso di tre ambienti con pitture parietali, cui A. H. Layard diede il nome convenzionale di Upper Chambers. Tiglatpileser III ampliò largamente l'edificio residenziale iniziato da Salmanassar III mediante un vasto complesso architettonico nel quale era compreso un bīt khilāni (v.): le fonti letterarie descrivono con ricchezza di particolari la magnificenza del palazzo. Nella zona meridionale del tell Asarhaddon eresse un altro edificio residenziale rimasto incompiuto; la costruzione data dagli ultimi anni di regno. I resti più notevoli sono costituiti da un adito monumentale aperto sulla faccia S.
Gli ambienti del palazzo di N-O erano decorati con lastre scolpite di alabastro gessoso, che rivestivano quattordici delle ventisette sale descritte da A. H. Layard. I rilievi predominanti nella residenza di Assurnasirpal II, a differenza di quanto si può notare per il palazzo sargonico di Khorsābad, sono quelli di carattere rituale, mentre le lastre di contenuto narrativo decoravano il solo ambiente B, la presunta sala del trono di G. F. Grotefend; in essa le lastre si disponevano su due file sovrapposte separate dalla cosiddetta Standard Inscription, che celebra le gesta del sovrano; nelle altre sale, invece, la stessa iscrizione compare, pur talora con lievi varianti, nella zona centrale dei rilievi rituali. La recente ricostruzione della decorazione del palazzo compiuta da J. B. Stearns ha dimostrato che non dominava affatto un gusto simmetrico nel disporre le lastre scolpite, almeno nella sala B; peraltro appare chiaro che non doveva essere ancora compreso, al tempo di Assurnasirpal II, il carattere dei rilievi narrativi come fondamentalmente diverso da quello delle lastre rituali articolate secondo gli schemi di figure umane alate o a testa di aquila, erette o inginocchiate, alternate con piante sacre. Il carattere statico ed araldico di questi rilievi è particolarmente contrastante con il dinamismo dei rilievi narrativi, in cui, forse a ragione, J. H. Breasted ha riconosciuto tracce di influssi iconografici egiziani; tale ipotesi trova conferma nella presenza a N. di una patera fenicia decorata, che documenta la mediazione occidentale nel trapasso dall'Egitto all'Assiria del tema del sovrano che dal carro si volge a scagliare dardi contro le fiere. Un'altra importante serie di rilievi è quella celebrativa delle campagne di Tiglatpileser III: in queste lastre predominano largamente le usuali scene di assedio, di saccheggio e di deportazione. Sono anche venute alla luce diverse statue di geni alati in forma di animale protettore; tali immagini, consuete nei palazzi tardo-assiri, avevano funzione protettiva; alcune di esse sono state rinvenute durante gli scavi più recenti.
Gli avorî rinvenuti a N. dovevano costituire parte dei bottini ottenuti dai re assiri del IX-VII sec. a. C. nelle loro campagne contro le città siriane. R. D. Barnett, che ha studiato le serie di avorî raccolti da A. H. Layard e W. K. Loftus, ha creduto di poter riconoscere in questi monumenti l'opera di due distinte scuole di intagliatori. Gli avorî fenici non sono mai articolati secondo schemi iconografici complessi, ma riproducono singoli motivi per lo più di ispirazione egiziana; gli intagliatori siriani raffiguravano, invece, scene più ampliamente sviluppate (cacce, guerre, cortei), rispecchiando una tematica affine a quella dei rilievi in pietra di ambiente neo-hittita. Si deve notare comunque che per ambedue le serie di rilievi si trovano precedenti iconografici nella glittica del Il millennio a. C. in Siria. Le campagne più recenti hanno portato alla luce alcuni rilievi eburnei, assai bassi, di iconografia assira, con figure di genî alati e scene di omaggio al re; queste lastre, che si affiancano ad altre provenienti da Khorsabad, testimoniano l'attività notevole di botteghe di intagliatori assiri, della cui esistenza si avevano prima rari e sporadici indizî. Altri rilievi rinvenuti recentemente, come quello raffigurante un leone seduto, confermano i rapporti della tematica degli avorî del I millennio a. C. con l'iconografia glittica del millennio precedente; altre lastre, e in particolare il rilievo rappresentante un servitore che reca un capretto e uno struzzo, non si intendono agevolmente nel quadro pur complesso della civiltà figurativa siriana, ma sembrano da attribuire alle più feconde correnti dell'arte assira non ufficiale.
Sul sito di N. è stato raccolto ricco materiale: una statua in pietra, statuine votive in terracotta nei depositi di fondazione, sigilli cilindrici dell'età neo-assira e abbondanti reperti ceramici dello stesso periodo. Importanti sono stati i rinvenimenti epigrafici; in particolare gli scavi recenti hanno riportato alla luce un gran numero di documenti amministrativi degli ultimi secoli dell'impero assiro, di frammenti di lettere di funzionari ai sovrani e soprattutto di documenti ufficiali di fondamentale importanza per lo studio dei rapporti di Asarhaddon con gli stati vassalli.
Bibl.: A. H. Layard, Monuments of Nineveh. First Series, Londra 1849; id., Monuments of Nineveh. Second Series, Londra 1853; id., Nineveh and Its Remains, I-II, Londra 1849; id., Nineveh and Babylon, Londra 1853; W. K. Loftus, in The Athenaeum, 1855, p. 351; id., in Illustrated London News, 12 aprile 1856; H. Rassam, Asshur and the Land of Nimrod, Londra 1897; M. E. L. Mallowan, in Iraq, XII, 1950, pp. 147-83; XIII, 1951, pp. 1-20; XIV, 1952, pp. 1-23; 45-53; XV, 1953, pp. 1-42; XVI, 1954, pp. 59-163; XVIII, 1956, pp. 1-21; XIX, 1957, pp. 1-25; XXI, 1959, pp. 93-97; id., in Illustrated London News, 22 luglio 1950; 29 luglio 1950; 16 agosto 1952; 23 agosto 1952; 8 agosto 1953; 15 agosto 1953; 22 agosto 1953; 21 gennaio 1956; 28 gennaio 1856; 23 novembre 1957; 30 novembre 1957; 7 dicembre 1957; 17 gennaio 1959; 30 gennaio 1960; 25 giugno 1960; D. Oates, in Iraq, XXI, 1959, pp. 98-127; XXIII, 1961, pp. 1-14. Per le sculture: E. Unger, Die Reliefs Tiglatpilesers III aus Nimrud, Costantinopoli 1917; C. J. Gadd, The Assyrian Sculptures, Londra 1934; id., The stones of Assyria, Londra 1936. Per gli avorî: R. D. Barnett, A Catalogue of the Nimrud Ivories, Londra 1957 (cfr. anche recensioni di Ch. Picard, in rev. Arch., 1959, i, pp. 98-101 e di B. L. Goff, in Journ. Amer. Orient. Soc., 1960, pp. 340-47). Studî su singoli reperti ed in particolare sul materiale epigrafico e glittico, vengono pubblicati in Iraq a partire dal 1950.