massa, nomi di
La categoria dei nomi di massa, presente in molte lingue del mondo, è costituita da ➔ nomi che presentano diverse proprietà, in particolare:
(a) indicano tipicamente sostanze o materie anziché individui;
(b) non sono numerabili, e si combinano quindi in maniera peculiare con determinanti (articoli, pronomi dimostrativi, ecc.), avverbi o aggettivi di quantità;
(c) hanno specificità morfologiche, sia per quel che riguarda la ➔ flessione (non hanno ➔ plurale) sia per quel che riguarda la ➔ formazione delle parole (subiscono restrizioni come possibili basi di ➔ derivazione, ad es., nel formare nomi alterati; ➔ alterazione).
Il fatto che in numerose lingue, pur con diverse manifestazioni, i nomi di massa siano distinti dai nomi numerabili ha posto a linguisti, filosofi e scienziati della mente il problema di stabilire se tale differenza sia di natura linguistica o rinvii, più generalmente, a una distinzione di natura cognitiva ed extralinguistica tra «sostanze» e «individui» (cfr. Chierchia 2010).
Quest’ultima distinzione in effetti può essere precisata ricorrendo a una serie di proprietà. Gli individui, ma non le sostanze:
(a) hanno una forma e dei confini propri;
(b) se cambiano posizione nello spazio lo fanno in maniera compatta;
(c) conservano le proprie caratteristiche quando entrano in contatto con un altro individuo;
(d) le perdono quando vengono suddivisi: il braccio di un uomo non è «uomo», lo schienale di una poltrona non è «poltrona», mentre un bicchiere di latte resta «latte» (Jackendoff 1990; Rijkhoff 1991).
Quanto all’estensione, i referenti tipici dei nomi di massa sono omogenei in molte lingue. Limitandoci all’italiano, troviamo:
(a) fluidi: acqua, caffè, latte, olio, vino; anche corporali: orina, saliva, sangue;
(b) metalli o altri materiali: ferro, oro; corno, legno, osso, vetro;
(c) paste: creta, dentifricio, mastice;
(d) nomi di colore: nella foto c’è troppo rosso; metti più bianco nella vernice;
(e) prodotti alimentari: fluidi (brodo, minestra), assimilabili a fluidi (grano, granturco, orzo) oppure solidi (carne, pane, prosciutto).
Gli esempi, in particolare quelli dell’ultimo gruppo, mostrano che per caratterizzare la semantica di un nome di massa non sono pertinenti la forma e la consistenza del referente, ma piuttosto il fatto che esso sia concettualizzabile come una sostanza indistinta e priva di tratti individuali. Ciò è tanto più vero in quanto i nomi di massa – e tra questi, comprensibilmente, quelli che si riferiscono ad alimenti – consentono di solito sia un’interpretazione di massa (cfr. le frasi in a. negli esempi seguenti) sia un’interpretazione numerabile (vedi le frasi in b.):
(1) a. se bevo troppo vino sto male
b. ho comprato un vino e un whisky
(2) a. il corno di rinoceronte è un afrodisiaco potente
b. il corno di rinoceronte può pesare anche 10 chili
(3) a. mangia ancora un po’ di bistecca e di insalata
b. per favore, una bistecca e un’insalata.
Le particolarità sintattiche dei nomi di massa riportano, direttamente o indirettamente, alle due caratteristiche semantiche sopra menzionate: l’assenza di referenti individuali, che interferisce coi meccanismi sintattici che esprimono la determinatezza, e in particolar modo con l’uso degli articoli (➔ articolo); e la non-numerabilità, che influisce sull’uso degli articoli, degli avverbi e aggettivi di quantità, dei numerali e più in generale sull’espressione della quantificazione.
Queste caratteristiche sono connesse tra loro e spesso si sovrappongono nelle stesse costruzioni. Negli esempi che seguono, i nomi di massa (o con interpretazione di massa) sono indicati con a. e i nomi numerabili (o con interpretazione numerabile) sono indicati con b.
I nomi di massa accettano ➔ quantificatori indefiniti come abbastanza, molto, poco, quanto, i quali possono modificare nomi numerabili solo se questi sono al plurale (4 c. e 5 c.):
(4) a. puoi donare il sangue, hai molto ferro
b. c’è abbastanza olio, ma poco sale
c. *c’è troppa sedia qui dentro
(5) a. ci sono molti ferri in quest’officina
b. ci sono abbastanza libri, ma poche riviste
c. ci sono troppe sedie qui dentro
Non essendo numerabili, i nomi di massa non possono essere modificati da ➔ numerali. Quando ciò avviene, è perché il lessema è stato forzato a un’interpretazione numerabile. Si veda il contrasto tra caffè e birra in (6):
(6) a. due birre e tre caffè
b. un sorso di birra e uno di caffè
Anche i pronomi indefiniti come ciascuno e ognuno (➔ indefiniti, aggettivi e pronomi), avendo un referente individuato, non possono combinarsi con nomi di massa. La combinabilità di un indefinito con un nome di massa è perciò un test per riconoscerne l’interpretazione numerabile, l’unica possibile negli esempi in (7):
(7) a. ogni sangue è buono per le trasfusioni
b. ciascun vino è alcolico.
