NORVEGIA
(XXIV, p. 944; App. I, p. 899; II, II, p. 414; III, II, p. 272; IV, II, p. 605)
La popolazione norvegese ha continuato a crescere, ma a ritmi sempre più contenuti (nell'ultimo decennio, circa il 4‰ d'incremento annuo): il censimento del 1980 registrava 4.091.000 ab., saliti nel 1992 a 4.274.030. Con l'eccezione del Finnmark, da tempo in lieve continuo calo demografico, e di parte delle aree interne montuose, l'aumento di popolazione riguarda un po' tutto il territorio, soprattutto le zone costiere. Ancor più squilibrato del passato appare oggi il popolamento fra aree rurali e urbane: la popolazione urbana, che si era mantenuta a lungo sotto il 50% di quella complessiva, nel 1991 era valutata intorno al 75%, senza però che siano i principali centri a beneficiare di questo addensamento.
Mentre Oslo da oltre trent'anni mantiene la sua popolazione stazionaria intorno ai 460.000 ab. (ma molto è cresciuta la sua area metropolitana), altre fra le città più popolose, come Bergen, Trondheim, Stavanger, Kristiansand, Drammen, Tromsø hanno vissuto fasi d'intensa crescita fino a metà degli anni Settanta, per poi arrestarsi o anche regredire. A causa dell'esiguità degli spostamenti interni, le città medio-piccole hanno accolto la maggior parte dell'aumento demografico e hanno potenziato il rispettivo apparato produttivo (attività manifatturiere, sfruttamento risorse idroelettriche, ecc.).
Ben avviata dal dopoguerra a un crescente sviluppo socio-economico, grazie a un razionale uso delle risorse ittiche, idriche e minerarie, la N. ha trovato negli idrocarburi del Mare del Nord l'elemento che ha consentito di riequilibrare la dipendenza dai prodotti esteri, in primo luogo gli alimentari. L'agricoltura ha un ruolo economico modesto, non tanto per la quota di popolazione addetta (circa il 5,8% nel 1991), o per la scarsa superficie agricola (2,7%), quanto perché fornisce essenzialmente cereali destinati all'alimentazione animale o alla trasformazione industriale (avena, orzo); queste produzioni, però, con quella del frumento, sono assai aumentate negli ultimi anni. Stabili o lievemente ridimensionate, ma sempre di grande rilievo, sono le attività zootecniche (soprattutto ovini − 2,2 milioni di capi −; in calo bovini, suini e animali da pelliccia) e la pesca che, con circa 2 milioni di t di pescato annuo, alimenta un'importante attività conserviera, largamente destinata all'esportazione.
L'industria norvegese − quasi interamente basata sulla disponibilità di energia elettrica (poco più di 121 mil. di kWh prodotti nel 1990), e questa, a sua volta, pressoché esclusivamente di origine idrica − si è sempre più orientata verso quei settori che possono avvalersi dell'elettrificazione e delle risorse naturali nazionali.
Tra le industrie hanno un ruolo di rilievo la trasformazione del ferro in acciai e ferroleghe (che utilizza in parte minerale svedese), la cantieristica, l'elettrometallurgia dello zinco e dell'alluminio (per il quale la bauxite è integralmente importata). Le piriti e gli idrocarburi alimentano, dal canto loro, l'industria chimica, mentre, in tutt'altro settore, la disponibilità di oltre 11 milioni di m3 di legname consente una discreta produzione all'industria cartaria. Per il resto, l'attività industriale non è molto sviluppata, eccetto che in alcuni particolari settori, come quello della costruzione di piattaforme petrolifere o di navi-appoggio, per le quali la N. ha un posto di primissimo piano nella produzione mondiale.
Come si è detto, il quadro economico norvegese ha risentito in maniera determinante della scoperta di petrolio (93 milioni di t nel 1991) e gas naturale (27.278 milioni di m3) nel settore norvegese del Mare del Nord, in gran parte esportati, con il raggiungimento del pareggio o − in certi anni − anche di un surplus della bilancia commerciale. Effetti negativi, però, non sono mancati: un certo abbandono di settori economici tradizionali (pesca, industria manifatturiera) a vantaggio delle attività indotte dall'estrazione del petrolio, un rilevante aumento dei prezzi con perdita di competitività internazionale, e un'espansione forse eccessiva della spesa pubblica sostenuta dalle esportazioni. Si valuta che, ai ritmi attuali di sfruttamento, le riserve di idrocarburi possano esaurirsi in 20-25 anni, per cui se ne controlla strettamente l'estrazione.
Negli ultimi anni si è verificato, infine, un forte incremento dell'interscambio commerciale, in specie con l'Europa comunitaria, nonostante la sostanziale contrazione della flotta mercantile, pur sempre fra le prime al mondo.
Bibl.: H. Myklebost, The evidence for urban turnaround in Norway, in Geoforum, 1984, pp. 167-76; J. C. Hansen, Regional disparities in present-day Norway, in Norsk Geografisk Tidsskrift, 1985, pp. 109-24; P. Sjøholt, New spatial trends in consumer services in Norway, ibid., 1990, pp. 5-19; J. Fagerberg, Å. Cappelen, L. Mjøset, Structural change and economic policy: the Norwegian model under pressure, ibid., 1992, pp. 95-107; Nordic Statistical Secretariat, Yearbook of Nordic statistics, Stoccolma, annuale.
Politica economica e finanziaria. - Dopo un lungo periodo caratterizzato da una crescita sostenuta del reddito e della domanda interna, da consistenti surplus correnti, da avanzi del settore pubblico dell'ordine del 5% del PIL l'anno e da elevati tassi di occupazione, verso la metà degli anni Ottanta l'economia norvegese ha mostrato segni di crisi.
