NOMIS DI COSSILLA, Augusto
NOMIS DI COSSILLA, Augusto. – Nacque a San Benigno Canavese il 2 ottobre 1815, primogenito del conte Luigi e di Marianna Galeani Napione di Cocconato.
Si laureò in legge all’Università di Torino nel dicembre 1838. Nell’aprile successivo si recò a Novara, per assumervi le funzioni di impiegato volontario presso la locale intendenza generale, secondo una pratica comune ai giovani della nobiltà sabauda che volevano entrare nel servizio dello Stato.
In tale occasione, il padre scrisse per lui una sorta di manuale di comportamento, intitolato Consigli e ricordi, che avrebbe dovuto guidarlo nella vita. A sua volta, quarant’anni più tardi, Nomis lo lasciò ai suoi figli (Laurent, 1969, pp. 271-275).
Dopo un anno trascorso a Novara, nel luglio 1840 fu nominato sotto-intendente della provincia di Lomellina, con sede a Mortara. La destinazione non era delle migliori e fu accolta da Nomis con scarso piacere, perché l’intendente in carica, l’avvocato Gerolamo Rodini, era considerato «incapacissimo, bisbetico e altiero», «mediocrissimo ed impegnoso, quanto pretenzioso» (Carlo Ilarione Petitti di Roreto a Nomis, 16 e 24 luglio 1840, in Petitti di Roreto, 1989, pp. 357-358). La permanenza in Lomellina durò sino alla fine del 1842, quando fu trasferito, con la stessa carica, all’intendenza di Annecy, in Alta Savoia. Nel 1844 fu richiamato a Torino come sotto-intendente generale. Nonostante le speranze, il soggiorno nella capitale si rivelò provvisorio: nel 1846, infatti, fu promosso consigliere e inviato all’intendenza di Chiavari, da dove alla fine del 1847 fu trasferito a quella di Genova.
Fu durante l’esercizio di questa carica che, il 6 settembre 1849, accolse a Chiavari Garibaldi, riparato in patria dopo la drammatica fuga dallo Stato pontificio, facendolo scortare a Genova dai carabinieri.
Nel 1850 fu finalmente promosso intendente di prima classe, nominato prima a Mondovì e poi, il 6 gennaio 1853, a Genova, dove restò due anni per poi esser trasferito a Voghera. Cavour, che ebbe modo in più occasioni di apprezzarne le qualità, nel dicembre 1857 lo promosse intendente generale, inviandolo a Cagliari.
In Sardegna sviluppò subito una forte politica modernizzatrice e liberale, volta soprattutto a evitare le influenze del clero sulla vita politica. Cavour ne fu colpito, tanto da definire Nomis un protagonista nel «promuovere l’incivilimento di quell’isola infelice» (Cavour a Michelangelo Castelli, 3 settembre 1858, in Cavour, 1998, p. 627). Quando Nomis gli invio un ampio rapporto sulla situazione sarda, Cavour gli scrisse di «partage[r] presque entièrement [ses] opinions» e che lo avrebbe pienamente appoggiato nella sua azione di governo: «continuez, mr. le comte, avec le même courage l’oeuvre à laquelle vous vous dévouez depuis un an, et vous obtiendrez … de grands résultats. Vous avez conquis la confiance des Sardes: c’est un puissant élement de succès. Mon concours ne vous fera pas défault» (7 novembre 1858, ibid., pp. 779-781).
La buona amministrazione operata in Sardegna fu probabilmente alla base del suo richiamo a Torino per un incarico del tutto diverso. Il 1° febbraio 1860, infatti, fu nominato sindaco di Torino da Vittorio Emanuele II. Mantenne la carica per quasi due anni, sino al 26 dicembre 1861, accompagnando così il passaggio della città da capitale dello Stato sabaudo a capitale del Regno d’Italia e svolgendo a tal fine un’intensa attività amministrativa, compiuta in stretto contatto col governo. Quasi contemporaneamente, il 25 marzo 1860, fu eletto deputato alla VII legislatura per il collegio di Broni e per quello di Cagliari, dove la sua azione d’intendente gli aveva conquistato la stima di una parte importante delle borghesia liberale: non sorprende, quindi, che abbia optato per tale collegio.
Nell’ottobre 1860 Cavour lo scelse come luogotenente regio in Sicilia, ma la designazione incontrò l’opposizione del re e di Luigi Carlo Farini, che preferivano Lorenzo Valerio. Cavour ripiegò su un candidato di compromesso, designando il marchese Massimo Cordero di Montezemolo. L’appuntamento con la Sicilia, comunque, era solo rimandato. Alle nuove elezioni del maggio 1861 Nomis si candidò nel collegio di Imola e fu rieletto. In quello stesso periodo, entrò anche nei ranghi della Società del Whist (1860) e dell’Accademia Filarmonica (1861), i due principali circoli aristocratici della capitale.
