Notifica a mezzo fax al difensore dell’imputato
Le Sezioni Unite hanno di recente affrontato il problema se, ai fini delle notifiche, sia o meno possibile fare ricorso al telefax o ad altri messi idonei ex art. 148, co. 2-bis, c.p.p. nei casi in cui un atto di cui sia destinatario l’imputato o altra parte privata possa o debba essere, per qualsiasi ragione, consegnato al difensore. La disamina della soluzione accolta dalla Corte e delle ragioni a essa sottostanti offre lo spunto per verificare se il sistema disponga delle risorse necessarie per assicurare un costante adeguamento della macchina processuale ai continui progressi della scienza e della tecnica, specie sul terreno della trasmissioni degli atti e delle comunicazioni.
La costruzione di un processo penale più rapido ed efficiente passa necessariamente attraverso la semplificazione e l’ammodernamento del sistema delle notificazioni degli atti processuali. È, dunque, muovendo in questa direzione che il legislatore ha introdotto il co. 2-bis, art. 148 c.p.p. regolante l’utilizzo di mezzi tecnici idonei per le notificazioni o gli avvisi ai difensori. La disposizione si presta, tra l’altro, ad un incremento esponenziale nell’uso del telefax quale mezzo senza dubbio idoneo ad assicurare, tra l’altro, un sostanziale abbattimento dei costi per la giustizia sia in termini economici che di investimento umano. Se, però, la ratio della norma non solleva particolari problemi interpretativi, lo stesso non è a dirsi circa il suo ambito applicativo per la cui decodificazione si è, infatti, reso necessario l’intervento delle Sezioni Unite1.
Che la notifica al difensore a mezzo telefax sia pienamente legittima laddove attenga ad una comunicazione allo stesso spettante, non vi sono dubbi di sorta. I problemi sorgono, invece, quando si tratti di notifiche destinate all’imputato ma effettuate, per qualsiasi ragione, al difensore. Interpellata sul tema, la Cassazione ha assunto posizioni altalenanti a seconda dello specifico caso volta a volta analizzato. Laddove, infatti, si è trattato di decidere circa il mezzo da impiegare per le notifiche al difensore quale domiciliatario ex lege dell’imputato (art. 161, co. 4, c.p.p.), la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto legittimo l’uso del fax2 escludendolo, invece, nei casi di notifica fatta al difensore per espressa volontà dell’imputato.3
Invero, sebbene i due orientamenti si siano sviluppati in relazione a casistiche non omogenee, alto è il rischio di un contrasto per l’assenza di valide ragioni atte a giustificare un diverso operare dell’art. 148, co. 2-bis, c.p.p. a seconda delle cause legittimanti il difensore a ricevere le notifiche per conto dell’imputato. Rimessa la questione alle Sezioni Unite, queste hanno avallato la tesi che riconosce alla disposizione de qua la massima espansione operativa.
Contrariamente a quanto affermato, l’art. 148, co. 2-bis, c.p.p. non rappresenterebbe una disposizione superflua, svolgendo un ruolo cruciale per veicolare nel sistema l’utilizzo di mezzi tecnici di trasmissione degli atti sempre più evoluti. E se a tale esigenza è già dedicato, per le notifiche da effettuarsi a persona diversa dall’imputato, l’art. 150 c.p.p. il legislatore, con l’innesto, nel 2001, dell’art. 148, co. 2-bis, c.p.p., ha conferito alla materia de qua un tasso di permeabilità ai progressi tecnologici ancora maggiore in ragione dei parametri molto meno stringenti ivi richiesti per la trasmissione al difensore degli atti con mezzi diversi da quelli ordinari.
In effetti, ove accertato, il rapporto di specialità che, secondo l’opposto orientamento, lega l’art. 148, co. 2-bis, c.p.p. con l’art. 150 c.p.p. potrebbe giustificare la limitazione all’utilizzo di mezzi tecnici idonei per le sole notifiche destinate stricto sensu al difensore stante il minor campo d’azione che ontologicamente caratterizza la norma speciale rispetto a quella generale.
