NOCERA Inferiore (anche Nocera dei Pagani, antica Nuceria Alfaterna; A. T., 27-28-29)
Paese della Campania in provincia di Salerno, posto a 39 m. s. m. nella vallata del Sarno. Ha aspetto moderno, ma è ricco di antichità storiche, fra cui, su uno sperone collinare, il vecchio castello angioino del Parco. Il territorio comunale (20,85 kmq.), costituito da depositi alluvionali e deiezioni vulcaniche, è fertilissimo e intensamente coltivato a ortaggi e alberi da frutta: notevole è anche la produzione foraggiera, su cui poggia un intenso allevamento e una fiorente industria del caseficio, con prevalente produzione di formaggi freschi (mozzarelle). Altra attività abbastanza sviluppata è l'industria tessile (cotone), favorita dalla facile utilizzazione delle acque del Sarno. La popolazione, distribuita nei casali situati nella pianura e sui colli circostanti, di cui i più importanti sono San Matteo (8500 ab.), Piedimonte (5730 ab.), Santa Monica (2729 ab.), da 13.889 nel 1861 è salita quasi al doppio (26.596) nel 1931, con una densità di 1276 abitanti, decupla di quella del regno. Ha la stazione ferroviaria vicinissima all'abitato, sulla linea Salerno-Napoli, da cui dista rispettivamente km. 17 e 37.
Storia. - Città osca, il suo nucleo etnico originario fu forse aurunco o ausone, come il resto della Campania; in seguito la ebbero in dominio gli Etruschi e poi gli Osci che vi costituirono uno stabile impianto di città. A questo non dovette essere estranea l'influenza dei Greci di Sorrento, e di tale partecipazione di elementi greci è consacrato il ricordo nella mitica origine ellenica dei Sarrasti che avrebbero fondato Nuceria, oltre che nel culto di Era (Iuno Sarrana) alla quale era dedicato un bosco. L'invasione dei Sanniti del V secolo si estese naturalmente anche a Nuceria, e la città sannitizzata visse prosperamente per la potenza economica che le veniva dalla sua posizione geografica e dallo sfruttamento del ricco territorio al quale si aggiunse la conquista della reca Sorrento. Per tal modo Nuceria si trovò a capo della confederazione delle città della Valle del Sarno e del Vesuvio (Ercolano, Pompei, Stabia, Sorrento) ed esercitò la sua funzione di predominio politico e commerciale fino alle guerre sannitiche.
Dapprima neutrale, in seguito alleata con le altre popolazioni della comunità campana, subiva nel 307 a. C. l'assedio delle milizie romane comandate dal console Q. Fabio e capitolava. Collegata a Roma mediante un trattato di alleanza, la città non diminuì di potenza e di benessere, tanto che dal 280 essa conia le monete federali della comunità campana della quale era a capo.
Durante le vicende delle guerre puniche, Nuceria osservò verso Roma una costante fedele e questo atteggiamento la espose, nell'autunno del 216, all'assedio di Annibale che la distrusse. La popolazione scampata si disperse nel territorio circostante, finché il senato romano non assegnò come sede ai Nocerini fuggiaschi, la città di Atella.
Risorta essa poi nella guerra sociale, sciolte le amiche alleanze tra le città della Valle del Sarno, restò fedele a Roma; ma in seguito dovette seguire la sorte di Pompei, Ercolano, Stabia, Sorrento e subire l'assedio di Silla e la devastazione del suo territorio. Fatta la pace, Nuceria ebbe, con la cittadinanza romana, adeguato compenso del perduto privilegio di supremazia sulla comunità delle città osche, con l'ampliamento del territorio oltre i confini della distrutta Stabia. Pochi anni dopo, saccheggiata nella guerra servile dalle bande di Spartaco, ebbe dai triumviri diviso il suo territorio fra veterani; così la città chiudeva la sua gloriosa tradizione di libero comune osco trasformandosi in colonia romana, col nome di Nuceria Constantia ed era ascritta alla tribù Menenia. Nel 57 Nerone aumentò la colonia di nuovi veterani, ma della sua vita ulteriore nulla più si conosce all'infuori del noto episodio della rissa fra Pompeiani e Nucerini nell'anfiteatro di Pompei (69 d. C.).