Sospinta da politiche monetarie e fiscali espansive, la domanda interna è cresciuta di oltre l'8% nel 1986. Nello stesso periodo i consumi privati sono aumentati di più del 10% in termini reali, provocando un forte rialzo delle importazioni. Il surriscaldamento congiunturale, in presenza di un'elevata occupazione, ha provocato forti pressioni sui salari. Ciò si è riflesso sull'andamento del tasso d'inflazione, salito al 7,7%, livello più elevato di quello fatto registrare dai principali partners economici della Norvegia. Queste difficoltà sono state accentuate dalla brusca caduta del prezzo del petrolio che ha ridotto il reddito disponibile di circa il 10% nel 1986. Nel maggio di quell'anno, la corona è stata svalutata del 10,5% mentre sono state introdotte alcune misure di restrizione fiscale.
L'aggiustamento dell'economia norvegese seguito al calo del prezzo dei prodotti energetici ha condotto a un rallentamento della crescita nel 1987 e a una recessione nel 1988. La politica monetaria maggiormente restrittiva ha fortemente compresso la domanda interna, la cui crescita è risultata negativa a partire dal 1987 e fino al 1991; in particolare imposte e tassi d'interesse più elevati hanno ridotto i consumi privati e gli investimenti. Anche a causa dell'andamento sostenuto dei salari, il tasso d'inflazione è, tuttavia, rimasto su livelli più elevati di quelli dei principali partners economici della N., riducendo in parte i benefici derivanti dalla svalutazione della corona. Ciononostante, l'andamento delle esportazioni in termini reali è rimasto soddisfacente anche a causa della rapida crescita economica fatta registrare dai paesi industriali nel periodo 1987-89. Nel marzo 1988 il governo norvegese ha introdotto misure per limitare al 5% l'aumento annuo dei salari. Dato il basso livello raggiunto dal prezzo del petrolio l'avanzo pubblico ha, tuttavia, subito una contrazione. Nel periodo più recente il ritmo di crescita dell'economia norvegese è andato aumentando, raggiungendo il 3,3% nel 1992, il valore più elevato dal 1986. Il tasso d'inflazione è diminuito progressivamente, mentre si sono registrati cospicui avanzi di parte corrente. È invece peggiorata la situazione dei conti pubblici, soprattutto a causa delle misure volte a contenere l'aumento della disoccupazione, che resta tuttavia elevata e in crescita.
Storia. - Il governo presieduto da Odvor Nordli, che nella carica di primo ministro fu sostituito per motivi di salute (genn. 1981) da Gro Harlem Brundtland appartenente all'ala sinistra del Partito laburista, fu travagliato da problemi di politica estera, in particolare dalle questioni relative alla posizione della N. nella NATO. Infatti, pur non mettendo in discussione la permanenza nell'Alleanza Atlantica, la N. aveva posto nel corso degli anni limiti crescenti al tipo di presenza militare dell'Alleanza, non consentendo l'installazione di basi militari o di depositi di armi nucleari. L'estrema sinistra e parte del Partito laburista avevano assunto posizioni sempre più radicali, come quella favorevole alla creazione di una zona nordica denuclearizzata.
Le elezioni del settembre 1981 segnarono una sconfitta del Partito laburista, che perse dieci seggi, e una netta affermazione del Partito conservatore e del Partito del progresso. I conservatori, che avevano condotto una campagna elettorale a favore della riduzione dell'intervento statale e dell'imposizione fiscale, per una maggiore partecipazione privata alle ricerche e allo sfruttamento delle risorse energetiche del Mare del Nord, formarono un governo di minoranza nell'ottobre 1981, presieduto da K. Willoch. Il governo, di cui entrarono a far parte nel giugno 1983 il Partito di centro e il Partito cristiano, varò un programma di austerità, che riuscì a ridurre l'inflazione, e in politica estera assunse un atteggiamento di chiaro appoggio alla NATO anche a costo di contrasti interni e di tensioni, come accadde in occasione dell'installazione dei missili Pershing e Cruise in Europa, quando minacciò le dimissioni se il Parlamento non avesse votato a favore, e ottenne l'approvazione con un solo voto di scarto (novembre 1983). K. Willoch rimase in carica anche dopo le elezioni del settembre 1985, che diedero alla coalizione governativa una vittoria di stretta misura. Svoltesi in un clima di acceso confronto tra laburisti e conservatori soprattutto sulle questioni relative al social welfare, ma anche sul tradizionale tema dei rapporti con la NATO, le elezioni registrarono un'avanzata dei partiti socialisti, mentre la coalizione governativa ottenne solo un seggio più delle sinistre. Divennero così estremamente importanti nelle votazioni parlamentari le scelte di campo del Partito del progresso, che nella consultazione elettorale aveva perso due dei suoi quattro seggi.
Nell'aprile 1986 la più vasta ondata di scioperi dal 1931 coinvolse la maggioranza dei settori industriali con la richiesta di aumenti salariali e di una riduzione dell'orario di lavoro. Nel maggio 1986 il governo rassegnò le dimissioni dopo che la sua proposta di aumento delle tasse sui prodotti petroliferi era stata bocciata dal Parlamento (30 aprile). La proposta faceva parte di un pacchetto di misure di austerità volte a contrastare gli effetti sull'economia norvegese della drastica caduta del prezzo internazionale del petrolio grezzo, che aveva già costretto il governo a tagliarne la produzione. Poiché la Costituzione non permette lo scioglimento del Parlamento prima del termine, l'incarico per la formazione del nuovo governo fu affidato a G. H. Brundtland che diede vita a un gabinetto di minoranza laburista. Il governo svalutò la corona e varò una serie di misure per incrementare la competitività delle esportazioni, ridurre i consumi interni e stimolare le produzioni non petrolifere. Sul piano internazionale, venne raggiunto un accordo sui diritti di pesca e su quelli minerari con l'Islanda (1980-81), mentre i rapporti con l'Unione Sovietica furono caratterizzati da un crescente stato di tensione sia riguardo all'uso delle risorse petrolifere del Mare di Barents, sia in relazione all'incidente di Cernobyl, che provocò la contaminazione di una vasta zona a nord-est del paese. Un deciso miglioramento dei rapporti si registrò a partire dalla fine degli anni Ottanta e trovò concreta realizzazione in una serie di accordi di collaborazione. Problemi di salvaguardia dell'ambiente condizionarono negativamente i rapporti con il Regno Unito, accusato di non tenere sotto controllo le emissioni di anidride solforosa dalle centrali termoelettriche.