Sindaco della capitale d’Italia e deputato in Parlamento: per il quarantacinquenne Nomis fu il momento in cui raccogliere il risultato dei tanti sacrifici compiuti nei vent’anni trascorsi nelle piccole intendenze di provincia. Divenuto, inoltre, capo di famiglia dopo la morte nel 1859 del padre, nel 1862 sposò la ventenne Carolina Marana Falconi (1842-post 1914), esponente di un’antica famiglia di armatori di Chiavari, nobilitatisi nel Settecento.
Il 1863 rappresentò una nuova svolta nella sua carriera. Farini, presidente del Consiglio dal dicembre 1862, decise di inviarlo come prefetto a Palermo, una delle cariche più delicate del Regno. La nomina avvenne l’11 gennaio e costrinse Nomis a dimettersi dalla Camera dei deputati. Giunse nell’isola in uno dei momenti più difficili, poco prima delle repressioni di cui fu incaricato il generale Giuseppe Govone, e operò in un quadro nel complesso ostile e segnato da un profondo isolamento rispetto alle forze politiche locali. Il 26 marzo 1865 fu nominato prefetto di Genova e poté così lasciare l’isola e terminare un’esperienza che fu certo la più difficile della sua carriera. Rientrato in terraferma, tornò a interessarsi della politica torinese e nel giugno 1867 si candidò nuovamente al Consiglio della città, che nel frattempo aveva cessato di essere capitale. La sua forzata assenza degli anni precedenti, tuttavia, non giocò a suo favore e non riuscì a farsi rieleggere.
Il 3 ottobre 1867 fu dimesso dalla prefettura di Genova, nell’ambito dei rivolgimenti politici legati alla nuova impresa romana di Garibaldi che avrebbe portato un mese dopo alla battaglia di Mentana (3 novembre 1867) e alle dimissioni di Urbano Rattazzi. Il presidente del Consiglio Luigi Federico Menabrea gli offrì una nuova sede prefettizia, ma Nomis rifiutò. Vittorio Emanuele II, il 12 marzo 1868, lo nominò senatore del regno. Rientrato a Torino, si candidò alle elezioni comunali del 18 giugno 1868, venendo eletto. Fu rieletto anche nelle elezioni del giugno 1869. Chi si aspettava, però, un suo maggior impegno sulla scena cittadina restò deluso: continuò, infatti, a muoversi soprattutto nella capitale, prima Firenze e poi Roma, prendendo parte sia a commissioni senatoriali sia a consigli d’amministrazione di società partecipate dallo Stato. Quando nel giugno 1871 si candidò nuovamente nel Consiglio di Torino anche La gazzetta piemontese, che pure lo aveva sin allora sostenuto, definendolo «persona altamente rispettabile», gli tolse il sostegno, affermando che Torino non aveva bisogno di un «consigliere in partibus infidelium» (11 giugno 1871, p. 1).
Da allora si ritirò sempre più dall’agone politico, dedicandosi all’attività di traduttore dal tedesco, iniziata sin dagli anni trascorsi a Palermo.
Si indirizzò soprattutto a opere di storia dell’arte come il Michelangelo di Hermann Grimm e i Ricordi storici e pittorici d’Italia di Gregorovius (entrambi Milano 1865), prima selezione italiana del Wanderjahre del medievista prussiano. Tradusse anche la grande biografia del principe Eugenio scritta da Alfred von Arneth (Firenze 1872), gli Studi intorno agli usi ed ai costumi dei romani nei due primi secoli dell’era volgare di Ludwig Friedlaender (Milano 1874) e i Ricordi del viaggio in Italia di Goethe (ibid., 1875; traduzione che Croce definì «sciatta» [Figurine goethiane. Note sul viaggio in Italia di W. Goethe, Trani 1887, p. 63]). In alcuni casi, tradusse anche veri e propri instant-books come i Ricordi del Messico di Samuel Siegfreid von Basch (Milano 1869), medico dell’imperatore Massimiliano, restato accanto lui sino alla fucilazione nel 1867, editi a Vienna nel 1868.
Morì a Chiavari il 17 ottobre 1881.
Due giorni dopo fu commemorato dal sindaco di Torino Luigi Ferraris in una seduta del Consiglio comunale. Nella seduta del 28 il Consiglio accettò il dono della preziosa collezione d’autografi raccolta dal padre Luigi e ampliata da Nomis: composta da circa 11.000 lettere, fu prima collocata presso il Museo civico e poi, dal 1892, nella Biblioteca civica, ove è tuttora conservata.
