NOÈ
. Eroe della Bibbia (Genesi, V, 28-IX, 29), decimo nella serie dei più antichi patriarchi della linea di Set (ibid., V, 1-29) a cavaliere fra due età del mondo, prima e dopo il diluvio. Nella figura di N. quale ci è presentata dal racconto della Genesi vanno distinti tre aspetti: il giusto salvato dal diluvio, il padre della nuova umanità, l'inventore della viticoltura; il primo è di gran lunga il più importante.
Il giusto salvato dal diluvio. - Essendosi il genere umano sprofondato in un'insanabile corruzione morale, Dio decide di affogarlo in una generale inondazione, risparmiandone soltanto N. con la sua famiglia, che si era mantenuta intatta dall'universale corruzione; perciò ordina a N. di costruirsi un'ampia nave (l'arca) dove riparare dall'inevitabile catastrofe sé e la famiglia con una o più coppie d'ogni specie animale. N., sempre ubbidiente agli ordini divini, eseguisce ogni cosa, e così salva sé e i suoi dall'universale sterminio.
Sotto questo aspetto il N. biblico ha il suo riscontro nell'Utnapishtim dell'epopea babilonese di Gilgamesh, l'Atraḥasis di altre redazioni, in sumerico Ziusudra, donde lo Xisutros di Beroso. Ma ci son pure almeno due notevoli differenze. Utnapishtim scampato al diluvio passa a vita immortale nelle isole fortunate in compagnia degli dei; N. invece resta mortale e riprende la sua vita di prima. Inoltre, ed è più grave, a Utnapishtim il singolare favore è accordato soltanto per il cieco affetto d'un dio subalterno per lui, senza alcun suo merito personale, a N. invece è premio della sua virtù. Questo tratto morale è tanto spiccato nella Genesi, che presso gli altri scrittori biblici N. passa per il tipo dell'uomo giusto (Ezechiele, XIV, 14) anzi banditore della giustizia (II Pietro, II, 5), modello di fede in Dio e viva prova della Provvidenza (Sap., X, 4), il cui esempio fu una tacita predicazione e una condanna del mondo incredulo (Ebrei, XI, 7; Ecclesiastico, XLIV, 17). Gesù stesso nel suo grande discorso escatologico (Matteo, XXIV, 37 segg.; Luca, XVII, 26 segg.) mette in parallelo il mondo quale fu ai giorni di N. e quale sarà al ritorno del figlio dell'uomo, cioè alla sua seconda venuta.
Il secondo padre del genere umano. - Dai tre figli di N. scampati con lui nell'arca, Sem, Cam e Iafet, provengono, secondo la Genesi (X, 1-32), tutti i popoli della terra, almeno quelli che entravano nell'ambito dell'albero genealogico dei popoli a quel punto della storia, secondo il piano seguito dall'autore della Genesi: da Iafet gli Indoeuropei; da Sem i popoli dell'Asia anteriore, che appunto da lui ebbero il nome di Semiti; da Cam gli altri, segnatamente gli Africani. Sotto questo aspetto nessun riscontro con N. presenta la leggenda babilonese; ma qualche cosa di simile ha il mito greco dì Deucalione, che con la moglie Pirra dopo il diluvio ripopola la terra gettandosi le pietre dietro le spalle. Come nuovo padre del genere umano N. riceve da Dio (Genesi, IX, 1-7) una legge che rinnova e amplifica la prima già data ad Adamo (ibid., I, 28). Con le nuove concessioni (incutere terrore agli animali e mangiarne le carni, purché dissanguate) la Bibbia vuole certo segnalare una tappa nel cammino dell'umanità, la prevalenza della caccia e del regime carnivoro. Anche nel governo divino segna un'epoca di maggiore tolleranza l'assicurazione data a N. che il genere umano non sarà più distrutto dal diluvio; segno sensibile della divina promessa è l'arcobaleno (Genesi, IX, 6-17).
L'agricoltore. - Altro aspetto che nella figura di N. accenna alla marcia dell'umanità, riguarda i progressi dell'agricoltura. A N. fa risalire la Bibbia la coltura della vite e l'arte di trarne il vino (Genesi, IX, 20 seg.); ma presentandoci, insieme con la prima invenzione, anche il lato pericoloso con l'ebbrezza (sebbene inconscia) di N., vuole mettere discretamente in guardia dagli abusi. Nella nota scena che chiude l'incidente (Cam schernisce, Sem e Iafet pudibondi velano la nudità del padre) realismo e moralità, fierezza etnica e storia mondiale si fondono insieme. L'espansione di Iafet, il suo passaggio alla religione di Sem, il servaggio di Cam sotto i primi due, sono i tre punti del messaggio di N. (Genesi, IX, 24-26) e dànno in compendio la storia millenaria dei tre continenti, Europa, Asia e Africa.
Nome, etimologia. - A questo carattere d'innovatore dell'agricoltura sembra annodarsi il motivo dell'imposizione del nome Noè, espresso, secondo un uso frequente nella Bibbia e nell'antico Oriente, con un'assonanza etimologica. Lamec, padre di Noè (si legge in Genesi, V, 28 segg.) "ebbe un figlio e lo chiamò Noè, dicendo: Questi ci ristorerà dal nostro lavoro, e dalle fatiche delle nostre braccia per il suolo maledetto da Dio" (cfr. Genesi, III, 17). L'accenno all'agricoltura è chiaro, e l'allusione all'effetto esilarante del vino è almeno probabile (v. Salmo, CIV, 15; Proverbi, XXXI, 6 seg.; Geremia, XVI, 7); ma l'assonanza del nome Noè (ebr. Noaḥ) col verbo "ristorare" o "confortare" (ebr. naḥem) non va che per metà. Correggere questo verbo in quello di nûaḥ "riposare", della stessa radice che Noah, è arrischiato. Forse qui si fonde insieme l'eco di due tradizioni. In un frammento dell'epopea di Gilgamesh in lingua Harri (parte dell'impero hittita) trovato recentemente a Boğazköy l'eroe scampato al diluvio si chiama Naḥmuliel, formato cioè precisamente con la radice naḥem (v. E. Burrows, in Journal of the Royal Asiatic Society, 1925, p. 281 segg).
Non farà meraviglia che la riflessione religiosa e l'immaginazione popolare abbiano poi, specialmente presso i Giudei, ingrandito, ampliato e abbellito la figura di Noè con leggende, che si possono vedere riassunte in The Jewish Encyclopedia, IX, p. 319-323. Nell'epoca romana la leggenda di Noè s'era localizzata ad Apamea nella Frigia, dove furono coniate (sec. III d. C.) anche monete con la figura di Noè nell'arca; v. Dictionnaire d'archéologie chrétienne et de liturgie, I, 11. coll. 2501-2522.