Le elezioni del settembre 1989 modificarono profondamente la composizione del Parlamento, alterando i tradizionali equilibri politici. Si registrò infatti un netto calo dei laburisti e dei conservatori, che persero rispettivamente otto e tredici seggi, e un successo dei socialisti di sinistra (passati da sei a diciassette seggi) e soprattutto dei progressisti, che conquistarono ventidue seggi, dopo aver condotto una campagna elettorale incentrata sulla necessità di ridurre l'intervento dello stato in tutti i settori. Il 16 ottobre 1989 si formò una coalizione di centro-destra guidata da J.P. Syse e composta dal Partito conservatore, dal Partito cristiano e dal Partito di centro. Forti contrasti interni contrassegnarono fin dall'inizio della sua attività la nuova compagine governativa e la condussero nel giro di un anno alla crisi e alle dimissioni (29 ottobre 1990). I contrasti vertevano essenzialmente su due questioni: quella dei rapporti con la Comunità economica europea, per la creazione di un'area economica comune tra CEE ed EFTA, e quella di un eventuale ingresso di imprese straniere in Norvegia. Soprattutto il Partito di centro, tradizionalmente contrario ad aperture verso la CEE, si opponeva a qualsiasi allentamento della politica protezionistica, in particolare nel settore agricolo. Il 3 novembre 1990 si costituì un gabinetto di minoranza presieduto ancora una volta dalla laburista Brundtland, che indicò tra i suoi impegni prioritari la riduzione della disoccupazione, giunta al tasso record dell'8%, e la salvaguardia ambientale. Il nuovo governo riprese i contatti con la CEE con cui avviò formali colloqui nell'aprile 1993. I rapporti con la CEE dominarono la campagna elettorale per le legislative del 13 settembre 1993, che segnarono la contemporanea affermazione dei laburisti dell'europeista Brundtland e del Partito di centro (passato dal 6,5% al 18,6%), dichiaratamente ostile all'integrazione europea. Nel turno elettorale registrarono una secca sconfitta i conservatori.
Nel frattempo, il 23 gennaio 1991 Harald v era salito al trono, succedendo al padre morto il 17 dello stesso mese. Nel maggio 1990 il Parlamento aveva votato un emendamento costituzionale, che apriva la successione al trono alla discendenza femminile per le nate dopo il 1990.
Bibl.: J. P. Olsen, Organized democracy: political institutions in a welfare state. The case of Norway, Oxford 1983; L. B. Sather, Norway, ivi 1986; A. Selbyg, Norway today. An introduction to modern Norwegian society, Oslo 1986; G. Hansen, Etterkrigstid: politiske erindringer fra 1945 til 1990, ivi 1990.
Letteratura. - La sovrabbondanza della produzione letteraria, favorita da generosi contributi statali, l'acceso clima politico e la mai sopita questione del bilinguismo rendono difficile seguire nei suoi sviluppi la più recente letteratura, in parte d'intrattenimento ed effimera, ma anche ricca di fermenti vitali.
Nel 1976 muore J. Bjørnebo (n. 1920), dopo aver portato a termine la poderosa trilogia Bestialitetens historie (1960-73, "Storia della bestialità"); nel 1979 scompaiono S. Evensmo (n. 1912), legato sino all'ultimo agli ideali della resistenza, e J. Borgen (n. 1902), il "grande Nestore della letteratura"; nel 1985 il poeta E. Orvil (n. 1898); nel 1987 T. Nedreaas (n. 1906), acuta indagatrice della condizione femminile; nel 1988 O. Eidem (n. 1913), romanziere e drammaturgo; nel 1989 I. R. Hagen (n. 1895), ancora amata dal suo pubblico, e H. Børli (n. 1918), il "cantore del bosco". Funzione di palestra letteraria e critica ha ancora la rivista Vinduet ("La finestra"), fondata nel 1947 e in seguito completamente rinnovata, mentre Profil, organo del modernismo norvegese negli anni Sessanta e successivamente portavoce del Partito marxista-leninista, è stato in parte sostituito da Bazar, più aperto a sperimentazioni formali.
Degli scrittori affermatisi negli anni Cinquanta sono ancora attivamente presenti T. Stigen (n. 1922), che col suo recente romanzo, Katedralen (1988, "La cattedrale"), ambientato nella Germania del dopoguerra, ha dato prova della propria capacità narrativa anche al di fuori della tradizionale cornice degli altri suoi romanzi, la N. del Nord; F. Carling (n. 1925), che prosegue la sua coraggiosa lotta contro l'handicap che lo ha immobilizzato fin dall'infanzia; e C. F. Engelstad (n. 1915) che, fedele alle proprie convinzioni religiose, ambienta nella Francia di Giovanna d'Arco il suo ultimo romanzo, De levendes land (1987, "La terra dei viventi").
Dei ''ragazzi'' di Profil che, ripudiato il modernismo come fenomeno borghese, si erano impegnati negli anni Settanta a scrivere unicamente "per il popolo e sul popolo" in uno stile vicino al realismo socialista, ricordiamo D. Solstad (n. 1941) ed E. Haavardsholm (n. 1945) che, pur restando fedeli al loro credo politico, hanno negli ultimi anni dimostrato minore intransigente sicurezza e maggiore attenzione ai valori formali.
