TARANTO, Nino
(Antonio Eduardo). – Nacque a Napoli al vico Carbonari nel quartiere Pendino il 28 agosto 1907, registrato con il nome di Antonio Eduardo. Terzogenito di nove figli di Raimondo e di Maria Salomone, fu concepito dopo la morte neonatale di una coppia di gemelli.
Il padre, discendente da una famiglia di militari, lavorava come sarto insieme alla moglie nella bottega del suocero Antonio. In età prescolare Taranto fu avviato alla musica dalla famiglia materna presso la sartoria, luogo in cui gli zii Salvatore e Angelo Salomone e il prozio Ferdinando avevano formato un complesso strumentale con il quale dilettarsi durante le pause dal lavoro. La piccola orchestra trovava ingaggi dai clienti della sartoria in occasione di cerimonie. In tali circostanze Nino cominciò a mostrare la sua predisposizione vocale. Poco incline all’educazione scolastica e alla prospettiva del lavoro sartoriale, a nove anni il fanciullo fu affidato al maestro Salvatore Capaldo, con il quale apprese l’arte del canto. Nel 1921 debuttò al teatro Centrale in occasione di ’Na camera affittata a tre, spettacolo seguito da un gran varietà a cui Taranto prese parte intonando brani di diverso carattere, tra i quali il pezzo comico Fifì Rino (di Raffaele Viviani, 1905) e il più drammatico ’A Santanotte (di Eduardo Scala - Francesco Bongiovanni, 1920). Il 28 ottobre dello stesso anno nacque il fratello Carlo, anch’egli divenuto poi caratterista. Dopo l’ingresso nella compagnia dei Piccoli guidata da Mimì Maggio al teatro Partenope, nel 1924 Nino, già conosciuto nell’ambiente teatrale cittadino, comparve come ‘scugnizzo’ in Vedi Napule e po’ mori! lungometraggio prodotto dalla Lombardo Film con la direzione di Eugenio Perego. Nel 1928 l’artista entrò nella compagnia Cafiero-Fumo, con la quale ebbe modo di sviluppare le sue abilità vocali e attoriali, passando dalla macchietta alla sceneggiata, e alternando la canzone di giacca all’attività di fine dicitore. Il 28 luglio dello stesso anno sposò la napoletana Concetta Ravasco, sua coetanea, con la quale ebbe tre figli: Maria (1930), Carmela (1932) e Raimondo (1934).
Il genere della sceneggiata fu coltivato anche negli Stati Uniti, dove Taranto si recò in tournée agli inizi degli anni Trenta. In questa circostanza prese parte al film di produzione italoamericana Senza mamma e ’nnammurato (1932), per la regia di Harold Godsoe. Nel 1933, tornato in patria, l’attore fondò una ditta con Aldo Bruno e Agostino Clement, proseguendo sui palcoscenici napoletani nello stesso filone drammatico. Tra i titoli in cartellone, Carcere, un copione tratto dall’omonima canzone di successo di Libero Bovio e Ferdinando Albano. Nel 1934 l’artista debuttò nella prosa drammatica al teatro dei Fiorentini. Protagonista di Gente nosta (di Ernesto Murolo - Libero Bovio) e Luntananza (di Paola Riccora), fu Pulcinella in Un’ora al San Carlino (Ernesto Murolo - Ernesto Tagliaferri). Nel 1935 fu scritturato a Roma accanto alla soubrette Anna Fougez, con la quale prese parte alla rivista Piume, lustrini e satira di Eugenio Maldacea. L’anno seguente all’attore fu affidato il ruolo di primo comico nella compagnia Frasca. In tale occasione si dedicò al varietà con riviste quali Accadono ancora i miracoli (con la polacca Erzsi Paal) e Disse una volta un biglietto da mille (accanto a Wanda Osiris). Dopo la stagione 1937-38, segnata da riviste firmate Francesco Cipriani Marinelli (in arte Nelli) e Mario Mangini, nel 1939 Taranto strinse un sodalizio con Titina De Filippo durato fino al 1941. I due riscossero ampio successo in numerosi teatri italiani con lo spettacolo Finalmente un imbecille! (Nelli - Mangini). All’attività teatrale si affiancò quella di attore cinematografico già a partire dal 1938, anno in cui l’artista fece parte del cast di Nonna Felicita (di Mario Mattoli). Nello stesso periodo Taranto coltivò senza interruzioni il mestiere di interprete di canzoni comiche, imponendosi a livello nazionale con il tipo buffo dello sciocco tradito, che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita. Dotato di forte inventiva e spontanea comicità, rinnovò il genere della macchietta grazie a una recitazione sempre equilibrata e una mimica incisiva che gli permisero di trasformare i protagonisti degli sketch musicali in personaggi rimasti celebri. I più noti, ideati da Egidio Pisano e Giuseppe Cioffi, furono Carlo Mazza, da Mazza, Pezza e Pizzo (1937), e Ciccio Formaggio, dall’omonima macchietta scritta espressamente per il cantante nel 1940.
