NORTHUMBRIA
(North hymbre, Northenhymbre nei docc. medievali)
Regno appartenuto all'antica eptarchia anglosassone, corrispondente all'incirca all'od. contea di Northumberland, nell'Inghilterra nordorientale.Il regno di N., nel periodo della sua massima espansione, si estendeva, da S a N, dal fiume Humber fino all'insenatura del Firth of Forth nella parte orientale, dal fiume Ribble fin oltre il Solway Firth in quella occidentale. Nel corso di una serie di dure campagne belliche, condotte a partire dall'inizio del sec. 6° fino a tutto il 7°, le popolazioni angliche, stirpi della Germania settentrionale, strapparono questo ampio altipiano ai Britanni, a cominciare dalla costa orientale in direzione O, conservando, tuttavia, nomi britannici per i loro tre maggiori territori: Deira (od. Yorkshire), Bernicia (od. Durham, Northumberland e parte della Scozia meridionale) e Cumbria (Cumberland, Westmorland e Lancashire settentrionale).Gli Angli della N. vennero cristianizzati da un vescovo di origine italiana proveniente dal Kent, Paolino, che a York, nel 627, impartì il battesimo al re di N. Edwin di Deira, cui seguirono il battesimo in massa di molti sudditi e la fondazione di una chiesa nella stessa York. Dopo la sconfitta e l'uccisione (633) di re Edwin da parte della famiglia reale di Bernicia, il re Oswald (633-641) chiamò nel 635 missionari irladesi provenienti da Iona, dove il re e i suoi fedeli erano stati in esilio. I monaci di Iona, guidati dal vescovo Aidano, fondarono il loro primo centro monastico a Lindisfarne, poi sostenuto da una rete di importanti centri religiosi diffusi in tutta la N., fra i quali Melrose (Scozia), Lastingham e Gilling, con Hartlepool e Whitby (fondazioni femminili). Tali monaci promossero le lettere e la dottrina cristiana, ma i loro semplici edifici erano in legno e mancò loro una tradizione sia di architettura in pietra e malta sia di scultura a rilievo.L'introduzione di tali arti in N. è attribuita a due anglosassoni che viaggiarono attraverso la Gallia e l'Italia diretti a Roma e che portarono con sé esperti artigiani e opere d'arte per creare simboli visibili di Romanitas: tra il 671 e il 678 il vescovo Vilfrido costruì elaborate chiese in pietra con cripte a Ripon e a Hexham, mentre l'abate Benedetto Biscop costruì, con l'aiuto di scalpellini della Gallia, una chiesa a Monkwearmouth nel 674-675 e una nella fondazione gemella a Jarrow, dedicata nel 685. Parti delle strutture del sec. 7° di questi siti sono incorporate nelle od. chiese parrocchiali, mentre a Ripon e a Hexham restano le cripte originali; in tutti e quattro i centri si conservano testimonianze della scultura architettonica che decorava gli edifici. Chiese del genere rimangono anche a Corbridge (Northumberland), a Escombe e a Seaham (Durham) e a Ledsham (Yorkshire). Sfortunatamente le importanti chiese che un tempo esistevano a York e a Beverley (Humberside) possono essere ricostruite soltanto in base alle fonti testuali.Della N. e della sua influenza nei secc. 7° e 8° si hanno conoscenze sufficienti grazie agli scritti di Beda il Venerabile (m. nel 735), teologo e storico, membro della comunità di Monkwearmouth e Jarrow fino alla morte.L'importanza culturale ed economica di York, arcidiocesi nel 735, si accrebbe nel corso del secolo successivo, quando la città divenne un centro del commercio con le terre d'Oltremare e sede di un'influente scuola, nella quale si formò Alcuino prima di partire per la corte di Carlo Magno. Ma, come già attestato da Beda (Ep. ad Ecgbertum), che nei suoi ultimi anni aveva sottolineato la debolezza del sistema