Del primo ricordiamo Roman 1987 ("Romanzo 1987"), in parte autobiografico, che ha ottenuto l'ambito premio del Consiglio nordico; del secondo il metaromanzo Roger, gult (1986, "Roger, giallo"), quadro della gioventù norvegese degli anni Sessanta, attirata dal mito di A. Sandemose, e la fortunata biografia letteraria Mannen fra Jante. Et portraet af Axel Sandemose (1988, "L'uomo di Jante. Ritratto di Axel Sandemose"). Da Profil si è invece distaccato E. Økland (n. 1940), per dirigere insieme a K. Fløgstad (n. 1944) Bazar, allo scopo di contrapporre al realismo socialista un ''modernismo sociale'', altrettanto critico verso la società, ma aperto allo sperimentalismo e sorretto da una ''moderna'' consapevolezza linguistica.
Scrittori diversissimi tra loro, Økland e Fløgstand sono entrambi impegnati nella valorizzazione delle possibilità letterarie del norvegese. Mentre il primo, dopo aver tentato vie diverse sia nella prosa che nella lirica, si afferma come scrittore per l'infanzia, il secondo lancia con Dales Portland (1977) un tipo di romanzo politico sperimentale, mutuato in parte dalla narrativa dell'America latina, nuovo per la N., e affida poi sempre più la propria protesta alla fantasia, al gusto della mistificazione, della parodia e dell'invenzione linguistica in romanzi come Fyr og flamme (1979, "Fuoco e fiamme") e Det 7. klima (1986, "Il settimo clima").
Diversa la scelta di E. Fosnes Hansen (n. 1965) che, dopo aver mostrato capacità narrativa con il lungo racconto Falketårnet (1985, "La torre del falco"), s'immette nella tradizione letteraria europea, in cui si è formato, con il romanzo Salme ved reisens slutt (1990, "Salmo alla fine del viaggio"), ove la catastrofe del Titanic diventa, nel racconto delle vicende che hanno portato gli immaginari protagonisti al loro ultimo viaggio, metafora dell'Europa agli inizi del secolo, con le sue speranze, le sue certezze e le sue miserie.
Tra gli scrittori in neonorvegese di successo ricordiamo E. Hoem (n. 1949) che, dopo un breve periodo modernista, si è impegnato senza forzature ideologiche, e spesso con umorismo, nella difesa dei piccoli centri di contadini e di pescatori minacciati nella loro integrità e nella loro cultura dalla società del benessere portata in N. dal petrolio, nel romanzo collettivo Anna Lena (1971) e nel fresco Kiaerleikens ferjereiser (1974, "Viaggi d'amore in traghetto"). Più ambizioso e complesso il romanzo Ave Eva (1987), nel quale l'avvento dell'era del petrolio, considerato tragedia umana e nazionale, è correlato a continui riferimenti al miltoniano Paradiso perduto.
Le lotte femministe degli anni Settanta − tese oramai non più a rivendicare l'uguaglianza, ma a mettere in luce tutto il privato femminile e a contrapporre nuovi valori a quelli ''maschili'' − hanno dato impulso anche in N., dove pur è presente una lunga tradizione di scrittrici interessate alla posizione della donna nella società, a una ''nuova letteratura femminile''. Scrittrici già affermate come B. Vik (n. 1935) sembrano avvertire una diversa consapevolezza del proprio ruolo di donna, benché il moderato realismo della Vik e la sua rassegnazione di fondo nel presentare i tristi destini delle sue protagoniste siano ben lontani dall'aggressività e dall'estrema franchezza nei riguardi della vita sessuale di giovani scrittrici come T. Nielsen (n. 1954) e L. Køltzov (n. 1945); quest'ultima, dopo aver indicato nell'educazione tradizionale la causa di tanta passività femminile nel romanzo Hvem bestemmer over Bjørg og Unni? (1972, "Chi decide per Bjørg e Unni?") e aver dato una moderna versione dell'ibseniana Casa di Bambola in Løp, mann (1980, "Va via, uomo"), ha ottenuto successo di critica e di pubblico con Hvem har ditt ansikt? (1988, "Chi ha il tuo volto?").
Unica a non seguire la via del realismo psicologico è C. Løveid (n. 1951), radicale in politica e modernista nella scrittura, impegnata in una personale ricerca espressiva in testi senza soluzione di continuità tra prosa e poesia. La lingua, "unica testimonianza del nostro esistere", è al centro delle sue opere, nelle quali presenta la faticosa ricerca d'identità da parte di donne cui è negata, per ragioni diverse, la facoltà di esprimersi. Oltre al romanzo Sug (1979, "Affanno") ricordiamo il dramma Vinteren revner ("L'inverno frantuma"), rappresentato con successo nel 1981. Una ben diversa realtà, cruda e violenta, ambientata in una piccola isola dell'estremo Nord, descritta in modo diretto, tradizionale se vogliamo, ma con intensa capacità evocativa, appare nella trilogia di Tora di H. Wassmo (n. 1942): Huset med den blinde glassveranda (1981; trad. it., La veranda cieca, 1989); Det stumme rommet (1983, "La stanza muta"); Hudløs himmel (1986, "Cielo a nudo"), alla quale è stato subito decretato successo internazionale. Più complesso e ambizioso il successivo romanzo Dinas Bok (1989, "Il libro di Dina").
I temi cari alla letteratura femminile sono presenti, ma in chiave maschile, nel divertente e discusso romanzo Bryllupsreise (1982, "Viaggio di nozze") di K. Faldbakken (n. 1941). Lontano da ideologie politiche come da sperimentazioni formali, ma attento al mutare degli interessi del pubblico, Faldbakken aveva già ottenuto un certo successo negli anni Sessanta con l'intreccio di psicoanalisi e di erotismo dei suoi romanzi, mentre nel decennio successivo aveva provocato discussioni affrontando per primo temi ecologici nel romanzo in due volumi Uär (1974-76, "Anni grami"), in cui descrive con abili effetti lo sprofondare di una società tecnocratica nei propri rifiuti. La sua opera più recente, Glahn (1985), vuol essere una riscrittura critica del Pan di K. Hamsun.
