non luogo
non luògo locuz. sost. m. – Espressione introdotta dall’antropologo francese Marc Augé nel saggio Non-lieux. Introduction à une anthropologie de la surmodernité (1992) in riferimento agli spazi architettonici e urbani di utilizzo transitorio, pubblico e impersonale, destinati a essere utilizzati in assenza di ogni forma di 'appropriazione' psicologica e in cui il movimento e orientamento dei fruitori è prevalentemente affidato alla segnaletica; si tratta di spazi altamente omologati nei quali l’uomo contemporaneo vive per tempi significativamente lunghi, non più riferiti a una struttura sociale organizzata in grado di favorire rapporti durevoli, privi di radicamento al contesto, alle tradizioni e alla storia, tipica espressione delle società globalizzate: aeroporti, stazioni ferroviarie, centri commerciali, supermercati, svincoli autostradali, parcheggi, stazioni di servizio, impianti sportivi, alberghi, villaggi turistici, ma anche campi di accoglienza per profughi, e così via. Per Augé la nozione di n. l. non presenta riferimenti a un qualsivoglia sistema di valori; ogni spazio è in grado di diventare luogo nella misura in cui accolga e favorisca l’interazione sociale, così come uno stesso spazio può essere luogo per alcuni e n. l. per altri: un aeroporto, per es., è un n. l. per chi vi transita ma è un luogo per chi vi lavora e v’intesse una serie di relazioni sociali. Una volta trasferito dall’ambito antropologico a quello architettonico e urbano, il n. l., che appare di primo acchito negativamente connotato per una consistente parte della critica di settore – che ha seguito e talvolta equivocato gli scritti di personaggi influenti quali, per es., l’architetto nederlandese Rem Koolhaas e la sua teorizzazione della generic city, la città generica (SMLXL, 1997), e dello spazio-spazzatura (Junkspace, 2001), o il paesaggista francese Gilles Clément (Manifeste du tiers paysage, 2004) – ha assunto connotazioni diverse più o meno positive, che riconoscono nei n. l. una componente importante, non solo dal punto di vista temporale, nella vita dell’uomo contemporaneo. Lo stesso Augé ha peraltro rilevato l’avventurosa casualità che si determina, talvolta piacevolmente, nei n. l., dove non si conosce e non si è conosciuti, mettendo al tempo stesso in guardia da ogni automatismo valutativo, per es. rispetto ai tessuti urbani storici in contrapposizione a quelli contemporanei e invitando a riflettere sul fatto che l’esperienza turistica appare sempre più connotata dall’alternanza fra n. l., quelli del transito, e luoghi in cui resistono invece valori identitari più o meno autentici. La nozione di n. l. appare dunque legata a quella di atopia da una parte e di identità dall’altra, temi che negli ultimi anni ne hanno condiviso, in qualche misura, l’ambivalenza. Sulla scia di quanto avvenuto per l’arte, l’acritica accettazione dello stato delle cose derivante da tali teorie ha generato in architettura atteggiamenti progettuali caratterizzati da agnosticismo e da relativo disinteresse per le tradizionali distinzioni qualitative di carattere estetico.