L’attività nel varietà proseguì senza sosta durante il periodo bellico segnando nuove importanti collaborazioni. Nel 1945, in risposta agli entusiasmi politici per il progresso nel Nord Italia e alle polemiche sulla depressione delle aree meridionali, Nelli e Mangini firmarono la rivista Venticello del Sud, a cui l’attore prese parte accanto a Dolores Palumbo e alla milanese Dina Galli al Mediolanum di Milano. Nel 1946 ottenne il premio Maschera d’argento come miglior attore di rivista. Nello stesso anno portò al successo la canzone Dove sta Zazà? (Raffaele Cutolo - Giuseppe Cioffi, 1944) divenuta nel 1947 un film diretto da Giorgio Simonelli con protagonista lo stesso cantante affiancato da Isa Barzizza. Negli anni del dopoguerra il comico si affermò come il massimo esponente del cinema di rivista: da Tutta la città canta (1945, di Riccardo Freda), a Il barone Carlo Mazza (1948, di Guido Brignone) con Silvana Pampanini, fino a I pompieri di Viggiù (1949, di Mattoli) accanto al fratello Carlo e, per la prima volta, a Totò.
Proseguiva intanto la stretta collaborazione con la napoletana Dolores Palumbo, che vide i due artisti calcare i maggiori palcoscenici italiani e comparire in varie pellicole tra cui Café chantant (1953, di Camillo Mastrocinque), altra trasposizione cinematografica dell’avanspettacolo in cui l’attore impersonò se stesso nella già nota macchietta Sciò sciò.
Taranto fu anche interprete convincente di ruoli drammatici, come quello del professor De Francesco in Anni facili (1953, di Luigi Zampa), che alla Biennale di Venezia gli valse il Nastro d’argento come miglior attore protagonista.
Al teatro di rivista si dedicò fino al 1955, anno in cui approdò alla prosa leggera debuttando al teatro Alfieri di Torino con Lo strano caso di Salvatore Cecere, una commedia scritta per lo stesso Taranto da Armando Curcio. Nel 1956 lo spettacolo Caviale e lenticchie (Giulio Scarnicci - Renzo Tarabusi) fu accolto da un clamoroso consenso. Dopo i successi internazionali di Parigi e Budapest, la rappresentazione fu prodotta in versione televisiva RAI nel 1960.
La versatilità dell’artista, attore comico e drammatico, cantante e mimo, rispose perfettamente ai rapidi mutamenti in atto e all’evoluzione simultanea e combinata dei mezzi di produzione spettacolare: teatro, cinema, radio e televisione. Nel 1951 esordì alla radio nel varietà Rosso e nero, cui fece seguito nei decenni successivi la sua partecipazione a numerosi programmi. Nel 1956, anno in cui scrisse i versi della canzone Lusingame (musica di Mario Festa), approdò al piccolo schermo nel varietà Lui e lei accanto alla soubrette Delia Scala.
Le trasposizioni televisive effettuate nei primi anni Sessanta riguardarono anche i testi di Viviani, a cui Taranto aveva da sempre riservato uno spazio privilegiato nel suo repertorio. Gli scritti del drammaturgo napoletano, non più rappresentati dopo la morte dell’autore, furono soggetti a una riconsiderazione per iniziativa dell’attore che, nell’intento di riscoprirne i lavori, vi si dedicò con la messa in scena di opere in prosa quali L’ultimo scugnizzo (1956), Guappo di cartone (1959), Don Giacinto (1961), oltre a inciderne numerose canzoni. Teatro e televisione trovarono nuovamente soggetti comuni nel 1962, anno in cui Nino, accanto al fratello Carlo, registrò per Giuseppe Di Martino la serie Racconti napoletani di Giuseppe Marotta, altro autore a cui Taranto aveva dedicato la sua attenzione in teatro.
