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La Norvegia è uno dei maggiori paesi al mondo per esportazioni di gas e petrolio, caratteristica che ne fonda la rilevanza geopolitica in termini macroeconomici e strategici. Tale constatazione diventa ancor più pertinente se si prendono in considerazione i rapporti tra Norvegia e Unione Europea (Eu): dopo la Russia, infatti, la Norvegia è il maggior fornitore energetico di gas e petrolio dell’Eu, e il quinto partner commerciale in assoluto. Le relazioni estere della Norvegia sono molto strette con il proprio vicinato, anche grazie al Consiglio nordico, forum di cooperazione che include anche Danimarca, Finlandia, Islanda e Svezia. Allargando la prospettiva, i rapporti con l’Eu, seppur segnati da contrasti storici, continuano a essere fondamentali per la politica estera di Oslo, mentre, grazie all’appartenenza alla Nato, anche le relazioni bilaterali con gli Stati Uniti si sono potute sviluppare su buone basi. Le relazioni con Mosca sono andate invece progressivamente migliorando a seguito della dissoluzione dell’Unione Sovietica, sebbene tra i due paesi persistano incomprensioni in relazione alla sovranità e allo sfruttamento delle risorse dell’Artico. Nel 2010 vi sono state delle tensioni diplomatiche con la Cina a seguito dell’assegnamento del premio Nobel per la pace al dissidente cinese Liu Xiaobo, ma la questione non sembra compromettere significativamente le relazioni bilaterali tra Oslo e Pechino. Oslo, inoltre, si è rivelata negli anni un importante mediatore internazionale, come dimostrato dagli storici accordi raggiunti nella capitale norvegese dai Palestinesi e da Israele nel 1993, e dal ruolo svolto nella mediazione del conflitto tra lo Sri Lanka e i ribelli Tamil, tra il 2000 e il 2009.
La Norvegia è una monarchia costituzionale, nella quale il re ha solo una funzione cerimoniale e il governo è retto dal primo ministro, attualmente il laburista Jens Stoltenberg. Il Parlamento, unicamerale dal 2009, conta 169 membri eletti ogni quattro anni con sistema proporzionale e con una soglia di sbarramento per i partiti fissata al 4%. Ciò ha conferito di fatto al paese una struttura multipartitica, in cui spesso si formano governi di coalizione. Storicamente, il Partito laburista ha sempre rappresentato la maggiore forza politica norvegese e coalizioni di centro-sinistra hanno governato per gran parte degli anni che sono seguiti alla Seconda guerra mondiale. Attualmente, i laburisti fanno parte di una coalizione di governo che include anche il Partito socialista e il Partito centrista. Nell’ambito dello schieramento di centro-destra, invece, il Partito conservatore, una volta maggiore forza conservatrice del paese, è ormai secondo al Partito progressista, testimone di un rapido aumento dei consensi negli ultimi due decenni, al punto da diventare la seconda forza politica norvegese, come confermato dalle ultime elezioni tenutesi nel 2009.
Come risultato di tali tendenze ‘isolazioniste’ rispetto al processo di integrazione europea, i rapporti della Norvegia con l’Eu sono oggi di natura soprattutto economica: Oslo ha aderito all’Associazione europea di libero commercio (Efta) e all’Area economica europea (Eea) – sebbene dagli accordi siano escluse questioni strategiche quali le risorse off-shore e la pesca – oltre che agli accordi di Schengen, che prevedono la libera circolazione transfrontaliera delle persone all’interno dell’Eu. Oltre a tali rapporti, la cooperazione della Norvegia con Bruxelles si estende anche alle politiche di sicurezza, dal momento che Oslo invia i propri soldati alle missioni di peacekeeping promosse dall’Eu.
L’attuale governo ha comunque escluso che, almeno nel breve e medio periodo, si possa discutere di un eventuale ingresso nell’Eu.
La Norvegia può vantare un posizionamento ai primi posti delle classifiche mondiali relative allo sviluppo umano e agli standard di vita, così come agli indici di democrazia. La popolazione è etnicamente omogenea, con una minoranza stimata in circa 100.000 persone di etnia Sami, che vivono nella parte centro-settentrionale del paese. Dagli anni Ottanta in poi si è verificato un notevole flusso di immigrazione – attualmente gli immigrati in Norvegia sono circa 400.000. Oslo è oggi un centro multietnico che ospita immigrati provenienti prevalentemente da Pakistan, Somalia e Iraq e, dopo l’allargamento dell’Eu nel 2004, anche dai paesi dell’Europa orientale. Il fenomeno migratorio ha compensato negli ultimi anni il rallentamento della crescita della popolazione, contribuendo a mantenere tale dato in positivo (0,93% tra il 2005 e il 2010). La maggior parte dei norvegesi è di religione evangelico-luterana, designata religione di stato dall’articolo 2 della Costituzione. La carta costituzionale garantisce tuttavia piena libertà di culto per i credenti di altre fedi.