politico ed ecclesiastico della N., il suo declino fu di fatto irreversibile e continuò fino alla presa della città di York e quindi della regione circostante a opera dei Vichinghi nell'867.Gran parte dello Yorkshire e della Cumbria rimase sotto il controllo scandinavo fino al 954 ca.; la N. settentrionale restò invece indipendente, ma isolata. A metà del secolo l'antica rete di monasteri era scomparsa e nella Bernicia si conservava soltanto la comunità di Lindisfarne (più tardi reinsediata a Chester-le-Street e a Durham), mentre nell'antica Deira solo Beverley, York e Ripon mantennero una qualche forma di vita religiosa comunitaria. I nuovi signori, tuttavia, riedificarono più volte le chiese sui loro possedimenti in N. e, fino alla conquista normanna dell'Inghilterra, un eclettico stile artistico anglo-scandinavo trovò espressione nella decorazione plastica delle croci della N. settentrionale.La N. è particolarmente ricca di testimonianze della scultura più antica, sia anteriori sia posteriori all'epoca degli insediamenti vichinghi. La maggior parte di esse non è tuttavia in situ - a eccezione per es. di quelle del portico d'ingresso di Monkwearmouth - e di conseguenza può essere datata soltanto tramite un'analisi stilistica. La più antica scultura architettonica è costituita da imposte decorate, stipiti e cornici di portali, da fregi e lastre murali a rilievo, oltre che dall'arredo delle chiese monastiche di Monkwearmouth, Jarrow, Hexham e Ripon. Motivi ricorrenti sono: balaustre e ornamenti a balaustra classicheggianti, girali di vite, animali naturalistici con raffinati intrecci geometrici della tradizione insulare, bestie lacertili. Le stesse forme e gli stessi motivi restarono in uso fino al sec. 8° e all'inizio del 9°, sebbene in stili diversi, su portali decorati e su imposte, come per es. a Lastingham, a Ledsham e a Hackness (Yorkshire). Le origini di tali forme di decorazione non sono prive di ambiguità, né sussistono immediati paralleli nell'Europa continentale.Risulta ugualmente difficile, per i monumenti commemorativi e funerari della N., estendere un confronto al di fuori della Britannia e dell'Irlanda, eccetto che per le più semplici iscrizioni. Nelle due sedi episcopali di Lindisfarne e di York, le prime sculture funerarie sono rispettivamente lastre incise con croci e iscrizioni latine o runiche e stele iscritte che possono trovare confronti in centri tardoromani del continente.In N. l'uso di croci lignee con funzione di monumento commemorativo fu introdotto dagli Irlandesi; a partire dall'inizio del sec. 8° si hanno riferimenti a croci commemorative in pietra sia in N. sia nel Wessex. Circa l'origine delle grandi croci in pietra dall'elaborata scultura - che per il secolo successivo costituirono il monumento all'aperto peculiare delle Isole Britanniche e dell'Irlanda - si può ipotizzare la loro desunzione sia dalle croci in legno, sia da quelle mobili in metallo, riccamente decorate, sia, ancora, dai monumenti funerari romani.Alcune croci, utilizzate come mezzo di diffusione della scultura a carattere devozionale e didascalico, rimangono ancora oggi in situ nei recinti delle chiese, per es. a Beckermet, Bewcastle, Irton o Gosforth, in Cumbria. Per la maggior parte esse sono state, tuttavia, rinvenute in stato frammentario, a seguito del loro abbattimento durante la Riforma. Alcune, come quelle di Ruthwell (Dumfriesshire) e di Rothbury (Northumberland), è possibile che siano rimaste all'interno di chiese per la maggior parte della loro esistenza e in tali casi - così come per taluni brani di scultura architettonica - vi possono essere rinvenute anche estese tracce di pittura. Le croci di livello qualitativo e tecnico più elevato, che tendenzialmente risultano anche le più antiche, possono raggiungere un'altezza di ca. m 4,40. In età vichinga, quando in rapporto a un incremento del numero dei monumenti si registrò un declino nella qualità della scultura, molte presentavano un'altezza di ca. m 1,50.Fino al 900 ca. l'iconografia delle croci, sia ornamentale sia figurativa, rispecchiò i gusti dei maggiori centri ecclesiastici, come si osserva anche in altre forme d'arte, sebbene sembri plausibile ritenere che alcuni motivi, quali i girali di vite, venissero introdotti per la prima volta proprio nella scultura a rilievo. È possibile che gli scultori specializzati nella lavorazione della pietra operassero su un'ampia area: i monumenti più significativi, quali quelli di Ruthwell e Bewcastle, Aberlady e Abercorn, si trovano al confine del regno. Ciascun monumento sembra essere frutto, tuttavia, di un'elaborazione originale, mentre nei secc. 10° e 11° i monumenti funerari - sia croci sia lastre tombali terragne - presentano formule dal carattere più ripetitivo, qualificandosi forse come prodotti di botteghe laiche locali.Almeno all'inizio sembra che i vari centri prediligessero repertori ornamentali propri e peculiari forme di croci. A Whitby, una serie di croci semplici con un elementare ornamento inciso pare ispirata da esempi lignei oppure dalle altrettanto semplici stele di York. La stessa forma della testa delle croci di Whitby si ritrova in altre opere in pietra e in metallo dell'area.A Jarrow, gli scavi hanno rivelato che i maggiori edifici in pietra del monastero avevano elementi scolpiti simili a quelli delle chiese: si ritrovano inoltre girali abitati da uccelli e da animali fantastici scolpiti sia su pannelli murari sia su parte di una croce in pietra. È interessante rilevare come Jarrow sia l'unico centro in cui è identica l'ornamentazione sulle croci conservate e sulla scultura architettonica.Girali fitomorfi simili, scolpiti nella stessa marcata maniera 'romana', si ritrovano ovunque in N., per es. a Ruthwell, a Bewcastle e a Rothbury: su tali croci le ampie facce presentano riquadri scolpiti con figure bibliche di grande qualità.A Hexham e nei centri dipendenti in Northumberland e Cumbria, i fusti delle croci sono coperti da girali continui e talvolta presentano un singolo riquadro con la Crocifissione. Contrariamente a quanto accade nella maggior parte degli altri siti della N., compreso Lindisfarne, le croci sono suddivise in piccoli pannelli ornamentali, che, nel tardo sec. 8° e agli inizi del 9°, si presentano del tutto simili ai sistemi decorativi adottati nei coevi manoscritti. In questo stesso periodo erano apparse nel Nord nuove forme di croci che univano una sommità rettangolare a una base a forma di colonna oppure avevano semplicemente fusti a forma di colonna. L'influenza degli stili figurativi del vicino regno di Mercia, o provenienti anche da più lontano, può essere individuata su monumenti quali quello di Dewsbury (Yorkshire).Per tutto il periodo previchingo l'iconografia a carattere figurativo fu perlopiù limitata a poche immagini neotestamentarie. Cristo giudice è rappresentato a Bewcastle (Cumbria), Dewsbury (Yorkshire), Halton, Heysham e Hornby (Lancashire), Hoddom (Dumfriesshire), Ilkley (Yorkshire), Rothbury (Northumberland), Ruthwell (Dumfries e Galloway). Scene relative alla Vita e ai miracoli di Cristo si ritrovano a Rothbury e a Ruthwell e nello Yorkshire ad Aldborough, a Dewsbury, a Halton e a Hovingham. I