normanni (germanico settentr. «uomini del Nord»)
(germanico settentr. «uomini del Nord») Nome dato alle popolazioni che, nell’Alto Medioevo, abitavano l’Europa settentrionale (svedesi, norvegesi, danesi), note anche come vichinghi. I termini e i concetti di «vichingo» ed «età vichinga» si riferiscono in realtà più correttamente alla fase più antica (secc. 7°-9° ca.) della storia e della civiltà dei popoli del Nord, viste nel loro originario contesto scandinavo e in quello delle prime conquiste effettuate, con una serie di scorrerie marinare, a partire dal sec. 8° in moltissimi Paesi: dalla Groenlandia a ovest alla Russia a est, passando per Inghilterra, Irlanda, Islanda e Francia del Nord (➔ ). Nel 911 i n. fondarono nella Francia del Nord, sotto la guida di Rollone, il ducato di Normandia, che venne loro concesso dal re Carlo III il Semplice. Costituitosi nella Neustria, il ducato venne ingrandito col territorio di Bayeux, con il Cotentin e con l’Avranches. I n., convertitisi al cristianesimo e accolte le istituzioni feudali, non dimenticarono però il loro spirito di avventura e di conquista, benché avessero accettato, con la lingua, la civiltà francese. Furono, tra l’altro, in prima fila nelle spedizioni della prima crociata. Alla morte senza legittimi eredi del re anglosassone Edoardo il Confessore (1066), il duca di Normandia, Guglielmo, figlio di Roberto, cugino di Edoardo, rivendicò la successione al trono, e la sua conquista dell’Inghilterra fu decisiva per la storia inglese. Una nuova struttura politico-sociale fu imposta al Paese, ma va sottolineato che quest’ultima conquista, opera dei n. del ducato di Normandia, fu del tutto differente dalle precedenti conquiste normanne: in Inghilterra, infatti, si ebbe il trapianto dei tratti essenziali della civiltà francese (innanzitutto delle istituzioni feudo-vassallatiche). Poco dopo il Mille, schiere di n. dalla Normandia, sovrappopolata e discorde, scesero nell’Italia meridionale, attirate dalle guerre e dalle rivolte (notissima quella antibizantina di Melo di Bari): spesso questi n. erano cadetti che, per il maggiorascato del mondo feudale franco, non avevano eredità di terre, ma speravano di conquistarle inserendosi nel complicato gioco delle rivalità. Al soldo del principe di Capua fu Rainolfo Drengot che nel 1030 per primo ottenne la terra di Aversa. Ma poco dopo emersero le figure dei fratelli Altavilla (Hauteville), venuti anch’essi a cercare fortuna: Guglielmo Braccio di Ferro diveniva conte di Melfi; Roberto il Guiscardo, vittorioso sui bizantini, era riconosciuto dal papato duca di Puglia e di Calabria e della Sicilia. Tutta l’Italia meridionale divenne signoria dei n., che, con più vaste ambizioni, portarono le armi anche nei Balcani, a Malta e a Gozo. Con Ruggero II, incoronato nel 1130 re di Sicilia, nel 1139 si ebbe l’unificazione, in un vigoroso regno, di tutte le conquiste normanne nell’Italia meridionale. Nel 1151 Ruggero II associò al trono il figlio Guglielmo, il quale poi gli successe nel 1154. Il regno di Guglielmo I fu turbato dalla ribellione dei feudatari dell’Italia meridionale al governo centrale. In una prima fase la ribellione trovò un sostegno nel pontefice Adriano IV, che però nel 1156, dopo aver subito una sconfitta militare, si accordò a Benevento con il re normanno. Nel 1166 a Guglielmo I succedeva il figlio minore Guglielmo II sotto la tutela della madre Margherita: il suo regno coincise con un periodo di pace interna e di grande prosperità dello Stato. Guglielmo II morì nel 1189 senza figli e subito si accese violenta la lotta per la successione tra Tancredi, conte di Lecce, e Costanza figlia di Ruggero II e moglie di Enrico VI di Svevia; la lotta si concluse con la vittoria di quest’ultimo nel 1194. Lo Stato normanno fu una monarchia feudale, dove però l’autorità del sovrano si dimostrò capace di impedire ogni forza frazionatrice e di amalgamare invece i diversi gruppi etnici, realizzando una creazione politica unitaria che sopravvisse a tutte le vicende successive. La struttura amministrativa dello Stato normanno teneva infatti presenti le esigenze delle autonomie interne di città e feudi e quelle di un regno unitario. Il re era coadiuvato nel suo governo da una curia composta da fideles, incaricati dei più vari compiti amministrativi e giudiziari, dal cancelliere, preposto a un organismo burocratico efficiente, e dai giustizieri di corte, titolari di funzioni esclusivamente giurisdizionali. Il governo centrale era poi completato da uffici finanziari, competenti sia per le terre demaniali sia per quelle feudali (la dohana de secretis per la Sicilia e parte della Calabria, la dohana baronum per le rimanenti regioni continentali). L’ordinamento provinciale era composto da giustizieri e camerari preposti a circoscrizioni territoriali più ampie, da baiuli, preposti a distretti minori, e da funzionari cittadini: tutti questi ufficiali avevano anche competenze che in origine appartenevano alla iurisdictio dei feudi e dei comuni. In tal modo quest’ultima risultava limitata e perdeva gran parte del suo carattere centrifugo, divenendo, al contrario, un momento dell’intera amministrazione statale.