Manfredi, Nino (propr. Saturnino)
Attore e regista cinematografico, nato a Castro dei Volsci (Frosinone) il 22 marzo 1921. Grande interprete della commedia all'italiana, ha saputo provare la vasta gamma delle proprie possibilità recitative in film di successo (diretti da registi quali Dino Risi, Ettore Scola, Antonio Pietrangeli), a volte aggiungendo a un fondo realistico guizzi di stravagante surrealismo, a volte lasciando affiorare una vena di amaro sarcasmo, quasi sempre rivelando un'ironia profonda, ma perfettamente controllata, che spesso assume tonalità drammatiche. Si è cimentato anche nella regia vincendo nel 1971 il premio per la migliore opera prima al Festival di Cannes con il film dalle venature autobiografiche Per grazia ricevuta. Ha inoltre ottenuto per quattro volte il Nastro d'Argento come miglior attore: nel 1966 con Questa volta parliamo di uomini (1965) di Lina Wertmüller, nel 1970 con Nell'anno del Signore… (1969) di Luigi Magni, nel 1978 con In nome del Papa re (1977) ancora di Magni, e nel 1980 con Café express di Nanni Loy.Trasferitosi a Roma con la famiglia all'inizio degli anni Quaranta, M. frequentò l'università laureandosi in giurisprudenza e, quasi per gioco, le lezioni all'Accademia d'arte drammatica, che in quegli anni accoglieva tra gli studenti alcune delle future e più significative personalità dello spettacolo italiano (Tino Buazzelli, Paolo Panelli, Giancarlo Sbragia tra i compagni di corso di M., Luciano Salce e Luigi Squarzina nel corso di regia). Nell'immediato dopoguerra venne scritturato nella compagnia Maltagliati-Gassman e contribuì all'affermazione dei Teatri stabili (quello di Milano diretto da Giorgio Strehler e quello di Roma da Orazio Costa, che era stato suo insegnante all'Accademia e che egli considerò sempre il suo maestro). Dopo essere stato scritturato nel 1952 da Eduardo De Filippo, che individuò nel giovane attore un potenziale continuatore della propria eredità teatrale, M. capì che affidandosi al teatro dei grandi testi avrebbe sacrificato l'immediatezza del rapporto diretto e sempre imprevedibile con gli spettatori e un aspetto fondamentale della propria cultura, ossia quella eredità contadina che tanto gli apparteneva. Accettò così di apparire in spettacoli di rivista (Tre per tre… Nava, 1953, Un trapezio per Lisistrata con Delia Scala, 1958) e di lavorare alla radio (proverbiali le macchiette del 'sor Tacito' e del 'soldato Tenoretti' inventate dall'attore), ma anche di allargare la serie delle proprie esperienze dedicandosi al doppiaggio (in un caso prestò la voce a Marcello Mastroianni). Nacque da tale attività la presentazione con Delia Scala e Paolo Panelli di Canzonissima 1959, trasmissione televisiva di grande successo che, grazie allo sketch del 'barista di Ceccano', rese popolare il giovane attore. Pur tentato da un cinema napoletano minore ‒ che gli consentiva tuttavia di impratichirsi nel mestiere, riscrivendo anche le proprie battute ‒ e da incontri con esordienti di valore (Mauro Bolognini per il quale recitò in Gli innamorati, 1955; Franco Zeffirelli per Camping, 1958, di cui M. scrisse il soggetto in collaborazione con Paolo Ferrari), non abbandonò del tutto il palcoscenico, tornando per es. sulle scene a Roma nel 1962 nella famosa commedia musicale Rugantino, che ebbe 138 repliche e fu presentata con fortuna anche all'estero. Aveva nel frattempo recitato in parti di secondo piano, al fianco di Alberto Sordi in Lo scapolo (1955) di Pietrangeli e in una serie di commedie interpretate da Marisa Allasio: Susanna tutta panna (1957) di Steno, Venezia, la luna e tu (1958) di Risi (ancora protagonista Alberto Sordi) e Carmela è una bambola (1958) di Gianni Puccini, in cui però ebbe un ruolo di rilievo. Nel 1959 comparve dapprima in Audace colpo dei soliti ignoti di Loy, accanto a Vittorio Gassman, nel ruolo spassoso del meccanico 'piede amaro', e quindi fu il protagonista di L'impiegato (1960) di Puccini, film ispirato a The secret life of Walter Mitty (1947) di Norman Z. McLeod, con Danny Kaye, alla cui sceneggiatura diede un notevole contributo, come in molti altri casi in seguito, e che gli