dodici apostoli sono rappresentati a Easby e forse a Otley e a Masham (Yorkshire), mentre rappresentazioni dei simboli degli evangelisti sono a Ilkley (Yorkshire), a Otley e Ruthwell. Numerose sono le figure nimbate anonime, in particolare a St Andrew Aukland (Durham), a Collingham (Yorkshire), a Ilkley e a Hovingham, come pure nella stessa York. Soltanto in pochi siti, per es. a Masham e a Dacre (Cumbria), si ritrovano le figure veterotestamentarie di Davide, Sansone, Abramo e Isacco.Anche prima della conquista scandinava sembra essersi verificata, nel sec. 9°, la tendenza a comprendere nella scultura figure profane: a Wearmouth si trova parte di un pannello murario con una scena di combattimento e da York proviene un pannello di croce con due uomini in abiti secolari, effigiati in quella che sembra essere una scena di riconciliazione (York, Yorkshire Mus.). I nuovi dominatori scandinavi adottarono presto l'uso di innalzare croci, inserendo però numerose figure di uomini in armi (forse i loro stessi ritratti) su importanti monumenti a Middleton (Yorkshire) e a Nunburnholme (Humberside), a Sockburn (Durham) e nei rilievi a carattere narrativo della monumentale croce di Gosforth in Cumbria, dell'inizio del sec. 10°; il fusto di quest'ultima, realizzato come albero della vita, comprende rappresentazioni attinte dal mito scandinavo della Caduta degli dei nel giorno di Ragnarök. Altre scene tratte dalla mitologia scandinava si ritrovano sulle croci di Leeds (Yorkshire), di Sockburn e sui lati delle pietre tombali del tipo Hogback di Gosforth, Lowther (Cumbria), Sockburn e Heysham. Tali pietre, la cui forma era analoga a quella di coevi edifici d'abitazione, erano probabilmente ispirate ai reliquiari architettonici dei Northumbri e degli Irlandesi cristiani, ma quando si ritrovano nell'Inghilterra settentrionale e nella Scozia meridionale costituiscono un segno distintivo di insediamento scandinavo.Nelle chiese e nei cimiteri della N. si conserva un gran numero di croci in pietra e di coperchi di tombe risalenti ai secc. 10° e 11°, che riflettono il gusto ornamentale scandinavo e la fusione di tradizioni autoctone con quelle importate, da cui si generarono nuovi stili anglo-scandinavi di ornamentazione. Anche in centri come Chester-le-Street e Durham, dove si trasferì l'antica comunità di Lindisfarne, che costituirono le ultime roccaforti della chiesa anglica di Bernicia, presero piede motivi quali quello con guerrieri a cavallo e con un combattimento tra serpente e leone. Viceversa, l'arte, di derivazione carolingia, del periodo della Riforma monastica dell'Inghilterra meridionale non ebbe presa in Northumbria.
Bibl.:
Fonti. - Beda, Historia ecclesiastica gentis anglorum, in Venerabilis Bedae opera historica, a cura di C. Plummer, Oxford 1896, I, pp. 5-360; id., Epistola ad Ecgbertum, ivi, II, pp. 405-423.
Letteratura critica. - W.G. Collingwood, Northumbrian Crosses of the PreNorman Age, London 1927 (rist. Lampeter 1989); G. Adcock, The Theory of Interlace and Interlace Types in Anglian Sculpture, in Anglo-Saxon and Viking Age Sculpture (BAR. British Series, 49), Oxford 1978, pp. 33-46; R.N. Bailey, Viking Age Sculpture in Northern England, London 1980; R. Cramp, County Durham and Northumberland (Corpus of Anglo-Saxon Stone Sculpture, 1), Oxford 1984; J.T. Lang, The Hogback: a Viking Colonial Monument, in Anglo-Saxon Studies in Archaeology and History, a cura di S.C. Hawkes, J. Campbell, D. Brown, III, Oxford 1984, pp. 85-176; J. Higgitt, Words and Crosses: the Inscribed Stone Cross in Early Medieval Britain and Ireland, in Early Medieval