All’attività di attore di commedie teatrali corrispose, nello stesso periodo, quella di attore di commedie brillanti sul grande schermo, con un Taranto impegnato a vestire i panni dell’italiano medio in film come I prepotenti (1958, di Mario Amendola), il cui buon esito trovò seguito per il protagonista in Prepotenti più di prima (1959, di Mattoli). Nel 1962 partecipò a I quattro monaci, un film diretto da Carlo Ludovico Bragaglia e scritto sulle sagome del cast: accanto a Taranto, Aldo Fabrizi, Erminio Macario e Peppino De Filippo. Il quartetto lavorò con nuova intesa l’anno successivo in Totò contro i quattro (di Stefano Vanzina). Nei primi anni Sessanta, infatti, il macchiettista era divenuto comprimario di Totò. Rendendo perfetto equilibrio al duo, Taranto seppe controbilanciare l’esuberanza del protagonista con una vena umoristica distaccata e mai cinica: alla rappresentazione di personaggi acuti e composti, impersonati dalla figura statuaria dell’attore allora cinquantenne, corrispose una recitazione sempre pertinente e una gestualità misurata. La versatilità di Taranto si fece evidente in Totòtruffa ’62 (1961, di Camillo Mastrocinque), in cui l’attore interpretò ruoli diversi nei vari sketch del film.
Esauritosi il filone della commedia, nella seconda metà degli anni Sessanta prese parte a numerosi ‘musicarelli’ accanto a cantanti emergenti quali Gianni Morandi e Adriano Celentano, concludendo la sua attività cinematografica nel 1971. In questi film egli coprì il ruolo antagonistico di austero padre di famiglia. Il tema venne ripreso nella canzone ’O matusa (Salvatore Palomba - Eduardo Alfieri) con cui il cantante vinse il XV Festival della canzone napoletana nel 1967. Nello stesso Festival si aggiudicò anche il secondo posto con ’A prutesta (Antonio Moxedano - Antonio Sorrentino).
Nel 1964, intanto, fu conduttore televisivo di Napoli contro tutti, il varietà musicale in cui si proponeva la tradizionale gara canora di fine anno. Negli anni successivi fu presenza richiesta in spettacoli musicali televisivi RAI come Cicerenella (1965), Io, Agata e tu (1970), Milleluci (1974).
Nell’ultimo periodo di attività il poliedrico artista si dedicò in prevalenza al teatro, riscuotendo successi accanto ad Aldo Fabrizi nello spettacolo scritto da Neil Simon I ragazzi irresistibili (1974). L’attore concluse la sua carriera sui palcoscenici napoletani accanto a Luisa Conte, con la quale lavorò all’interno della compagnia stabile del teatro Sannazaro. Per varie stagioni consecutive i due dedicarono ancora ampio spazio al repertorio di Viviani, la cui opera Lo sposalizio rappresentò l’ultima interpretazione dell’attore sul palcoscenico nell’aprile del 1985. Allo stesso anno risale anche la sua ultima apparizione televisiva, nel programma che la RAI decise di dedicargli: Taranto Story, una monografia in quattro puntate in cui veniva ripercorsa la sua carriera.
Si ritirò dalle scene a causa di una neoplasia polmonare già operata nel 1981 ma recidivata nel 1985. Morì nella sua casa di Parco Grifeo in corso Vittorio Emanuele a Napoli il 23 febbraio 1986.
I funerali si svolsero presso la chiesa di S. Ferdinando alla presenza di familiari, autorità, personaggi dello spettacolo e una folla di concittadini. I giornali ne annunciarono la scomparsa ricordandolo come uno dei pochi attori napoletani non popolareschi ma autenticamente popolari, artista poliedrico, attore comico e drammatico, cantante melodico e macchiettista, personaggio ironico e presentatore arguto.
Fonti e Bibl.: Napoli, Fondazione Nino Taranto, Archivio privato; Enciclopedia dello spettacolo, IX, Roma 1962, pp. 688 s.; E. De Mura, Enciclopedia della canzone napoletana, II, Napoli 1969, pp. 368-371; F. Greco, La tradizione ed il comico a Napoli dal XVIII secolo ad oggi, Napoli 1982, p. 86; T. Chiaretti, Un artefice magico del teatro all’antica napoletano, E. Corsi, N. T. esce di scena, G. Magliulo, Per lui contava solo il pubblico, tutti in La Repubblica, 25 febbraio 1986; A. Grasso, Storia della televisione italiana, Milano 2000, pp. 42, 216; M. Franco, Il film-sceneggiata, in La sceneggiata. Rappresentazioni di un genere popolare, a cura di P. Scialò, Napoli 2002, p. 163; Dizionario del cinema italiano. Gli attori, a cura di E. Lancia - R. Poppi, II, Roma 2003, pp. 225 s.; G. Baffi, N. T. ha 100 anni, Napoli 2007; C. Taranto, Zio Papà, Papà Zi-Zio, Napoli 2008; A. Jelardi, N. T. Vita straordinaria di un grande protagonista dello spettacolo italiano del Novecento, Napoli 2012; C. Taranto, Noi... i Taranto, Manocalzati 2014; M. Loffreda Mancinelli, N. T. L’artista e l’uomo, Napoli 2015.