NODO (fr. noeud; sp. nudo; ted. Knoten; ingl. knot)
I nodi sono intrecci e legamenti che si eseguiscono nelle funi sia per connetterle tra loro, sia per fissarle ad altri corpi. Inoltre agli estremi delle funi spesso si eseguiscono nodi per evitare lo sciogliersi dei funicoli, o per facilitare l'introduzione della fune in fori stretti, o per impedire che l'estremo di essa possa sfuggire da fori o staccarsi da corpi a cui la fune è raccomandata. Per evitare lo sciogliersi dei funicoli si può eseguire al capo della fune un nodo semplice o, meglio, una fasciatura con spago, estesa per un conveniente tratto della fune stessa, o un bottone a piede di pollo, che si eseguisce scomponendo l'estremo della fune nei funicoli e intrecciando questi tra loro come è indicato nella fig., nn. 1-4. Quando si vuole facilitare l'introduzione d'una fune in un foro, si può eseguire al suo estremo la coda di topo: si scompone l'estremo della fune nei funicoli e questi ultimi nei loro fili, si tagliano i fili interni della fune a lunghezze diverse in modo che l'estremo della fune prenda una forma appuntita, quindi si fasciano con spago, che viene intrecciato ai fili esterni della fune per rendere solida la legatura. Il nodo semplice e il bottone a piede di pollo, producendo un ringrosso al capo della fune, servono anche molto bene per impedirle di sfuggire da un foro o di slacciarsi da altri corpi.
Le impiombature e le fasciature servono a congiungere solidamente due estremi di fune, quando si vogliono evitare nel punto di unione ingrossamenti notevoli, come è il caso di funi che debbono avvolgersi su pulegge o scorrere entro fori. L'impiombatura si ottiene scomponendo i due estremi da congiungere nei relativi funicoli e intrecciando questi tra loro in differenti maniere; si ottengono così l'impiombatura corta, l'impiombatura lunga, l'impiombatura a gassa, il nodo di sartia. La fasciatura consiste nel sovrapporre i due estremi per una conveniente lunghezza, e nel fasciare strettamente la giunzione con funicella.
Nodi propriamente detti sono quelli che si ottengono senza sconnettere i funicoli, ma spiegando e intrecciando tra loro, in vario modo, le estremità di due funi, o anche piegando e intrecciando un'unica fune. Nella fig., nn. 7-10, sono riprodotti i tipi più usati di questi nodi; dall'illustrazione appare anche chiara la maniera di eseguirli.
Il nodo semplice (fig., n. 11), oltre che come nodo terminale, può anche servire per abbracciare un corpo; in tal caso però occorre afferrare ambedue i capi della fune, altrimenti il nodo si scioglie con estrema facilità. Nodi semplici eseguiti in una fune a intervalli convenienti rendono più agevole l'arrampicarsi su esse (funi di salvataggio). Il nodo semplice è anche usato come principio di altri nodi. Passando due volte uno dei rami della fune nel cappio si ottiene il nodo doppio, che si scioglie meno facilmente del precedente. Ringrossi in una fune si possono anche ottenere con il nodo di Savoia (fig., n. 12); altra applicazione di questo nodo si ha nelle scale di corda a pioli. Il nodo piano (fig., n. 13) serve per congiungere funi di piccola sezione; per grosse funi non è indicato perché non sufficientemente solido. Unione molto solida tra due funi si raggiunge col nodo vaccaio (fig., n. 14). Nella figura, nn. 15-19, si rappresentano alcuni tipi di cappî e di nodi scorsoi: mezzo collo, nodo di branca, gassa con mezzo parlato, nodo scorsoio di bolina, quest'ultimo ottenuto dalla gassa con mezzo parlato raddoppiando la fune. Tra i nodi che servono a fissare la fune ad altri corpi ricordiamo anzitutto quelli che servono a sospendere una fune a un gancio: nodo da gancio semplice, nodo da gancio doppio, nodo da gancio a bocca di lupo, gruppo semplice di scotta, gruppo doppio di scotta (fig., nn. 21-25); e i nodi che servono per abbracciare con una fune un corpo: nodo parlato semplice, nodo parlato doppio con due mezzi colli, nodo di drizza di coltellaccio, nodo di drizza di mura, nodo d'anguilla (fig., nn. 26-30). Particolari tipi di nodi sono gli accorciamenti, intrecciature che si eseguiscono quando si vuole diminuire la lunghezza d'una fune senza tagliarla; essi si ottengono piegando e annodando una porzione intermedia della fune: p. es., il nodo margherita (fig., n. 31), e inoltre l'accorciamento con treccia, l'accorciamento con catenella, l'accorciamento con doppia catenella.
I nodi trovano importanti applicazioni; particolare l'uso che se ne fa in marina, dove ne vengono adoperati tipi svariatissimi.
Folklore. - La tradizione popolare, conforme a credenze di carattere magico che si ritrovano presso popoli dell'antichità e presso i primitivi, considera il nodo - come il cerchio, l'anello e in genere tutto ciò che leghi, avvinca o circoscriva - quale mezzo magico per impedire lo svolgersi d'un'azione, specialmente se il nodo sia preparato pronunciando carmi, imprecazioni, o altre formule. Per effetto di tale operazione il volgo crede di poter "legare" mortalmente gli organi vitali d'un uomo o di altri esseri, come nella "legatura" degli sposi (v. fattura). Perciò la persona che s'appresta a qualche atto grave (come nell'antichità o presso i primitivi il capo politico o religioso del gruppo, ecc.) dev'essere immune da nodi; e in aleuni luoghi (per es. Scozia) si sciolgono tutti i nodi dell'abito nuziale alla sposa prima della celebrazione del matrimonio; e così evita di portare addosso nastri, fettucce, ecc., chi prende parte a cerimonie. Col fare un nodo al lenzuolo d'un morto s'impedisce all'anima di lasciare il cadavere. In Sicilia, i familiari del bambino morto ponevano nel feretro una fune, alla quale ciascuno faceva un nodo (legava cioè simbolicamente sé stesso), affinché l'anima angelica se ne ricordasse in Paradiso. Quest'ultima costumanza, con altre affini, può servire a illustrare il processo per cui il nodo è diventato segno o simbolo mnemonico, e tale è rimasto anche là dove ha perduto il carattere magico originario. In forma di nodi esistono anche amuleti.
Bibl.: J. G. Frazer, The golden bough, 3ª ed., I, Londra 1926; R. Corso, I doni nuziali, in Revue d'ethnographie et de sociologie, 1911, pp. 228-254; E. Crawley, The mystic rose, Londra 1902, p. 323; E. Caetani-Lovatelli, Miscellanea archeologica, Roma 1891.