Sculpture in Britain and Ireland, a cura di J. Higgitt (BAR. British Series, 152), Oxford 1986, pp. 125-152; R.N. Bailey, R. Cramp, Cumberland, Westmorland and Lancashire North-of-the-Sands (Corpus of Anglo-Saxon Stone Sculpture, 2), Oxford 1988; J.T. Lang, York and Eastern Yorkshire (Corpus of Anglo-Saxon Stone Sculpture, 3), Oxford 1991; R. Cramp, Studies in Anglo-Saxon Stone Sculpture, London 1992; The Ruthwell Cross, "Papers from the Colloquim, Princeton 1989" (Index of Christian Art. Occasional Papers, 1), Princeton 1992; R. Cramp, A Reconsideration of the Monastic Site of Whitby, in The Age of Migrating Ideas: Early Medieval Art in Northern Britain and Ireland, "Proceedings in the Second International Conference on Insular Art, Edinburgh 1991", a cura di R.M. Spearman, J. Higgitt, Edinburgh 1993, pp. 64-73.R.J. Cramp
La miniatura della N. ebbe l'acme nel corso dei secc. 7° e 8° con l'Evangeliario di Lindisfarne (Londra, BL, Cott. Nero D.IV) e il Codex Amiatinus (Firenze, Laur., Amiat. 1), la cui decorazione e scrittura costituiscono le basi su cui si fonda oggi la comprensione della cultura visiva della N.; essi presentano nessi stilistici e paleografici tramite i quali è stato possibile attribuire alla N. altri manoscritti. Entrambi i codici presentano iscrizioni che li rivelano originari di Lindisfarne e della comunità di Monkwearmouth-Jarrow.L'Evangeliario di Lindisfarne rappresenta uno degli esempi più eminenti dello stile iberno-sassone, che deve il proprio nome all'interazione culturale prodottasi tra Irlanda, Scozia e N. tra il 7° e il 9° secolo. Le sue pagine ornamentali, le c.d. carpet pages, e le lettere a piena pagina presentano le ornamentazioni geometriche curvilinee e gli intrecci animalistici propri delle tradizioni celtiche e anglosassoni, la cui conoscenza è oggi consentita da quanto si è conservato di prestigiose opere in metallo, come per es. gli oggetti provenienti da Sutton Hoo (Londra, British Mus.), o di antiche opere di suppellettile ecclesiastica, quali la cassa di Clonmore (Belfast, Ulster Mus.). Sebbene la decorazione dell'Evangeliario si dimostri strettamente legata alla coeva ornamentazione della spilla di Tara e degli oggetti del tesoro di Donore (Dublino, Nat. Mus. of Ireland), la decorazione di altri manoscritti iberno-sassoni non sembra assumere una valenza così puntuale di copia delle opere in metallo, permettendo pertanto di ipotizzare una partecipazione in senso più ampio, da parte degli scribi e dei miniatori, alle tradizioni artistiche indigene. I grandi incipit dell'Evangeliario di Lindisfarne e di altri codici di lusso iberno-sassoni richiamano quelli di antichi manoscritti irlandesi come il Cathach di s. Colomba (Dublino, Royal Irish Acad.), nel quale le forme decorative si fondono con quelle della lettera, e le lettere che seguono una grande iniziale diminuiscono gradualmente le loro proporzioni fino a giungere a quelle usate nel testo. Entrambi gli aspetti riflettono il carattere di interscambiabilità, o mescolanza, fra scrittura e decorazione proprio della prima miniatura irlandese e di quella iberno-sassone.Oltre alle forme decorative celtiche e anglosassoni, l'Evangeliario di Lindisfarne attesta un'imitazione della miniatura mediterranea. La sua scrittura, come quella dei manoscritti di lusso iberno-sassoni, rappresenta una formalizzazione e un affinamento di modesti prodotti anteriori che imitavano l'effetto visivo della solenne scrittura dei codici di area mediterranea. Il codice di Lindisfarne introduce degli specifici elementi di onciale (una scrittura propriamente mediterranea), così