notare [note, in rima, indic. pres. n singol.; come partic. pass., anche l'aggettivo verbale noto]
Pur nelle sue non numerosissime occorrenze, praticamente esclusive del Convivio e della Commedia, il verbo presenta una notevole varietà di significati. Prevale il costrutto transitivo; non raro, però, quello assoluto.
In alcuni luoghi del Convivio vale " vedere ", " constatare ", ma con riferimento a un concetto astratto: Puotesi... la pronta liberalitade in tre cose notare... La prima è dare a molti; la seconda..., ecc. (Cv I VIII 2; cfr. anche i § 16 e 17); l'imperfezione delle ricchezze si può notare ne la indiscrezione del loro avvenimento (IV XI 6; analogamente II XV 6, III XIV 7).
L'allusione ad animali e piante e minere in cui bassezza e altezza non si noti (IV XIV 10) mette in rilievo il carattere ‛ visivo ' del verbo, che in qualche caso vale appunto " vedere ", " osservare ": La spera ottava vi dimostra molti / lumi, li quali... / notar si posson di diversi volti (Pd II 66), " si può vedere con l'occhio nostro com'abbiano aspetti diversi " (Scartazzini-Vandelli); Di quella [luce, in cui sono racchiusi i beati] ch'io notai di più carezza / vid' io uscire un foco, XXIV 19.
Si veda anche in Pg XXIX 123, nel senso più specifico di " distinguere ": Tre donne... / venian danzando; l'una tanto rossa / ch'a pena fora dentro al foco nota.
Ma quando si tratti di un oggetto che susciti particolare interesse, il verbo acquista un significato più intenso: accanto al " vedere " c'è il " considerare con attenzione ", " prender nota " di qualcosa che colpisce o che va ricordata: Mostrarsi... / vocali e consonanti; e io notai / le parti sì, come mi parver dette, Pd XVIII 89; la buona sembianza / ch'io veggio e noto in tutti li ardor vostri, XXII 54.
Si noti l'accostamento dei due verbi, che ritorna in un altro passo, ma con diverso valore: Pg XXIV 11 dimmi s'io veggio da notar persona (per cui il Mattalia opportunamente richiama Pd XVII 136 ss. ti son mostrate... / pur l'anime che son di fama note). Cfr. ancora XXXII 116, Pg XIX 90 trassimi sovra quella creatura / le cui parole pria notar mi fenno, dove il verbo " sembra usato assolutamente, a meno che l'aggettivo non debba intendersi espresso arditamente nel pronome relativo cui (quella creatura, che le parole da essa dette... mi fecero... individuare) ", Chimenz; e Detto 420, con la solita rima equivoca: n'oda la nota [del canto] / quella che 'l tu' cor nota.
Si può accostare a questi anche il passo di If XXII 38 I' sapea già di tutti quanti [i diavoli della quinta bolgia] 'l nome, / sì li notai quando fuorono eletti, / e poi ch'e' si chiamano, attesi come: il pronome li è generalmente riferito ai demoni, che D. " guardò bene in faccia " quando furono " scelti " da Malacoda (così il Lana, Vellutello, Cesari, Andreoli, e poi Torraca, Grabher, ecc.); ma l'Ottimo spiega: " elli notò sì li nomi di questi demoni, che sempre gli staranno a mente ", e il Chimenz (dopo il Porena) riprende questa interpretazione, ritenendo " più probabile che Dante abbia... distinto e sottolineato i due elementi e momenti sui quali si fondava la sua... conoscenza dei diavoli: dapprima, i nomi, pronunziati prima che comparissero le singole figure (quando furono eletti); poi, le singole figure venute fuori, ad una ad una, dopo che ciascun diavolo era chiamato " (per questo studioso si chiamaro vale " furono chiamati ", non " si chiamavano, parlando fra loro ", come taluno intende). La prima interpretazione è suffragata sia dal più vasto consenso dei commentatori, sia da ragioni stilistiche, in quanto mal si può riferire a nome, singolare, il pronome plurale che invece sembra ovvio identificare con il soggetto di furono eletti. Converrà dunque intendere che D. osserva bene i demoni quando ne sente pronunziare il nome, e sta bene attento a collegare i singoli nomi ai personaggi, quando quelli si fanno avanti (le due azioni sono praticamente contemporanee, non l'una posteriore all'altra, come il nesso ‛ e poi che ' potrebbe indurre a credere).