Lo stato norvegese si distingue, a livello internazionale, per l’efficiente modello di protezionismo sociale, favorito dalla ridistribuzione delle rendite energetiche. Lo stato garantisce infatti un’istruzione gratuita, anche universitaria, a tutti i cittadini, così come un’assistenza sanitaria gratuita e un sistema pensionistico pubblico molto efficiente. La libertà di stampa è incoraggiata dallo stato, al punto che esistono sussidi statali per le maggiori testate giornalistiche, anche se private e afferenti a una determinata area politica. Alcune leggi, infine, garantiscono l’uguaglianza di genere, come quella del 2006 che stabilisce che, in più di 500 aziende quotate nella Borsa di Oslo, almeno il 40% del consiglio di amministrazione debba essere composto da donne. Ad oggi, in Parlamento le donne sono quasi il 40% e, nel governo, 10 ministri su 19 sono donne.
Grazie alle ingenti risorse di idrocarburi presenti nel sottosuolo del proprio territorio e nei propri fondali marini, la Norvegia è uno dei paesi con il più alto pil pro capite al mondo, con un valore che supera i 55.000 dollari all’anno. Oslo produce circa 2,3 milioni di barili di petrolio al giorno, 2,15 milioni dei quali sono destinati all’esportazione, e più di 100 miliardi di metri cubi di gas l’anno, quasi totalmente esportati.
Nonostante il picco petrolifero sia stato raggiunto nel 2001 (3,4 milioni di barili al giorno prodotti) e si stimi che in circa dieci anni le riserve potrebbero esaurirsi, le risorse di gas naturale sembrano garantire al paese ancora buone prospettive di rendite energetiche nel medio e lungo periodo. Mentre il settore industriale è dominato dal comparto degli idrocarburi, il settore predominante dell’economia norvegese è quello dei servizi, che costituisce il 53% del pil nazionale. L’agricoltura non è particolarmente sviluppata, a causa delle avverse condizioni climatiche, mentre la pesca rappresenta una risorsa molto importante per la Norvegia. Le esportazioni, prevalentemente dirette verso paesi dell’Europa settentrionale e centrale, come Regno Unito, Germania e Paesi Bassi, sono costituite per circa il 60% da petrolio e gas. Grazie alle rendite derivanti da tali risorse, la Norvegia ha istituito un proprio fondo sovrano, il Government Pension Fund – Global, che è il secondo al mondo per capitale (più di 500 miliardi di dollari) e grazie al quale Oslo è uno dei maggiori investitori diretti all’estero.
Nonostante la presenza delle risorse petrolifere e gassifere, il mix energetico norvegese è molto diversificato e la produzione di energia elettrica deriva per il 99% da fonte idroelettrica. Dato lo sviluppo del paese e le dimensioni relativamente modeste della propria popolazione, la Norvegia è il secondo paese al mondo per consumo di energia elettrica pro capite, dietro all’Islanda. Il paese è anche sede della maggiore multinazionale al mondo nel settore del commercio di elettricità in termini di volume scambiato, la Nord Pool Spot, la quale opera anche in Danimarca, Estonia, Finlandia e Svezia. Strettamente legata alla questione energetica è quella ambientale: nel 2008 il governo ha varato una legge che prevede la riduzione del 30% delle emissioni di gas nocivi entro il 2020, sostenuta da tutte le forze politiche del paese, ad eccezione del Partito progressista. Rimane dibattuta anche la questione della caccia alle balene, pratica cui la Norvegia ricorre ancora, nonostante le proteste delle associazioni animaliste e ambientaliste.
La Norvegia fa parte della Nato fin dal 1949, in qualità di membro fondatore. Grazie all’inquadramento nell’organizzazione atlantica, Oslo trova negli Stati Uniti un importante partner per la cooperazione nel settore della difesa e della sicurezza. La Norvegia fa inoltre parte del meccanismo di cooperazione istituito nel 2002 tra la Nato e l’Unione Europea, noto come Accordo Berlin Plus. D’altro canto, dalla caduta dell’Unione Sovietica in poi, anche la Russia è diventata un interlocutore di primaria importanza per la Norvegia e, nel 2010, i due paesi hanno firmato uno storico accordo per la definizione dei confini nel Mare di Barents, importante per la pesca del merluzzo e per gli equilibri artici, ponendo fine a quarant’anni di dispute. La stessa questione artica, però, è una delle più importanti per il futuro della sicurezza norvegese, così come per tutti gli altri attori che rivendicano possedimenti in quell’area, in vista del probabile scioglimento dei ghiacci, che potrebbe aprire la via a nuove rotte commerciali e allo sfruttamento di nuove risorse di idrocarburi off-shore.
Sul piano interno, la Norvegia è stata testimone, soprattutto negli ultimissimi anni, di un incremento della minaccia proveniente dal terrorismo di matrice islamica. Ciò è dovuto principalmente a due fattori: il primo, di natura più strutturale, riguarda la presenza sul proprio territorio di molti rifugiati e immigrati provenienti da paesi a maggioranza islamica, come Pakistan e Somalia; il secondo, più congiunturale, deriva invece dal diffondersi delle proteste antioccidentali nei paesi del Nord Europa, in relazione a questioni quali la presenza delle truppe in Afghanistan (la Norvegia partecipa alla missione Isaf con quasi 500 soldati), o la pubblicazione delle vignette satiriche su Maometto.