CAPROTINE, NONE (Nonae Caprütīnae)
Erano una festa femminile celebrata il 7 luglio in tutto il Lazio in onore di Giunone Caprotina (v. giunone). A Roma le donne sacrificavano e banchettavano nel Campo Marzio sotto un caprifico, il cui latte era usato per il sacrifizio. Partecipavano alla festa, chiamata pure ancillarum feriae, anche le schiave che si colpivano a vicenda con un ramo di caprifico, si lanciavano sassi e beffavano i passanti. Questo costume delle beffe ai passanti ha fatto credere che la festa fosse il residuo di antichi usi della mietitura, ma le altre cerimonie la ricollegano a riti magici per aumentare la fecondità delle donne. Gli antichi spiegarono invece l'origine della festa con la leggenda, in gran parte eziologica, di Tutela o Filoti, la quale, avendo i popoli confinanti imposto con le armi ai Romani la consegna di matrone e fanciulle, suggerì di consegnare lei stessa e altre schiave vestite da libere e poi, nel campo nemico, salita nel cuore della notte su un caprifico, diede ai Romani il segnale convenuto perchè piombassero sui nemici dormienti dopo l'orgia.
Bibl.: G. Wissowa, Religion and Kultus der Römer, 2ª ed., Monaco 1912, p. 118; W. Warde Fowler, The Roman festivals of the period of the Republic, Londra 1899, p. 176 segg.; F.A. Schwegler, Römische Geschichte, I, 2ª ed., Tubinga 1867, p. 532 segg.; E. Pais, Storia critica di Roma, III, Roma 1918, p. 84 segg.