Il valore di " fissare nella mente ", a prescindere da ogni percezione visiva, che n. assume dunque nel passo ora considerato, non è estraneo al verbo, se si pensa al Bene ascolta, chi la nota (If XV 99); per il Pagliaro (Ulisse 179-184), invece, è qui da leggersi chi l'ha nota, ma si veda in Petrocchi, ad l., la difesa del verbo con valore durativo, con la neutro. Si ha costrutto assoluto nell'esortazione con cui Beatrice conclude la sua narrazion buia: Tu nota [" scrivi nella memoria ", Porena]; e... queste parole segna a' vivi (Pg XXXIII 52); fino al celeberrimo quando / Amor mi spira, noto, e a quel modo / ch'e' ditta dentro vo significando (XXIV 53), dove all'immagine del " fissar nella mente " i più intimi sentimenti d'amore (" Noto, scilicet in mente ", Benvenuto) può agevolmente sostituirsi quella, più aderente al contesto metaforico, del poeta che " scrive ", " annota per iscritto " quanto gli viene dettando Amore, il dittator, come lo chiama Bonagiunta (v. 59). E si veda ancora Pd XIX 135, in un'immagine in cui il valore del verbo - più esattamente " registrare " - è ribadito dall'accostamento a scrittura: a dare ad intender quanto [Federico II di Sicilia] è poco, / la sua scrittura flan lettere mozze, / che noteranno molto in parvo loco.
Con più preciso riferimento a un'attività speculativa, quindi " considerare ", " esaminare ": Cv IV XXVII 19 quante cose sono da notare in questa risposta!; Pd XIII 103; If XI 101 se tu ben la tua Fisica note, / tu troverai... / che...: qui il verbo riprende il nota del v. 98 (Filosofia... / nota... / come natura lo suo corso prende / dal divino 'ntelletto), che vale però " dare indicazioni ".
È, invece, una vera e propria ‛ prescrizione ' ciò che Dio... nota alla gente che dovrebbe esser devota, / e lasciar seder Cesare in la sella (Pg VI 93), con precisa allusione al comandamento evangelico: " Reddite... quae sunt Caesaris Caesari et quae sunt Dei Deo " (Matt. 22, 21).
È in relazione a nota come " segno ", nell'accezione tecnica musicale, in Pg XXX 92, ancora con costrutto assoluto: 'l cantar di quei che notan sempre / dietro a le note de li etterni giri, " cioè cantano: notare è nel canto seguitare le note; cioè li segni del canto, che si fanno nel libro del canto " (Buti). Il Cesari, con altri, mette in rilievo la " consonanza delle note... delle sfere celesti ".
Cfr. ancora (nella forma impersonale) Pd XXXII 67 ciò espresso e chiaro vi si nota / ne la Scrittura santa, " vi si dimostra ", " quasi dicat... expresse et clare apparet " (Benvenuto). In Fiore CXV 8 quest'altri che tu or mi note, significa mi " elenchi " (Petronio).
Con proposizione, sempre in riferimento a concetti astratti, vale " osservare ": Cv II X 3 qui è da notare che, sì come dice Boezio...; IV VII 3 e XXX 4; III XI 5 Per che vedere si può che... per che notare si puote che...
Esclusivo del Convivio è anche l'uso attributivo del participio passato (spesso preceduto da sopra), nel senso di " citato ", " detto ": ciò che riprendere si potesse per la notata ragione, I V 3; III IX 16; li ciechi sopra notati, I XI 5; dice lo sopra notato poeta, IV XXV 8; e così ancora I IV 1, IX 1, IV XVIII 3 e XXII 11. Infine, in un passo di dubbia lettura (cfr. Busnelli-Vandelli, ad l.): con ciò sia cosa, com'ho no[t]ato, che... (IV XIV 7), " come ho detto ": com'è no[t]ato nella '21, con ciò sia con[natu]rata la cosa, nell'ediz. Simonelli.