Nella lirica, l'ondata di poesia, che si era imposta per oltre un decennio come affermazione di una nuova cultura di massa, si esaurisce dopo la requisitoria contro la ''sindrome'' poetica della nazione lanciata nel 1980 dal poeta J.E. Vold, già figura di spicco di Profil: Det norske syndromet.
Nel mutato clima trovano nuovo ascolto scrittori affermati, già aperti alle suggestioni delle avanguardie europee, che hanno approfondito la loro ricerca poetica traducendo haiku giapponesi, lirica cinese e poeti americani contemporanei, come R. Jacobsen (n. 1907) che, dopo l'esaltazione della giovinezza e l'angoscia della maturità raggiunge una delicata immediatezza di tono nelle liriche di Natäpent (1985, "Disgelo notturno"); O.H. Hauge (n. 1908), sempre impegnato a piegare il neonorvegese a ritmi norreni, classici ed esotici; P.-H. Haugen (n. 1945) che, attento ai problemi formali sin dai tempi di Profil, dà prova di raffinatezza espressiva in Meditasjoner over Georges De La Tour (1991, "Meditazioni su G.D.L.T."), ispirandosi al pittore francese che sente a lui congeniale. La voce più alta e autentica è quella di S. Mehren (n. 1935), impegnato anche in una vasta saggistica filosofico-letteraria di respiro europeo. Aperto sin dagli anni Sessanta alla lezione del modernismo, fa della sua "tecnica poetica uno sperimento conoscitivo", e vede nella poesia l'unico mezzo per mantenere il ricordo, cui dà valore assoluto. Estrema visionarietà, massima concentrazione di pensiero, ricchezza di immagini e chiarezza cristallina si alternano nelle più recenti raccolte, Corona. Formørkelsen og dens lys (1986, "Corona. L'eclissi e la sua luce") e Fortapt i verden. Syngende Dikt (1988, "Perso nel mondo. Canto poetico"). Il ricorso alla prima persona è parte integrante della sua poetica: "Non canto dell'io come metafora; ... canto della mia vita, che amo, perché mia", dichiara nell'ultima raccolta, Nattsol (1991, "Sole di notte").
Anche se in parte ancora tematicamente chiusa entro i confini nazionali, e più ancora regionali, benché ancora saldamente ancorata a canoni realistici, la narrativa degli ultimi anni sembra ansiosa di allargare i propri orizzonti verso mondi lontani o immaginari, e non mancano scrittori che, rinnegando la tradizione, tentano di creare anche in N., sulla scia di Fløgstad, nuove forme di romanzo. T. Å. Bringsvaerd (n. 1939), già noto per opere di fantascienza e romanzi per la gioventù, si affida all'immaginazione suggestiva di terre lontane e di lontani avvenimenti (la Mongolia di Gengis Kahn, la crociata dei fanciulli del 13° secolo) per tentare il grande romanzo storico d'avventura con la trilogia di Gobi, che ha trovato larga accoglienza tra il pubblico, affascinato dall'abbondanza di notizie, avvenimenti favolosi e crudeltà. La N. è invece al centro, ma come isola tropicale popolata da individui di carnagione nera, nel labirintico metaromanzo Det store eventyret (1987, "La grande fiaba") di J. Kjoerstad (n. 1953), anche troppo consapevole delle più moderne teorie narratologiche.
Bibl.: H. ed E. Beyer, Norsk litteratur historie, Oslo 1978; W. Dahl, Norges litteratur, Tid og Tekst, iii, Med en sluttkapitel om tekstene i 70-og 80 ärene, ivi 1989; Ø. Rotten, Fantasiens Tiär, Et utvalg litteraturkritik 1980-89, ivi 1990; Norsk kvinnelitteraturhistorie, iii, ivi 1990.
Arte. - Accanto allo stretto rapporto con la natura e al forte tratto narrativo, da sempre caratteristici dell'arte della N., il panorama artistico degli anni Ottanta mostra anche il permanere della tendenza espressionistica, tipica dell'arte del 20° secolo a partire da E. Munch. Ma mentre i decenni precedenti erano connotati da un consapevole isolazionismo, fondato sul timore degli effetti di mercificazione e svilimento connessi con il mercato artistico, gli anni Ottanta hanno visto accrescersi la conoscenza e l'interesse per i rapporti internazionali.
Molti artisti nati negli anni Cinquanta e messisi in luce negli anni Ottanta si sono formati all'estero e quindi in contatto con i più recenti sviluppi dell'arte europea. Essi hanno apportato nelle accademie di Oslo, Bergen e Trondheim, dove sovente hanno avuto incarichi d'insegnamento, un approccio postmoderno.
Dipinti che inizialmente sembrerebbero inserirsi in una tradizione di paesaggio lirico astratto, rivelano spesso tracce, per es., della transavanguardia, come le opere di H. Korvald (n. 1951), T. Lid (n. 1952), S. B. Tufta (n. 1956), O. Ch. Jenssen (n. 1954) e A. K. Dolven (n. 1953). Atteggiamenti neo-espressionistici, associati all'uso di segni e miti, si possono cogliere soprattutto nelle opere di A. Pettersen (n. 1943) e A. Erichsen (n. 1958).
Gli artisti più giovani si mostrano anche vivamente interessati a forme di espressione alternative, per es. le installazioni multimediali. Ma anche nelle loro opere la presenza della natura è assai sentita.
Nelle installazioni di P. I. Bjørlo (n. 1952), S. Tolaas (n. 1959) e I. Karlsen (n. 1952), i temi della vita, della morte e dei cicli della natura sono affrontati con intenso impegno. Lo scultore B. Breivik (n. 1948) si è rivelato maestro nel trattare il granito nero, giocando sulle differenze di struttura fra superfici scabre e superfici levigate. Nella sua costante esplorazione del significato artistico Breivik ha lavorato anche con serie di forme specifiche che potrebbero essere sia astratte sia reminiscenti di arnesi o di simboli mitici: realizzate con tecniche e materiali diversi, si richiamano a volte all'alta tecnologia, altre volte al lavoro artigianale. Breivik ha quindi annullato l'''unicità'' dell'opera d'arte, alludendo anche alla moderna produzione di massa e all'antica tradizione artigiana medievale; nel suo insistere sull'importanza dell'arte nella società, Breivik si riallaccia a quella qualità morale che ha costantemente caratterizzato la tradizione artistica norvegese.