Quando un sintagma nominale di senso indeterminato contiene un nome di massa, questo non prende l’articolo indeterminativo uno bensì il ➔ partitivo dello, che per i numerabili si trova solo al plurale:
(8) a. mi serve del latte e dello yogurt
b. mi servono dei chiodi e delle puntine
Quando l’interpretazione indeterminata è esclusa o sfavorita a causa del tipo di azione espressa dal verbo, il partitivo è esso stesso escluso (come in 9) o sfavorito (10 e 11) rispetto al determinativo (12). L’azionalità del verbo, e di conseguenza il grado di indeterminatezza dell’enunciato, possono essere modificati anche dal variare del modo verbale (13). Naturalmente, se un lessema di massa ha un’interpretazione numerabile può essere preceduto senza difficoltà da un indeterminativo (14):
(9) *mi fa schifo del brodo
(10) ??mi piace del brodo
(11) ?mi va del brodo
(12) mi piace il brodo; mi fa schifo il brodo; mi va il brodo
(13) mi andrebbe del brodo
(14) mi va un brodo
Talvolta il partitivo può essere omesso; ciò è normale nel caso che il nome di massa abbia funzione di oggetto (15), meno accettabile nel caso esso sia invece soggetto (16), inaccettabile – come anche con i nomi numerabili – con un soggetto preverbale (17):
(15) a. ho cotto brodo e lesso
b. hai fatto caffè?
(16) ha bollito ?brodo / del brodo, il brodo
(17) *brodo ha bollito.
A parte il caso dei partitivi, che già abbiamo visto, con i nomi di massa non si usano le ➔ preposizioni fra, tra, operatori che servono a esprimere rapporti tra più individui (18). Al solito, l’interpretazione numerabile libera il nome da questo vincolo e permette l’uso delle preposizioni (19):
(18) *fra quest’olio c’è dell’acqua
(19) fra quest’olio e quest’altro c’è una bella differenza.
La principale caratteristica della flessione dei nomi di massa in italiano consiste nell’assenza di ➔ plurale: rispetto alla categoria del ➔ numero, i nomi di massa hanno solo il valore singolare (altrimenti detto, essi sono inerentemente singolari):
(20) *i brodi; *le salive; *i sangui
Esistono alcuni apparenti controesempi, costituiti dai casi, del tutto regolari, di nomi di massa pluralizzati:
(21) vorremmo due latti e un cappuccino
(22) un negozio di vini e oli
Questi controesempi sono però, appunto, solo apparenti. La forma latti in (21) non vale «alimenti ottenuti dalla mungitura delle femmine di alcuni mammiferi» bensì «bicchieri, porzioni di latte». Allo stesso modo, vini e oli in (22) sono i plurali di vino «tipo, marca di vino» e olio «tipo, marca di olio». In questi casi l’unica interpretazione possibile per latti, vini e oli è quella di «tipo, quantità, misura, porzione» di latte, vino o olio. Un’ulteriore dimostrazione si trova in (23), che corrisponde solo in apparenza alla trasformazione di (1) con l’oggetto al plurale:
(23) se bevo troppi vini [= qualsiasi quantità di troppe qualità di vino] sto male.
I nomi di massa non possono fungere da base di derivazione nella stessa misura dei nomi numerabili, perché subiscono alcune restrizioni: la più notevole riguarda la possibilità di formare alterati, in particolare diminutivi (➔ diminutivo) o accrescitivi (➔ accrescitivo). Vari studi (a partire da Rainer 1990) hanno dimostrato che un nome che sia base per la formazione di un alterato deve di regola riferirsi a entità semanticamente delimitate: oggetti, individui o entità assimilabili. Resterebbero quindi esclusi i nomi di massa, i cui alterati sono interpretabili perlopiù solo come derivati dall’accezione numerabile.