come l'antico sistema di interpunzione per cola et commata, che articola unità di significato raggruppando ciascuna di queste all'interno della linea di un verso. Ciò contrasta con il sistema elaborato negli scriptoria irlandesi e iberno-sassoni, nel quale l'interpunzione, le lettere ingrandite e la decorazione rimandano a un testo strutturato a blocchi. Un cosciente classicismo caratterizza i ritratti degli evangelisti (cc. 25v, 93v, 137v, 209v), rappresentati come autori-filosofi seduti all'interno di spazi architettonici, sovrastati dai loro simboli.L'attribuzione alla N. dei più importanti manoscritti iberno-sassoni - per es. il Libro di Durrow (Dublino, Trinity College, 57), i Vangeli di Echternach (Parigi, BN, lat. 9389), i frammenti di un evangeliario a Durham (Dean and Chapter Lib., A.II.17), i Vangeli di Lichfield (Cathedral Lib., 1) e il Libro di Kells (Dublino, Trinity College, 58) - è stata messa in discussione, in genere, sulla base del fatto che Irlanda, Iona, Britannia occidentale, Galles, fondazioni irlandesi nell'Europa continentale potevano aver creato, allo stesso modo, i presupposti per la loro realizzazione. Le numerose lacune che oggi ostano alla comprensione della miniatura della N. sono dovute al silenzio delle coeve fonti testuali sia sull'interazione monastica con la Chiesa britannica sia sul contributo irlandese.La fonte maggiore dell'epoca è rappresentata da Beda il Venerabile. Alla sua epoca Monkwearmouth-Jarrow produsse l'altro grande codice di lusso conservato, sicuramente originario della N., il Codex Amiatinus, contenente il testo della Bibbia. La cultura di matrice italiana, promossa dal fondatore dei monasteri gemelli, Benedetto Biscop, e sostenuta dal suo successore Ceolfrid, determinò sia l'uso dell'onciale sia lo stile artistico. I frontespizi che rappresentano Esdra (c. 5r) e Cristo in maestà (c. 796v) sono dipinti in uno stile illusionistico tardoantico, modellato con ombre di colore naturalistico. Il ritratto di Esdra presenta somiglianze dal punto di vista iconografico con quello di Matteo nell'Evangeliario di Lindisfarne (c. 25v), ma, nei confronti del classicismo iberno-sassone espresso da quest'ultimo, il carattere emulativo del suo stile si mostra di tutt'altro segno.Altri manoscritti attribuiti a Monkwearmouth-Jarrow sono il codice di Durham (Dean and Chapter Lib., B.II.30), contenente l'Expositio Psalmorum di Cassiodoro, quello con la Historia ecclesiastica gentis Anglorum di Beda (San Pietroburgo, Saltykov-Ščedrin, Lat.Q.v.I.18) e quello con l'Evangelium secundum Iohannem di Stonyhurst (Londra, BL, Loan Ms 74), probabilmente un dono offerto a Lindisfarne in occasione dell'elevazione delle reliquie di s. Cutberto nel 698.
Bibl.:
Edd. in facsimile. - Evangeliorum Quattuor Codex Lindisfarnensis, 2 voll., Olten-Lausanne 1956-1960; The Durham Gospels, Together with Fragments of a Gospel Book in Uncial: Durham, Cathedral Library, Ms. A.II.17, København 1980.
Letteratura critica. - J.J.G. Alexander, Insular Manuscripts 6th to the 9th Century (A Survey of Manuscripts Illuminated in the British Isles, 1), London, 1978; K. Corsano, The First Quire of the Codex Amiatinus and the Institutiones of Cassiodorus, Scriptorium 41, 1987, pp. 3-34; The Making of England: Anglo-Saxon Art and Culture AD 600-900, a cura di L. Webster, J. Backhouse, cat., London 1991; The Book of Kells, "Proceedings of a Conference, Dublin 1992", a cura di F. O'Mahony, Dublin 1994; R. Marsden, The Text of the Old Testament in Anglo-Saxon England (Cambridge Studies in Anglo-Saxon England, 15), Cambridge 1995.C.A. Farr