Intenzioni simili si colgono nei video di M. Heske (n. 1946) che, richiamandosi alla storia artistica della N., ricerca motivi naturali dipinti dai pittori norvegesi del 19° secolo per tradurli nella lingua immateriale del video; la sua opera più notevole è il progetto Voyage pictoresque, iniziato nel 1983. In K. Bjørgeengen (n. 1950) il tempo e la memoria sono elaborati combinando materiali solidi e video, e integrando il suono con la pittura.
Il surrealismo, che non aveva mai avuto rilevanza nell'arte norvegese, negli anni Settanta si è imposto per influenza di K. Rose (n. 1936), e ha assunto poi un carattere di ansietà e allucinazione tipico degli anni Ottanta nelle opere a guisa di fumetto di B. Carlsen (n. 1933). P. Kleiva (n. 1933), uno dei protagonisti del movimento artistico con forti connotazioni politiche negli anni Sessanta e Settanta, aveva fatto uso di colori intensi e di elementi della pop art per comunicare il proprio messaggio; negli anni Ottanta si è volto a modelli che potrebbero essere astratti o basati su pittogrammi stampinati in una maniera tale da evocare la forte tradizione decorativa norvegese.
Ai margini della vita artistica norvegese, ma seguito costantemente dall'attenzione del pubblico, O. Nerdrum (n. 1944) si è assunto il compito di rinnovare con grandiosità la tradizione accademica romantica. Con uno stile caravaggesco o rembrandtiano egli affronta le tematiche contemporanee dell'alienazione della moderna vita cittadina e dell'ingiustizia sociale. Le sue opere degli anni Settanta erano molto esplicite nel loro messaggio, mentre la produzione più recente è divenuta più simbolica e assai meno accessibile.
Il modernismo tradizionale, nelle forme dell'espressionismo astratto lirico da una parte, e del costruttivismo dall'altra, non è stato accolto pienamente in N. fino agli anni Sessanta, e ancora negli anni Ottanta diversi artisti della generazione precedente erano impegnati a sperimentare questi linguaggi formali.
Tra i più significativi esponenti di queste correnti sono i pittori J. Weidemann (n. 1923), I. Sitter (n. 1929), J. Johannesen (n. 1934), G. S. Gundersen (1921-1983), e lo scultore A. Haukeland (n. 1920). J. Groth (n. 1938) ha elaborato un'estetica coerente ispirata, fra l'altro, alla calligrafia: lavora esclusivamente con il bianco e il nero, tracciando una linea nera su carta bianca o solcando un arazzo nero con una linea bianca. Dalla fine degli anni Ottanta Groth ha iniziato a cimentarsi con la scultura, e le sue linee minimaliste hanno invaso lo spazio sotto forma di bastoni di bronzo.
Oltre queste esperienze, l'approccio figurativo, la narrazione e lo stretto rapporto con la natura rimangono sempre le caratteristiche prevalenti dell'arte norvegese degli anni Ottanta. Vedi tav. f.t.
Bibl.: Norges kunsthistorie, vii, Inn i en ny tid, Oslo 1983; P. Hovdenakk, Norway, in Northern Poles, Copenaghen 1986, pp. 121-71; Terskel/Threshold, periodico pubblicato dal Museet for samtidskunst/The National Museum of Contemporary Art, Oslo 1990-.
Architettura. - In pieno e particolare fermento è la situazione norvegese, tesa a recuperare i ritardi connessi al tradizionale isolamento. Come negli altri paesi scandinavi, l'architettura si è concentrata per lo più sulla propria specificità: attenzione al contesto paesistico sino quasi all'osmosi, tendenze espressioniste ma sul versante di R. Steiner, gusto per la narrazione fabulistica di antiche radici contadine, impiego preferenziale del legno, cultura della casa (intesa come riparo, quale in fondo il clima sub-artico impone) più che della città e, infine, neo-regionalismo conciliato, a torto e a ragione, con le mille diramazioni del moderno, mai scevro però da un monolitico substrato classico.
Non mancano comunque esempi originali, di autentica attualità pur nella faticosa elaborazione di un lessico nazionale ancora in corso di formazione, come il centro culturale di Troms (1984), di J. Kristoffersen, il centro nordico delle isole Faer Øer (1983), di O. Steen, e lo splendido museo a Flora (1985), in cui l'uso sapiente di elementi locali dà vita alla travolgente rifondazione semantica dei materiali ''poveri'', minimalisti.
Il vivace panorama norvegese è tuttavia dominato da due protagonisti ''storici'': S. Fehn e N. H. Eggen, che con sensibilità e ispirazione seguitano a operare nella scia dei codici contemporanei, maturandoli. A vent'anni di distanza dalla prima casa, Fehn vi ha aggiunto, nel 1985, la Sejersted Bødtker House ii, realizzando le consuete, delicate connessioni paesaggistiche. Attore da oltre venticinque anni sulla scena edilizia del paese, Eggen è incomprensibilmente sconosciuto all'estero. Personaggio schivo, pragmatico, capace ma ''silenzioso'', l'architetto, con i suoi sessanta e più fabbricati, ha concretamente partecipato alla trasformazione di un suolo in gran parte rurale. Oltre ai trenta edifici scolastici, Eggen ha progettato il centro culturale di Trondheim, una serie di abitazioni a Kautokeino e l'organico parcheggio, sempre a Trondheim.
