Davoli, Ninetto (propr. Giovanni)
Attore cinematografico, nato a Roma l'11 ottobre 1944. Figlio di calabresi immigrati, testimone esemplare della Roma sottoproletaria dell'immediato secondo dopoguerra, D. è stato scoperto da Pier Paolo Pasolini, e del cinema del regista è diventato figura simbolica.
Nella sua carriera il film che forse meglio lo ha rappresentato, mettendone a nudo le caratteristiche fisiche e interiori, è stato La sequenza del fiore di carta (1969, episodio di Amore e rabbia) diretto da Pasolini stesso. Si tratta di una simbolica passeggiata lungo via Nazionale a Roma, dove la sua andatura ondeggiante (dovuta anche al fisico asciutto e longilineo), la sua istintiva furbizia popolare, l'indole giullaresca e ingenuamente sincera, attraversano, quasi senza avvedersene, un mondo vorticosamente rumoroso che sembra incarnare tutte le violenze della Storia. Fu questa naturale purezza e innocenza (ma "l'innocenza è una colpa", afferma la voce fuori campo in La sequenza del fiore di carta) a colpire Pasolini quando incontrò D., poco più che adolescente, in una sperduta borgata romana. Il regista dopo qualche anno lo lanciò al fianco di Totò in Uccellacci e uccellini (1966) e successivamente in La terra vista dalla luna (1967, episodio di Le streghe) e in Che cosa sono le nuvole? (1966, episodio di Capriccio all'italiana). In questi film D. ha imposto la sua agilità fisica, un misto di arditezza e indolenza, sempre misteriosamente tese verso una deriva onirica e fiabesca. Le sue 'recite' hanno assunto il gusto e la forma della fugace apparizione (ancora per la regia di Pasolini, D. interpretò il ruolo di messaggero in Edipo re, 1967, e Teorema, 1968, ottenendo nello stesso tempo una piccola parte anche in Porcile, 1969) oppure di un'eterna vitalità festaiola (e infatti il regista lo utilizzò ancora nella cosiddetta trilogia della vita composta da Decameron, 1971, I racconti di Canterbury, 1972, e Il fiore delle Mille e una notte, 1974).
D. ha saputo esprimere al meglio le sue opposte qualità di candore e astuzia anche nel cinema di Sergio Citti, al quale ha offerto la propria caparbia giovanile incoscienza fin dal suo film d'esordio del 1970, Ostia, e poi in Storie scellerate (1973), Casotto (1977), Il minestrone (1981) e I Magi randagi (1996). Il resto, benché sempre caratterizzato da una naturale grazia, risulta racchiuso in una serie di film appartenenti a generi minori del cinema italiano, da Storia de fratelli e de cortelli (1973) di Mario Amendola, a Spogliamoci così, senza pudor... (1977) di Sergio Martino, da Frankenstein all'italiana ‒ Prendimi, straziami che brucio di passione (1975) di Armando Crispino a Il conte Tacchia (1982) di Sergio Corbucci.
P.P. Pasolini, Empirismo eretico, Milano 1962, passim; P.P. Pasolini, Alì dagli occhi azzurri, avvertenza, Milano 1965.