Ninotchka
(USA 1939, bianco e nero, 110m); regia: Ernst Lubitsch; produzione: Ernst Lubitsch per MGM; soggetto: Melchior Lengyel; sceneggiatura: Charles Brackett, Billy Wilder, Walter Reisch; fotografia: William Daniels; montaggio: Gene Ruggiero; scenografia: Cedric Gibbons; costumi: Adrian; musica: Werner R. Heymann.
Per far fronte a una grave carestia, il Comitato del Popolo Bolscevico invia a Parigi tre suoi membri ‒ Iranoff, Buljanoff e Kopalski ‒ con l'incarico di vendere al miglior offerente i gioielli confiscati alla granduchessa Swana, che vive in un dorato esilio nella capitale francese. Ma Léon d'Algout, amante della nobildonna, si guadagna senza fatica la fiducia dei russi e riesce a ostacolarne la missione. Da Mosca viene inviata allora il brigadiere Nina Yakushova, bolscevica convinta e inflessibile. Il caso fa incontrare Léon e Nina che, nonostante le radicali differenze ideologiche, sono immediatamente attratti l'uno dall'altra: ma quando lei scopre che l'uomo cura gli interessi della granduchessa decide di non vederlo più. Léon insiste nella sua corte che, unita alle seduzioni di Parigi, ha infine ragione delle resistenze di Nina. Questo scatena la gelosia della granduchessa, che riesce a impossessarsi dei gioielli e accetta di restituirli ai russi solo a patto che la sua rivale torni a Mosca per sempre. I tentativi di Léon di raggiungere in Russia la donna di cui è ormai perdutamente innamorato sono frustrati dalla burocrazia sovietica. Tornata alla sua vita e al suo lavoro, Nina viene incaricata finalmente di una missione a Costantinopoli, dove Iranoff, Buljanoff e Kopalski stanno ancora una volta mancando ai loro doveri. Li raggiunge sul posto per scoprire che i tre, ormai convertiti al capitalismo, hanno aperto un ristorante: l'idea è stata concepita da Léon, al preciso scopo di permettere a Nina di raggiungerlo fuori dalla Russia per iniziare finalmente una vita insieme.
"L'azione si svolge a Parigi, ai tempi beati in cui una sirena era una bella bruna e non un segnale d'allarme. E quando, se un francese spegneva la luce, non era per causa di un'incursione aerea". Aggiunto con ogni probabilità solo a riprese ultimate, il cartello che appare all'inizio di Ninotchka tempera con la nostalgia la captatio benevolentiae per una commedia che prima ancora di uscire rischia di trovarsi sorpassata dai tumulti della Storia, e impone un minimo di contestualizzazione. Da molti descritto come un pamphlet antisovietico, il film nasceva in realtà in un periodo di buoni rapporti dell'URSS con gli Stati Uniti sulla base della comune avversione al Terzo Reich: gli autori temevano addirittura che fare dell'ironia sul comunismo potesse esporre il film al sospetto di apologia nazista. Questo rischio fu scongiurato dal patto Molotov-Ribbentrop che, legando Stalin a Hitler, eliminava le esitazioni dell'anticomunismo americano e decretava al contempo il successo trionfale della commedia. Le stoccate all'applicazione staliniana dell'ideologia marxista (si pensi al dialogo iniziale fra i tre russi, desiderosi di concedersi la suite reale dell'albergo parigino e attratti per un attimo da un'alternativa più economica: "Eh, sì, è un'idea... Ma non dobbiamo avere idee"; oppure alla battuta di Nina su un recente processo di massa: "Ci sono meno russi ora ma abbiamo i migliori!") sono in effetti numerose e significative. Ma Ernst Lubitsch ‒ che tre anni dopo non userà mezze misure nell'attaccare la Germania nazista con To Be or Not To Be ‒ rinuncia qui ad affondare profondamente la lama della satira: quel che gli interessa è soprattutto l'opportunità senza precedenti di poter utilizzare in una commedia l'icona Garbo.
Lanciato con il celebre slogan "Garbo laughs!" (che riecheggia nove anni dopo il "Garbo talks!" del primo film parlato della diva, Anna Christie di Clarence Brown), Ninotchka ruota tutto attorno all'attesa di questa risata che scoppia solo a metà pellicola e che ne costituisce il cardine: nei primi tre quarti d'ora di film, la protagonista dei melodrammi più popolari degli anni Venti e Trenta resta impassibile e tetragona ai sentimenti (la frase con cui Nina ammette di essere attratta da Léon è "chimicamente abbiamo già le affinità elettive"), in un'aperta parodia del suo personaggio. Dopo la risata (tanto più liberatoria in quanto scatenata dal più banale dei pretesti: non è quindi una risata ma la risata, scevra di qualsiasi connotazione significativa) il ghiaccio si scioglie: le atmosfere della commedia romantica, fin qui evocate tramite la loro reiterata negazione (e questo è forse l'esempio sublime del gusto di Lubitsch per l'allusione) possono finalmente venire in superficie. E la figura del brigadiere Nina, che attraverso il riso si trasforma in donna innamorata abbandonando le pastoie dell'ideologia marxista, rispecchia quella della diva Garbo, strappata da questa stessa commedia al rigore ormai un po' ridicolo dei drammi di cui è da sempre prigioniera. La svolta si rivelerà senza possibilità di ritorno: l'insuccesso di Two-Faced Woman (Non tradirmi con me, George Cukor 1941) convincerà l'attrice a ritirarsi dagli schermi. Di Ninotchka esiste anche un remake musicale, Silk Stockings (La bella di Mosca, Rouben Mamoulian 1957), con Fred Astaire e Cyd Charisse.
Interpreti e personaggi: Greta Garbo (Nina Ivanovna Yakushova, 'Ninotchka'), Melvyn Douglas (conte Léon d'Algout), Ina Claire (granduchessa Swana), Bela Lugosi (Razinin), Sig Rumann (Iranoff), Felix Bressart (Buljanoff), Alexander Granach (Kopalski), Gregory Gaye (Alexis Rakonin), Rolfe Sedan (direttore dell'albergo), Edwin Maxwell (Mercier), Richard Carle (Gaston), George Tobias (ispettore dell'ufficio visti), Peggy Moran, Dorothy Adams.
W. Beaton, Ninotchka, in "Hollywood Spectator", n. 13, October 4, 1939.
Anonimo, Ninotchka, in "Variety", October 11, 1939.
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J. Johnson, Ninotchka, in Magill's Survey of cinema, 3° vol., a cura di F.N. Magill, Englewood Cliffs (NJ) 1980.
V. Amiel, Paroles de Billy Wilder, touch de Ernst Lubitsch, in "Positif", n. 271, septembre 1983.
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G. Fink, Ernst Lubitsch, Milano 1997.
Sceneggiatura: Ninotchka, New York 1975.