consentì di disegnare un personaggio più complesso, diviso tra la banalità quotidiana e il fascino dei sogni. Pur consapevole delle potenzialità comiche offerte dai personaggi provinciali e dalla parlata dialettale, M. non abusò sul grande schermo di questo strumento che gli aveva consentito di affermarsi in televisione e volle invece sperimentare una più vasta gamma di registri recitativi. Risale al 1960 Crimen di Mario Camerini, ancora con Alberto Sordi e Vittorio Gassman, commedia di grande successo in cui si intrecciano le disavventure di tre coppie di italiani, ingiustamente sospettate di omicidio a Montecarlo, nella quale M. ricorre a una mimica allusiva, essenziale e autoironica per esprimere le debolezze e le paure del proprio personaggio. Nel 1961, dopo essere stato il protagonista di Il carabiniere a cavallo di Carlo Lizzani, ebbe l'occasione di misurarsi per la prima volta con un ruolo drammatico in A cavallo della tigre di Luigi Comencini, disegnando una figura patetica, arricchita di tocchi ironici. Con altrettanta sensibilità in Anni ruggenti (1962) di Luigi Zampa interpretò il personaggio dell'assicuratore Omero, scambiato dai notabili di una cittadina pugliese per un alto funzionario del Partito fascista in visita nel 1937, rinunciando a qualsiasi effetto di facile comicità per scegliere invece la via di un'intelligente compostezza, la stessa che gli fece tratteggiare le due riuscite figure che fanno da sfondo ai ritratti femminili di Pietrangeli in La Parmigiana (1963) e Io la conoscevo bene (1965), egualmente velleitarie e opportuniste, moralmente discutibili e prive di scrupoli. Nel 1963 venne inoltre diretto dallo spagnolo Luis García Berlanga nell'amaro El verdugo (La ballata del boia), feroce satira contro la pena di morte che gli garantì consensi a livello internazionale. Notevole apprezzamento gli era anche giunto dalla sua prima prova di regia: aveva infatti avuto la possibilità di dirigere un breve film muto che stupì la critica per l'ironia dell'insieme, l'efficacia delle annotazioni e il senso del ritmo: L'avventura di un soldato, da un racconto di I. Calvino, episodio di L'amore difficile (1962), che gli valse, tra le altre, le lodi di Mario Soldati, da sempre suo estimatore. Proprio la moda dei film a episodi gli consentì di disegnare con classe una vasta galleria di figure (in Scandaloso, episodio diretto da Franco Rossi del film collettivo Alta infedeltà, 1964; in Cocaina di domenica, ancora di Rossi e Una donna d'affari di Renato Castellani, primo e terzo episodio di Controsesso, sempre del 1964; La telefonata, di Risi, episodio di Le bambole, 1965; Una giornata decisiva, ancora di Risi, episodio di I complessi, 1965; mentre un notevole successo gli venne dai quattro episodi di Questa volta parliamo di uomini, che lo videro protagonista assoluto). E se particolarmente riuscito era risultato l'emigrato italiano, un perdente colmo di nostalgia, contrapposto all'esuberanza del protagonista (Vittorio Gassman) in Il gaucho (1964) di Risi, sul versante della comicità pura risulta delineato sia il personaggio di Dudù, guappo napoletano coinvolto in un 'colpo' ai danni del tesoro di San Gennaro in un altro film di Risi, Operazione San Gennaro (1966), sia il protagonista di Italian Secret Service (1968) di Comencini, mentre risolto con sfumature più malinconiche e complesse appare il Marco di Il padre di famiglia (1967) di Loy. Ma soprattutto si mise in luce, riattingendo a certo sapore popolare e ingenuo dei personaggi degli esordi, opportunamente corretto da una vena di maliziosa ironia, nel costruire in Straziami, ma di baci saziami (1968) di Risi la figura di Marino, il barbiere di Alatri coinvolto in una passionale quanto contrastata storia d'amore, delineata con toni da fotoromanzo e linguaggio esemplato sui testi delle canzonette di successo. Sempre nel 1968 ritrovò Alberto Sordi nel divertente Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Africa? di Ettore Scola, in cui è l'avventuroso giramondo scomparso in Africa del titolo. Mentre con il ruolo di Pasquino in Nell'anno del Signore… inaugurò la serie di film interpretati