A K. Lund e N. Slaatto, ex partners di Fehn, si deve invece, dopo la chiesa di Bergen del 1982, la nuova sede della banca di Norvegia (1987): mirando "alla contestualità entro il tessuto preesistente" attraverso "continuità e integrazione", gli architetti sembrano, però, fallire l'obiettivo. Il cubo, massicciamente perimetrato, resta inerte, mentre le facciate si caricano di un ambiguo ordine classico. Si è detto, infatti, come il classicismo sia presente in N. in modi sotterranei ma ben radicati; con l'apporto di E. Norberg-Schulz esso si trasforma addirittura in neopalladianesimo. Non mancano varianti postmoderniste quali il vistoso hotel Sheraton (1985, Platou Arkitekter), che, non pago dell'esuberanza degli esterni, cela all'interno una sorta di piazza molto decorata. Migliore risultato lo forniscono Jan & Jon (J. G. Digerud e J. Lundberg): anche se si sono allontanati dalle nitide geometrie degli esordi, mantengono in ogni caso una freschezza di linguaggio, quale si evidenzia nella ristrutturazione del centro cattolico di Oslo, del 1982.
L'altro aspetto del neoclassicismo di maniera è rappresentato dalla materia fantasiosa che si riallaccia all'espressionismo teosofico di R. Steiner, al quale è dedicato il piccolo kindergarten di Bergen (1981-83), del gruppo Hus. La pianta libera, le linee sinuose, quasi sfioranti l'art nouveau, evocano stimolanti irrealtà grazie al gaio approccio degli spazi alla morfologia del sito. ''Nuova Figuratività'' è l'etichetta che raccoglie i disparati esiti della cultura scandinava, sovente confusa con i velleitarismi tardo-moderni. Il pinnacolo, il legno dogato, la copertura plumbea caratterizzano così la stazione ferroviaria progettata da A. Henriksen (1982) a Homlia (Oslo), il cui dislivello viene risolto da un padiglione tipicamente nordico collegato a una struttura gradonata. Schiettamente moderno, il centro convegni Soria Moria a Oslo, di A. Telje, F. A. S. Torp e K. Aasen (1983), conferma appieno le qualità dei suoi autori, già manifestatesi egregiamente nel quartier generale di polizia di Oslo del 1978, dove una movimentata piastra a nastro ingloba nella serpentina gli ambiti collettivi. Lo stesso tipo di organicismo aaltiano ispira sobriamente il Centro di medicina di Oslo, immerso in un paesaggio suggestivo.
Gli indirizzi indicati sono confermati dalla produzione più recente. Fehn resta il riferimento principale del panorama norvegese, che tuttavia registra, nel triennio 1990-93, una timida apertura verso l'''internazionalità'' del gusto per le tecnologie ''leggere'' e per la ''tendenza all'obliquo'' del decostruttivismo. Si è per contro rafforzato e sviluppato teoricamente il ''regionalismo critico'', inteso non più come condizione statica di declinazioni locali, ma come ragionato fattore la cui vitalità è soggetta a continue revisioni e aggiornamenti: un ''anti-centrismo'' le cui parole-chiave sono assimilazione dei mutamenti esterni e reinterpretazione secondo la propria identità figurativa. Un sorprendente aumento di adesioni al movimento steineriano caratterizza infine quello che ormai si può definire come il terzo polo della cultura filosofico-architettonica di N.: le plastiche stesure ispirate alle teorie di Steiner fanno senz'altro proprie le istanze generali della tendenza, ma riproponendole in un contesto specifico dove, per es., la gioiosa espressività di cromatismi e stereometrie nulla ha più a che vedere con le contemporanee elaborazioni teutoniche. Vedi tav. f.t.
Bibl.: C. Norberg-Schulz, Immagini di Norvegia, in Domus, 658 (febbraio 1985), p. 2 ss.; AA. VV., Norges Bank, in Byggekunst, 5/6 (1987), pp. 287-318; Id., Klassisismen, ibid., 3 (1988); Norwegian architecture 1975-85, Catalogo a cura del Museo norvegese di architettura e della rivista Byggekunst, 1988; K. Frampton, Storia dell'architettura moderna, Bologna 19933.
Musica. - Fra gli anni Venti e l'immediato secondo dopoguerra la musica norvegese si caratterizzò per una generale ripresa e rielaborazione di forme attinte alla tradizione popolare, soprattutto attraverso l'opera di compositori appartenenti alla vecchia generazione, come H. Saeverud (n. 1897), D. M. Johansen (1888-1974), L. I. Jensen (1894-1969), B. Brustad (1895-1978), K. Egge (1906-1979), E. Groven (n. 1901), O. Kielland (n. 1901), S. Olsen (n. 1903) e G. Tveitt (n. 1908).
In particolare, Saeverud è una delle figure maggiormente rappresentative della musica norvegese del Novecento, autore fra gli anni Trenta e Quaranta di Canto ostinato per orchestra (1934) e di 4 Suites per pianoforte (composte le prime tre nel 1942-44 e la quarta nel 1967), nelle quali riprende la forma delle tipiche danze popolari della sua nazione. All'antica poesia nordica si richiama Olsen, in una serie di liriche composte tra la fine degli anni Venti e i primi anni Quaranta; del 1931 sono le Variazioni su una musica popolare norvegese, per orchestra da camera. A Egge si devono alcune delle opere più significative della musica norvegese apparse nella seconda metà del secolo, come il Concerto per violino e orchestra (1953) e la Terza sinfonia (1957). Rispetto alla tendenza neo-folkloristica e a quella impressionistica di derivazione francese, cui appartengono A. Hurum (1882-1972) e H. Lie (1902-1942), la figura per lo più isolata e assai originale è stata quella di F. Valen (1887-1952), la cui opera si caratterizzò fin dalle prime composizioni per l'uso di uno stile atonale (così nel Trio con pianoforte, 1924) e la ripresa della tecnica dodecafonica, da lui introdotta in N. per la prima volta.