Ad avviso delle Sezioni Unite, le due disposizioni non sarebbero, però, in posizione di specie a genere essendo al contrario entrambe dirette a derogare al regime generale di cui all’art. 148 c.p.p.4 e, pertanto, perfettamente autonome l’una dall’altra.
Nel senso di un’esegesi estensiva della disposizione militerebbe però anche il disposto di cui all’art. 157, co. 8-bis, c.p.p. secondo cui le notificazioni all’imputato non detenuto, successive alle prime, sono eseguite mediante consegna ai difensori da effettuarsi anche secondo le modalità indicate nell’art. 148, co. 2- bis, c.p.p.: disposizione questa che, lungi dal testimoniare l’esistenza di una regola generale di segno opposto rispetto a quanto ivi stabilito, confermerebbe proprio la funzione dell’art. 148, co. 2-bis, c.p.p. quale disposizione generale in materia di notifiche di cui sia destinatario (almeno) materiale il difensore.
A ben vedere, l’indirizzo respinto dalle Sezioni Unite è animato da una spiccata ratio di garanzia quale quella di evitare che i difetti organizzativi e di diligenza del difensore possano pregiudicare il diritto essenziale dell’imputato a prendere contezza della convocazione per il giudizio. Che però il sistema sia effettivamente improntato a tale logica sarebbe escluso da quanto affermato dalla Consulta secondo cui il legislatore, richiamando nell’art. 157, co. 8-bis, c.p.p. le forme di cui all’art. 148, co. 2-bis, c.p.p., avrebbe voluto soddisfare l’esigenza di bilanciare il diritto di difesa degli imputati e la speditezza del processo, semplificando le modalità delle notifiche e contrastando eventuali comportamenti dilatori5. Del resto, l’effettiva conoscenza degli atti da parte dell’imputato sarebbe garantita – come ricavabile anche dalla giurisprudenza della C. eur. dir. uomo ‒ dal difensore in forza del suo dovere funzionale di assicurare la funzionalità delle apparecchiature di cui è dotato il suo studio professionale nonché di rendere edotto l’imputato degli atti allo stesso recapitati in sua vece.
Il dictum delle Sezioni Unite circa il tema delle notifiche al difensore ci consegna un sistema delle notificazioni che se da un lato assicura la conoscenza degli atti da parte dell’imputato dall’altro rifugge da anacronistiche rigidità di forma e da ingiustificati garantismi. Del resto, l’assunto per cui l’utilizzo del telefax sarebbe legittimo per le notificazioni dirette al difensore e non anche per quelle di cui quest’ultimo figuri quale mero destinatario materiale appare, a tacer d’altro, smentita dallo stesso art. 150 c.p.p. che sembra, infatti, circoscrivere il divieto di notifiche all’imputato con mezzi tecnici idonei ai casi in cui egli figuri non come destinatario finale dell’atto ma come soggetto nei cui confronti la notifica debba essere in concreto eseguita. A fronte di tale assetto, è, infine, appena il caso di rilevare che dal momento dell’entrata in vigore della normativa relativa alla digitalizzazione della giustizia (l. 22.2.2010, n. 24), le notificazioni al difensore, per conto proprio o quale domiciliatario delle parti private, potranno essere validamente effettuate, ex art. 148, co. 2-bis, c.p.p., anche tramite invio telematico all’indirizzo di posta elettronica certificata che i professionisti iscritti agli albi avranno, infatti, l’obbligo di attivare dandone comunicazione agli ordini di appartenenza.
1 Cass. pen., S.U., 28.4.2011, in Guida dir., 2001, 37, 65, con nota di J. Antonelli Dudan, Via libera all’utilizzo esteso dello strumento tecnico se la domiciliazione è scelta dal cliente o dalla legge.
2 Cass. pen., sez. III, 3.11.2009, Choukoukou, in CED Cass., n. 245406; Cass. pen., sez. I, 24.9.2009, Aboussad, ivi., n. 241704.
3 Cass. pen., sez. II, 10.12.2008, Raimondi, in CED Cass., n. 242654; Cass. pen., sez. II, 11.2.2007, Kucukdemir, ivi., n. 235818.
4 Cfr. Antonelli Dudan, J., op. ult. cit., 74.
5 C. cost., 5.5.2008, n. 136.