Della topografia della città antica non si hanno elementi sicuri. Ruderi di reticolato e laterizio affioranti sporadicamente nel territorio della odierna Nocera e nel villaggio di Parete, la tradizione toponomastica locale e la denominazione di Porta Romana, data a quella parte del moderno abitato di Nocera Superiore volto verso Cava, e la cui menzione ricorre in un graffito pompeiano, sono per ora i soli elementi superstiti della topografia antica. Ma il trovamento, nella vicina località di Schito, di una completa necropoli, che risale stratigraficamente dalle tarde e povere tombe romane del sec. II e I d. C., sino alle tombe sannitiche e osche del sec. IV e V a. C. e qualche sporadica scoperta di materiale protostorico, testimoniano eloquentemente della vita millenaria della città.
Antica sede vescovile (fra i suoi vescovi lo storico Paolo Giovio), divenne anche capoluogo d'una contea longobarda, dapprima del ducato beneventano, poi del principato di Salerno, e frattanto ascendeva a centro economico e civile dei tanti borghi e casali, che sorsero o risorsero col rinascere della vita nella contrada. Come tale, resistette ai Normanni e, ribelle un'altra volta nel 1137, fu distrutta da Ruggiero II. La dinastia angioina la tenne in particolare considerazione: il castello di Nocera fu preferita dimora di essa, soprattutto al tempo dello scisma d'Occidente. Quando Urbano VI, diffidente di Carlo di Durazzo, vi si rifugiò, vi fece imprigionare e torturare sei cardinali rei di favorire l'antipapa Clemente VII, finché non vi fu assediato da Alberico da Barbiano (1385). Né senza ripercussione furono le alterne vicende del regno in Nocera: feudo di Giordano di Capua nel tempo normanno, dei Filangieri sotto gli Svevi, del celebre Niccolò Acciaiuoli e di altri sotto gli Angioini, dei Zurlo e dei Loffredo sotto gli Aragonesi, e finalmente dei Carafa, venne organizzando la sua amministrazione municipale con proprî capitoli e statuti e non senza contrasti sociali, particolarmente gravi al tempo della rivoluzione di Masaniello (1647-48). Carlo di Borbone vi costruì una grande caserma e vi pose un reggimento di cavalleria: pur tuttavia Nocera non restò estranea alle vicende del 1799 e al lavorio posteriore delle varie sette.
Dell'appellativo Paganorum è traccia dal sec. XV, ma, nonostante le varie ipotesi, non se ne ha una spiegazione sicura, onde spesso la si confuse con Lucera di Puglia, dove nel 1239 Federico II aveva raccolto i turbolenti musulmani di Sicilia, o la si disse, per meglio individuarla, Christianorum.
Bibl.: G. Orlando, Storia di Nocera de' Pagani, voll. 3, Napoli 1884-88 (su essa, v. le critiche del De Petra per la parte antica e dello Schipa per la medievale); id., Ricordi nocerini: settembre 1860, Nocera Inferiore 1910; L. Giliberti, Sullo stemma e la denominazione di Nocera-Inferiore, Napoli 1925; G. Carrelli, Circa la separazione dei ceti nella città di Nocera, in Rivista araldica, 1927. - Per l'antica Nuceria v. anche G. Beloch, Campanien, 2ª ed., Lipsia 1890; R. Miller, Itinerario romano, Stoccarda 1916, pagina 353; A. Sambon, Monnaies antiques de l'Italie, Parigi 1903, p. 381 segg.; B. V. Head, Historia numorum, 2ª ed., Oxford 1911, p. 41 segg.