Nomis ebbe due figli: Luigi (Torino 1868), Mario (Chiavari 1874 - Roma 1946). Alla sua morte erano ancora ragazzi e restarono con la madre, la quale si risposò nel 1882 con Urbano Rattazzi jr. (1845-1911), nipote ex fratre dell’omonimo presidente del Consiglio, ed ebbe un terzo figlio, Giacomo (1883-1973). L’educazione dei due fratelli Nomis fu seguita, quindi, dal potente segretario (1883-92) e poi ministro della real casa (1892-94). L’eredità politica della famiglia fu assunta dal secondogenito Mario. Essendo un cadetto, la sua carriera, nel solco della miglior tradizione dell’aristocrazia sabauda, fu inizialmente quella dell’ufficiale di cavalleria. Entrato nel prestigioso reggimento Piemonte reale, nel 1909, quando era capitano e addetto alla Scuola di cavalleria di Pinerolo, fu coinvolto nel duello che vide protagonisti due dei più noti fra i cavalieri allievi di Federico Caprilli: il conte Paul Rodzianko (un nobile russo che pochi anni dopo avrebbe pubblicato a San Pietroburgo uno studio sulla scuola di cavalleria italiana) e il tenente di cavalleria Giovan Battista Starita. Rinviato a giudizio per aver non solo permesso, ma favorito il duello, svoltosi a Torino, fu processato e assolto (La Stampa, 20 giugno 1909, p. 2). Ufficiale nella guerra di Libia e nel primo conflitto mondiale, fu promosso maggiore nel 1916 per poi giungere, progressivamente, sino al grado di generale. Prestò servizio nella corte della regina Margherita, di cui divenne cavaliere d’onore e cui fu accanto sino alla morte, nel 1926. Iscrittosi al Partito nazionale fascista il 29 gennaio 1927, nel 1929 fu creato senatore del Regno. Segretario della Camera alta dal dicembre 1931 al gennaio 1934, il 30 aprile 1934 anche grazie alla vicinanza alla Corona fu nominato senatore questore, carica che mantenne sino al marzo 1939 e lo portò a il rappresentare il Senato nelle principali cerimonie ufficiali dell’epoca. Durante la guerra fu chiamato a far parte della Commissione per il giudizio dell’Alta Corte di Giustizia (25 gennaio 1940) e nominato segretario della Commissione delle Forze Armate (23 gennaio 1941), cessando da entrambe le cariche il 5 agosto 1943. Ritiratosi a vita privata e decaduto dalla carica di senatore (poiché nominato durante il fascismo) nel 1945, morì a Roma il 2 aprile 1946. Dal matrimonio con Maria Teresa Beccaro (m. 1954), avvenuto nel 1901, ebbe Giovan Luigi (m. 1979), ultimo maschio della famiglia, ufficiale di cavalleria, istruttore delle scuole ippiche di Pinerolo e Tor di Quinto, e autore d’importanti libri di equitazione (Gente di cavalli, Roma 1962; Equitazione superiore. Norme sull’addestramento, ibid. 1967).
Fonti e Bibl.: G.F. Vachino, Oratio habita in R. Taur. Athenaeo dec. 1838 quum lectissimus prolyta Joseph Augustus Nomis comes Cossillae a S. Benigno in Canapitio iuris utrisq. doctor renuntiaretur, Torino 1839; Calendario generale pe’ Regi Stati. 1845, Torino 1845, p. 463; 1846, ibid. 1846, p. 476; 1847, ibid. 1847, p. 465; 1848, ibid. 1848, p. 469 bis; C.A. Vecchi, La Italia. Storia di due anni. 1848-49, Torino 1851, p. 510; S. Pellico, Epistolario, a cura di G. Stefani, Firenze 1856, p. 384; G. La Farina, Epistolario, a cura di A. Franchi, Milano 1869, II, p. 552; E. Ragionieri, Politica e amministrazione nella storia dell’Italia unita, Roma-Bari 1967, pp. 110 s., 122; H.M. Laurent, études sur Louis N. de C., in Bollettino storico-bibliografico subalpino, LXVII (1969), pp. 265-288; C.I. Petitti di Roreto, Lettere a L. N. di C. ed a Karl Mittermaier, a cura di P. Casana Testore, Torino 1989, pp. 357 s.; C. Cavour, Epistolario, XV (1858), II, a cura di C.Pischedda, Firenze 1998, p. 627; R. Roccia, Amministratori e amministrazione, in Storia di Torino, 6, La città nel Risorgimento, a cura di U. Levra, Torino 2000, pp. 453 s.; L. Riall, Sicily and the unification of Italy: liberal policy and local power, 1859-1866, Oxford 2002, pp. 172 s., 177, 181-183; Id., Garibaldi: invention of a hero, New Haven 2007, p. 100; G. Santoncini, L’unificazione nazionale nelle Marche. L’attività del regio commissario generale straordinario Lorenzo Valerio, Milano 2008, pp. 157 s., n. 38.