Nel secondo dopoguerra fu l'affermarsi di una nuova generazione di compositori, formatasi per lo più intorno agli anni Quaranta, a rendere possibile un rinnovamento quale andava verificandosi nel resto d'Europa: ad essa appartengono fra gli altri F. Mortensen (1922-1983), G. Sonstevold (n. 1912), K. Nystedt (n. 1915) ed E. Hovland (n. 1924).
Mortensen s'impose soprattutto nel corso degli anni Sessanta, con opere come Evolution per orchestra (1961), Concerto per pianoforte e orchestra (1963), Musica dodecafonica per dilettanti di fiati (1964), e ancora nei primi anni Settanta con la serie di composizioni per orchestra Nuovo serialismo I-III (1971-1973). Sonstevold fu tra i primi in N. a sperimentare il mezzo elettronico (fra il 1962 e il 1966 collaborò fra l'altro allo Studio di musica elettronica di Vienna): è autore di musiche ''concrete'' per la Tempesta di Shakespeare. Nystedt, allievo di A. Copland, è autore di composizioni sacre fra cui le messe Spes mundi (1970), Festa di ringraziamento per il raccolto (1972), Un 'Te deum' norvegese per coro (1977). Hovland, allievo di V. Holmboe, Copland e Dallapiccola, compose fra gli anni Cinquanta e Sessanta Seconda Sinfonia (1956), Musica per dieci strumenti (1957), Varianti per due pianoforti (1964). Accanto a questi autori si ricordano ancora B. Fongaard (1919-1980) e E. F. Braein (n. 1925).
Un particolare contributo alla nuova musica in N. è quello dato, a partire dalla fine degli anni Cinquanta, da A. Nordheim (n. 1931), uno dei compositori scandinavi più significativi del 20° secolo. Particolarmente impegnato nel campo della musica elettronica, ha composto fra l'altro Aftonland per soprano e archi, su testi di P. Lagerquist (1957), Canzona per orchestra (1960), lavoro per il quale ha ricevuto il premio del Festival di Bergen (una delle manifestazioni musicali norvegesi più importanti a livello europeo, inaugurata nel 1953), del balletto Katharsis per orchestra e nastro magnetico (1962); e ancora di Eco per soprano, cori di bambini e adulti e orchestra su testi di S. Quasimodo (1967), e di Osaka-music, per nastro magnetico (1970).
I maggiori rappresentanti della giovane avanguardia norvegese, formatisi fra gli anni Sessanta e Settanta, trovano largo spazio nelle manifestazioni nazionali, in particolare nelle più recenti edizioni del Festival di Musica contemporanea, che si tiene a Oslo. Da ricordare in particolare, oltre a K. Kolberg (n. 1936) e F. Stromholm (n. 1941), i più giovani A. Hedstrom (n. 1950) e C. Ore (n. 1954).
Bibl.: B. Wallner, Scandinavian music after the second world war, in The Musical Quarterly, 1965, pp. 125-28; K. Lange, Norvegian music: a survey, Oslo 1971; B. Korsten, Norwegian music and musicians, Bergen 1975; N. Grinde, Contemporary Norvegian music 1920-1980, Oslo 1981; H. Herresthal, Norwegische Musik von den Anfängen bis zur Gegenwart, Copenaghen-Francoforte sul Meno 1987.
Cinema. - La N. ha a lungo stentato a trovare un'affermazione in campo cinematografico. Fin dagli anni del muto il cinema norvegese appare decisamente meno evoluto rispetto alle cinematografie di altre nazioni. Gli anni Venti sono caratterizzati dalla produzione di melodrammi e commedie popolari, che ritroviamo anche nei decenni successivi. Un cambio di tendenza si riscontra con la fine della seconda guerra mondiale, con una mutata attenzione verso la dimensione sociale dei problemi, in particolare le opere di T. Sandø (Englands farere, 1946, "Viaggio verso l'Inghilterra"), A. Skouen (Gategutter, 1949, "Ragazzi di strada"; Ni liv, 1957, "Nove vite"; Om Tilla, 1963, "A proposito di Tilla"), E. Lochen (Jakten, 1960, "La caccia"), e R. Clemens (Klimaks, 1965, "Clima"). Un netto cambiamento si ha agli inizi degli anni Settanta, quando lo stato si fa produttore della maggior parte delle pellicole, anticipando circa il 90% dei costi a interessi bassissimi. Questa politica e la collaborazione fra la Norsk Film, l'Istituto del film norvegese e un'apposita Fondazione hanno permesso di far attestare la produzione annua sugli otto-dodici film, oltre ad aver favorito il debutto di registi dalle sicure qualità. È grazie ai contributi statali infatti che A. Breien realizza tra l'altro Hustruer (1975, "Mogli"), Arven (1979, "L'eredità") e Forfølgelsen (1981, "Caccia alle streghe"), che L. Glomm gira Zeppelin (1981, "Zeppelin la casa sull'albero"), Svarte fugler (1983, "Uccelli neri"), e che altri registi come S. Udnaes, E. Solbakken, L. Mikkelsen possono girare le loro opere. Tra gli autori più recenti si segnalano O. Einarson (che con X ha vinto un premio speciale a Venezia nel 1986), N. Gaup (Veiviseren, L'arciere di pietra, 1987), V. Løkkeberg (Hud, 1987, "Pelle"), M. Asphang (En handful tid, 1989, "Una manciata di tempo"), U. Straume (Til en ukient, 1991, "A uno sconosciuto"), B. Nesheim (Frida, 1991), L. Risan (Den lange veien hiem, 1992, "La lunga strada verso casa"). Portavoce della nuova generazione, sensibile soprattutto ai valori formali, sono E. Gustavson (Telegrafisten, 1993, "Il telegrafista"), E. Starg Lund (Flagger-musvinger, Ali di pipistrello, 1993), E. Jensen (Stella Polaris, 1993). Nel 1993 ha esordito nella regia anche Th. R. Tognazzi, figlio dell'attore italiano. Molto sviluppata la produzione di film per ragazzi. Su circa 400 sale, la metà è proprietà pubblica.