Quale sia poi nei dettagli la trafila formativa, e se possa esistere un’unica trafila valida per tutti gli alterati di massa, è ancora discusso. In molti casi, l’esistenza di una lettura numerabile accanto a quella di massa farebbe pensare a una derivazione come la seguente:
(24) nome di massa > nome numerabile > alterato (per conversione)
cioccolato > cioccolato > cioccolatino
formaggio > formaggio > formaggino
pane > pane > panino
sapone > sapone > saponetta
Così, ad es., formaggino «piccola porzione preconfezionata di crema di formaggio» o panino «piccola pezzatura di pane, o forma di pane tagliata in orizzontale e riempita con vari cibi» dipenderebbero da formaggio e pane già numerabili (due formaggi caprini freschi; pani e pesci). Ancora, i casi comuni di diminutivi come birretta o vinello in enunciati come ottima questa birretta, ce l’hai ancora quel vinello? si riferiscono a birra e vino nelle accezioni di «tipo di ...» e rientrano quindi in una cornice semantica di sostanziale individualità e numerabilità.
In altri casi, per i quali un’interpretazione numerabile del lessema di base sembra più difficile, è possibile che il valore individuante sia da attribuire al suffisso: così è stato proposto per ghiaccio, zucchero > ghiacciolo, zuccherino (Grandi 1998).
Questo quadro, abbastanza netto nelle grandi linee, non è però privo di eccezioni. Innanzitutto, particolari condizioni pragmatiche rendono possibile alterare nomi di massa conservandone l’accezione non numerabile: ad es., voci come carnina o lattuccio sono tipiche del ➔ baby talk, lo stile usato dai genitori per rivolgersi ai bambini piccoli:
(25) su, bevi il lattuccio
(26) finisci la carnina che poi mamma ti dà il dolce
Alcuni di questi alterati hanno sviluppato a loro volta, così come le rispettive basi etimologiche, la possibilità di una doppia interpretazione, di massa (27 a.) ovvero numerabile (27 b.); se nel caso di minestrone l’originario valore alterativo del suffisso non è più percepibile, lo stesso non pare valere per minestrina:
(27) a. mi faccio una minestrina / un minestrone
b. mi faccio un po’ di minestrina / di minestrone
Infine, esiste un piccolo gruppo di lessemi che, per motivi legati al tipo di referente, conservano una lettura non numerabile anche nei derivati alterati. Si tratta dei nomi di filati o tessuti come canapa → canapino, cotone → cotonina, lana → lanetta → laniccio, organza → organzino (prescindendo dalla trafila derivativa non lineare), velluto → vellutino: tutte coppie in cui il senso collettivo della base si mantiene anche nel derivato.
I nomi di massa italiani hanno nella sintassi la loro unica manifestazione formale. La flessione infatti li caratterizza solo in negativo, per l’assenza di marche del plurale. Invece in molti dialetti del Centro e del Sud i nomi di massa rientrano in un’apposita classe di ➔ accordo morfologico, che secondo alcuni studiosi può essere considerata un valore autonomo della categoria del ➔ genere (➔ neutro).
Nella maggior parte dei dialetti in questione, a segnalare che si tratta di un nome di massa non è il nome stesso, ma solo gli elementi accordati e soprattutto i determinanti (articoli, pronomi personali e dimostrativi: cfr. Rohlfs 1968: 109-110; nomi di massa in a., numerabili in b.):
(28) a. lo mèle «il miele»
b. ru cane «il cane» (Norcia, provincia di Perugia)
(29) a. fìgliomo fa lo feraro «mio figlio fa il fabbro»
b. chiama jo feraro «chiama il fabbro» (Paliano, provincia diFrosinone)
Viceversa, in alcuni rari casi anche il nome (insieme eventualmente con l’aggettivo) reca una marca apposita che lo differenzia dai corrispettivi numerabili:
(30) a. lo pescio «il pesce [collettivo], il pescato»
b. lu pesciu «il [singolo] pesce» (Servigliano, provincia di Ascoli Piceno).
Chierchia, Gennaro (2010), Mass nouns, vagueness and semantic variation, «Synthese» 174, pp. 99-149.
Grandi, Nicola (1998), Sui suffissi diminutivi, «Lingua e stile» 33, pp. 627-653.
Jackendoff, Ray (1990), Semantic structures, Cambridge (Mass.), The MIT Press.
Rainer, Franz (1990), Appunti sui diminutivi italiani in -etto e -ino, in Parallela 4. Morfologia. Atti del V incontro italo-austriaco della Società di Linguistica Italiana (Bergamo, 2-4 ottobre 1989), a cura di M. Berretta, P. Molinelli & A. Valentini, Tübingen, Narr, pp. 207-218.
Rijkhoff, Jan (1991), Nominal aspect, «Journal of semantics» 8, pp. 291-309.
Rohlfs, Gerhard (1968), Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti,Torino, Einaudi, 1966-1969, 3 voll., vol. 2° (Morfologia) (1a ed. Historische Grammatik der italienischen Sprache und ihrer Mundarten, Bern, Francke, 1949-1954, 3 voll., vol. 2º, Formenlehre und Syntax).