per Magni e ambientati nella Roma papalina e in preda a fermenti rivoluzionari, proseguita con In nome del Papa re (in cui M. è un umanissimo monsignore), In nome del popolo sovrano (1990, in cui è un disincantato Ciceruacchio) e La Carbonara (2000, nella parte di un cardinale), mentre nel 1987, sempre per il regista, era stato Ponzio Pilato in Secondo Ponzio Pilato. Nel 1971 fu il ruzantesco Nale di La Betìa, ovvero nell'amore per ogni gaudenza ci vuole sofferenza di Gianfranco De Bosio e, l'anno successivo, un perfetto Geppetto in una felice rilettura televisiva di Comencini delle Avventure di Pinocchio di Collodi. Non riuscì completamente invece l'incontro con un maestro quale Vittorio De Sica in quanto Lo chiameremo Andrea (1972) risulta decisamente inferiore alle generose intenzioni. Nel complesso, fruttuosa fu la collaborazione dell'attore con i registi coetanei ed egli si confermò tra i più completi esponenti della commedia all'italiana. L'impressione era stata rafforzata da Per grazia ricevuta (1971), in cui M. seppe recuperare il suo patrimonio culturale e il suo passato di provinciale raccontando di Benedetto, ragazzo e poi uomo che si cerca in un'Italia da Strapaese. La parte iniziale del film risulta libera, felice, ma l'intera opera appare immersa in un'atmosfera naif, insolita nel cinema italiano. Nello stesso anno M., alla costante ricerca di prove sempre diverse, fu un commissario in Roma bene di Lizzani e nel 1972 si misurò in Girolimoni ‒ Il mostro di Roma di Damiano Damiani con il personaggio difficile di Gino Girolimoni, il fotografo che, nella Roma dei primi anni del fascismo, venne accusato di aver ucciso alcune bambine. Regalò poi efficace dignità all'immigrato italiano in Svizzera di Pane e cioccolata (1974) diretto da Franco Brusati, rendendone intenso il drammatico disagio di fronte all'estraneità, anche crudele, della società con cui deve confrontarsi. Nei film di Scola C'eravamo tanto amati (1974) e Brutti, sporchi e cattivi (1976) poté tratteggiare due dei suoi personaggi più riusciti. Nel primo quello del portantino comunista Antonio, il più positivo e vitale dei tre amici protagonisti (gli altri due interpretati da Vittorio Gassman e Stefano Satta Flores), di cui vengono ripercorsi ideali, speranze e amarezze, dalle lotte partigiane alle disillusioni degli anni Settanta, quasi in una sorta di congedo rispetto ai personaggi della commedia all'italiana. Nel secondo è un vecchio immigrato pugliese, violento ubriacone che vive in una baracca a Roma tiranneggiando la sua numerosa famiglia, e che M. seppe delineare con rigore, senza trasformare la marcata caratterizzazione in esibita maschera grottesca. Sul finire degli anni Settanta venne inoltre diretto da Sergio Corbucci in La mazzetta (1978) e da Giuliano Montaldo in Il giocattolo (1979), ove interpreta uno dei rari personaggi negativi della sua carriera. Dopo aver basato su più registri (comico, patetico e drammatico) il venditore abusivo di bibite protagonista di Café express, è tornato alla regia con Nudo di donna (1981), subentrando ad Alberto Lattuada. Il film segue la vicenda di un uomo (lo stesso M.) attratto da una doppia immagine femminile ‒ la saggia moglie Laura e la sfacciata prostituta Rirì ‒ sulle cui tracce si perde in una Venezia resa bizzarra e magica dal carnevale. In seguito l'attore è sembrato progressivamente ripiegarsi su sé stesso recitando in film di più ridotte ambizioni (da Spaghetti House, 1982, di Giulio Paradisi, a Il tenente dei carabinieri, 1986, di Maurizio Ponzi, sino a Grandi magazzini, 1986, di Castellano e Pipolo) in cui ha essenzialmente rivisitato 'maschere' già interpretate. Coinvolto anche in interessanti produzioni europee (Helsinki Napoli all night long, 1987, Napoli-Berlino un taxi nella notte, di Mika Kaurismäki; De vliegende hollander, 1995, L'Olandese volante, di Jos Stelling), ha poi preso parte a serie televisive (come Linda e il brigadiere, 1997-98) sempre salutate dal successo e dall'affetto del pubblico.
A. Bernardini, Nino Manfredi, Roma 1999; Ottant'anni da attore. Incontro con Nino Manfredi, a cura di Gianni Canova, Roma 2002.